Ordine aprile 2000 - Ordine dei Giornalisti
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Care colleghe e cari colleghi,<br />
ritualmente, una volta<br />
l’anno, il segretario dell’<strong>Ordine</strong><br />
dà i numeri. Al 13 marzo<br />
<strong>2000</strong> risultano iscritti all’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della<br />
Lombardia 5.445 professionisti<br />
contro 5.336 alla stessa<br />
data del 1999. Gli uomini<br />
sono 3.316, le donne 2.129.<br />
Dei 5.445 professionisti, i<br />
pensionati sono 800 (quasi il<br />
15%). Le giornaliste professioniste<br />
rappresentano il<br />
39,10 per cento degli iscritti<br />
rispetto al 38,5 per cento del<br />
1999. Un indice largamente<br />
superiore alla media nazio-<br />
comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro<br />
giornalistico del messaggio promozionale.<br />
Nel caso in esame, invece, si è di fronte ad una ipotesi di<br />
“pubblicità non trasparente” che viola la credibilità del giornale<br />
e lo stesso rapporto di fiducia con il lettore che deve<br />
presiedere la pubblicazione di ogni rivista Nel caso in esame<br />
si è, in sostanza, in presenza di una situazione che assume<br />
sicura rilevanza deontologica giacché si viene a ledere quel<br />
principio di lealtà nell’informazione cui, in base alla legge<br />
professionale, devono essere improntati i comportamenti del<br />
giornalista e ancor più del direttore”.<br />
4.8. L’obbligo giuridico di adeguarsi ai giudicati <strong>dei</strong> tribunali<br />
e il problema di una concessionaria di pubblicità che<br />
edita periodici. Con la decisione “Bella”, il Consiglio ha ribadito<br />
che nel nostro ordinamento giuridico è presente il principio<br />
di ordine generale – desumibile dall’articolo 4 della legge 20<br />
marzo 1865 n. 2248 allegato E – secondo cui la pubblica<br />
amministrazione (l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> è pubblica amministrazione<br />
in base al Dlgs n. 29/1993, ndr) ha l’obbligo di conformarsi<br />
al giudicato <strong>dei</strong> tribunali (Corte cost., 23 luglio 1997, n.<br />
264). Nel caso specifico il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />
non poteva ignorare il decreto (“esecutivo”) del giudice del<br />
lavoro depositato dal difensore del direttore di “Bella” nel corso<br />
dell’audizione del 13 settembre 1999.<br />
In sostanza la legge sull’abolizione del contenzioso amministrativo,<br />
che è un cardine dello stato di diritto, stabilisce l’obbligo<br />
per l’autorità amministrativa (tale è l’<strong>Ordine</strong> professionale,<br />
ndr) di uniformarsi alle sentenze del giudice ordinario<br />
(Consiglio nazionale, decisione 13 dicembre 1978 in Annuario<br />
<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> 1980-1981 edito dal Centro Documentazione<br />
<strong>Giornalisti</strong>ca di Roma). Il decreto del giudice del lavoro<br />
(confermato successivamente dal tribunale) risponde a tutti i<br />
punti centrali dell’esposto del Cdr di “Bella”, quando afferma<br />
che “non sembrano esistere nel caso di specie elementi di<br />
antisindacalità nel comportamento dell’azienda per ciò che<br />
concerne l’obbligo di fornire alle rappresentanze sindacali<br />
aziendali, territoriali e nazionali le necessarie informative in<br />
ordine alle iniziative editoriali di trasformazione della formula<br />
di “Bella” ecc. Invero non risulta in atti che siano in corso<br />
trasformazioni”. L’editore, peraltro, è responsabile, secondo<br />
il giudice, unicamente di aver fatto stampare e di aver mandato<br />
in edicola il n. 17 di “Bella”, “nonostante i giornalisti che<br />
