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Ordine aprile 2000 - Ordine dei Giornalisti

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LEGGE & CRONISTI<br />

L’esercizio del diritto<br />

di critica giornalistica<br />

Il diritto di critica nella giurisprudenza<br />

In tema di reato di diffamazione a mezzo stampa, l’attribuzione<br />

a taluno, in termini di certezza di un fatto che è invece rimasto<br />

non accertato, non perde il connotato della illiceità sol<br />

perché sia inserita all’interno di una determinata analisi sociopolitica:<br />

ed invero, costituisce causa di giustificazione<br />

soltanto la critica che rispetti la verità <strong>dei</strong> fatti e non anche<br />

quella che si sviluppi attraverso l’arbitrario inserimento di circostanze<br />

non vere, dato che, in questo caso, la critica diviene un<br />

mero pretesto per offendere l’altrui reputazione. (Nella fattispecie,<br />

l’imputato, in un articolo giornalistico - in cui aveva inteso<br />

tracciare un’analisi socio-politica del fenomeno eversivo -<br />

aveva rappresentato il contributo offerto da una persona a<br />

gravissimi fatti oggetto di un procedimento penale, indicando<br />

anche gli atti attraverso i quali si sarebbe concretizzato il detto<br />

contributo, ed omettendo di riferire che tali circostanze non<br />

erano state ritenute certe all’esito del procedimento conclusosi<br />

con sentenza passata in giudicato. La S.C. ha ritenuto la sussistenza<br />

del reato di diffamazione a mezzo stampa ed ha enunciato<br />

il principio di cui in massima.<br />

Cass. pen., sez. I, 12 gennaio 1996, n. 2210, Bocca<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, le sentenze possono<br />

essere oggetto di critica, anche aspra, per gli argomenti<br />

che ne sostengono le interpretazioni <strong>dei</strong> fatti e delle norme,<br />

che sono spesso opinabili. Non è, invece, consentito presentarle<br />

come risultato di complotti o strategie politiche, poiché in<br />

tal caso non si manifesta un dissenso (fondato e motivato o<br />

meno) dalle opinioni espresse dai giudici, ma si afferma un<br />

fatto lesivo che dev’essere rigorosamente provato.<br />

Cass. pen., sez. V, 4 gennaio 1995, Liguori<br />

Quando il giornalista riporti affermazioni altrui lesive della<br />

reputazione di terze persone, la sua condotta non può ritenersi<br />

scriminata in base alla mera constatazione del fatto che<br />

quelle affermazioni sono state effettivamente compiute e che<br />

il giornalista le ha diligentemente riprodotte; l’attività del giornalista<br />

potrà considerarsi scriminata solamente quando risulti<br />

altresì provato che sussista un interesse pubblico attuale<br />

alla conoscenza di tali dichiarazioni e le opinioni e i giudizi<br />

siano corrispondenti al requisito della continenza (nella<br />

specie, il tribunale di Venezia ha ritenuto giustificati sulla base<br />

della scriminante del legittimo esercizio del diritto di critica<br />

i giudizi polemici espressi da un rappresentante<br />

sindacale della Cgil-scuola e da alcuni studenti medi in ordine<br />

ad una iniziativa giudiziaria assunta dal procuratore della<br />

repubblica presso la pretura circondariale di Trento, interpretata<br />

come un tentativo per ottenere autoritativamente la<br />

cessazione del movimento di protesta studentesca noto con<br />

l’appellativo di Jurassic School; ha parimenti ritenuto non<br />

punibili sulla base della diversa esimente del diritto di cronaca<br />

le condotte <strong>dei</strong> cronisti locali che, attraverso interviste e<br />

