Ordine aprile 2000 - Ordine dei Giornalisti

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Parte la riforma della legge sull’editoria al citato articolo 35, hanno diritto, in aggiunta alle normali competenze di fine rapporto, ad una indennità di mancato preavviso e, per i giornalisti, ad una indennità pari a 4 mensilità di retribuzione. I dipendenti di cui sopra sono esonerati dall’obbligo del preavviso in caso di dimissioni.”. ART. 11 (Esodo e prepensionamento) 1. L’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416 è sostituito dal seguente: “Art. 37 (Esodo e prepensionamento) - 1. Ai lavoratori di cui ai precedenti articoli è data facoltà di optare, entro 60 giorni dall’ammissione al trattamento di cui all’articolo 35 ovvero, nel periodo di godimento del trattamento medesimo, entro 60 giorni dal maturare delle condizioni di anzianità contributiva richiesta, per i seguenti trattamenti: a) per i lavoratori poligrafici, limitatamente al numero di unità ammesso al Ministero del lavoro e della previdenza sociale: trattamento di pensione per coloro che possano far valere nella assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti almeno 360 contributi mensili, ovvero 1560 contributi settimanali di cui, rispettivamente, alle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, sulla base dell’anzianità contributiva aumentata di un periodo pari a 5 anni, i periodi di sospensione per i quali è ammesso il trattamento di cui al citato articolo 35 sono riconosciuti utili d’ufficio secondo quanto previsto dalla presente lettera: l’anzianità contributiva non può comunque risultare superiore a 40 anni; b) per i giornalisti professionisti iscritti all’INPGI, dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, limitatamente al numero di unità ammesso al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e per i soli casi di ristrutturazione o riorganizzazione in presenza di cristi aziendale: anticipata liquidazione di pensione di vecchiaia al 58° anno di età, nei casi in cui siano stati maturati almeno 18 anni di anzianità contributiva, con integrazione a carico dell’INPGI medesimo, del requisito contributivo previsto dal secondo comma dell’articolo 4 del Regolamento approvato con decreto ministeriale in data 1° gennaio 1953, pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” 14 gennaio 1953, n. 10, e successive modificazioni. 2. L’integrazione contributiva a carico dell’INPGI di cui alla lettera b) del comma 1 non può essere superiore a cinque anni. Per i giornalisti che abbiamo compiuto i 60 anni di età, l’anzianità contributiva è maggiorata di un periodo non superiore alla differenza fra i 65 anni e l’età anagrafica raggiunta, fermo restando la non superabilità del tetto massimo di 360 contributi mensili. Non sono ammessi a fruire dei benefici i giornalisti che risultino già titolari di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria o di forme sostitutive ed esclusive della medesima. I contributi assicurativi riferiti a periodi lavorativi successivi all’anticipata liquidazione della pensione di vecchiaia sono riassorbiti dall’INPGI fino alla concorrenza della maggiorazione contributiva riconosciuta al giornalista. 3. La Cassa per l’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria corrisponde alla gestione pensionistica una somma pari all’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota contributiva in vigore per la gestione medesima sull’importo che si ottiene moltiplicando per i mesi di anticipazione della pensione l’ultima retribuzione percepita da ogni lavoratore interessato rapportati al mese. I contributi versati dalla Cassa integrazione guadagni vengono iscritti per due terzi nella contabilità separata relativa agli interventi straordinari e per il rimanente terzo a quella relativa agli interventi ordinari. 4. Agli effetti del cumulo del trattamento di pensione di cui al presente articolo con la retribuzione si applicano le norme relative alla pensione di anzianità. 5. Il trattamento di pensione di cui al presente articolo non è compatibile con le prestazioni a carico dell’assicurazione contro la disoccupazione. 2. La normativa prevista dai commi primo, lettera a), e secondo dell’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, nel testo in vigore antecedentemente alle modifiche apportate dalla presente legge, continuano a trovare applicazione nei confronti dei poligrafici dipendenti da aziende individuate dal medesimo articolo 37, che abbiamo stipulato e trasmesso ai ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Mensile / Spedizione in a. p. (45%) Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 - Filiale di Milano - Anno XXXI - Numero 4, aprile 2000 Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO Condirettore BRUNO AMBROSI Direzione, redazione, amministrazione Via Appiani, 2 - 20121 Milano Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307 competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, accordi sindacali relativi al riconoscimento delle causali di intervento di cui all’articolo 35 della medesima legge n. 416 del 1981. ART. 12 - (INPGI) 1. L’articolo 38 della legge 5 agosto 1981, n. 416, è sostituito dal seguente: “Art. 38 (INPGI) – 1. L’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (INPGI) a norma delle leggi 20 dicembre 1951, n. 1564, 9 novembre 1955, n. 1122, e 25 febbraio 1987, n. 67, gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti e provvede, altresì, ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti di cui all’articolo 1, commi secondo e terzo, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. I giornalisti pubblicisti possono optare per il mantenimento dell’iscrizione presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale. Resta confermata per il personale pubblicista l’applicazione delle vigenti disposizioni in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali e di sgravi contributivi. 2. L’INPGI provvede a corrispondere ai propri iscritti: 1. il trattamento straordinario di integrazione salariale previsto dall’articolo 35; 2. la pensione anticipata di vecchiaia prevista dall’articolo 37. 3. Gli oneri derivanti dalle suddette prestazioni sono a totale carico dell’Istituto. 4. Le forme previdenziali gestiste dall’INPGI devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive.”. 2. L’opzione di cui all’articolo 38 della legge 5 agosto 1981, n. 416, come sostituito dal presente articolo, deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 3. L’onere per minori entrate all’INPS derivante dal presente articolo è valutato in lire 5 miliardi annui. ART. 13 (Fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti) 1. È istituito, per la durata di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il “Fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti”” Salva l’attuazione della riforma di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, il predetto fondo è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 2. Il Fondo è destinato ad effettuare interventi di sostegno a favore dei giornalisti professionisti dipendenti da imprese editrici di giornali quotidiani, da imprese editrici di periodici, nonché da agenzie di stampa a diffusione nazionale, i quali presentino le dimissioni dal rapporto di lavoro a seguito dello stato di crisi delle imprese di appartenenza. 