lavoravano al periodico fossero in sciopero”. “L’antisindacalità<br />
– si legge nel decreto – va pertanto identificata non nel fatto<br />
che vi sia stato un ricorso a terzi, ma in quello che questo<br />
ricorso sia stato abbondantemente dilatato rispetto al normale,<br />
fino a fare <strong>dei</strong> terzi gli autori esclusivi della rivista, vanificando<br />
in questo modo lo sciopero <strong>dei</strong> giornalisti”. L’episodioclou<br />
della vicenda gira, quindi, attorno al n. 17 di “Bella”, la cui<br />
uscita è l’unica violazione rilevante da addebitare all’editore<br />
(e non al direttore).<br />
L’istruttoria ha messo in luce che una concessionaria di<br />
pubblicità (Pim-Area Nord) è diventata proprietaria al 100%<br />
di Editoriale Italiana e al 51% di Editoriale Donna, società<br />
che editano con “Bella” anche altre testate (“Pratica”, “Benissimo”,<br />
“Quattro zampe”, “Buona Cucina” e “La mia Boutique”).<br />
Tale realtà merita una particolare attenzione da parte<br />
della Fnsi e delle Fieg, impegnate nel rinnovo del contratto,<br />
perché un editore, che nello stesso tempo è anche concessionario<br />
di pubblicità, è portato naturalmente a violare l’articolo<br />
44 del Cnlg, quell’articolo che pone confini tra l’informazione<br />
e la pubblicità.<br />
In un’altra vicenda, il Consiglio ha preso atto che l’ex direttore<br />
dell’“Indipendente” era stato assolto in sede penale.<br />
Conseguentemente il giornalista era da prosciogliere anche<br />
in sede disciplinare. La controversia era legata alla pubblicazione<br />
di una lettera, contestata dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> medici veterinari<br />
di Piacenza.<br />
4.9. L’<strong>Ordine</strong> non svolge funzioni sindacali. Il Consiglio ha<br />
archiviato un esposto nato all’interno del Cdr del “Corriere<br />
della Sera”, alla luce di questa massima giurisprudenziale:<br />
“Gli Ordini professionali non hanno poteri o funzioni in materia<br />
sindacale” (Cass. Pen., 7 febbraio 1980; Riv. Giu. Lav.,<br />
1982, IV, 529).<br />
4.10. La cancellazione dall’Albo di un giornalista moroso.<br />
Il Consiglio ha deliberato la cancellazione dall’Albo di un<br />
giornalista professionista moroso per 5 anni. Il Consiglio ha<br />
osservato che “il rifiuto persistente del pagamento delle<br />
quote dovute costituisce grave pericolo per la vita stessa<br />
dell’<strong>Ordine</strong> che trae esclusivamente i mezzi per adempiere<br />
alle sue funzioni dalle quote degli iscritti; che tale comportamento<br />
costituisce violazione <strong>dei</strong> doveri professionali e fatto<br />
di scorrettezza professionale; che il prolungato mancato<br />
pagamento e l’assenza di qualsiasi comunicazione a riguardo<br />
devono essere interpretati come un’evidente manifestazione<br />
di cessazione dell’attività nonché di implicita rinuncia<br />
all’iscrizione”.<br />
ORDINE 4 <strong>2000</strong><br />
nale del 20 per cento. Il<br />
nostro è anche il più alto indice<br />
in Europa. I pubblicisti<br />
sono 9.157 contro 8.750 del<br />
1999; di questi 6.085 sono<br />
uomini e 3.072 donne. Le<br />
donne pubbliciste sono il<br />
33,5 per cento, con un incremento<br />
del 20 per cento negli<br />
ultimi cinque anni. I praticanti<br />
sono 445 (<strong>dei</strong> quali 188<br />
provengono dall’Albo <strong>dei</strong><br />
pubblicisti) contro 430 dello<br />
scorso anno. Gli uomini sono<br />
200, le donne sono 245, il 55<br />
per cento, con un aumento<br />
del 10 per cento negli ultimi<br />
tre anni. Gli iscritti all’elenco<br />
speciale sono 3.495; erano<br />
3.518 un anno fa. Gli iscritti<br />
all’elenco temporaneo sono<br />