resoconti giornalistici, avevano informato l’opinione pubblica<br />

sulla vicenda in questione).<br />

Trib. Venezia, 16 ottobre 1996, Schmid e altro<br />

Non costituisce valido esercizio del diritto di critica, ma integra<br />

il delitto di diffamazione a mezzo stampa, la diffusione della<br />

notizia del coinvolgimento di un soggetto nel compimento di<br />

un reato, qualora, riferendo dell’assoluzione dello stesso, si<br />

segnalino altresì avvenimenti successivi confermativi delle<br />

ipotesi investigative che avevano condotto all’incriminazione<br />

suddetta.<br />

Cass. pen., sez. V, 2 giugno 1998, n. 8021, Venditti e altro<br />

Il diritto di critica giornalistica, che rientra tra i diritti pubblici<br />

soggettivi inerenti alla libertà di pensiero e di stampa, deve<br />

consistere in un dissenso motivato, espresso in termini<br />

corretti e misurati e non deve assumere toni gravemente<br />

lesivi dell’altrui dignità morale e professionale. Il limite all’esercizio<br />

di tale diritto deve intendersi superato quando l’agente<br />

trascenda in attacchi personali diretti a colpire, su un piano<br />

individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse, la figura<br />

morale del soggetto criticato, giacché, in tal caso, l’esercizio<br />

del diritto, lungi dal rimanere nell’ambito di una critica misurata<br />

ed obiettiva, trascende nel campo dell’aggressione alla sfera<br />

morale altrui, penalmente protetta.<br />

Cass. pen., sez. V, 11 marzo 1998, n. 5772, Iannuzzi<br />

Per il diritto di critica a mezzo stampa, esercitato da parlamentare,<br />

devono essere osservati i limiti della verità <strong>dei</strong> fatti,<br />

dell’interesse sociale della notizia e della continenza, ed il<br />

giudice del risarcimento non può trovare ostacolo all’esercizio<br />

<strong>dei</strong> suoi poteri nella mancanza di giudizio di censurabili delle<br />

opinioni espresse da parte della Camera di appartenenza (e<br />

tanto, ai fini di eventuale sospensione del processo di risarcimento);<br />

(nella specie, è stata ritenuta la responsabilità solidale<br />

dell’emittente televisiva ed è stata applicata all’autore la<br />

sanzione pecuniaria ex art. 12 legge sulla stampa).<br />

Trib. Napoli, 10 novembre 1997, Costagliola c. Sgarbi e altro<br />

Il diritto di critica, che nel corso delle competizioni elettorali<br />

consente anche toni aspri e di disapprovazione, non deve<br />

trasmodare nell’attacco personale e nella pura contumelia.<br />

La polemica politica in nessun caso può perciò giustificare<br />

l’uso di espressioni quali: “pidocchio, mascalzone, burattino”<br />

all’indirizzo di un antagonista.<br />

Cass. pen., sez. V, 5 novembre 1997, n. 11905, Farassino<br />

Il diritto di critica che costituisce uno degli aspetti principali su cui<br />

si fonda la libera (e lecita) manifestazione del pensiero, non si<br />

esprime nella narrazione ma nel giudizio e nella valutazione di<br />

fatti; la critica è pertanto soggettiva e cioè corrispondente, in<br />

definitiva, al punto di vista di chi la manifesta. L’efficacia scriminante<br />

della critica è più accentuata in ambito politico, nel quale essa<br />

può essere esercitata con le modalità più nette e vibranti,<br />

senza rituali ed ipocriti omaggi a stili e forme espressive.<br />

Trib. Roma, 26 marzo 1997, Selva c. De Mita e altro<br />

Il diritto di critica, che costituisce esercizio del principio di<br />

libertà di manifestazione del pensiero, trova un limite invalicabile<br />

nel rispetto di altri diritti fondamentali, parimenti sanciti<br />

dalla Costituzione, e cioè quelli della pari dignità sociale di<br />

tutti i cittadini e della salvaguardia <strong>dei</strong> diritti inviolabili della<br />

persona, fra i quali il diritto all’onore, al decoro, alla reputazione<br />

e al rispetto. Di conseguenza, il corretto bilanciamento <strong>dei</strong><br />

diritti garantiti dalla Carta costituzionale deve costituire il criterio-<br />

guida per il giudice nell’interpretazione della norma, in<br />

quantostrumento idoneo a salvaguardare il pluralismo culturale,<br />

ideologico e religioso, sul quale nella moderna democrazia<br />

si fonda il concetto di libertà.<br />

App. Venezia, 17 settembre 1997, Faraon e altro<br />

La valutazione critica di un locale, espressa in una guida<br />

gastronomica, non può prescindere dalla verità <strong>dei</strong> fatti che ne<br />

