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Ordine aprile 2000 - Ordine dei Giornalisti

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2Assemblea<br />

000<br />

1<br />

Vincenzo Zeno-Zencovich dipinge (“Il Sole 24 Ore” del 31<br />

dicembre 1999) un quadro pessimistico della professione<br />

giornalistica, che rappresenta, però, una realtà onirica<br />

dell’antico difensore del “Comitato promotore del referendum<br />

sulla professione giornalistica”. In breve, dice Zeno-Zencovich,<br />

l’espansione <strong>dei</strong> mezzi tradizionali di informazione (i<br />

quotidiani) e le nuove tecnologie (Internet) stanno progressivamente<br />

sgretolando “lo schema tradizionale di inquadramento<br />

professionale” e rendendo superflua la “sussistenza”<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>.<br />

I fatti smentiscono Zeno-Zencovich: i mezzi tradizionali di<br />

informazione (i quotidiani) non sono affatto in espansione<br />

(avendo perso 900mila copie negli ultimi 10 anni), mentre i<br />

giornali telematici si stanno rivelando un serbatoio di opportunità<br />

di lavoro per i giornalisti: si pensi alle redazioni costituite<br />

ad hoc per le versioni on-line <strong>dei</strong> grandi fogli nazionali. Le<br />

riviste specializzate (moda, tempo libero, sport, casa, animali,<br />

arte) sono create, organizzate e “governate” da redattori<br />

regolarmente assunti.<br />

Sono in aumento, invece, i collaboratori liberi professionisti o<br />

free lance. Oggi l’Inpgi (l’Istituto di previdenza della categoria)<br />

ha 11.500 iscritti (circa), cifra statica da un paio di anni,<br />

mentre l’Inpgi-2 (la cassa <strong>dei</strong> free lance), associando 8mila<br />

giornalisti, fa segnare un piccolo boom. Anche in Italia, quindi,<br />

sta avvenendo quel che accade nel resto dell’Europa:<br />

stabilità del numero <strong>dei</strong> redattori utilizzati a tempo pieno,<br />

crescita impetuosa <strong>dei</strong> giornalisti liberi professionisti. Il sindacato<br />

unitario (Fnsi), impegnato in una trattativa difficile con<br />

gli editori (Fieg), insegue la stesura di un protocollo per i liberi<br />

professionisti. Questi ultimi non possono aspirare a un<br />

contratto, che farebbe a pugni con la loro veste di prestatori<br />

autonomi d’opera intellettuale.<br />

La circostanza che, come annota Zeno-Zencovich, centinaia<br />

e centinaia di cittadini collaborino con quotidiani, periodici, tg<br />

2<br />

Premessa. Il valore costituzionale della professione giornalistica<br />

e radiogiornali dimostra che l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> non è una<br />

corporazione e che la legge professionale “non tocca il diritto<br />

che a “tutti” l’articolo 21 della Costituzione riconosce: questo<br />

sarebbe certo violato se solo gli iscritti all’Albo fossero legittimati<br />

a scrivere sui giornali, ma è da escludere che una siffatta<br />

conseguenza derivi dalla legge” (sentenza n. 11/1968 della<br />

Corte costituzionale).<br />

Il legislatore frattanto ha dato nuova legittimità agli Ordini e ai<br />

Collegi esistenti con il Dlgs n. 300/1999 sul riordino <strong>dei</strong> ministeri.<br />