14, quelli all’elenco stranieri<br />
38. In totale l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />
della Lombardia accoglie<br />
18.594 iscritti rispetto ai<br />
17.872 del 1999. Tutti gli<br />
iscritti che si rivolgono al<br />
nostro <strong>Ordine</strong> con giuste e<br />
motivate richieste di informazione<br />
e tutela, ricevono<br />
adeguata assistenza legale<br />
e fiscale. Voglio allora ricordare<br />
brevemente le iniziative<br />
che l’<strong>Ordine</strong> ha intrapreso in<br />
questa direzione negli ultimi<br />
anni. Dal 1996, attraverso<br />
5<br />
Conclusioni<br />
l’Ufficio relazioni con il pubblico,<br />
è stato avviato un servizio<br />
di assistenza fiscale.<br />
Prosegue (così come deliberato<br />
dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
nella sua seduta del 18<br />
gennaio 1999) il servizio di<br />
gratuito patrocinio legale per<br />
i giornalisti che, esercitando<br />
la libera professione, si ritrovano<br />
ad essere creditori nei<br />
confronti di quotidiani, periodici,<br />
emittenti radiotelevisive.<br />
Sono sempre più numerosi i<br />
colleghi che si rivolgono<br />
all’Ufficio relazioni con il<br />
pubblico di cui è responsabile<br />
la collega Letizia Gonza-<br />
Il ’99, anno della svolta per le professioni intellettuali. L’<strong>Ordine</strong><br />
ente pubblico posto a tutela <strong>dei</strong> cittadini.<br />
Il 1999 è stato l’anno della svolta per le professioni intellettuali.<br />
Tra marzo e giugno, la partita appariva persa per gli Ordini e i<br />
Collegi, gli enti che organizzano le professioni stesse. Luglio,<br />
invece, si è rivelato il mese delle grandi decisioni parlamentari.<br />
Il Dlgs n. 300/1999 sulla riorganizzazione <strong>dei</strong> ministeri ha introdotto<br />
nell’ordinamento due principi fondamentali: gli Ordini e i<br />
Collegi rimarranno sotto la vigilanza del Dicastero di Giustizia,<br />
mentre il Dicastero dell’Università concorrerà a preparare i<br />
nuovi professionisti. Nel futuro vicino, quindi, tutti i professionisti<br />
(giornalisti compresi) nasceranno negli Atenei. Il Dpef <strong>2000</strong>-<br />
2003, invece, ha congelato gli Ordini e i Collegi esistenti, vincolando<br />
Parlamento e Governo a non crearne di nuovi. Ordini e<br />
Collegi, quindi, rimangono in piedi, ma la riforma è tutta da<br />
costruire. La battaglia verte sulle società professionali, sul<br />
modo di intendere la concorrenza, sulle tariffe, sulla pubblicità<br />
e sull’accesso. Questioni non da poco. Il Governo D’Alema,<br />
partito di gran carriera nel marzo 1999, ha cambiato radicalmente<br />
linea: non parla più di scontro e ridimensionamento <strong>dei</strong><br />
professionisti. Il presidente del Consiglio, con una giravolta di<br />
360 gradi, nel settembre 1999 ha parlato <strong>dei</strong> professionisti<br />
come “classe dirigente diffusa del Paese”, precisando che<br />
“essi storicamente hanno assolto al ruolo di organizzare il<br />
sapere e le competenze”. Sono le parole, usate nel giugno<br />
precedente, da chi scrive in un pubblico convegno milanese.<br />
5.1. Le Università in campo. Il 15 dicembre 1999 il ministro<br />
dell’Università Ortensio Zecchino, presenta le 41 classi in cui<br />
saranno compresi i corsi di laurea triennali che, in base agli<br />
adempimenti della riforma, sono all’esame del Consiglio nazionale<br />
universitario (Cun) e andranno quindi alle commissioni<br />
parlamentari per entrare in vigore, si spera, nell’anno accademico<br />
2001-2002. Nelle intenzioni del Murst le nuove classi<br />
dovrebbero rispondere meglio delle facoltà alle esigenze di<br />
