Ordine aprile 2000 - Ordine dei Giornalisti

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LEGGE & CRONISTI di stampa nel quale si dia l’informazione (sostanzialmente esatta e pertinente ad un confronto elettorale) che l’associazione aveva speso - nella gestione appena conclusa - delle cifre delle quali non era stata data una spiegazione soddisfacente senza peraltro alludere direttamente o indirettamente a spese illecite. Non è lesivo della reputazione del responsabile della gestione di un’associazione non riconosciuta accusare di scarsa “pulizia” una gestione contabile di scarsa trasparenza (ancorché tale scarsa trasparenza possa poi lasciare oggettivamente spazio alla supposizione di una gestione irregolare del denaro comune), in quanto nel linguaggio corrente pulizia e trasparenza denotano valori imparentati e la critica, per quanto aspra, non può nella specie ritenersi pretestuosa e travalicante i limiti dei confronti delle posizioni, anche tenuto conto della circostanza che il controllo dell’utilizzazione del denaro comune è strettamente pertinente ad una campagna elettorale (che era nei fatti in corso). Anche nelle associazioni non riconosciute il bilancio deve essere “trasparente”; e trasparente non è una voce del conto economico (nella specie “materiale di pulizia e varie”) nella quale siano comprese spese estremamente eterogenee, indipendentemente dal fatto che i sindaci non abbiano mosso rilievi al riguardo, dal fatto che le pezze giustificative siano accessibili agli interessati ed infine dal fatto che in assemblea gli associati (cui erano state date spiegazioni insufficienti ed imbarazzate) non abbiano insistito nella richiesta di chiarimenti. App. Milano, 30 dicembre 1994, Santerini c. D’Adda e altro Lede la reputazione di un magistrato (senza poter essere considerato legittimo esercizio del diritto di cronaca e critica, in quanto eccede il limite della continenza) l’articolo, pubblicato su un quotidiano nazionale, con cui se ne accosti la figura al personaggio manzoniano di Don Abbondio, così tacciandolo di pavidità (nella specie, il giornalista autore dell’articolo è stato condannato alla pena di lire 750.000 di multa, al risarcimento dei danni morali nella misura di lire 100.000.000, nonché al pagamento di lire 10.000.000 a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 l. 8 febbraio 1948 n. 47). Trib. Milano, 24 novembre 1995, Cavallaro In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca e di critica, come anche maggiormente, quello di ricerca storica o sociale riceve tutela penale anche sotto il profilo putativo, qualora l’agente abbia ritenuto per errore involontario che i fatti narrati siano veri e abbia dato la prova delle circostanze e dei fatti che giustificano il proprio errore. (Nella fattispecie è stato ritenuto insussistente l’elemento psicologico del reato di diffamazioni per la configurabilità dell’esimente putativa ex art. 51 in relazione al libro-inchiesta sulla mafia, gli uomini del disonore). Trib. Trento, 15 ottobre 1993, Arlacchi Il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca in quanto non si concreta nella narrazione di fatti, ma nell’espressione di un giudizio o di un’opinione che, come tale, non può essere rigorosamente obiettiva. Ove il giudice pervenga, attraverso l’esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest’ultimo come prevalentemente valutativo, anziché informativo, i limiti dell’esimente sono quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto la sussistenza della esimente a favore del comandante dei vigili urbani di un comune che in una lettera pubblicata su un quotidiano, intervenendo nella controversia politico-sindacale tra la giunta e la polizia municipale, aveva manifestato l’opinione che la paventata, più stretta dipendenza dei vigili dall’amministrazione, si risolvesse in una politicizzazione del corpo, determinata dall’esigenza di frenare lo zelo da loro dimostrato nel reprimere “illeciti più o meno gravi”). Cass. pen., sez. V, 24 novembre 1993, Paesini I requisiti essenziali affinché l’attività giornalistica, quando diffonda notizie lesive dell’altrui onore e reputazione, possa ricondursi all’esercizio del diritto di cronaca e di critica previsto e tutelato dall’art. 21 cost. che, a norma dell’art. 51 c.p. esclude l’antigiuridicità del fatto, consistono nella verità oggettiva o anche soltanto putativa dei fatti riferiti, nella loro rilevanza sociale e nell’obbiettività, serenità e correttezza dell’informazione. Pertanto, quando una notizia viene caricata di un effettivo valore negativo, perché connotata dagli articolisti da aggettivazioni spregiative e drammatizzanti, che indipendentemente da ogni valutazione sulla loro corrispondenza alla realtà, depongono per un deteriore spessore morale dei magistrati, l’efficacia dell’aggressione portata alla reputazione di un magistrato su un giornale di larga diffusione è fuori discussione. Trib. Napoli, 8 aprile 1995, Cariello c. Soc. Edime e altro Ciò che rileva è accertare se la critica sia o meno trasmodata in un attacco personale volto a colpire la sfera privata dell’offeso senza alcuna finalità di pubblico interesse, ovvero se le espressioni usate abbiano una tale carica lesiva dell’altrui dignità da non poter essere scriminate. “Lottizzato” e “portaborse” sono termini cui da anni si ricorre ormai comunemente nel linguaggio critico giornalistico per designare due momenti dello stesso fenomeno di schieramento, di inserimento in una struttura in ragione di un’appartenenza ad un’area politica, di adesione talora incondizionata agli orientamenti di un partito o di un leader. È da escludere che tali espressioni trasmodino nella contumelia, ovvero che siano comunque pregne di una carica lesiva non attenuata dalla diffusa desensibilizzazione in ordine alla portata offensiva di determinate parole quando siano usate nell’ambito della critica politica. Trib. Roma, 24 marzo 1995, Scalfari e altro È configurabile il reato di diffamazione a mezzo stampa, allorchè si ponga in essere un comportamento che trascenda i limi- L’esercizio del diritto di critica giornalistica