3. I giornalisti beneficiari degli interventi di sostegno di cui al comma 2 devono possedere, al momento delle dimissioni, una anzianità aziendale di servizio di almeno cinque anni. 4. Gli interventi di sostegno di cui al presente articolo sono concessi, anche cumulativamente per: a) progetti individuali dei giornalisti che intendono riqualificare la propria preparazione professionale per indirizzarsi all’attività informativa nel settore dei nuovi mass media. Il finanziamento per ogni progetto è contenuto nei limiti di venti milioni; b) progetti, concordati dalle imprese con il sindacato di categoria, diretti a favorire l’esodo volontario dei giornalisti dipendenti collocati in Cassa integrazione guadagni straordinaria, ovvero in possesso dei requisiti per accedere al prepensionamento ai sensi dell’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, così come sostituito dall’articolo 11 della presente legge. Viene erogato a ciascun giornalista una indennità pari a diciotto mensilità del trattamento tabellare minimo della categoria di appartenenza; c) progetti concordati dalle imprese con il sindacato di categoria, per il collocamento all’esterno, anche al di fuori del settore dell’informazione, dei giornalisti dipendenti. L’intervento di sostegno è contenuto nei limiti del 50 per cento del Segretaria di redazione Teresa Risé Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo, presidente; Brunello Tanzi, vicepresidente; Gabriele Moroni, consigliere segretario, Sergio D’Asnasch, consigliere tesoriere. Ordine/Tabloid Consiglieri: Bruno Ambrosi, Annibale Carenzo, Letizia Gonzales, Cosma Damiano Nigro, Domenico Tedeschi. Collegio dei revisori dei conti Aldo Borta Schiannini Davide Colombo, Rino Felappi (presidente); Coordinamento grafico di Ordine - Tabloid Franco Malaguti costo certificato del progetto. Viene erogato altresì a ciascun giornalista, che accetti le nuove occasioni di lavoro proposte nell’ambito del progetto, una indennità pari a dodici mensilità del trattamento tabellare minimo della categoria di appartenenza. 5. Per le finalità di cui al presente articolo, a decorrere dall’anno 2001 e fino all’anno 2005, è autorizzata la spesa di lire 8,5 miliardi annui. Capo IV - SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA E AMMINI- STRATIVA Art. 14 - (Semplificazioni) 1. I soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di comunicazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), n. 5, della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono esentati dall’osservanza degli obblighi previsti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. L’iscrizione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni. ART. 15 - (Testo unico sull’editoria) 1. Il Governo provvede, entro due anni dalla data in entrata in vigore della presente legge al riordino delle disposizioni in materia di editoria, provvidenze alla stampa ed alle emittenti radiofoniche e televisive locali e iscrizione ai registri stampa presso i Tribunali. 2. Al riordino dei cui al comma 1 si procede mediante l’emanazione di un testo unico comprendente, in un unico contesto e con le opportune evidenziazioni, le disposizioni legislative e regolamentari. A tale fine il testo unico comprende le disposizioni contenute in un decreto legislativo ed in un regolamento che il Governo emana, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 14 e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, attenendosi ai criteri e principi direttivi di cui all’articolo 7, comma 2, della legge 8 marzo 1999, n, 50. Capo V - DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE ART. 16 - (Copertura finanziaria) 1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in lire 27,4 miliardi per il primo anno, lire 54,8 miliari per il secondo anno ed in lire 82,2 miliari per il terzo anno, si provvede mediante corrispondente riduzione, per i medesimi anni, dell’autorizzazione di spesa iscritta in bilancio ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 – unità previsionale di base 3.13.2 – Presidenza del Consiglio dei Ministri – capitolo 2714, così come determinata dalla tabella C) della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria 2000). Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni del bilancio. Art. 17 - (Disposizione transitoria ed abrogazioni) 1. A decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, la misura dei contributi previsti dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dall’articolo 4, della medesima legge n. 250 del 1990, è ridotta del venti per cento. Tali contributi sono ridotti di un ulteriore venti per cento in ognuno degli anni successivi e cessano pertanto con il quinto anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. 2. A decorrere dal quinto anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge sono abrogati l’articolo 2, comma 29, primo periodo, e comma 31 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, l’articolo 2 della legge 15 novembre 1993, n. 466, l’articolo 55, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, l’articolo 2, comma 1, della legge 14 agosto 1991, n. 278, nonché l’articolo 4, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 250 3. A decorrere dal quinto anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge è altresì abrogato l’articolo 3, comma 15-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 250, così come aggiunto dal comma 16 dell’articolo 53 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e modificato dall’articolo 41, comma 7, lettera a), della legge 23 dicembre 1998, n. 448. 4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati gli articoli 29, 30, 31, 32, comma 1, e 33 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni. A decorrere dalla data di istituzione del Comitato di cui all’articolo 7, comma 4, è altresì abrogato l’articolo 32, commi 2, 3 e 4, della medesima legge n. 416 del 1981. 5. All’articolo 9, comma 1, secondo periodo, della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, dopo le parole: “riceve dal servizio stesse comunicazioni” sono soppresse le seguenti: “delle delibere concernenti l’accertamento delle tirature dei giornali quotidiani”. 6. All’articolo 54, comma 1, ultimo periodo, della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, dopo le parole: “Detta Commissione esprime pareri” sono soppresse le seguenti: “sull’accertamento delle tirature dei giornali quotidiani e”. 7. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle autorizzazioni di spesa ed ai contributi previsti dagli articoli 26 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e 19 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, relativi ai contributi a favore della stampa italiana all’estero e a quelli previsti dall’articolo 6 della legge 30 luglio 1998, n. 281. Stampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 22 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi) Iscritto al n. 983/ 1983 del Registro nazionale della Stampa Comunicazione e Pubblicità Comunicazioni giornalistiche Advercoop Via G.C.Venini, 46 - 20127 Milano Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08 La tiratura di questo numero è stata di 20.100 copie Chiuso in redazione il 28 marzo 2000 20 (28) ORDINE 4 2000

