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10 15 Settembre 2009<br />
ISOLA NOSTRA<br />
da un sistema politico sbagliato...<br />
Eri soltanto un idealista o<br />
forse un opportunista? Forse un<br />
po’ entrambe le cose. Ma non<br />
spetta a me giudicarti, poiché<br />
ciò ti è costato la tua vita ancora<br />
giovane e una morte priva di un<br />
come, un quando e un dove…<br />
<strong>Non</strong> ti è servito a nulla l’essere<br />
stato una brava persona, stimata<br />
e benvoluta da tutti coloro con i<br />
quali hai avuto contatti di lavoro<br />
e di amicizia, sempre allegro<br />
e pronto ad aiutare il prossimo.<br />
Alcuni avevano usato metodi<br />
violenti durante i primi anni<br />
dell’“infausto ventennio”, altri<br />
ancora avevano abusato con<br />
armi ed uniformi delle loro<br />
finalità politiche, ma tu hai pagato<br />
per tutti in quella fosca e<br />
confusa epoca del dopoguerra,<br />
quando l’essere stato fascista<br />
non era ancora paragonato con<br />
l’essere stato un patriota difensore<br />
della tua terra.<br />
Piangano pure gli isolani<br />
ancora viventi che hanno dovuto<br />
abbandonare le proprie<br />
case, i propri averi, le proprie<br />
tradizioni. Ne hanno un sacrosanto<br />
diritto. Ma si ricordino<br />
allo stesso tempo che il prezzo<br />
da te pagato è stato più alto. Le<br />
tue povere ossa, ormai nude e<br />
imbiancate, giacciono da decenni<br />
ancora senza riposo nei<br />
profondi anfratti di qualche<br />
foiba, e rimangono senza nome,<br />
ancora ricoperte a malapena da<br />
quelle terra ferrosa d’Istria, la<br />
terra da te tanto amata e ora resa<br />
più rossa dal tuo sangue.<br />
Con la scomparsa senza<br />
lasciare taccia del nostro capofamiglia,<br />
il magnanimo compagno<br />
MB si rivolse a mia madre<br />
chiedendo se accondiscendeva<br />
a che l’imberbe quattordicenne<br />
ex ginnasiale figlio del nemico,<br />
venisse a lavorare con lui come<br />
aiutante muratore. <strong>Non</strong> vorrei<br />
giudicare se questa offerta<br />
avesse o no finalità politiche<br />
tendenti a livellare la differenza<br />
di classe, per fare di me “un<br />
vero membro della famiglia<br />
del lavoro”. Forse fu anche<br />
il suo diminuito orgoglio nel<br />
vedermi ora così sottomesso<br />
e rimpiazzato “come capofamiglia”,<br />
e non voglio neanche<br />
escludere che per una naturale<br />
bontà d’animo non provasse<br />
compassione per i bisogni eco-<br />
nomici di una famiglia avviata<br />
allo sfacelo.<br />
Fu così che, pur lottando<br />
contro i timori di mia madre<br />
ma desideroso di non voler<br />
offendere la sensibilità del mio<br />
datore di lavoro, cominciai a<br />
guadagnarmi il pane mescolando<br />
le mia amare lacrime con la<br />
sabbia, l’acqua e la calce del<br />
mio panciuto e rosso muratore.<br />
Fu sempre mia madre a non<br />
accettare questa mia nuova<br />
situazione e – prima che i miei<br />
calli potessero indurirsi troppo<br />
- chiese ed ottenne l’aiuto del<br />
direttore dell’Ampelea: un<br />
uomo che, nell’incertezza della<br />
politica in quel tempo del primo<br />
dopoguerra, contava ancora<br />
qualcosa.<br />
A quel tempo imperversava<br />
una propaganda attiva condotta<br />
dai rossi locali – purtroppo<br />
quasi tutti italiani – i quali<br />