ti della scriminante dell’esercizio del diritto di critica politica, consistendo questo, piuttosto, in un gratuito attacco personale, espressione di semplice malanimo e disprezzo per la persona oggetto della critica. Un siffatto comportamento non trova tutela alcuna nell’ordinamento, essendo privo di ogni possibile giustificazione. Trib. Perugia, 28 marzo 1995, Modena c. Granocchia L’attribuzione a taluno di un fatto costituente reato, ove non trovi supporto in elementi certi di riscontro dedotti dall’imputato, o non sia comunque fondata su notizie apprese da fonte informativa qualificata e sottoposte col massimo scrupolo a tutti gli accertamenti possibili, non configura esercizio del diritto di critica o di cronaca, nemmeno sotto il profilo della putatività. Trib. Roma, 11 dicembre 1993, Scalfari e altro In tema di diffamazione a mezzo stampa i limiti scriminanti del diritto di critica e del diritto di cronaca non sono coincidenti, ma diversi, essendo i primi più ampi dei secondi, per cui, quando uno scritto contiene notizie e opinioni, fatti e critiche, sì da costituire esercizio, ad un tempo, di entrambi i diritti, i corrispondenti (e diversi) limiti scriminanti dell’uno e dell’altro vanno individuati in relazione a ciascun contenuto espressivo, salvo che non si ritenga, in fatto, che lo scritto, valutato nel suo complesso, sia prevalentemente e significativamente esercizio o del diritto di critica o di quello di cronaca, nel qual caso è da accordare esclusivo rilievo all’una o all’altra causa di giustificazione. Cass. pen., sez. V, 16 aprile 1993, Barile Il diritto di cronaca sancito dall’art. 21 Cost. consente, nel corso delle competizioni politiche o sindacali, toni aspri e di disapprovazione, a condizione che la critica non trasmodi in attacco personale portato direttamente alla sfera privata dell’offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell’avversario. (Nella specie la suprema Corte ha ritenuto scriminante le aspre critiche dirette contro un candidato avversario durante la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale, definito “di razza nuova, spietato con la politica, un khomeinista nella lotta per il potere” uno che “avrebbe collaudato un modo di amministrare a metà strada tra il decisionismo e l’illegalità, come non si era mai visto finora nelle città peggio amministrate d’Italia” e che “avrebbe fatto da cerniera tra l’amministrazione e i vari gruppi immobiliari finanziari, che nel frattempo sarebbero diventati i veri padroni di Roma”). Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 1992, Valentini In tema di diffamazione a mezzo stampa, la legittimità del diritto di cronaca e critica politica va desunto da quello di informazione pluralistica e di libera espressione della propria opinione. Il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca, perché a differenza di quest’ultimo non si concreta nella narrazione di fatti, bensì si esprime in un giudizio o più genericamente nella manifestazione di un’opinione che sarebbe contraddittorio pretendere rigorosamente obiettiva: quanto più è elevata la posizione o l’attività pubblica di un soggetto, tanto più deve essere ampia la latitudine della critica. La menomazione della “identità politica” di un soggetto è da escludere quando la critica sia rispettosa dei limiti dell’interesse sociale della notizia, della verità dei fatti e della continenza. Cass. pen., sez. V, 16 aprile 1993, Barile È consentito, nell’ambito delle contese di natura politica o sindacale, esprimersi con toni o modi di disapprovazione e riprovazione, anche molto aspri, purchè la critica non si risolva in un attacco personale, vale a dire portato direttamente alla sfera privata dell’offeso, o in una contumelia lesiva dell’onorabilità dell’avversario come singola persona. Trib. Massa, 30 giugno 1994, Bertozzi e altro Ai fini della configurabilità dell’esimente di cui all’art. 51 c.p. per il reato di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca (e di critica), come ogni diritto, si definisce per mezzo dei suoi stessi limiti, che consentono di precisarne il contenuto e di determinarne l’ambito di esercizio. Tali limiti, secondo il costante insegnamento di questa Corte, sono costituiti: 1) dalla verità del fatto narrato; 2) dalla loro pertinenza, ossia dall’oggettivo interesse che essi fatti rivestono per l’opinione pubblica; 3) dalla correttezza con cui gli stessi vengono riferiti (cosiddetta continenza); essendo estranei all’interesse sociale che giustifica la discriminazione in parola ogni inutile eccesso e ogni aggressione dell’interesse morale della persona. In ordine al primo requisito va osservato che, prescindendo da ogni controversa opinione filosofica sull’argomento, per “verità”, ai fini che qui interessano, deve intendersi la sostanziale corrispondenza (adaequatio) tra fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum). Solo la verità come correlazione rigorosa tra il fatto e la notizia soddisfa alle esigenze della informazione e riporta l’azione nel campo dell’operatività dell’art. 51 c.p., rendendo non punibile (nel concorso dei requisiti della pertinenza e della continenza) eventuale lesione della reputazione altrui. Il principio della verità, quale presupposto dell’esistenza stessa del diritto di cronaca, oltrechè del suo legittimo esercizio, comporta, come suo inevitabile corollario, l’obbligo del giornalista, non solo di controllare l’attendibilità della fonte, ma altresì di accertare le verità della notizia, talché solo se tale obbligo sia stato scrupolosamente adempiuto, l’esimente dell’art. 51 c.p. potrà essere utilmente invocata. L’esercizio del diritto di critica giustifica l’espressione di opinioni che, in quanto tali, non è richiesto che siano rigorosamente obiettive, sempre che non si risolvano in un’aggressione all’interesse morale della persona. In tale situazione, infatti, non sarebbe configurabile l’interesse sociale alla notizia, costituente uno degli elementi integranti l’esimente. Cass. pen., sez. V, 7 aprile 1992, Melchiorre Per saperne di più BRESCIANI E., Opinioni espresse in ambito