una moderna società che si avvia al terzo Millennio. Lo studente<br />
che termina le medie superiori si iscrive a un corso universitario<br />
triennale al termine del quale consegue il titolo di “laureato”;<br />
dopo, lo studente potrà frequentare il biennio di specializzazione,<br />
fare le tesi e diventare “dottore”. Il ministero dell’Università<br />
ha elaborato 103 indirizzi di lauree specializzate<br />
biennali tra le quali c’è quella specifica in giornalismo. La<br />
riforma universitaria diventa, quindi, per gli Ordini professionali<br />
(e soprattutto per l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>) il terreno del cambiamento.<br />
I rettori degli atenei il 4 febbraio hanno chiesto “che al<br />
più presto siano definite le regole per raccordare i nuovi titoli<br />
con le norme professionali”. La rivoluzione nelle professioni<br />
sarà portata dalle Università, che oggi godono di piena autonomia<br />
nella impostazione <strong>dei</strong> cicli didattici.<br />
“Gli studenti che si iscriveranno, probabilmente dal 2001-<br />
2002, alle nuove lauree triennali e alle lauree specialistiche –<br />
ha dichiarato Luciano Modica, presidente della Conferenza<br />
<strong>dei</strong> rettori, a “Il Sole 24 Ore” ( edizione del 5 febbraio) - dovranno<br />
sapere quale regolamentazione li attende qualora volessero<br />
svolgere professioni regolamentate al termine degli studi.<br />
Il sistema di accesso alle professioni regolamentate va riorganizzato<br />
in presenza di una normativa che attribuisce ampi<br />
spazi di autonomia alle università nella definizione <strong>dei</strong> curricula.<br />
Con almeno il 34% <strong>dei</strong> crediti lasciati all’autonomia,<br />
saranno gli Ordini a verificare i curricula degli studenti oppure<br />
toccherà agli atenei?. Tutta la normativa sugli Ordini – afferma<br />
Modica – andrebbe rivista perché adesso è un coacervo<br />
incredibile di norme in cui è difficilissimo orientarsi. Una regolamentazione<br />
così fitta delle professioni non ha riscontro negli<br />
altri Paesi europei: ora gli Ordini assumono la garanzia dell’ingresso<br />
alla professione in modo protezionistico e non solo nel<br />
senso di una verifica, essenziale, della qualità della preparazione.<br />
Senza voler togliere importanza agli Ordini professionali,<br />
questa è anche l’occasione per ripensare l’accesso e il<br />
sistema delle professioni”. È evidente che l’esame di Stato<br />
dovrà svolgersi in futuro per tutte le professioni in Università,<br />
mentre oggi questo già avviene ma solo per le professioni<br />
tecniche. In sostanza i Consigli degli Ordini dovranno occuparsi<br />
unicamente di deontologia, funzionando come giudici<br />
disciplinari, e di formazione continua (sempre in raccordo con<br />
le Università).<br />
5.2. L’esperienza milanese. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> della<br />
Lombardia nel 1974 ha approvato una delibera con la quale<br />
intendeva dare vita a una “scuola di giornalismo” (oggi denominata<br />
“Istituto Carlo De Martino per la Formazione al giornalismo”)<br />
e nel contempo ha rivitalizzato un principio (già codificato<br />
nel 1929 con il Regio decreto n. 2291) secondo il quale la<br />
frequenza della Scuola per due anni costituiva titolo equivalente<br />
alla pratica tradizionale svolta (per 18 mesi) nelle redazioni.<br />
Il primo corso iniziò nel novembre 1977. Quella di Milano rimane<br />
la prima scuola di giornalismo abilitata (dall’<strong>Ordine</strong>) al prati-<br />
les. L’Ufficio mette un avvocato<br />
a disposizione <strong>dei</strong> colleghi,<br />
evitando loro di sobbarcarsi<br />
pesanti oneri legali.<br />
