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LO SCARPONE 04 - Club Alpino Italiano

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Celebrazioni Il Dhaulagiri cinquant’anni dopo<br />

Quel lungo assedio<br />

Fu il penultimo ottomila a essere espugnato. La<br />

grande avventura rivivrà al TrentoFilmfestival<br />

nel ricordo di Kurt Diemberger<br />

Èpassato mezzo secolo. In quel 1960 che si apriva alla speranza<br />

con le parole del “papa buono” e i primi astronauti nello<br />

spazio, ancora una volta Kurt Diemberger dirigeva i suoi<br />

passi verso l’ignoto. Aveva 28 anni il grande alpinista salisburghese,<br />

socio onorario del <strong>Club</strong> <strong>Alpino</strong> <strong>Italiano</strong>, e la vetta del<br />

Dhaulagiri (8167 m) rappresentava il suo secondo appuntamento<br />

con un ottomila inviolato dopo la conquista (1957) del Broad Peak.<br />

Non gli pare vero che siano passati cinquant’anni: il sogno si realizzò<br />

il 13 maggio 1960 e l’occasione per celebrare l’evento è l’imminente<br />

TrentoFilmfestival (29 aprile – 9 maggio) dove i migliori interpreti<br />

dell’alpinismo himalayano di ieri e di oggi, da Nives Meroi a<br />

Krzysztof Wielicki, allo sherpa Ang Tshering, si stringeranno il 6<br />

maggio intorno a Diemberger che fece parte della spedizione guidata<br />

dallo svizzero Max<br />

Eiselin. Fu una vittoria sofferta,<br />

dopo ben dieci anni di<br />

assedio alla “montagna bianca”<br />

dei nepalesi.<br />

Quella vetta inviolata, che<br />

oggi appare come un miraggio<br />

ai trekker che percorrono<br />

in Nepal la Kali Gandaki,<br />

Kurt l’ha meticolosamente<br />

filmata e raccontata passo<br />

dopo passo nel volume “Tra<br />

zero e ottomila” (CDA,<br />

1995) e nel più recente<br />

“Passi verso l’ignoto”<br />

(Corbaccio, 2005). “La<br />

tensione dentro di me si<br />

allenta, e mentre traverso<br />

su una cengia sotto l’ultimo<br />

dente, mi accorgo che<br />

devo fare un grande sforzo per concentrarmi”,<br />

scrive. “La gioia<br />

mi invade, potrei mettermi a<br />

piangere, ce l’abbiamo fatta, è<br />

tutto vero”.<br />

Erano trascorse sei settimane<br />

da quando gli uomini guidati<br />

da Eiselin (tutti privi di<br />

bombole di ossigeno) erano<br />

atterrati sul colle sud con lo<br />

Yeti, l’aereo dei ghiacciai<br />

pilotato dagli elvetici Ernst<br />

Saxer e Emil Wick, poi<br />

schiantatosi durante un<br />

decollo. E anche sotto questo<br />

aspetto logistico la<br />

spedizione al Dhaulagiri<br />

rappresenta una tappa<br />

memorabile nella corsa<br />

6 - <strong>LO</strong> <strong>SCARPONE</strong>, APRILE 2010<br />

Così apparve<br />

agli occhi di Kurt<br />

La foto di vetta con Kurt e Albin.<br />

É 13 maggio 1960. Nelle altre foto<br />

dell’album di Diemberger lo<br />

splendido panorama dall’ultimo<br />

campo a 7800 m dello sperone NE<br />

verso nord, est e ovest in direzione<br />

del Tibet con la valle del Kali Gandaki<br />

e l’Annapurna. In basso la via di<br />

salita in uno schizzo di Kurt.<br />

Il Dhaulagiri fu scoperto nel 1808 e<br />

per circa 30 anni, fino alla scoperta<br />

del Kangchenjunga, fu ritenuto il<br />

monte più alto della Terra.<br />

agli ottomila. Una novità assoluta, anche se un po’ bislacca, fu senza<br />

dubbio quel piccolo Pilatus PC-6 che consentì il trasporto in quota<br />

di uomini e materiali.<br />

Successivamente, dopo il Dhaulagiri, parve placarsi la sete di conquista<br />

aperta dieci anni prima da Maurice Herzog con la scalata<br />

dell’Annapurna dopo un infruttuoso tentativo proprio alla “montagna<br />

bianca”. Alla collana dei quattordici giganti della terra restava<br />

solo da aggiungere l’ancora inviolato Shisha Pangma, 8<strong>04</strong>6 metri, in<br />

territorio tibetano: compito che venne assolto da una spedizione<br />

cino-tibetana.<br />

La spedizione svizzera-internazionale mandò in cima al Dhaulagiri<br />

quel 13 maggio Albin Schelbert, Kurt Diemberger, Ernst Forrer,<br />

Peter Diener, e gli sherpa Nima Dorje e Nawang Dorje. Dieci giorni<br />

dopo anche Michel Vaucher e Hugo Weber arrivarono in vetta.<br />

“Secondo me sarebbero da contare anche loro nella prima ascensione”,<br />

osserva oggi Diemberger che in queste pagine si racconta in<br />

un’intervista esclusiva. ■

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