costituiscono il logico presupposto e pertanto la formulazione<br />

di un giudizio apodittico non corrispondente alla esperienza<br />

concreta del critico costituisce fatto illecito avverso il quale<br />

di Sabrina Peron,<br />

avvocato in Milano<br />

La critica si può definire<br />

come una interpretazione<br />

soggettiva <strong>dei</strong> fatti riportati<br />

dalla cronaca che si concreta<br />

in un giudizio di valore o in<br />

una manifestazione di dissenso<br />

risultante da una attività<br />

eminentemente valutativa.<br />

Fin da questa semplice<br />

definizione vediamo come la<br />

critica consista in una estrinsecazione<br />

della libertà di<br />

manifestazione di pensiero<br />

tutelata dall’art. 21 della<br />

Costituzione. È stato proprio<br />

il rango costituzionale di questo<br />

diritto che ha reso difficoltosa<br />

l’individuazione delle<br />

condizioni in grado di garantirne<br />

la convivenza con il diritto<br />

all’onore ed alla reputazione<br />

che spetta ad ogni singolo<br />

individuo. Le decisioni<br />

espresse dalla giurisprudenza<br />

in questo campo rappresentano<br />

il tentativo di raggiungere<br />

un bilanciamento<br />

tra la tutela <strong>dei</strong> beni della personalità<br />

e la libertà di informazione<br />

nella sua accezione<br />

di interpretazione critica <strong>dei</strong><br />

fatti e degli avvenimenti di<br />

particolare interesse sociale.<br />

Anche in questo campo,<br />

comunque, la demarcazione<br />

tra il legittimo esercizio del<br />

diritto di critica e l’illecita<br />

lesione dell’onore altrui è<br />

stata individuata applicando il<br />

triplice criterio a) della verità<br />

oggettiva, o anche solo putativa,<br />

<strong>dei</strong> fatti, criticati; b) dell’interesse<br />

che la critica può<br />

rivestire per la collettività; c)<br />

della continenza, intesa<br />

come civile esposizione e<br />

valutazione <strong>dei</strong> fatti oggetto<br />

della critica. La critica si<br />

estrinseca in vari generi quali<br />

la critica politica, la critica sindacale,<br />

la critica giudiziaria,<br />

quella storica, scientifica,<br />

artistica e così via: esaminiamole<br />

separatamente.<br />

Critica politica e critica sindacale<br />

La critica politica può essere<br />

definita come la libertà di<br />

esprimere il proprio giudizio<br />

“offrendo particolari chiavi di<br />

lettura su fatti e comportamenti<br />

altrui, anche con toni<br />

obiettivamente aspri, o in<br />

astratto offensivi, allo scopo<br />

di sollecitare dibattiti, confronti<br />

di idee, o esigenze di<br />

far chiarezza su aspetti di<br />

qualche rilevanza sulla vita<br />

associata” (Trib. Perugia, 26<br />

marzo 1990). In una società<br />

democratica la critica politica<br />

svolge un ruolo di primaria<br />

importanza assicurando la<br />

trasparenza della gestione<br />

della cosa pubblica in modo<br />

che il lettore correttamente<br />

informato possegga gli strumenti<br />

per esprimere un proprio<br />

giudizio su pubblici avvenimenti<br />

esercitando di conseguenza<br />

quei diritti costituzionalmente<br />

garantiti per la sua<br />

democratica partecipazione<br />

alla vita politica, economica e<br />

sociale del Paese (v. Cass.,<br />

3.6.1983).<br />

Per quanto concerne invece<br />

il rispetto della critica al limite<br />

della verità della notizia si<br />

registrano tre diversi orientamenti.<br />

Un primo orientamento<br />

particolarmente rigoroso<br />

ritiene che il diritto di critica<br />

politica sia “condizionato dall’obbligo<br />

di rispettare la verità<br />

obiettiva delle affermazioni<br />

che si immedesimano in fatti<br />

appare concedibile il rimedio cautelare dell’inserzione di un<br />

foglio di rettifica nella guida stessa e la pubblicazione del<br />

medesimo testo su più quotidiani.<br />

Trib. Roma, 3 febbraio 1998, Soc. Babington sala da the c.<br />

Soc. Gambero Rosso ed.<br />

La “continenza” sostanziale dell’esercizio del diritto di cronaca<br />

presuppone che i fatti narrati debbano corrispondere a verità,<br />

intesa quale riflesso soggettivo della circostanza che non ci<br />

sia stata narrazione di fatti immaginari; la continenza formale<br />

presuppone, invece, che la narrazione <strong>dei</strong> fatti debba avvenire<br />