Dibattito al Circolo della Stampa Giornali, radio, tv: l’informazione alla prova dei referendum sociali Milano, 6 marzo. Organizzato dal Comitato per le libertà e i diritti sociali e dal Coordinamento lombardo del Comitato nazionale per il NO, si è svolto al Circolo della Stampa un acceso dibattito sul ruolo dell’informazione nella campagna referendaria. “Il Comitato per le libertà e i diritti sociali - ha spiegato lo stesso presidente Paolo Cagna Ninchi, introducendo la discussione - è nato alla fine di agosto 1999, quando gli spot dei radicali sulle televisioni di Mediaset, propagandavano i ‘referendum days’. Su un sottofondo di slogan demagogici passavano le immagini dei politici del centro sinistra e quelli dei tre leader del sindacato confederale... le foto in bianco e nero di Cofferati, D’Antoni e Larizza sembravano quelle di un fotomarmista, così a Milano si chiama il fotografo che riproduce le immagini dei defunti stampate su smalto... l’effetto era terrificante: non si diceva nulla dei 20 quesiti referendari che dovevano promuovere, ma erano molto più efficaci di mille spiegazioni tecniche, di mille parole. Con le parole i radicali non scherzano proprio - ha continuato Cagna - non solo quando insultano gli avversari del momento. Se vi ricordate nelle lettere che, sempre in quei giorni, hanno mandato a ciascuno di noi si chiedeva di firmare i 20 referendum di giustizia, di libertà, di liberazione. Giustizia, libertà e liberazione sono le grandi parole che hanno segnato la storia di questi ultimi due secoli e caratterizzato la nascita delle moderne democrazie. Queste grandi parole hanno percorso il mondo, con movimenti che lo hanno sollevato e sconvolto. Le lotte per il lavoro e i suoi diritti, i movimenti di liberazione dei popoli dallo schiavismo e dal colonialismo, le battaglie per i diritti civili delle persone che hanno lasciato un segno che si credeva indelebile nella concezione moderna dello Stato, della convivenza e della coesione sociale. Ma evidentemente non è così. Queste grandi parole ora assumono un senso quasi macabro perché dietro di loro si cela l’obiettivo di reintrodurre le umilianti condizioni di subalternità, di precarietà, di paura che derivano dal perdere il diritto alla giustizia e alla solidarietà, condizioni che credevamo un retaggio, almeno sul piano della cultura politica e sociale, del passato e per superare le quali ci sono voluti tempi, lotte, sacrifici di intere generazioni. In questo - ha affermato Cagna - i referendum radicali che riguardavano lavoro, stato sociale, libertà di associazione, avevano un senso complessivo, costituivano un vero, omogeneo progetto di governo, proponevano un nuovo modello di società: cancellare settori determinanti della democrazia liberale, distruggendo il sindacato, i partiti, lasciando il cittadino privo di garanzie e di protezioni, abolendo i corpi intermedi che articolano il sistema democratico”. Quest’obiettivo - secondo il comitato per il NO - è nascosto da una propaganda che gioca su un violento travisamento dei termini e rende due volte odiosa e violenta una campagna politica che vuole consegnare la società all’inciviltà della logica del più forte e lo fa usando proprio le parole della nostra cultura civile. Non è un caso che non ci sia nessuna informazione corretta e precisa sui quesiti dei referendum e sui loro concreti effetti sul sistema legislativo del nostro Paese, sugli equilibri tra le diverse rappresentanze sociali. Sui meccanismi di mediazione degli interessi, sulle condizioni materiali delle persone. “Proprio con l’obiettivo di reagire ad una campagna deformante e disinformante - ha sottolineato Cagna - è nato in prima istanza il nostro comitato. Oggi cerchiamo di fare i conti con la responsabilità della comunicazione, mi riferisco alla responsabilità di chi fa informazione in senso più stretto, quell’informazione che fa esplicitamente politica, cultura e che forma il senso comune. Non voglio trasformare questo dibattito in un processo ai giornalisti, voglio esprimere un rammarico, certo un desiderio, quello cioè di vedere in prima fila i giornalisti nelle battaglie civili, nelle grandi campagne di opinione che fanno crescere la consapevolezza collettiva, in questo caso non tanto vederli schierarsi per il SI o per il NO, ma impegnati a spiegare, per far capire, per offrire chiavi di interpretazione per quello che, a nostro giudizio, è un vero scontro tra barbarie e civiltà”. I membri del Comitato per le libertà voteranno e chiederanno di votare NO ai due referendum sociali, sopravvissuti al giudizio della Corte costituzionale, perché convinti che la posta in gioco in questo voto sia molto