politico, lesione della reputazione e diritto di critica (nota a sent. Trib. Roma 26 marzo 1997, Selva c. De Mita e altro), Nuova Giur. Civ., 1998, I, 268 CALIGIURI S., Verità dei fatti e le lotte politiche: la libertà di critica riconosciuta ai parlamentari è più ampia di quella che spetta agli altri cittadini? Nel caso in cui passi di un volume dedicato al tema della mafia (contenente, tra l’altro, la completa testimonianza di un ex aderente a “cosa nostra”) ledano profondamente l’onore e la reputazione di una persona, nella valutazione dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica e nel conseguente bilanciamento tra i due beni costituzionalmente protetti del diritto alla libertà di manifestazione del pensiero e quello alla dignità personale, nell’attuale momento storico in cui la lotta a quel cancro sociale che è la mafia è basilare per la stessa difesa delle strutture democratiche, deve prevalere la libertà di parola; a tal fine è sufficiente che l’agente ritenga per errore involontario che i fatti narrati siano veri per configurarsi a suo favore una causa di esclusione della punibilità venendo a mancare del tutto l’elemento psicologico necessario per concretare l’esistenza del reato di diffamazione. Trib. Trento, 26 ottobre 1993, Arlacchi Il diritto alla “identità personale”, cioè il diritto di ciascuno di “essere se stesso” e di essere quindi tutelato dall’attribuzione di connotazioni estranee alla propria personalità, suscettibili di determinare la trasfigurazione o il travisamento di quest’ultima, non può implicare la pretesa di una costante corrispondenza tra la narrazione di fatti riferiti ad una determinata persona e l’idea che la medesima ha del proprio io, giacché, altrimenti, verrebbe automaticamente preclusa ogni possibilità di esercizio del legittimo diritto di critica. Cass. pen., sez. V, 16 aprile 1993, Barile, Mass. Pen. Cass., 1993, fasc. 9, 101 Non trova applicazione la scriminante dell’esercizio del diritto di critica nel caso in cui oggetto della pubblicazione siano fatti non veritieri; inoltre, l’attribuzione di qualità narcisistiche ed esibizionistiche ad un magistrato, lungi dal rappresentare legittimo esercizio del diritto di critica, costituisce violazione delle più elementari regole di correttezza professionale posto che, inserita nell’economia complessiva dell’articolo, diventa lo strumento utilizzato per una lettura in chiave negativa anche dal punto di vista morale e non solo professionale della personalità del magistrato descritto (nella specie, il tribunale ha ritenuto che l’inserimento del solo nome di Felice Casson all’interno di un articolo impostato fin dalla sua apertura con un taglio gravemente denigratorio nei confronti dell’attività della magistratura in genere, induce maliziosamente ad un immediato collegamento tra la persona del giudice Casson e le notizie negative riportate nel testo, e che le espressioni utilizzate dall’articolista non potessero essere valutate come esercizio di una critica corretta e civile). Trib. Monza, 25 marzo 1994, Montanelli e altro L’uso di un linguaggio astrattamente insultante non lede il diritto alla reputazione se funzionalmente connesso con il giudizio critico manifestato, riconducibile al legittimo esercizio del diritto di critica politica. Trib. Roma, 10 febbraio 1993, De Marzio c. Fini e altro Nella ricostruzione cinematografica di un fatto di cronaca recente (nella specie: il film “Giovanni Falcone”), il pur legittimo esercizio del diritto di critica non consente all’autore dell’opera di rappresentare come realmente avvenuti episodi della vita quotidiana dei soggetti rappresentati che si rivelino lesivi dei diritti della personalità di questi ultimi, stante l’impossibilità di provarne l’effettiva verificazione storica; di conseguenza, va rigettato il reclamo proposto avverso un provvedimento cautelare volto ad eliminare le scene di un’opera cinematografica aventi carattere denigratorio per il richiedente. Trib. Roma, 2 febbraio 1994, Ferrara e altro c. Geraci, Eccede i limiti del diritto di critica e di satira ed integra un illecito lesivo dell’altrui reputazione dileggiare le persone facendo riferimento alle loro non fortunate condizioni fisiche o ad eventuali carenze culturali (nel caso di specie l’offeso era stato qualificato “nano” e “uno che non ha proprio il senso di quello che dice, dell’italiano, della grammatica, di niente, è uno che apre bocca ed escono fiumi di cose che Kafka si suiciderebbe sentendole”). Trib. Roma, 5 aprile 1994, D’Ecclesia c. Magalli e altro Nell’esercizio della funzione informativa, che può essere critica oltre che notiziale, è necessario manifestare il proprio pensiero in termini sostanzialmente e formalmente corretti e adeguati al compito professionale. È lesivo della dignità professionale, alla cui tutela è chiamato l’ordine, e costituisce un abuso del magistero professionale, l’uso da parte del giornalista di espressioni inutili ed ininfluenti ai fini della manifestazione sia sostanziale che critica del proprio pensiero, espressioni che, rimarcando alcuni particolari tratti fisionomici degli appartenenti ad una determinata razza, fuoriescono dalla correttezza del linguaggio giornalistico e si presentano come disdicevoli, tanto da suscitare il risentimento della comunità di appartenenza delle persone oggetto dell’informazione. Cons. Naz. Giornalisti, 6 dicembre 1990, Panerai In tema di diffamazione a mezzo stampa il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come l’altro, nella narrazione di fatti, bensì nella espressione di un giudizio o, più genericamente, di un’opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su una interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti; ne consegue che l’esercizio di un tale diritto non può trovare altro limite che non sia quello dell’interesse pubblico e sociale della critica stessa, in relazione all’idoneità delle persone e dei comportamenti criticati a richiamare su di sé una comprensibile e oggettivamente apprezzabile attenzione dell’opinione pubblica. Cass. pen., sez. V, 16 aprile 1993, Barile 24 (32) ORDINE 4 2000