richiedevano l’annessione dell’Istria<br />
alla nuova Federazione<br />
Jugoslava. Lunghi festoni di<br />
bandierine di carta, con i nostri<br />
colori nazionali ma munite<br />
di una stella rossa in centro,<br />
sventolavano assieme ai vari<br />
vessilli bianco rosso e blù,<br />
pure quelli stellati, dove sopra<br />
tutti troneggiava l’emblema<br />
sanguigno della maggiore nazione<br />
guida.<br />
Già molto conscio della mia<br />
acquisita posizione in fabbrica<br />
e non sapendo ancora nulla sulla<br />
sorte di mio padre, io rimasi<br />
totalmente neutrale e lontano<br />
Il 15 febbraio 2009 nella chiesa MinorityKirche di Vienna<br />
è stata scoperta una lapide in ricordo dei tanti infoibati nei<br />
tragici anni del 1945. Presenti alla cerimonia l’ambasciatore<br />
italiano a Vienna Spinetti, il presidente dell’IRCI Del Bello<br />
e il presidente dell’Unione degli Istriani Lacota. Ha avuto<br />
l’onore dello scoprimento della lapide Giorgio Penso, autore<br />
di questo memoriale). Per lui, che dal 1945 del padre non ha<br />
saputo più nulla, questa cerimonia ha avuto il valore simbolico<br />
di un funerale.<br />
da quella baraonda propagandistica,<br />
mentre le variopinte bandierine<br />
affascinate all’interno<br />
sparivano continuamente alla<br />
fine dei turni di lavoro.<br />
Radio Piria<br />
La reazione fascista è in agguato<br />
- tuonava giornalmente la<br />
voce sonora uscente dall’enorme<br />
imbuto di “Radio Piria” - e<br />
noi dobbiamo sconfiggerla!”.<br />
<strong>Non</strong> posso affermare di esser<br />
stato il primo innocente sospettato<br />
di un tale vile attentato<br />
alla sovranità popolare, ma ciò<br />
nonostante fui sospettato e fui<br />
improvvisamente chiamato in<br />
Direzione, dove però non fu<br />
il direttore e ricevermi. In sua<br />
vece troneggiava Gualtiero D.,<br />
degno figlio di quella Lusia, la<br />
fedele che nel biennio passato<br />
aveva spesso apostrofato mio<br />
padre con al qualifica di assesìn!.<br />
Ora il Darko gappista venne<br />
subito al sodo, minacciando<br />
di stringermi le dita della mano<br />
nel cassetto della scrivania<br />
per costringermi a confessare<br />
il misfatto delle bandierine<br />
scomparse e includere i nomi<br />
dei miei complici. Alla fine<br />
tutto si concluse con un nulla<br />
di fatto per mancanza di prove,<br />
e con mia madre molto scossa<br />
dall’accaduto.<br />
Sempre innocente, ma sospettato<br />
di futuri crimini politici,<br />
fui sottoposto in data 11<br />
luglio 1947 ad un procedimento<br />
penale da parte del Tribunale<br />
del Popolo, Circondario di<br />
Capodistria. Ancora senza<br />
un’ accusa definita (formale,<br />
in quanto ancora minorenne),<br />
venni accusato di una sola colpa:<br />
quella di portare il nome di<br />
mio padre e di aver disertato<br />
tra i primi – forse il primo<br />
– l’incomparabile paradiso di<br />
Josip Broz.<br />
Quando il mio nome fu<br />
aggiunto a quello di mio padre<br />
e degli altri 37 condannati già<br />
trucidati, io mi trovavo già in<br />
Toscana, ospite di un collegio<br />
per orfani di guerra. Era la prima<br />
tappa del mio lungo viaggio<br />
attraverso l’Italia, gli Stati Uniti,<br />
la Germania e l’Austria.<br />
Sparì così assieme a tutte<br />
le altre isole di italianità sommerse<br />
dalla marea slava la parte