più alta di quanto l’attuale dibattito faccia supporre. Nelle trasmissioni e negli articoli che si scrivono a proposito del referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, - affermano - si tende ad affrontare il tema della libertà di licenziamento sull’unico versante del mercato del lavoro e dell’andamento dei conti delle imprese. Il punto centrale riguarda invece la libertà e la dignità delle persone e il loro diritto alla giustizia. La legge 300 del 1970, lo Statuto dei lavoratori, non a caso reca come intestazione “Norme sulla tutela della ORDINE 4 2000 di Ida Sconzo libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro”. L’articolo 18 tutela lavoratrici e lavoratori riguardo a licenziamenti che vengono giudicati illegittimi da un tribunale. Ferruccio De Bortoli, direttore del “Corriere della Sera”, ha messo in evidenza nel suo intervento la necessità di riformare l’istituto del referendum “che - ha detto - dovrebbe essere uno strumento di democrazia diretta. Perché i radicali pongono questi quesiti? - si è chiesto De Bortoli -. Dopo la presentazione dei referendum i lavori delle Camere sugli ammortizzatori sociali, sono stati accelerati. Su queste questioni centrali né i partiti di governo né quelli d’opposizione hanno preso posizioni. Hanno aspettato che la Corte costituzionale togliesse le patate dal fuoco. In Italia la partecipazione al lavoro dei cittadini è bassissima perché ostacolata da un certo tipo di politica economica e gli imprenditori investono sui capitali sostitutivi del lavoro. Gli USA investono cinque volte più dell’Europa e sette in più dell’Italia, nei settori ad alta tecnologia. Non si devono mettere in discussione i diritti - ha affermato De Bortoli - ma tutti noi difendiamo spesso in modo acritico chi lavora e difendiamo molto meno chi un lavoro non l’ha. Senza certe regole ormai vecchie forse si potrebbero inserire nel mondo del lavoro i disoccupati, anche se all’inizio, in modo precario. Il sindacato non dovrebbe perdere l’occasione di essere il rappresentante di quelli che non lavorano e forse voteranno per chi propone questi referendum. Perché il sindacato non si è fatto promotore delle riforme? Cerchiamo di uscire da una battaglia di contrapposizione.Tra i due fronti c’è molto spazio, molte vie di mezzo e il sindacato potrebbe avere un ruolo nel regolamentare il lavoro precario e farlo diventare stabile anche a part-time. Dopo i referendum - ha concluso il direttore del “Corriere” - bisognerà cercare nuove regole di mercato e spingere gli imprenditori ad investire sul lavoro e non sul capitale sostitutivo”. Stefano Righi Riva, del T3, ha spiegato che la Rai, in quanto servizio pubblico, deve garantire condizioni di parità ai diversi fronti referendari, a differenza delle altre testate che non hanno il vincolo pubblico. Ma i referendum sociali, ha detto Righi Riva, non possono essere gestiti solo in chiave politica. Se così fosse si rischierebbe di perdere il vero contenuto arrivando al risultato di uno sterile scontro politico. Secondo Righi Riva non si deve lasciare l’informazione ai professionisti della politica. Il direttore di Radio Popolare, Piero Scaramucci, ha affermato che la stampa non può surrogare i compiti della classe politica come è successo durante la stagione di Mani Pulite, quando la politica delegò alla Magistratura il suo ruolo. La par condicio, ha detto Scaramucci, con la sistematizzazione di tutta l’informazione politica è in realtà un bavaglio permanente. Non si può infatti definire Informazione un “siparietto” radiofonico di 30/90 secondi che assomiglierà necessariamente più a uno spot pubblicitario. Il direttore di Radio Popolare rifiuta anche la vecchia regola delle due campane perché il giornalismo è fatto di scelte, di ricerche, di inchieste. L’informazione non può riportare semplicemente le diverse posizioni: deve rappresentare invece uno spazio di confronto articolato e aperto. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, ha ricordato il referendum presentato dai radicali nel 1997 come relativo all’Ordine mentre in realtà riguardava la professione giornalistica. “Io rappresento 5mila giornalisti professionisti dipendenti sugli 11mila e 500 di tutta Italia. È un piccolo numero fatto, però, di persone che devono garantire ai cittadini il diritto all’informazione. Gli editori hanno presentato una contropiattaforma per il rinnovo del nostro contratto nazionale che viola tanti articoli della Costituzione. Vogliono che tutti, assunti e non assunti, diventino precari. Gli editori chiedono di smantellare un contratto che ha 90 anni di storia: è il primo contratto nazionale dell’Italia unita. Già allora