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LO SCARPONE 04 - Club Alpino Italiano

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I migliori in vetta<br />

Dal punto di vista alpinistico il<br />

Dhaulagiri è ritenuto uno degli<br />

8000 più interessanti anche se le<br />

condizioni del tempo sono spesso<br />

avverse. I primi ad avventurarvisi furono<br />

i francesi guidati da Maurice Herzog;<br />

non trovando alcuna via percorribile,<br />

mutarono il loro obiettivo scegliendo<br />

l’Annapurna e riuscendo così nella<br />

prima salita di un ottomila.<br />

Nove anni dopo la prima salita della<br />

spedizione svizzero/austriaca, nel 1969<br />

una spedizione americana tentò la<br />

cresta sud-est ma sette membri<br />

persero la vita. Del 1969 è anche la<br />

seconda salita a opera di una<br />

spedizione giapponese, del 1981 la<br />

prima salita solitaria a opera del<br />

giapponese Hironobu Kamuro.<br />

Al 1985 risale la prima salita invernale<br />

per merito di una spedizione polacca<br />

comprendente Jerzy Kukuczka.<br />

Reinhold Messner fallì nel 1977 sulla<br />

parete sud e nel 1984 sullo sperone<br />

nord est, la via dei primi salitori:<br />

quest’ultimo fu poi da lui salito nel 1985<br />

con Hans Kammerlander.<br />

L’anno dopo lo sloveno Tomaz Humar<br />

salì l’enorme versante sud in solitaria,<br />

senza però raggiungere la vetta, mentre<br />

nel 2006 Nives Meroi è stata la prima<br />

donna italiana a raggiungere la cima.<br />

Poteva finire in tragedia<br />

I rottami dello “Yeti”, il velivolo Pilatus Porter che<br />

aveva portato in quota uomini e mezzi.<br />

Nell’incidente, avvenuto in fase di decollo a 5200<br />

m, non ci fu, miracolosamente, alcuna vittima.<br />

La foto è stata scattata da Alex Bertulis qualche<br />

anno dopo la spedizione.<br />

“Pochi, decisi a tutto: così vincemmo”<br />

Sette spedizioni hanno fallito prima<br />

di voi al Dhaulagiri, tre sono state<br />

le vittime. Qual era ed è, Kurt, il<br />

vero problema di questa scalata?<br />

“Il tempaccio. Terribile, famigerato: tanto<br />

che ‘tempo da Dhaulagiri’ è divenuto un<br />

modo di dire per noi alpinisti himalayani Ciò<br />

dipende dall’umidità che esala dalla fiorente<br />

vegetazione della Kali Gandaki<br />

condensandosi in forma di nuvole. E la<br />

montagna è come una fortezza nelle nuvole,<br />

una nuvola essa stessa: imprevedibile,<br />

difficile, piena di incognite”.<br />

Come vi è saltato in mente di utilizzare<br />

un piccolo aereo per farvi trasportare in<br />

quota?<br />

“Il nostro Yeti ci ha evitato un duro<br />

avvicinamento. Tuttavia va considerato che<br />

lo sbalzo in volo dai duecento metri sul<br />

livello del mare di Bhairava o dagli ottocento<br />

di Pokhara fino a quota 5200 ci ha creato<br />

grossi problemi di acclimatamento”.<br />

Dal punto di vista tecnico quali sono<br />

state le maggiori difficoltà?<br />

“Notevoli indubbiamente sulle placche<br />

della “pera” dove nel 1954 gli argentini<br />

avevano creato a 7200 m lo spazio per un<br />

campo con 27 esplosioni di dinamite. Un bel<br />

problema è anche, sullo sperone nord est,<br />

un salto di roccia di un centinaio di metri<br />

sopra il campo IV a circa 7 mila metri di<br />

quota. Più in alto, se si passa a destra (oggi<br />

lo fanno quasi tutti!) verso un gran balcone<br />

di ghiaccio sotto la vetta, forte è<br />

il rischio di valanghe”.<br />

Sul Broad Peak, tre anni<br />

prima con Hermann Buhl,<br />

avevi sperimentato lo stile<br />

alpino su un 8000. Sul<br />

Dhaulagiri sono state<br />

rispettate queste premesse?<br />

“Il nostro gruppo di punta ha<br />

rispettato, in effetti, le idee di<br />

Buhl. Con noi c’erano i due<br />

fortissimi sherpa Nima e<br />

Nawang Dorie...ma come amici,<br />

non come portatori. Inoltre<br />

abbiamo rinunciato alle bombole<br />

di ossigeno che avevamo<br />

comunque a disposizione”.<br />

Quale merito pensi di poterti<br />

attribuire?<br />

“Il mio spirito di indipendenza<br />

mi è costato aspri rimproveri da<br />

parte del capospedizione. Ma se<br />

io non fossi stato io, quel 13 maggio<br />

avremmo perso la vetta. In ogni modo va<br />

riconosciuto che il successo fu<br />

complessivamente dovuto alla<br />

collaborazione della grande cordata<br />

europea che Eiselin era riuscito a mettere<br />

insieme”.<br />

La rapidità è stato un requisito<br />

indispensabile per il successo?<br />

“A volte bisogna essere rapidi, ma al<br />

momento giusto! Oggi c’è addirittura un<br />

culto della rapidità. Ma qual è il miglior<br />

alpinista: Il più rapido o il più sicuro?”<br />

Nella corsa agli ottomila voi austriaci<br />

siete arrivati per primi in vetta ben<br />

cinque volte. Quale il segreto dei vostri<br />

successi?<br />

“Semplicissimo: piccole spedizioni e<br />

grande mobilità. Tichy ha scalato il Cho Oyu<br />

con pochi amici, pochi erano anche gli<br />

uomini di Fritz Moravec al G II. Aggiungo<br />

che con Buhl al Broad Peak eravamo<br />

appena in quattro. E lo stesso Buhl vinse il<br />

Nanga Parbat in solitaria”.<br />

Erano gli anni delle Olimpiadi di Roma,<br />

del Papa buono Giovanni XXIII, del<br />

primo volo pilotato nello spazio con<br />

Gagarin sulla Vostok 1. Che ricordo ti è<br />

rimasto di quegli anni?<br />

“Mi sembra che tutto fosse meglio di oggi.<br />

E la corsa allo spazio mi affascinava. Del<br />

resto, nel mio libro ‘Tra zero e ottomila’<br />

racconto dell’astronauta che gira attorno alla<br />

terra, del cielo blu che lui vede sotto di se e<br />

dello spazio nero che incombe sulla sua<br />

testa: alla fine però comprende che tutte le<br />

meraviglie sono racchiuse in questo esiguo<br />

spazio tra zero e ottomila”.<br />

Hai scalato con austriaci, tedeschi,<br />

francesi, svizzeri, italiani, inglesi,<br />

americani, spagnoli, ... e una volta con<br />

un giapponese. Hai notato delle<br />

differenze?<br />

“Non ho problemi di lingua, molte volte per<br />

capire. Se sono in spedizione con francesi,<br />

svizzeri, italiani, inglesi, tedeschi, austriaci,<br />

spagnoli mi arrangio e penso che... Dio ha<br />

creato un grande zoo. Guai però se<br />

qualcuno approfitta del mio buon carattere,<br />

posso diventare un grizzly arrabbiato”. ■<br />

<strong>LO</strong> <strong>SCARPONE</strong>, APRILE 2010 - 7

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