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LO SCARPONE 04 - Club Alpino Italiano

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Storie di donne Carla Maverna e Vera Cenini Lusardi<br />

Una vita tutta in salita<br />

Due donne che hanno dedicato la vita<br />

alla montagna ci hanno lasciato. Di<br />

Carla Maverna, animatrice e segretaria<br />

del Gruppo italiano degli scrittori di<br />

montagna, spentasi il 9 dicembre,<br />

racconta Irene Affentranger, socia<br />

onoraria del CAI, che con lei ha<br />

condiviso la passione per la montagna<br />

dopo averla casualmente conosciuta,<br />

mezzo secolo fa, nel corso della<br />

cordata delle “Cento donne al Monte<br />

Rosa”. Vera Cenini Lusardi, spentasi il<br />

22 febbraio, ha a sua volta contribuito<br />

in Val Masino (Sondrio) a far nascere il<br />

Soccorso alpino coordinando le<br />

squadre impegnate sui graniti del<br />

Badile e del Cengalo dallo storico<br />

Albergo dei Bagni, impareggiabile<br />

cenacolo per generazioni di alpinisti<br />

tra i quali Riccardo Cassin. La ricorda<br />

in queste pagine Ilde Marchetti,<br />

animatrice e organizzatrice in Val<br />

Masino del trofeo Kima, che a Vera ha<br />

dedicato pagine intense nel libro<br />

“Sotto le stelle del Masino” (2006).<br />

Un sorriso aperto e luminoso che esigeva<br />

immediata rispondenza, un<br />

fuoco di appassionato entusiasmo<br />

negli occhi, modi decisi che esprimevano<br />

tutta la forza di una indomabile<br />

spinta interiore: questa la Carla che quanti –<br />

parenti, amici, compagni di ascensioni –<br />

ebbero la ventura di conoscere e soprattutto<br />

di viverle accanto ricordano nell’amarezza<br />

di un rimpianto che brucia come una ferita,<br />

increduli di fronte a un congedo così<br />

definitivo, sentito come una crudele amputazione.<br />

Quando il destino ci fece incontrare<br />

eravamo due risolute trentenni, ognuna<br />

aveva già infilato una sua via nella vita, una<br />

via che puntava verso l’alto, nei perseguimenti<br />

degli ideali che dessero significato<br />

all’esistenza avventurandosi per i sentieri<br />

che portano anche materialmente alle cime<br />

dalle quali meglio si scoprono gli orizzonti<br />

dello spirito.<br />

Carla Maverna era nata a Bellagio (Como)<br />

il 7 aprile 1925 e anche se adolescente, per<br />

motivi di lavoro, si trasferì a Milano, sempre<br />

serbò in cuore l’immagine del suo lago,<br />

porto sicuro e rifugio ove attingeva serenità<br />

e forza per riemergere dalle tempeste della<br />

vita e che ora, al termine del viaggio (9<br />

dicembre 2009), le concede la pace di una<br />

dimora alta sulle acque, cullata dai silenzi<br />

10 - <strong>LO</strong> <strong>SCARPONE</strong>, APRILE 2010<br />

che fasciano i monti.<br />

Sin dall’infanzia la vita non le usò certamente<br />

molti riguardi: all’età di nove anni,<br />

alla morte della madre, dovette con il fratello<br />

e la sorella affrontare situazioni di emergenza,<br />

sistemazioni provvisorie presso<br />

parenti nella lontana pianura, poi adattarsi<br />

alla severa disciplina del collegio di<br />

Valsolda e infine trasferirsi a Milano dove,<br />

presso la direzione della Solvay, trovò un<br />

impiego di grande soddisfazione al quale<br />

sarebbe stata fedele fino al giorno di andare<br />

in pensione.<br />

Parallelamente al lavoro, ebbe la volontà<br />

di continuare gli studi alla scuola serale<br />

dove conseguì brillantemente il diploma di<br />

ragioniera. E quello stesso giorno – tanta<br />

era la sua sete di spazi liberi, di liberarsi<br />

almeno temporaneamente dalle costruzioni<br />

della vita quotidiana – “scappò” in montagna,<br />