aveva un contenuto etico e parlava di professionisti. Se il piano degli editori si realizzasse, i giornalisti non avrebbero più il diritto di partecipare alla vita politica e sindacale del Paese e dovrebbero soltanto mostrare ubbidienza al volere degli editori”. L’avvocato Mario Fezzi ha detto che bisogna sfatare il luogo comune, secondo il quale in Italia non si può licenziare nessuno, presupposto - sbagliato - su cui si fonda il referendum: non è vero, anzi è vero il contrario. Si pretende infatti di liberalizzare il mercato del lavoro abolendo la reintegrazione nel caso di licenziamento riconosciuto illegittimo dal Giudice. Il referendum va contro tutto il nostro sistema giuridico. Nonostante i sondaggi e le indicazioni dei partiti facciano pensare che la maggioranza dei cittadini italiani non voglia l’abrogazione dell’articolo 18, - ha sottolineato Fezzi - le posizioni che si vanno delineando potrebbero portare a un segno inverso. Un grosso pronunciamento a favore del mantenimento di una norma fondamentale come l’art.18 avrebbe invece effetti positivi anche su una eventuale futura legge in materia di licenziamenti. Libri e manuali consigliati per gli esami di giornalista professionista 1. Franco Abruzzo, “CODICE DELL’INFORMAZIONE”- II edizione Centro di Documentazione Giornalistica - (00186 Roma - Piazza di Pietra 26 tel. 06.67.914.96 - 06/ 67.981.48 - Fax 06/67.974.92), £ 130.000. (Il diritto pubblico - L’ordinamento della professione giornalistica - La deontologia - La legge e il Codice sulla privacy - Il contratto nazionale di lavoro e il sistema previdenziale - Le norme sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Il diritto d’autore - Le norme amministrative e penali concernenti la stampa - La storia del giornalismo - Gli statuti, i trattati e le convenzioni internazionali - L’Ue e l’euro (da Roma ad Amsterdam) - 700 domande e 700 risposte sui quesiti legati all’esame di Stato sull’abilitazione all’esercizio professionale). Il libro (1.280 pagine) è disponibile presso le librerie giuridiche di Milano oppure può essere chiesto direttamente all’editore. Il distributore è “Pecorini rappresentanze editoriali” (Foro Bonaparte n. 48, Milano, telefono 02.86460660). ——————————————- 2. Valerio Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo - Laterza, £ 30.000 3. Paolo Murialdi, La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine secolo (1943- 1998), Laterza, £. 15.000 4. G. Farinelli, E. Paccagnini, G. Santambrogio e A. I. Villa, Storia del giornalismo italiano (dalle origini ai giorni nostri), Utet, Torino 1998, £ 46.000 5. Sabino Cassese, Professioni e ordini professionali in Europa, Il Sole 24 Ore 1999, £ 40.000 6. Alberto Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli Editore, Roma 1998, £.40.000 7. Sergio Lepri, Professione giornalista, Etas-Rcs Libri 1999, £ 34.000 8. Guida alla Costituzione, Edizione Simone 1998 9. Stefano Rodotà, Libertà e diritti in Italia dall’Unità ai giorni nostri, Donzelli 1997 10. Compendio di diritto processuale penale, Edizione Simone 1998 11. Rosanna Bianco, Il diritto del giornalismo, Cedam 1997, £ 19.000 12. Giuseppe Corasaniti, Diritto dell’informazione, Cedam, Padova 1997 13. Bino Olini, L’Europa difficile (storia politica dell’integrazione europea 1948-1998), Il Mulino 1998, £ 50.000 14. Antonio Verrilli, Codice del diritto e delle organizzazioni internazionali, Edizioni giuridiche Simone 1998, £ 35.000 15. Paolo Murialdi, Il giornale, Il Mulino 1998, £ 12.000 16. F. Ferrarotti, M.I. Macioti, R. Cipriani ed E. De Marco, Dizionario delle comunicazioni, Armando Editore 1995 17. Giorgio Calcagno, Ennio Festa, Carla Marello, Alberto Papuzzi e Franco Pastore, Stile Stampa, Editrice La Stampa SpA 1998, £ 25.000 18. Alfonso Scirocco, L’Italia del Risorgimento (1800-1871), Il Mulino 1999, £ 48.000 19. Raffaele Romanelli, L’Italia liberale (1861-1900), Il Mulino 1999, £ 42.000 20. Emilio Gentile, L’Italia giolittiana (1899-1914), Il Mulino 1999, £ 28.000 21. Danilo Veneruso, L’Italia fascista (1922-1943), Il Mulino 1999, £ 48.000 22. Giuseppe Mammarella, L’Italia contemporanea (1943-1998), Il Mulino 1999, £ 50.000 23. Sergio Romano, Storia d’Italia dal Risorgimento ai nostri giorni, Longanesi & C. 1998 24. AA.VV., Il libro dei fatti 2000, Adnkronos Libri 1999. 25. Luca Boneschi, “La deontologia del giornalista”, Egea, Milano 1997, £ 47.000 26. Domenico Bellantoni, Lesioni dei diritti della persona, Cedam 2000, £. 60.000 Nota: la segreteria dell’Ordine distribuisce gratuitamente una Dispensa che aggiorna il “Codice dell’informazione”. Nota: Su www.odg.mi.it la dispensa telematica per l’esame di giornalista. 21 (29)