Le novità sono due: Ordini e Collegi rimarranno sotto la<br />

vigilanza del ministero di Giustizia (“il ministero delle regole”),<br />

mentre il ministero dell’Università (d’intesa con quello<br />

della Giustizia) curerà l’accesso alle professioni e quindi<br />

anche alla professione giornalistica. Gli Ordini e i Collegi<br />

possono sopravvivere, occupandosi esclusivamente di deontologia<br />

e formazione. L’esame di Stato rientrerà nella sfera<br />

delle Università.<br />

Quella del giornalista è una professione complessa, che<br />

richiede una preparazione profonda e vasta. Il giornalista<br />

crea il giornale come “opera collettiva dell’ingegno”, lo studia<br />

graficamente, elabora intellettualmente i fatti trasformandoli<br />

da materiale grezzo in notizie, sceglie le fotografie, titola,<br />

svolge il lavoro di “cucina” redazionale in un legame simbiotico<br />

con la realtà della cronaca locale, nazionale e internazionale<br />

che muta di ora in ora. Il giornalista non ha l’aiuto del<br />

compasso (ingegneri e architetti), <strong>dei</strong> codici (avvocati, giudici<br />

e commercialisti) e della tac (medici). È un uomo solo davanti<br />

ai fatti e agli accadimenti, che deve avere anche capacità<br />

di colloquiare con la gente e le fonti nonché di scrivere “sul<br />

tamburo” 100 righe o realizzare un servizio televisivo di 3<br />

minuti. Chi lavora al desk deve possedere flessibilità di fronte<br />

al succedersi degli avvenimenti, reimpostando all’occorrenza<br />

il giornale o intere pagine in tempi ristretti. Gli editori sanno<br />

bene che il giornalista non è un operatore generico e che c’è<br />

“La professione gio<br />

e ancorata all’Univ<br />

garanzia del diritto<br />

bisogno di buoni giornalisti per dare credibilità e successo<br />

alle testate.<br />

Zeno-Zencovich, invece, sperando in incredibili rivincite antistoriche,<br />

vuole togliere ai giornalisti lo strumento giuridico (la<br />

legge professionale) che ne tutela l’autonomia e l’indipendenza,<br />

dimenticando l’importanza strategica per una società<br />

democratica del nuovo diritto fondamentale <strong>dei</strong> cittadini<br />

all’informazione (“corretta e completa”), costruito dalla Corte<br />

costituzionale. Questo nuovo diritto fondamentale presuppone<br />

la presenza e l’attività di giornalisti vincolati a una deontologia<br />

specifica e a un giudice disciplinare nonché a un esame<br />

di Stato, che ne accerti la preparazione come prevede l’articolo<br />

33 della Costituzione.<br />

L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento<br />

della professione giornalistica comporterà questi<br />

rischi:<br />

● quella <strong>dei</strong> giornalisti non sarà più una professione intellettuale<br />

riconosciuta e tutelata dalla legge.<br />

● risulterà abolita l’etica professionale.<br />

● cadrà per giornalisti (ed editori) la norma che impone il<br />

rispetto del “segreto professionale sulla fonte delle notizie”.<br />

● l’imprenditore (o chi per lui) potrà scavalcare il direttore e<br />

impartire direttamente disposizioni ai redattori sui contenuti<br />

del giornale. Direttori e redattori saranno degli impiegati<br />

di redazione vincolati soltanto da due articoli (2104 e<br />

2105) del Codice civile che riguardano gli obblighi di diligenza<br />

e fedeltà;<br />

● oggi il giornalista, se crede e se vuole, può dire molti no;<br />

domani, privato dello scudo della legge professionale,<br />

dovrà dire molti sì a meno che non voglia correre il rischio<br />

del licenziamento per non essere fedele e diligente<br />

verso il suo editore. Eliminato l’<strong>Ordine</strong>, rimarranno soltanto<br />

gli ordini degli editori.<br />

La “contropiattaforma” Fieg disconosce i giornalisti come professionisti<br />

<strong>Giornalisti</strong> tutti precari nel lavoro e nelle qualifiche o presi in<br />

affitto, via vincoli e regole, direttori trasformati in “mazzieri”<br />

delle imprese editoriali, Fnsi e Cdr ridimensionati drasticamente,<br />

l’<strong>Ordine</strong> svuotato delle sue funzioni di giudice disciplinare.<br />

Il 16 febbraio la Fieg ha messo le carte in tavola. E sono<br />

carte (con condizioni draconiane), che sconvolgono norme<br />

costituzionali e dettati legislativi consolidati anche nella giurisprudenza.<br />