Uno sforzo quotidiano notevole<br />
che non sarebbe possibile<br />
senza il contributo di alta<br />
professionalità del personale<br />
del nostro <strong>Ordine</strong> al quale va<br />
il mio ringraziamento più<br />
affettuoso.<br />
Come ogni anno (ma se<br />
possibile con accresciuta<br />
convinzione) voglio ricordare<br />
come il nostro <strong>Ordine</strong> continui<br />
a perseguire con puntiglio<br />
tenace la strada della<br />
difesa della professione e del<br />
riconoscimento <strong>dei</strong> diritti che<br />
derivano da un lavoro effettivamente<br />
svolto. Il riconoscimento<br />
d’ufficio del praticantato<br />
giornalistico, lungi da<br />
essere fabbrica di disoccupati<br />
e scontenti, è presa d’atto<br />
di un diritto conquistato col<br />
lavoro. Un diritto che l’<strong>Ordine</strong><br />
riconosce solo dopo una attività<br />
istruttoria lunga, accurata,<br />
meticolosa e un ampio<br />
dibattito in Consiglio. Ogni<br />
anno questo <strong>Ordine</strong> scrive la<br />
sua storia. Lo fa soprattutto,<br />
colleghi e colleghe, grazie al<br />
vostro apporto. E di questo vi<br />
ringrazio.<br />
cantato alternativo. Così gli editori hanno perso il privilegio,<br />
che risale al 1928, di “fare i giornalisti”. Fu un fatto fortemente<br />
innovativo: si poteva diventare (e si diventa) giornalisti esclusivamente<br />
in base alle capacità individuali, superando un<br />
concorso fortemente elitario (i posti sono appena 40). Nel<br />
settembre 1999 hanno partecipato alla selezione 505 giovani<br />
su 683 iscritti, facendo segnare un’affluenza record. È anche<br />
vero che la scuola di Milano esercita una grande attrazione,<br />
perché ha “costruito” in 20 anni 500 professionisti (tutti occupati).<br />
Nel luglio 1990, il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> ha riconosciuto<br />
altre cinque scuole (Milano Cattolica, Roma Luiss,<br />
Bologna, Urbino, Perugia). Recentemente il Consiglio nazionale<br />
ha dato disco verde ad altri due corsi in Roma (Università<br />
di Tor Vergata e Lumsa). A Roma, in sostanza, è nato un sistema<br />
universitario imperniato su tre Atenei.<br />
5.3. Le novità milanesi. Presto anche Milano potrebbe avere<br />
tre corsi universitari di giornalismo: Cattolica (già esistente),<br />
Statale e Iulm. I primi contatti tra <strong>Ordine</strong> della Lombardia e<br />
Atenei sono stati avviati. L’Università statale pensa di firmare<br />
una convenzione con la Regione Lombardia e con l’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> per assorbire l’Istituto “Carlo De Martino”,<br />
dando vita a un corso biennale specializzato in giornalismo al<br />
quale potranno accedere i laureati in Giurisprudenza, Lettere<br />
e Scienze politiche. Al termine del corso, i giovani avranno<br />
due titoli (quello di dottore in giornalismo e quello che dà diritto<br />
di sostenere l’esame di Stato per diventare giornalisti<br />
professionisti). C’è ottimismo nelle Università milanesi sul futuro<br />
delle professione giornalistica: tutti guardano alle opportunità<br />
crescenti offerte dalle testate telematiche e da Internet;<br />
dalla comunicazione pubblica, dall’attività degli uffici stampa,<br />
dalle televisioni e dalle radio. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> ha<br />
discusso i problemi, legati alla svolta, nella seduta del 31<br />
gennaio. Appare evidente che la “scuola professionale”,<br />
concepita nel 1974, sia superata. Bisogna fare i conti con l’autonomia<br />
delle Università e le Università devono fare i conti<br />
con l’<strong>Ordine</strong>, che ha la chiave del riconoscimento <strong>dei</strong> corsi e<br />