(nota a sent. Trib. Roma 19 aprile 1997, Selva c. De Mita e altro). Giur. di Merito, 1998, 24 TESAURO A., Diffamazione a mezzo di intervista giornalistica e diritto di critica (nota a Il diritto costituzionalmente garantito di critica politica prevale sul diritto del querelante alla reputazione, quando quest’ultimo sia un uomo politico pubblico e le espressioni usate non sconfinino nella contumelia; il criterio di valutazione, in simili circostanze, deve essere diverso; l’attacco all’uomo politico, infatti, da parte di un giornale politicamente impegnato, può essere portato con argomenti e con termini che potrebbero essere ritenuti lesivi della reputazione di un comune cittadino, tanto più che nella lotta politica, specie in concomitanza delle competizioni elettorali, si è determinata una certa desensibilizzazione del significato offensivo di talune parole. Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 1992, Valentini Integra gli estremi dell’esercizio legittimo del diritto di critica politica, tutelato ex art. 21 cost., il riportare, in un discorso “a braccio”, fatti corrispondenti al vero, in relazione ai quali sussista un interesse pubblico alla conoscenza, nella sede opportuna e con toni anche aspri o in astratto offensivi, poiché il principio della continenza è stato dettato in materia di diffamazione a mezzo stampa, e non per i discorsi improvvisati (nella specie, un consigliere comunale aveva, in una seduta consiliare, espresso la sua critica nei confronti della condotta professionale di un legale di fiducia del comune). Pret. Crotone, 9 febbraio 1993, Mancuso Il diritto di critica può essere esercitato nelle forme espressive più nette e vibranti, nel rispetto tuttavia del limite che nessuna esigenza di libero ed incondizionato confronto di idee può giustificare la maliziosa e subdola insinuazione, la indiretta demolizione della figura dell’“accusato”, la spregiudicata soppressione di elementi di fatto, l’accorto ed insinuante accostamento di dati inconferenti e quant’altro con il quale, a volte, si sostituisce il libero ed appassionato confronto delle idee. Trib. Roma, 31 ottobre 1991, Carnevale c. Soc. ed. La Repubblica Deve ritenersi estraneo all’attività di critica ogni apprezzamento negativo immotivato, ancorché la motivazione possa essere opinabile per la impossibilità di accertare la verità oggettiva di tesi scientifiche e di valutazioni tecniche non da tutti condivise; i giudizi di disapprovazione e di discredito delle idee o dei comportamenti altrui possono assumere il tono anche di grave e vivace dissenso ma debbono essere motivati ed espressi in termini corretti, misurati ed obiettivi. Cass. civ., sez. I, 6 aprile 1993, n. 4109, Soc. it. Neurologia c. Bonaccorsi Il mezzo televisivo per la sua forza di suggestione, per il maggior impatto col pubblico, per la impossibilità di una riflessione immediata e di critica è sicuramente più incisivo, efficace e dannoso del mezzo della carta stampata; e pertanto il mezzo utilizzato, in caso di verità putativa richiede al giornalista un maggior grado di prudenza nell’accertare la verità dei fatti che possono incidere negativamente sui diritti personali e patrimoniali dei soggetti; attraverso controlli, cautele, riscontri ed accertamenti e soprattutto verifica dei risultati, precisando al pubblico l’esatta portata ed i limiti della notizia. La libertà di stampa, garantita dall’art. 21 cost., quando incide sulla sfera dei diritti soggettivi dei soggetti ai quali la notizia o la critica si riferisce, violando i diritti dei medesimi soggetti, trova alcuni limiti necessari: oltre ad avere una obiettiva utilità sociale, la notizia, per essere legittimamente diffusa deve essere obiettivamente vera oppure deve essere ritenuta vera, in perfetta buona fede, essendo il risultato di un serio e diligente lavoro di ricerca e di controllo della fonte. Cass. civ., sez. III, 11 giugno 1992, n. 7154, Rai-Tv c. Soc. Sagit In tema di ricerca storica o storiografica, la prova della verità, come causa di giustificazione, deve essere ancora più rigorosa, e più rigoroso il controllo delle fonti di prova, non potendosi fare la storia con dubbi o insinuazioni; infatti, anche nella vera e propria ricerca storica, il diritto di critica o di manifestazione del pensiero non può sconfinare nella altrui denigrazione (applicazione in tema di diffamazione col mezzo della stampa in relazione ad un volume dal titolo “In nome della loggia”). Cass. pen., sez. V, 27 gennaio 1989, Siniscalchi In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui i giudici di merito abbiano riconosciuto l’operatività dell’esimente del diritto di critica, di più ampia portata rispetto a quella dell’exceptio veritatis invocata dall’imputato, sia pure senza poi riconoscerne in concreto la sussistenza degli estremi, vi è carenza di interesse a dedurre la mancata applicazione dell’exceptio veritatis; infatti, l’esimente del diritto di critica comprende anche le diffamazioni dal carattere generico e non soltanto quelle consistenti nell’attribuzione di un fatto determinato e prescinde dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa, nonché dalla presenza degli altri presupposti indicati dal 3° comma, art. 596 c. p. Cass. pen., sez. V, 23 ottobre 1991 Fra gli altri estremi, il diritto di critica e di cronaca, per costituire causa di non punibilità in tema di diffamazione a mezzo stampa, deve essere esercitato nei limiti della continenza; e ciò, ovviamente, anche quando si adoperino le vignette e le caricature e si voglia fare della satira e dell’ironia (nella specie, la corte di cassazione ha ritenuto che nessuna giustificazione può riconoscersi di fronte ad una situazione che certamente ed inequivocabilmente eccede dalla semplice satira, dall’indirizzo ironico, dall’umorismo, per trasmodare in vera contumelia e in concreta denigrazione). Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 1992, Carrubba In tema di diffamazione è da ritenersi illecita solo quella critica giudiziaria (cioè quella manifestatasi nei confronti dell’operato dei magistrati e degli atti da questi compiuti nell’esercizio delle funzioni loro demandate) che sia carica di significato offensivo e si risol- ORDINE 4 2000 sent. Trib. Venezia 27 gennaio 1997, Battistella e altro; Trib. Venezia 16 ottobre 1996, Schmid e altro), Foro It., 1998, II, 51 GENNARI S., Responsabilità civile ed esercizio del diritto di critica giornalistica, Resp. Civ. e Prev., 1997, 1001 CONTI M., La diffamazione in un’opera letteraria, tra diritto di critica e di cronaca (nota a sent. Cass., Sez. III, 22 gennaio 1996 n. 465, Ortolani c. Soc. Sperling e Kupfer ed.). Nuova Giur. Civ., 1997, I, 315 ZAGNONI BONILINI P., Un saggio sulla “Fibula Prenestina”: libertà di critica e diritto alla reputazione (nota a sent. Cass., Sez. V, 24 febbraio va in un attacco alla reputazione ed in una lesione alla stima di cui gode il soggetto criticato nel suo ambiente professionale. Trib. Perugia, 28 febbraio 1992, Pensa Nell’esercizio del diritto di critica, l’obbligo di rispettare la verità si traduce in un richiamo all’osservanza di regole di correttezza; è cioè un obbligo di diligenza e di acribia; l’impossibilità, che dipende dalla natura non scientifica del discorso, di provare in modo pubblicamente controllabile la corrispondenza alla realtà dei giudizi espressi deve dunque essere compensata dalla cura posta nell’osservare un metodo di convalida il più possibile serio ed il più possibile aperto all’autocorrezione; la proposizione che la mafia trae la sua forza da un certo modo di parlare proprio delle persone per bene ed innocenti che con i loro comportamenti oggettivi le garantiscono condizioni di forza o di impunità, non è suscettibile di verifica empirica; può essere condivisa o non condivisa, ma non può essere confutata sulla base di argomenti di fatto con essa inconciliabili; non può essere dunque qualificata come non veritiera, ma integra gli estremi delle regole della correttezza nei termini sopra formulati ai fini della sussistenza del diritto di critica. Uff. indagini preliminari Torino T., 6 giugno 1991, Dalla Chiesa Non costituisce diffamazione a mezzo stampa ex art. 595, 3° comma, c. p. il fatto di esprimere, sia in un’intervista rilasciata ad un quotidiano sia in un articolo apparso in altra pubblicazione, giudizi offensivi sulla “congregazione cristiana dei testimoni di Geova” e sugli stessi appartenenti ad essa, configurandosi nella specie una ipotesi di legittimo esercizio del diritto di libertà religiosa e di relativa critica. Trib. Venezia, 10 marzo 1992, Faraon In una società democratica, improntata alla libertà di manifestazione del pensiero e di stampa, va riconosciuto il diritto di libera formazione ed espressione delle opinioni, conseguentemente possono i critici valutare negativamente nelle recensioni le opere altrui; è configurabile, pertanto, il legittimo esercizio del diritto di critica nella valutazione negativa di un’opera teatrale, e con essa, inevitabilmente, del suo autore, purché giudicato in quanto tale e non in quanto uomo. Uff. indagini preliminari Roma T., 23 settembre 1991, Antonucci 1994, Guarducci)., Resp. Civ. e Prev., 1996, 156 IZZO U., La critica per immagini: un diritto virtuale? (nota a sent. Trib. Roma 2 febbraio 1994, Ferrara c. Soc. Clemi), Dir. Informazione e Informa- tica, 1994, 343 MORRETTA G., Critica scientifica e diffamazione (nota a sent. Cass., Sez. I, 6 aprile 1993 n. 4109, Soc. it. neurologia c. Bonaccorsi), Nuova Giur. Civ., 1994, I, 584 L’esercizio del diritto di critica non può estrinsecarsi in mere espressioni negative ed offensive, avulse da un motivato giudizio critico che dia conto delle ragioni del dissenso e spieghi la posizione dell’autore. La pubblicazione a mezzo stampa di una lettera sull’operato altrui, contenente mere espressioni negative ed offensive, avulse da qualsiasi motivazione del dissenso espresso, non costituisce esercizio del diritto, vero o putativo, di critica ma configura il reato di diffamazione aggravata, il cui accertamento nel giudizio civile è sufficiente al fine della condanna al risarcimento dei danni morali subiti dalla persona offesa. Trib. Verona, 21 febbraio 1991, Righi c. Perotti In tema di diffamazione aggravata col mezzo della stampa, ciò che conta, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, è che il fatto sia vero e non possano sussistere limiti al diritto di fornire la prova della verità del fatto medesimo; sicché tale prova può essere fornita od integrata anche per mezzo di documenti successivi alla pubblicazione della notizia ed il cui esatto contenuto fosse eventualmente ignoto all’autore dell’articolo giornalistico (nella specie la suprema corte ha ritenuto che, in via processuale, si potesse utilizzare il contenuto del decreto di citazione a giudizio, di data successiva all’articolo incriminato, come integrazione della prova della verità del fatto riferito). Cass. pen., 28 novembre 1990, Rocchetti La critica, pur severa e pungente, in tanto può essere ammessa in quanto abbia pur sempre un fondamento di verità che ne giustifichi e ne renda accettabili interpretazioni anche esasperate e malevole. Trib. Teramo, 23 novembre 1988, Crescenti, La legittimità dell’esercizio del diritto di critica politica, garantito dalla costituzione, trova un primo limite nella necessità che la critica non trasmodi in un attacco alla sfera privata della persona, dovendo sussistere un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti. L’obbligo di rispettare la verità obiettiva dei fatti nell’esercizio del diritto di critica politica è meno rigoroso che nell’esercizio del diritto di cronaca (Trib. Pescara, 15 febbraio 1991, Ciarma) 25 (33)