Dibattito al Circolo della Stampa<br />

Giornali, radio, tv:<br />

l’informazione<br />

alla prova <strong>dei</strong><br />

referendum sociali<br />

Milano, 6 marzo. Organizzato dal Comitato per le libertà e i<br />

diritti sociali e dal Coordinamento lombardo del Comitato<br />

nazionale per il NO, si è svolto al Circolo della Stampa un<br />

acceso dibattito sul ruolo dell’informazione nella campagna<br />

referendaria.<br />

“Il Comitato per le libertà e i diritti sociali - ha spiegato lo stesso<br />

presidente Paolo Cagna Ninchi, introducendo la discussione -<br />

è nato alla fine di agosto 1999, quando gli spot <strong>dei</strong> radicali sulle<br />

televisioni di Mediaset, propagandavano i ‘referendum days’.<br />

Su un sottofondo di slogan demagogici passavano le immagini<br />

<strong>dei</strong> politici del centro sinistra e quelli <strong>dei</strong> tre leader del sindacato<br />

confederale... le foto in bianco e nero di Cofferati, D’Antoni e<br />

Larizza sembravano quelle di un fotomarmista, così a Milano<br />

si chiama il fotografo che riproduce le immagini <strong>dei</strong> defunti<br />

stampate su smalto... l’effetto era terrificante: non si diceva nulla<br />

<strong>dei</strong> 20 quesiti referendari che dovevano promuovere, ma erano<br />

molto più efficaci di mille spiegazioni tecniche, di mille parole.<br />

Con le parole i radicali non scherzano proprio - ha continuato<br />

Cagna - non solo quando insultano gli avversari del momento.<br />

Se vi ricordate nelle lettere che, sempre in quei giorni, hanno<br />

mandato a ciascuno di noi si chiedeva di firmare i 20 referendum<br />

di giustizia, di libertà, di liberazione.<br />

Giustizia, libertà e liberazione sono le grandi parole che hanno<br />

segnato la storia di questi ultimi due secoli e caratterizzato la<br />

nascita delle moderne democrazie. Queste grandi parole<br />

hanno percorso il mondo, con movimenti che lo hanno sollevato<br />

e sconvolto. Le lotte per il lavoro e i suoi diritti, i movimenti di<br />

liberazione <strong>dei</strong> popoli dallo schiavismo e dal colonialismo, le<br />

battaglie per i diritti civili delle persone che hanno lasciato un<br />

segno che si credeva indelebile nella concezione moderna<br />

dello Stato, della convivenza e della coesione sociale.<br />

Ma evidentemente non è così. Queste grandi parole ora assumono<br />

un senso quasi macabro perché dietro di loro si cela<br />

l’obiettivo di reintrodurre le umilianti condizioni di subalternità,<br />

di precarietà, di paura che derivano dal perdere il diritto alla<br />

giustizia e alla solidarietà, condizioni che credevamo un retaggio,<br />

almeno sul piano della cultura politica e sociale, del passato<br />

e per superare le quali ci sono voluti tempi, lotte, sacrifici di<br />

intere generazioni.<br />

In questo - ha affermato Cagna - i referendum radicali che<br />

riguardavano lavoro, stato sociale, libertà di associazione,<br />

avevano un senso complessivo, costituivano un vero, omogeneo<br />

progetto di governo, proponevano un nuovo modello di<br />

società: cancellare settori determinanti della democrazia liberale,<br />

distruggendo il sindacato, i partiti, lasciando il cittadino privo<br />

di garanzie e di protezioni, abolendo i corpi intermedi che articolano<br />

il sistema democratico”.<br />

Quest’obiettivo - secondo il comitato per il NO - è nascosto da<br />

una propaganda che gioca su un violento travisamento <strong>dei</strong><br />

termini e rende due volte odiosa e violenta una campagna politica<br />

che vuole consegnare la società all’inciviltà della logica del<br />

più forte e lo fa usando proprio le parole della nostra cultura<br />

civile. Non è un caso che non ci sia nessuna informazione<br />

corretta e precisa sui quesiti <strong>dei</strong> referendum e sui loro concreti<br />

effetti sul sistema legislativo del nostro Paese, sugli equilibri tra<br />

le diverse rappresentanze sociali. Sui meccanismi di mediazione<br />

degli interessi, sulle condizioni materiali delle persone.<br />

“Proprio con l’obiettivo di reagire ad una campagna deformante<br />

e disinformante - ha sottolineato Cagna - è nato in<br />

prima istanza il nostro comitato. Oggi cerchiamo di fare i conti<br />

con la responsabilità della comunicazione, mi riferisco alla<br />

responsabilità di chi fa informazione in senso più stretto, quell’informazione<br />

che fa esplicitamente politica, cultura e che<br />

forma il senso comune. Non voglio trasformare questo dibattito<br />

in un processo ai giornalisti, voglio esprimere un rammarico,<br />

certo un desiderio, quello cioè di vedere in prima fila i giornalisti<br />

nelle battaglie civili, nelle grandi campagne di opinione che<br />

fanno crescere la consapevolezza collettiva, in questo caso<br />

non tanto vederli schierarsi per il SI o per il NO, ma impegnati a<br />

spiegare, per far capire, per offrire chiavi di interpretazione per<br />

quello che, a nostro giudizio, è un vero scontro tra barbarie e<br />

civiltà”.<br />

I membri del Comitato per le libertà voteranno e chiederanno di<br />

votare NO ai due referendum sociali, sopravvissuti al giudizio<br />

della Corte costituzionale, perché convinti che la posta in gioco<br />

in questo voto sia molto più alta di quanto l’attuale dibattito<br />

faccia supporre. Nelle trasmissioni e negli articoli che si scrivono<br />

a proposito del referendum sull’articolo 18 dello Statuto <strong>dei</strong><br />

lavoratori, - affermano - si tende ad affrontare il tema della<br />

libertà di licenziamento sull’unico versante del mercato del lavoro<br />

e dell’andamento <strong>dei</strong> conti delle imprese. Il punto centrale<br />

riguarda invece la libertà e la dignità delle persone e il loro diritto<br />

alla giustizia. La legge 300 del 1970, lo Statuto <strong>dei</strong> lavoratori,<br />