Gli editori colgono il vento favorevole dell’ideologia<br />

del mercato – (un’ideologia che, nella visione di taluni<br />

teorici, configura il rapporto imprenditori-mercato come quello<br />

delle... libere volpi in un libero pollaio) – affermatasi in<br />

questi ultimi anni per avviare una scoperta e violenta manovra<br />

diretta a distruggere le garanzie contrattuali e quelle della<br />

professione giornalistica regolamentata per legge. La Fieg si<br />

muove come se non esistesse la Costituzione; come se lo<br />

Statuto <strong>dei</strong> Lavoratori fosse carta straccia e come se non<br />

fosse in vigore una legge (la n. 741/1959) che consente di<br />

apportare modifiche ai contratti, ma solo se migliorative. L’iniziativa<br />

economica privata è libera, ma la stessa “non può<br />

svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare<br />

danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. L’articolo<br />

41 della Costituzione pone un limite chiaro e netto alla<br />

libertà delle imprese: la dignità <strong>dei</strong> cittadini lavoratori. Le<br />

imprese possono far tutto, ma non ferire la dignità <strong>dei</strong> cittadini<br />

lavoratori. Questi principi sono ignorati dalla Fieg.<br />

Lo scontro sul contratto giornalistico diventa in tal modo un<br />

fatto centrale della vita politica e sociale della Nazione. I giornalisti<br />

vengono usati come cavie: se la Fieg (associata e<br />

braccio lungo della Confindustria) dovesse vincere, la strada<br />

sarebbe spianata per imporre ad altri settori produttivi le<br />

straordinarie “innovazioni” ottenute sulla pelle di una categoria,<br />

impegnata ogni giorno a rendere concreto il diritto costituzionale<br />

<strong>dei</strong> cittadini all’informazione. La Fnsi non può essere<br />

lasciata sola dalle altre confederazioni, mentre i giornalisti<br />

hanno il dovere di stringersi compatti attorno al loro sindacato<br />

per difendere valori conquistati in 90 anni di battaglie e di<br />

lotte. Non possiamo e non dobbiamo lasciarci intimidire da<br />

chi pensa di riportarci al 1910.<br />

Mario Ciancio Sanfilippo, presidente della Fieg, segue le<br />

“istruzioni” di Cesare Romiti, neo-editore della Rcs. Cesare<br />

Romiti in più di un’occasione ha attaccato la “rigidità” del<br />

contratto giornalistico, sollecitandone un rapido smantellamento.<br />

Ciancio Sanfilippo ha respinto tutte le richieste della<br />

relazione di<br />

Franco Abruzzo<br />

Fnsi ed ha chiesto esplicitamente “il cambiamento radicale<br />

del contratto”, sottolineando che le distanze (dalla Fnsi) sono<br />

“assai rilevanti non tanto per singoli aspetti quanto perché il<br />

contratto giornalistico è il più rigido nel sistema delle relazioni<br />

industriali dell’intero paese”. In sostanza l’imprenditorebarone<br />

catanese ha chiesto, senza mezzi termini, alla Fnsi<br />

di discutere solo le condizioni della sua contropiattaforma.<br />

Ciò significa che la Fieg – rinvigorita dalla presenza di Romiti<br />

e della sua “dottrina” – è animata da una volontà di annientamento<br />

della controparte. Se la linea padronale dovesse<br />

passare, il diritto al lavoro diventerebbe una chimera, trasformando<br />

i giornalisti in precari. L’editore si ergerebbe, sostituendo<br />

i Consigli dell’<strong>Ordine</strong>, a giudice <strong>dei</strong> comportamenti<br />