quasi a ribadire la scelta inequivocabile<br />

che aveva abbracciato, una missione alla<br />

quale sarebbe stata fedele fino alla morte.<br />

Nell’ambiente alpinistico della metropoli<br />

lombarda trovò i compagni, gli amici per<br />

occupare il tempo libero secondo le sue<br />

aspirazioni indomabili: avviarsi su quelle<br />

montagne che le promettevano un mondo di<br />

sogni e di misteriosi incontri. Sempre in<br />

cerca di contatti umani, incontrò in seno al<br />

CAI e in particolare nelle file della SEM e del<br />

GAM, il calore di simpatie e di affetti che le<br />

avrebbe consentito di esprimere e far valere<br />

le sue geniali doti di organizzatrice e le sue<br />

capacità di socializzazione.<br />

Poi successe un fatto che avrebbe rivoluzionato<br />

il decorso della mia e della sua esistenza.<br />

A quel tempo circolava a Milano un<br />

giornalista un po’ originale, Fulvio<br />

Campiotti, il quale per onorare la memoria<br />

delle alpiniste Claude Kogan e Claudine van<br />

Stratten perite nel 1960 sul Cho Oyu, lanciò<br />

l’iniziativa di una spedizione di cento donne<br />

sul Monte Rosa fino alla Punta Gnifetti.<br />

Subito aderii con entusiasmo e il caso (o il<br />

destino?) mi fece incontrare una ragazza di<br />

una cordata vicina, la Maverna. Quel giorno<br />

– 27 luglio 1960 – fu galeotto perché sotto i<br />

ghiacci scintillanti del Rosa tenne a battesimo<br />

la nostra nascente amicizia. Subito progettammo<br />

imprese comuni e siccome l’anno<br />

successivo per motivi di lavoro venni trasferita<br />

a Monaco di Baviera, fissammo la<br />

nostra sede operativa in Engadina, dove per<br />

oltre quarant’anni effettuammo salite di<br />

tutto rispetto (Palù, Naso del Pizzo<br />

Cambrena, Cima di Rosso per la parete<br />

nord-est, via Klucker).<br />

Contemporaneamente ci spingemmo<br />

anche fuori dall’Europa: Kolahoi (Kashmir)<br />

nel 1963, Elbrus nel 1965 e Popocatepetl nel<br />

1968, oltre a pionieristici trekking in Nepal,<br />

Tibet, Bhutan, Canada, Groenandia, Nuova<br />

Zelanda, Australia, Hawai, Patagonia.<br />

Nel 1968, aderendo all’invito di Adolfo<br />

Balliano, assunse la segreteria del GISM<br />

(Gruppo italiano scrittori di montagna),<br />

incarico che svolse con uno slancio e una<br />

dedizione esemplari. Quando si trattava di<br />

distribuire l’Annuario, era la Carla che inforcava<br />

la bicicletta per consegnarlo tempestivamente<br />

“almeno ai soci di Milano”; non<br />

parliamo poi della puntigliosa accuratezza<br />

dedicata alla stesura delle relazioni finanziarie<br />

e all’organizzazione dei convegni del<br />

GiISM.<br />

L’amicizia è assoluta, sincera condivisione.<br />

Nelle peripezie del nostro andar per monti<br />

ci ripagammo sempre della stessa moneta:<br />

quando in Nuova Zelanda mi fratturai un<br />

braccio, la sua assistenza continua mi permise<br />

di portare a termine un trekking abbastanza<br />

impegnativo, così allorché in Nepal il<br />

mal di montagna la colpì seriamente, la<br />

scortai verso la salvezza accompagnandola<br />

a quote più basse. L’attività in ufficio la<br />

impegnava a fondo, tuttavia quante volte al<br />

termine di una dura settimana lavorativa<br />

prendeva il treno della notte e arrivava a<br />

casa mia di primo mattino per sfogarci in<br />

qualche scorribanda su montagne ancora<br />

tutte da scoprire, e soprattutto per riabbracciare<br />

mia madre perché, diceva, avendo da<br />

bambina perso la sua, aveva trovato nella<br />

mia una seconda mamma.<br />

Mi fermo qui, nella speranza di essere<br />

almeno riuscita a incidere nel cuore di chi

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