non a caso reca come intestazione “Norme sulla tutela della<br />

ORDINE 4 <strong>2000</strong><br />

di Ida Sconzo<br />

libertà e dignità <strong>dei</strong> lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività<br />

sindacale nei luoghi di lavoro”. L’articolo 18 tutela lavoratrici<br />

e lavoratori riguardo a licenziamenti che vengono giudicati<br />

illegittimi da un tribunale.<br />

Ferruccio De Bortoli, direttore del “Corriere della Sera”, ha<br />

messo in evidenza nel suo intervento la necessità di riformare<br />

l’istituto del referendum “che - ha detto - dovrebbe essere uno<br />

strumento di democrazia diretta. Perché i radicali pongono<br />

questi quesiti? - si è chiesto De Bortoli -. Dopo la presentazione<br />

<strong>dei</strong> referendum i lavori delle Camere sugli ammortizzatori<br />

sociali, sono stati accelerati. Su queste questioni centrali né i<br />

partiti di governo né quelli d’opposizione hanno preso posizioni.<br />

Hanno aspettato che la Corte costituzionale togliesse le<br />

patate dal fuoco. In Italia la partecipazione al lavoro <strong>dei</strong> cittadini<br />

è bassissima perché ostacolata da un certo tipo di politica<br />

economica e gli imprenditori investono sui capitali sostitutivi del<br />

lavoro. Gli USA investono cinque volte più dell’Europa e sette<br />

in più dell’Italia, nei settori ad alta tecnologia. Non si devono<br />

mettere in discussione i diritti - ha affermato De Bortoli - ma<br />

tutti noi difendiamo spesso in modo acritico chi lavora e difendiamo<br />

molto meno chi un lavoro non l’ha. Senza certe regole<br />

ormai vecchie forse si potrebbero inserire nel mondo del lavoro<br />

i disoccupati, anche se all’inizio, in modo precario. Il sindacato<br />

non dovrebbe perdere l’occasione di essere il rappresentante<br />

di quelli che non lavorano e forse voteranno per chi propone<br />

questi referendum. Perché il sindacato non si è fatto promotore<br />

delle riforme? Cerchiamo di uscire da una battaglia di contrapposizione.Tra<br />

i due fronti c’è molto spazio, molte vie di mezzo e<br />

il sindacato potrebbe avere un ruolo nel regolamentare il lavoro<br />

precario e farlo diventare stabile anche a part-time. Dopo i referendum<br />

- ha concluso il direttore del “Corriere” - bisognerà<br />

cercare nuove regole di mercato e spingere gli imprenditori ad<br />

investire sul lavoro e non sul capitale sostitutivo”.<br />

Stefano Righi Riva, del T3, ha spiegato che la Rai, in quanto<br />

servizio pubblico, deve garantire condizioni di parità ai diversi<br />

fronti referendari, a differenza delle altre testate che non hanno<br />

il vincolo pubblico. Ma i referendum sociali, ha detto Righi Riva,<br />

non possono essere gestiti solo in chiave politica. Se così fosse<br />

si rischierebbe di perdere il vero contenuto arrivando al risultato<br />

di uno sterile scontro politico. Secondo Righi Riva non si deve<br />

lasciare l’informazione ai professionisti della politica.<br />

Il direttore di Radio Popolare, Piero Scaramucci, ha affermato<br />

che la stampa non può surrogare i compiti della classe politica<br />

come è successo durante la stagione di Mani Pulite, quando la<br />

politica delegò alla Magistratura il suo ruolo. La par condicio, ha<br />

detto Scaramucci, con la sistematizzazione di tutta l’informazione<br />

politica è in realtà un bavaglio permanente. Non si può infatti<br />

definire Informazione un “siparietto” radiofonico di 30/90<br />

secondi che assomiglierà necessariamente più a uno spot<br />

pubblicitario. Il direttore di Radio Popolare rifiuta anche la<br />

vecchia regola delle due campane perché il giornalismo è fatto<br />

di scelte, di ricerche, di inchieste. L’informazione non può riportare<br />

semplicemente le diverse posizioni: deve rappresentare<br />

invece uno spazio di confronto articolato e aperto.<br />

Il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della Lombardia, Franco<br />

Abruzzo, ha ricordato il referendum presentato dai radicali<br />

nel 1997 come relativo all’<strong>Ordine</strong> mentre in realtà riguardava la<br />

professione giornalistica. “Io rappresento 5mila giornalisti<br />

professionisti dipendenti sugli 11mila e 500 di tutta Italia. È un<br />

piccolo numero fatto, però, di persone che devono garantire ai<br />

cittadini il diritto all’informazione. Gli editori hanno presentato<br />

una contropiattaforma per il rinnovo del nostro contratto nazionale<br />

che viola tanti articoli della Costituzione. Vogliono che tutti,<br />

assunti e non assunti, diventino precari. Gli editori chiedono di<br />

smantellare un contratto che ha 90 anni di storia: è il primo<br />

contratto nazionale dell’Italia unita. Già allora aveva un contenuto<br />

etico e parlava di professionisti. Se il piano degli editori si<br />

realizzasse, i giornalisti non avrebbero più il diritto di partecipare<br />

alla vita politica e sindacale del Paese e dovrebbero soltanto<br />

mostrare ubbidienza al volere degli editori”.<br />

L’avvocato Mario Fezzi ha detto che bisogna sfatare il luogo<br />

comune, secondo il quale in Italia non si può licenziare nessuno,<br />

presupposto - sbagliato - su cui si fonda il referendum: non<br />

è vero, anzi è vero il contrario.<br />

Si pretende infatti di liberalizzare il mercato del lavoro abolendo<br />

la reintegrazione nel caso di licenziamento riconosciuto<br />

illegittimo dal Giudice. Il referendum va contro tutto il nostro<br />

sistema giuridico. Nonostante i sondaggi e le indicazioni <strong>dei</strong><br />