(nota a sent. Trib. Roma 19<br />

<strong>aprile</strong> 1997, Selva c. De Mita<br />

e altro). Giur. di Merito, 1998,<br />

24<br />

TESAURO A., Diffamazione<br />

a mezzo di intervista giornalistica<br />

e diritto di critica (nota a<br />

Il diritto costituzionalmente garantito di critica politica prevale<br />

sul diritto del querelante alla reputazione, quando quest’ultimo<br />

sia un uomo politico pubblico e le espressioni usate non sconfinino<br />

nella contumelia; il criterio di valutazione, in simili circostanze,<br />

deve essere diverso; l’attacco all’uomo politico, infatti,<br />

da parte di un giornale politicamente impegnato, può essere<br />

portato con argomenti e con termini che potrebbero essere<br />

ritenuti lesivi della reputazione di un comune cittadino, tanto<br />

più che nella lotta politica, specie in concomitanza delle<br />

competizioni elettorali, si è determinata una certa desensibilizzazione<br />

del significato offensivo di talune parole.<br />

Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 1992, Valentini<br />

Integra gli estremi dell’esercizio legittimo del diritto di critica<br />

politica, tutelato ex art. 21 cost., il riportare, in un discorso “a<br />

braccio”, fatti corrispondenti al vero, in relazione ai quali sussista<br />

un interesse pubblico alla conoscenza, nella sede opportuna<br />

e con toni anche aspri o in astratto offensivi, poiché il principio<br />

della continenza è stato dettato in materia di diffamazione<br />

a mezzo stampa, e non per i discorsi improvvisati (nella<br />

specie, un consigliere comunale aveva, in una seduta consiliare,<br />

espresso la sua critica nei confronti della condotta professionale<br />

di un legale di fiducia del comune).<br />

Pret. Crotone, 9 febbraio 1993, Mancuso<br />

Il diritto di critica può essere esercitato nelle forme espressive<br />

più nette e vibranti, nel rispetto tuttavia del limite che nessuna<br />

esigenza di libero ed incondizionato confronto di idee può<br />

giustificare la maliziosa e subdola insinuazione, la indiretta<br />

demolizione della figura dell’“accusato”, la spregiudicata<br />

soppressione di elementi di fatto, l’accorto ed insinuante accostamento<br />

di dati inconferenti e quant’altro con il quale, a volte,<br />

si sostituisce il libero ed appassionato confronto delle idee.<br />

Trib. Roma, 31 ottobre 1991, Carnevale c. Soc. ed. La Repubblica<br />

Deve ritenersi estraneo all’attività di critica ogni apprezzamento<br />

negativo immotivato, ancorché la motivazione possa essere<br />

opinabile per la impossibilità di accertare la verità oggettiva di<br />

tesi scientifiche e di valutazioni tecniche non da tutti condivise;<br />

i giudizi di disapprovazione e di discredito delle idee o <strong>dei</strong><br />

comportamenti altrui possono assumere il tono anche di grave<br />

e vivace dissenso ma debbono essere motivati ed espressi in<br />

termini corretti, misurati ed obiettivi.<br />

Cass. civ., sez. I, 6 <strong>aprile</strong> 1993, n. 4109, Soc. it. Neurologia c.<br />

