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8 15 Settembre 2009<br />
ISOLA NOSTRA<br />
Un isolano<br />
di adozione<br />
ricorda i<br />
suoi anni<br />
giovanili<br />
Una storia di vita che<br />
ci riguarda tutti da<br />
vicino<br />
Giorgio Penzo, Vienna<br />
della fame continuava<br />
il suo corso<br />
L’anno<br />
verso quello della fine<br />
con varie scaramucce isolate in<br />
certe località vicine alla costa e<br />
un forte inasprimento generale<br />
della situazione politica, che<br />
veniva fedelmente riportata<br />
ed esposta in strada dAlla<br />
nostra vicina dell’altro lato di<br />
via Besenghi. Uno spettacolo<br />
istrionico continuo e ricorrente<br />
di odio fazioso, mai provocato,<br />
veniva messo in scena dalla<br />
madre dell’imboscato, futuro<br />
eroe titino, Darko/Gualtiero.<br />
Uno sbattere violento di scuri<br />
annunciava il prossimo arrivo<br />
alla finestra della “pasionaria<br />
rossa”, tenuta a freno dalle<br />
numerose braccia delle compagne/comari,<br />
sempre pronte<br />
a fermarla in tempo prima del<br />
fatidico davanzale distante soltanto<br />
due metri dalla strada.<br />
Soltanto una parola usciva<br />
sempre dalle sue labbra livide, un<br />
solo epiteto veniva urlato in direzione<br />
del nostro appartamento:<br />
“Assesini!!”. Questi improvvisi<br />
scoppi di livore politico da parte<br />
della nostra bollente vicina di<br />
casa accadevano spesso e senza<br />
motivo quando mio padre faceva<br />
udire il suo pezzo d’opera preferito,<br />
cantato dalla sua bella voce<br />
tenorile di baritono già esibita in<br />
gioventù al Politeama Rossetti<br />
di Trieste.<br />
Egli cantava, come aveva<br />
sempre fatto da molti anni,<br />
l’epilogo del “Mefistofele” di<br />
Boito. Da allora io credo che<br />
lo considerasse già un presagio<br />
del suo tragico e inevitabile destino,<br />
prossimo a compiersi in<br />
Al centro nella foto, Galliano Penzo (padre dell’autore di queste pagine), di cui non si è saputo più<br />
nulla dopo la sua scomparsa in quei tragici mesi del 1945. Con lui, a destra, Dino Dudine (ragno), che<br />
subì la stessa tragica sorte, e a sinistra Gildo Mondo, emigrato negli Stati Uniti e scomparso a New<br />
York nel 1995 (nel numero precedente si era ipotizzato fosse “un certo Pagan”. Un grazie ai familiari per<br />
la precisazione, NdR).<br />
un non lontano futuro. Cantava,<br />
ormai disilluso ma troppo tardi<br />
consapevole di essere appartenuto<br />
ad un sistema politico sbagliato<br />
che si stava disfacendo,<br />
per essere rimpiazzato da un<br />
altro sistema – straniero - più<br />
crudele e spietato che in breve<br />
lo avrebbe “assesinato”.<br />
Cantava il mio papà “…di<br />
un sogno supremo… di un<br />
popolo fecondo… al quale voglio<br />
donar la vita…”. La voce<br />
della vicina del basso diveniva<br />
sempre più rauca ripetendo<br />
l’epiteto ingiurioso, ma lui<br />
continuava imperterrito nel suo<br />
“…sogno, il suo ultimo bisogno<br />
dell’esistenza…”. Rimaneva<br />
ancora in lui quel suo sogno di<br />
un patriottismo forte e sentito<br />
anche quando lo esprimeva con<br />
la musica.<br />
A molti altri invece mancava<br />
la consapevolezza di essere<br />
veri italiani di frontiera e accettavano<br />
con supina ignoranza<br />
le ideologie dell’Est e dei falsi<br />
profeti balcanici, desiderosi<br />
soltanto di occupare quelle terre<br />
“che l’Italia chiude e i suoi<br />
termini bagna”. Lui era consapevole<br />
che ai futuri occupatori<br />
importasse poco se gli interessi<br />
economici del nostro retroterra<br />
gravitavano su Trieste e non<br />
su Zagabria, e ancora meno se<br />
l’attrazione culturale verso il<br />
mondo latino-veneto-italiano<br />
esisteva e continuava ad esistere<br />
da ben tredici secoli, con la<br />
pacifica convivenza tra popoli<br />
diversi che l’Impero Austro-ungarico<br />
aveva tramandato.<br />
I “nostrani” del retroterra<br />
si erano tenuti lontani dalle<br />
lotte fratricide, dagli odii e dalle<br />
vendette sanguinose che per<br />
cinquecento anni erano state<br />
tramandate da una generazione<br />
all’altra tra gli Slavi del Sud.<br />
I diversi tentativi di unificare<br />
questa folla eterogenea condotta<br />
dai vari re, zupani, presidenti,<br />
poglovnik e “violette bianche”<br />
erano sempre stati vani. La<br />
penisola rimase preda di continue<br />
guerre, cominciando dalla<br />
battaglia di Kosovo Polje per<br />
continuare fino ai giorni nostri,<br />
trovando sempre motivi per<br />
conquistare terre appartenenti<br />
ad altri popoli, di cultura e<br />
tradizioni diverse.<br />
Purtroppo l’Europa stessa<br />
non fu esente da questa piaga,<br />
che cambiò ripetutamente i<br />
destini e i confini di molte<br />
Genti, causò l’avvicendarsi di<br />
diversi “ismi” a cominciare dal<br />
1917 e – continuando - finì per<br />
insanguinare il continente durante<br />
tutto il ventesimo secolo.<br />
Tutti questi movimenti politici<br />
furono più o meno mimetizzati<br />
da un patriottismo guidato da<br />
malsani ideali di conquista.<br />
Anche il mio genitore, come<br />
tanti altri, fu infettato da questo<br />
virus negli anni ’30 e per necessità<br />
economiche si iscrisse al<br />
Partito Fascista, pur conservando<br />
il suo rispetto verso le doti<br />
pacifiche dei nostri cosiddetti<br />
“allogeni”, che lui stimava essere<br />
instancabili lavoratori di una terra<br />
spesso avara di frutti. Rimase<br />
invece sempre forte quella sua<br />
innata diffidenza verso i più<br />
lontani “vicini” di oltre Sussak,<br />
una diffidenza alimentata probabilmente<br />
dalla sua conoscenza<br />
della storia adriatica e balcanica<br />
in particolare.<br />
In quell’anno di tragedia la<br />
nostra storia continuò a seguire<br />
il suo corso: nella primavera di<br />
sangue. Le memorie della mia<br />
adolescenza ferita per sempre