partiti facciano pensare che la maggioranza <strong>dei</strong> cittadini italiani<br />

non voglia l’abrogazione dell’articolo 18, - ha sottolineato<br />

Fezzi - le posizioni che si vanno delineando potrebbero portare<br />

a un segno inverso.<br />

Un grosso pronunciamento a favore del mantenimento di una<br />

norma fondamentale come l’art.18 avrebbe invece effetti positivi<br />

anche su una eventuale futura legge in materia di licenziamenti.<br />

Libri e manuali consigliati per gli esami di giornalista professionista<br />

1. Franco Abruzzo, “CODICE DELL’INFORMAZIONE”- II edizione<br />

Centro di Documentazione <strong>Giornalisti</strong>ca - (00186 Roma - Piazza di Pietra 26<br />

tel. 06.67.914.96 - 06/ 67.981.48 - Fax 06/67.974.92), £ 130.000.<br />

(Il diritto pubblico - L’ordinamento della professione giornalistica - La deontologia - La legge e il Codice sulla privacy - Il<br />

contratto nazionale di lavoro e il sistema previdenziale - Le norme sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Il diritto<br />

d’autore - Le norme amministrative e penali concernenti la stampa - La storia del giornalismo - Gli statuti, i trattati e le<br />

convenzioni internazionali - L’Ue e l’euro (da Roma ad Amsterdam) - 700 domande e 700 risposte sui quesiti legati all’esame<br />

di Stato sull’abilitazione all’esercizio professionale).<br />

Il libro (1.280 pagine) è disponibile presso le librerie giuridiche di Milano oppure può essere chiesto direttamente all’editore.<br />

Il distributore è “Pecorini rappresentanze editoriali” (Foro Bonaparte n. 48, Milano, telefono 02.86460660).<br />

——————————————-<br />

2. Valerio Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo - Laterza, £ 30.000<br />

3. Paolo Murialdi, La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine secolo (1943- 1998), Laterza, £. 15.000<br />

4. G. Farinelli, E. Paccagnini, G. Santambrogio e A. I. Villa, Storia del giornalismo italiano (dalle origini ai giorni nostri),<br />

Utet, Torino 1998, £ 46.000<br />

5. Sabino Cassese, Professioni e ordini professionali in Europa, Il Sole 24 Ore 1999, £ 40.000<br />

6. Alberto Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli Editore, Roma 1998, £.40.000<br />

7. Sergio Lepri, Professione giornalista, Etas-Rcs Libri 1999, £ 34.000<br />

8. Guida alla Costituzione, Edizione Simone 1998<br />

9. Stefano Rodotà, Libertà e diritti in Italia dall’Unità ai giorni nostri, Donzelli 1997<br />

10. Compendio di diritto processuale penale, Edizione Simone 1998<br />

11. Rosanna Bianco, Il diritto del giornalismo, Cedam 1997, £ 19.000<br />

12. Giuseppe Corasaniti, Diritto dell’informazione, Cedam, Padova 1997<br />

13. Bino Olini, L’Europa difficile (storia politica dell’integrazione europea 1948-1998), Il Mulino 1998, £ 50.000<br />

14. Antonio Verrilli, Codice del diritto e delle organizzazioni internazionali, Edizioni giuridiche Simone 1998, £ 35.000<br />

15. Paolo Murialdi, Il giornale, Il Mulino 1998, £ 12.000<br />

16. F. Ferrarotti, M.I. Macioti, R. Cipriani ed E. De Marco, Dizionario delle comunicazioni, Armando Editore 1995<br />

17. Giorgio Calcagno, Ennio Festa, Carla Marello, Alberto Papuzzi e Franco Pastore, Stile Stampa, Editrice La Stampa<br />

SpA 1998, £ 25.000<br />

18. Alfonso Scirocco, L’Italia del Risorgimento (1800-1871), Il Mulino 1999, £ 48.000<br />

19. Raffaele Romanelli, L’Italia liberale (1861-1900), Il Mulino 1999, £ 42.000<br />

20. Emilio Gentile, L’Italia giolittiana (1899-1914), Il Mulino 1999, £ 28.000<br />

21. Danilo Veneruso, L’Italia fascista (1922-1943), Il Mulino 1999, £ 48.000<br />

22. Giuseppe Mammarella, L’Italia contemporanea (1943-1998), Il Mulino 1999, £ 50.000<br />

23. Sergio Romano, Storia d’Italia dal Risorgimento ai nostri giorni, Longanesi & C. 1998<br />

24. AA.VV., Il libro <strong>dei</strong> fatti <strong>2000</strong>, Adnkronos Libri 1999.<br />

25. Luca Boneschi, “La deontologia del giornalista”, Egea, Milano 1997, £ 47.000<br />

26. Domenico Bellantoni, Lesioni <strong>dei</strong> diritti della persona, Cedam <strong>2000</strong>, £. 60.000<br />

Nota: la segreteria dell’<strong>Ordine</strong> distribuisce gratuitamente una Dispensa che aggiorna il “Codice dell’informazione”.<br />

Nota: Su www.odg.mi.it la dispensa telematica per l’esame di giornalista.<br />

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