misuratamente, ossia debba essere contenuta in spazi strettamente<br />

necessari all’esposizione. Nell’ipotesi che la narrazione<br />

di fatti determinati sia esposta insieme alle opinioni di chi le<br />

compie, in modo da costituire al tempo stesso esercizio di<br />

critica e di cronaca, la valutazione della continenza<br />

sostanziale e formale non può essere condotta attraverso<br />

i soli criteri summenzionati, ma si attenua per lasciare<br />

spazio all’interpretazione soggettiva <strong>dei</strong> fatti narrati e per<br />

svolgere le censure che si vogliono esprimere.<br />

App. Milano, 13 dicembre 1996<br />

Ritenuto che nel nostro ordinamento il diritto di critica, quale<br />

esercizio del democratico principio di libertà e manifestazione<br />

del proprio pensiero, trova un limite invalicabile costituito dal<br />

rispetto di altri diritti fondamentali, parimenti sanciti dalla Costituzione,<br />

in quanto attinenti alla pari dignità sociale di tutti i cittadini,<br />

quale che possa essere il loro credo religioso, nonché<br />

dalla salvaguardia <strong>dei</strong> diritti inviolabili della persona, sia come<br />

singolo, sia come membro delle più diverse formazioni sociali<br />

nelle quali si forma e si sviluppa la personalità di ognuno, diritti<br />

inviolabili tra i quali vanno, senza dubbio alcuno, annoverati il<br />

diritto all’onore, alla reputazione ed al decoro; e ritenuto, ancora,<br />

che il corretto e fecondo bilanciamento di tali valori, tutti di<br />

rango costituzionale, deve costituire il criterio-guida, per il giudice,<br />

nell’interpretazione della norma, in quanto strumento<br />

idoneo a salvaguardare il pluralismo culturale, ideologico e religioso<br />

sul quale nella moderna democrazia di fonda il concetto<br />

di libertà, lede l’onore, il decoro e la reputazione della Congregazione<br />

<strong>dei</strong> testimoni di Geova e <strong>dei</strong> suoi membri la manifestazione<br />

per iscritto od in via orale (pubblicazione a stampa<br />

e pubblica intervista), nei confronti dell’una e degli altri, di<br />

espressioni, giudizi e concetti gravemente offensivi e chiaramente<br />

diffamatori, anche perché diretti inequivocamente ad<br />

additare la congregazione ed i suoi membri al pubblico<br />

disprezzo, senza che possa essere invocata l’esimente del<br />

legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica.<br />

App. Venezia, 19 settembre 1997, Faraon e altro<br />

In base all’orientamento assunto dalla S.C., dal principio secondo<br />

cui il diritto di critica non può essere esercitato se non<br />

entro i limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dell’ordinamento<br />

positivo, non può desumersi che la critica sia<br />

sempre vietata quando può offendere la reputazione individuale,<br />

dovendosi invece ricercare un bilanciamento dell’interesse<br />

individuale alla reputazione con l’interesse che non siano introdotte<br />

limitazioni alla formazione del pensiero costituzionalmente<br />

garantita; bilanciamento da individuarsi nel fatto che la critica,<br />

diversamente dalla cronaca, soggiace al limite dell’interesse<br />

pubblico o sociale ad essa attribuibile, quando si rivolge a<br />

soggetti che tengono comportamenti o svolgono attività che<br />

richiamano su di essi l’attenzione dell’opinione pubblica.<br />

App. Milano, 13 dicembre 1996<br />

22 (30) ORDINE 4 <strong>2000</strong>

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