Bonaccorsi<br />

Il mezzo televisivo per la sua forza di suggestione, per il<br />

maggior impatto col pubblico, per la impossibilità di una riflessione<br />

immediata e di critica è sicuramente più incisivo, efficace<br />

e dannoso del mezzo della carta stampata; e pertanto il<br />

mezzo utilizzato, in caso di verità putativa richiede al giornalista<br />

un maggior grado di prudenza nell’accertare la verità <strong>dei</strong><br />

fatti che possono incidere negativamente sui diritti personali e<br />

patrimoniali <strong>dei</strong> soggetti; attraverso controlli, cautele, riscontri<br />

ed accertamenti e soprattutto verifica <strong>dei</strong> risultati, precisando<br />

al pubblico l’esatta portata ed i limiti della notizia.<br />

La libertà di stampa, garantita dall’art. 21 cost., quando incide<br />

sulla sfera <strong>dei</strong> diritti soggettivi <strong>dei</strong> soggetti ai quali la notizia o<br />

la critica si riferisce, violando i diritti <strong>dei</strong> medesimi soggetti,<br />

trova alcuni limiti necessari: oltre ad avere una obiettiva utilità<br />

sociale, la notizia, per essere legittimamente diffusa deve<br />

essere obiettivamente vera oppure deve essere ritenuta vera,<br />

in perfetta buona fede, essendo il risultato di un serio e diligente<br />

lavoro di ricerca e di controllo della fonte.<br />

Cass. civ., sez. III, 11 giugno 1992, n. 7154, Rai-Tv c. Soc. Sagit<br />

In tema di ricerca storica o storiografica, la prova della<br />

verità, come causa di giustificazione, deve essere ancora più<br />

rigorosa, e più rigoroso il controllo delle fonti di prova, non potendosi<br />

fare la storia con dubbi o insinuazioni; infatti, anche nella<br />

vera e propria ricerca storica, il diritto di critica o di manifestazione<br />

del pensiero non può sconfinare nella altrui denigrazione<br />

(applicazione in tema di diffamazione col mezzo della stampa in<br />

relazione ad un volume dal titolo “In nome della loggia”).<br />

Cass. pen., sez. V, 27 gennaio 1989, Siniscalchi<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui i giudici<br />

di merito abbiano riconosciuto l’operatività dell’esimente del<br />

diritto di critica, di più ampia portata rispetto a quella dell’exceptio<br />

veritatis invocata dall’imputato, sia pure senza poi riconoscerne<br />

in concreto la sussistenza degli estremi, vi è carenza<br />

di interesse a dedurre la mancata applicazione dell’exceptio<br />

veritatis; infatti, l’esimente del diritto di critica comprende<br />

anche le diffamazioni dal carattere generico e non soltanto<br />

quelle consistenti nell’attribuzione di un fatto determinato e<br />

prescinde dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa,<br />

nonché dalla presenza degli altri presupposti indicati dal 3°<br />

comma, art. 596 c. p.<br />

Cass. pen., sez. V, 23 ottobre 1991<br />

Fra gli altri estremi, il diritto di critica e di cronaca, per costituire<br />

causa di non punibilità in tema di diffamazione a mezzo<br />

stampa, deve essere esercitato nei limiti della continenza; e<br />

ciò, ovviamente, anche quando si adoperino le vignette e le<br />

caricature e si voglia fare della satira e dell’ironia (nella specie,<br />

la corte di cassazione ha ritenuto che nessuna giustificazione<br />

può riconoscersi di fronte ad una situazione che certamente<br />

ed inequivocabilmente eccede dalla semplice satira, dall’indirizzo<br />

ironico, dall’umorismo, per trasmodare in vera contumelia<br />

e in concreta denigrazione).<br />

Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 1992, Carrubba<br />

In tema di diffamazione è da ritenersi illecita solo quella critica<br />

giudiziaria (cioè quella manifestatasi nei confronti dell’operato <strong>dei</strong><br />