delle iscrizioni nel Registro <strong>dei</strong> praticanti. Va individuata una<br />
soluzione equilibrata che metta insieme saperi scientifici e<br />
saperi tecnici e che individui materie del tirocinio, professori<br />
“togati” e professori giornalisti. Un mix che ha una buona base<br />
nell’esperienza ventennale dell’Ifg. Bisogna fare anche in fretta.<br />
Nel febbraio 2001 sarà l’ora del bando per il XIII biennio<br />
dell’Ifg, il primo ufficialmente (si spera) a livello universitario.<br />
Un momento solenne per il mondo giornalistico italiano. La<br />
professione cambia radicalmente. La professione sarà certificata,<br />
come avviene per le altre professioni, da chi ne ha pieno<br />
titolo: l’Università italiana. Milano guiderà anche questa rivoluzione,<br />
la rivoluzione della professione più complessa, più delicata<br />
e più strategica per un paese democratico, che figura tra<br />
i primi sei Paesi industrializzati del mondo.<br />
Con l’ancoraggio della professione all’Università vanno definitivamente<br />
in archivio tutte quelle teorie che definivano i giornalisti<br />
“professionisti senza saperi” e, quindi, non degni di avere<br />
un <strong>Ordine</strong> professionale.<br />
5.4. È da ribadire la visione dell’<strong>Ordine</strong> visto come ente pubblico<br />
che ha la specifica competenza della tenuta dell’albo, <strong>dei</strong><br />
giudizi disciplinari, della redazione e della proposta della tariffa<br />
professionale nonché della liquidazione dell’onorario a richiesta<br />
del professionista o del suo cliente. Tali funzioni, come<br />
abbiamo più volte affermato in passato, sono assegnate a tutela<br />
non degli interessi della categoria professionale ma della<br />
collettività nei confronti <strong>dei</strong> professionisti. Questo principio, ora<br />
fissato nella sentenza n. 254/1999 del Consiglio di giustizia<br />
amministrativa per la Regione siciliana (magistratura equiparata<br />
al Consiglio di Stato), appare destinato a rilanciare il dibattito<br />
sul ruolo degli Ordini professionali. La finalità della tariffa è<br />
la tutela del cliente del professionista, in sostanza <strong>dei</strong> “consumatori<br />
<strong>dei</strong> servizi professionali” come scrive l’Antitrust con<br />
linguaggio comunitario.<br />
Molti sostengono, invece, che “gli Ordini hanno la finalità di<br />
tutelare (solo) gli interessi della categoria”. Ma non è così.<br />
Secondo il Consiglio della Giustizia amministrativa della regione<br />
siciliana, invece, gli Ordini, devono tutelare gli interessi <strong>dei</strong><br />
clienti <strong>dei</strong> professionisti. “Le specifiche competenze della tenuta<br />
dell’albo, <strong>dei</strong> giudizi disciplinari, della redazione e della<br />
proposta della tariffa professionale nonché della liquidazione<br />
<strong>dei</strong> compensi – scrive il Cgars – sono assegnate dalla legge<br />
agli Ordini essenzialmente per la tutela della collettività nei<br />
confronti degli esercenti la professione, la quale solo giustifica<br />
l’obbligo dell’appartenenza all’<strong>Ordine</strong>, e non già per una tutela<br />
degli interessi della categoria professionale che farebbe degli<br />
Ordini un’abnorme figura d’associazione obbligatoria, munita<br />
di potestà pubblica, per la difesa di interessi privati settoriali”.<br />
Un concetto, questo, che prefigura un ruolo moderno degli<br />
Ordini non più intesi come corporazione ma come enti che<br />
concorrono ad attuare valori e finalità propri della Costituzione<br />
repubblicana.<br />
Franco Abruzzo<br />
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