magistrati e degli atti da questi compiuti nell’esercizio delle funzioni<br />

loro demandate) che sia carica di significato offensivo e si risol-<br />

ORDINE 4 <strong>2000</strong><br />

sent. Trib. Venezia 27 gennaio<br />

1997, Battistella e altro; Trib.<br />

Venezia 16 ottobre 1996,<br />

Schmid e altro), Foro It.,<br />

1998, II, 51<br />

GENNARI S., Responsabilità<br />

civile ed esercizio del diritto di<br />

critica giornalistica, Resp. Civ.<br />

e Prev., 1997, 1001<br />

CONTI M., La diffamazione in<br />

un’opera letteraria, tra diritto<br />

di critica e di cronaca (nota a<br />

sent. Cass., Sez. III, 22 gennaio<br />

1996 n. 465, Ortolani c.<br />

Soc. Sperling e Kupfer ed.).<br />

Nuova Giur. Civ., 1997, I, 315<br />

ZAGNONI BONILINI P., Un<br />

saggio sulla “Fibula Prenestina”:<br />

libertà di critica e diritto<br />

alla reputazione (nota a sent.<br />

Cass., Sez. V, 24 febbraio<br />

va in un attacco alla reputazione ed in una lesione alla stima di<br />

cui gode il soggetto criticato nel suo ambiente professionale.<br />

Trib. Perugia, 28 febbraio 1992, Pensa<br />

Nell’esercizio del diritto di critica, l’obbligo di rispettare la verità<br />

si traduce in un richiamo all’osservanza di regole di correttezza;<br />

è cioè un obbligo di diligenza e di acribia; l’impossibilità,<br />

che dipende dalla natura non scientifica del discorso, di provare<br />

in modo pubblicamente controllabile la corrispondenza alla<br />

realtà <strong>dei</strong> giudizi espressi deve dunque essere compensata<br />

dalla cura posta nell’osservare un metodo di convalida il più<br />

possibile serio ed il più possibile aperto all’autocorrezione; la<br />

proposizione che la mafia trae la sua forza da un certo modo<br />

di parlare proprio delle persone per bene ed innocenti che con<br />

i loro comportamenti oggettivi le garantiscono condizioni di<br />

forza o di impunità, non è suscettibile di verifica empirica; può<br />

essere condivisa o non condivisa, ma non può essere confutata<br />

sulla base di argomenti di fatto con essa inconciliabili; non<br />

può essere dunque qualificata come non veritiera, ma integra<br />

gli estremi delle regole della correttezza nei termini sopra<br />

formulati ai fini della sussistenza del diritto di critica.<br />

Uff. indagini preliminari Torino T., 6 giugno 1991, Dalla Chiesa<br />

Non costituisce diffamazione a mezzo stampa ex art. 595, 3°<br />

comma, c. p. il fatto di esprimere, sia in un’intervista rilasciata<br />

ad un quotidiano sia in un articolo apparso in altra pubblicazione,<br />

giudizi offensivi sulla “congregazione cristiana <strong>dei</strong> testimoni<br />

di Geova” e sugli stessi appartenenti ad essa, configurandosi<br />

nella specie una ipotesi di legittimo esercizio del diritto di<br />

libertà religiosa e di relativa critica.<br />

Trib. Venezia, 10 marzo 1992, Faraon<br />

In una società democratica, improntata alla libertà di manifestazione<br />

del pensiero e di stampa, va riconosciuto il diritto di<br />

libera formazione ed espressione delle opinioni, conseguentemente<br />

possono i critici valutare negativamente nelle recensioni<br />

le opere altrui; è configurabile, pertanto, il legittimo esercizio<br />

del diritto di critica nella valutazione negativa di un’opera<br />

teatrale, e con essa, inevitabilmente, del suo autore, purché<br />

giudicato in quanto tale e non in quanto uomo.<br />

Uff. indagini preliminari Roma T., 23 settembre 1991, Antonucci<br />

1994, Guarducci)., Resp. Civ.<br />

e Prev., 1996, 156<br />

IZZO U., La critica per immagini:<br />

un diritto virtuale? (nota a<br />

sent. Trib. Roma 2 febbraio<br />

1994, Ferrara c. Soc. Clemi),<br />

Dir. Informazione e Informa-<br />

tica, 1994, 343<br />

MORRETTA G., Critica scientifica<br />

e diffamazione (nota a<br />

sent. Cass., Sez. I, 6 <strong>aprile</strong><br />

1993 n. 4109, Soc. it. neurologia<br />

c. Bonaccorsi), Nuova<br />

Giur. Civ., 1994, I, 584<br />

L’esercizio del diritto di critica non può estrinsecarsi in mere<br />

espressioni negative ed offensive, avulse da un motivato giudizio<br />

critico che dia conto delle ragioni del dissenso e spieghi la<br />

posizione dell’autore.<br />

La pubblicazione a mezzo stampa di una lettera sull’operato<br />

altrui, contenente mere espressioni negative ed offensive,<br />

avulse da qualsiasi motivazione del dissenso espresso, non<br />

costituisce esercizio del diritto, vero o putativo, di critica ma<br />

configura il reato di diffamazione aggravata, il cui accertamento<br />

nel giudizio civile è sufficiente al fine della condanna al risarcimento<br />

<strong>dei</strong> danni morali subiti dalla persona offesa.<br />

Trib. Verona, 21 febbraio 1991, Righi c. Perotti<br />

In tema di diffamazione aggravata col mezzo della stampa, ciò<br />

che conta, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca e<br />

di critica, è che il fatto sia vero e non possano sussistere limiti<br />

al diritto di fornire la prova della verità del fatto medesimo;<br />

sicché tale prova può essere fornita od integrata anche per<br />

mezzo di documenti successivi alla pubblicazione della notizia<br />

ed il cui esatto contenuto fosse eventualmente ignoto all’autore<br />

dell’articolo giornalistico (nella specie la suprema corte ha<br />

ritenuto che, in via processuale, si potesse utilizzare il contenuto<br />

del decreto di citazione a giudizio, di data successiva<br />

all’articolo incriminato, come integrazione della prova della<br />

verità del fatto riferito).<br />

Cass. pen., 28 novembre 1990, Rocchetti<br />

La critica, pur severa e pungente, in tanto può essere ammessa<br />

in quanto abbia pur sempre un fondamento di verità che ne<br />

giustifichi e ne renda accettabili interpretazioni anche esasperate<br />

e malevole.<br />

Trib. Teramo, 23 novembre 1988, Crescenti,<br />

La legittimità dell’esercizio del diritto di critica politica, garantito<br />

dalla costituzione, trova un primo limite nella necessità che la<br />

critica non trasmodi in un attacco alla sfera privata della persona,<br />

dovendo sussistere un interesse pubblico alla conoscenza<br />

<strong>dei</strong> fatti.<br />

L’obbligo di rispettare la verità obiettiva <strong>dei</strong> fatti nell’esercizio<br />

del diritto di critica politica è meno rigoroso che nell’esercizio<br />

del diritto di cronaca (Trib. Pescara, 15 febbraio 1991, Ciarma)<br />

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