<strong>dei</strong> redattori: questo è il significato recondito del preteso inserimento<br />

nel contratto del “regolamento per le sanzioni disciplinari”.<br />

Verrebbe cancellato, una volta aboliti i permessi<br />

sindacali, il diritto <strong>dei</strong> giornalisti, liberamente eletti, di dare il<br />

proprio contributo alla vita dell’<strong>Ordine</strong>, della Fnsi, dell’Inpgi e<br />

della Casagit. L’Inpgi verrebbe governato pariteticamente da<br />

giornalisti ed editori, realizzandosi così la paradossale situazione<br />

degli editori che danno... la caccia ai loro colleghi<br />

evasori previdenziali e tenaci utilizzatori di giornalisti in nero.<br />

Gli editori pensano anche di “ridurre gli elementi della busta<br />

paga sui quali sono calcolati i contributi previdenziali a carico<br />

delle aziende”, preludio questo a pensioni di fame. Potrebbero<br />

coesistere nella stessa redazione precari contrattualizzati<br />

e precari senza diritto al versamento <strong>dei</strong> contributi all’Inpgi,<br />

assunti per poche settimane oppure fino a 36 mesi.<br />

Bisogna scorrere le richieste della Fieg perché se ne capisca<br />

l’obiettivo strategico di chiudere la partita con i giornalisti,<br />

seminando un clima di paura nelle redazioni. Se il lavoro<br />

diventa tutto (o quasi) a tempo determinato, se i giornalisti<br />

possono essere “presi in affitto”, se i responsabili delle redazioni<br />

possono essere assunti al massimo per cinque anni,<br />

ne consegue che il sindacato verrebbe espulso di fatto dalle<br />

redazioni. Chi si espone, assumendo incarichi di rappresentanza,<br />

si troverebbe presto a scontare la sua audacia con la<br />

disoccupazione a vita. La Fieg intende cancellare il sindacato<br />

nazionale, “ridefinendo tutte le parti del contratto che<br />

prevedono confronti e contrattazione”. In particolare, la Fieg<br />

vuole eliminare dal contratto “ogni forma di intervento della<br />

Fnsi su tutti i problemi previsti dal contratto che devono essere<br />

risolti esclusivamente nella sede aziendale tra Cdr e<br />

azienda”. Il ruolo del Cdr, comunque, verrebbe ridotto al minimo<br />

attraverso l’abrogazione <strong>dei</strong> pareri oggi obbligatori. Anche<br />

le ore retribuite destinate alle assemblee verrebbero “tagliate”<br />

drasticamente. In sostanza l’attività sindacale si svolgerà,<br />

come si pretendeva negli anni Cinquanta,... in maniera tale<br />

da non arrecare alcun danno alla produzione e al lavoro<br />

redazionale.<br />

Gli editori intendono cancellare figure professionali (gli inviati),<br />

impiegare i giornalisti in più testate (della stessa azienda)<br />

e togliere gli scatti di anzianità nonché ridurre ogni tutela<br />

economica per chi si ammala. La Fieg pretende anche di<br />

“abolire le qualifiche dal capo servizio in su trasformandole<br />

in mansioni temporanee o a termine, revocabili dal direttore”.<br />

Gli editori fanno ricorso a una grossolana strategia terroristica,<br />

dimenticando che l’ordinamento giuridico dello Stato non<br />

consente simili sconvolgimenti, che si configurano anche<br />

come eversivi dell’ordine costituzionale.<br />

I giornalisti sono chiamati a dare risposte forti alla Fieg: lo<br />

sciopero del 18 febbraio è solo un primo segnale di lotta.<br />

Deve essere chiaro che i giornalisti intendono difendere in<br />

primo luogo fondamentali principi costituzionali:<br />

● la salvaguardia (articolo 2) <strong>dei</strong> diritti inviolabili dell’uomo,<br />

sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge<br />

la sua personalità. L’articolo 2 tutela la dignità e l’identità<br />

<strong>dei</strong> cittadini come singoli e nelle formazioni sociali<br />

(sindacato e <strong>Ordine</strong> professionale, ndr) ove matura la loro<br />

identità professionale;<br />

● il diritto <strong>dei</strong> giornalisti a partecipare alla vita sociale ed<br />

economica della Nazione (articolo 3, II comma) attraverso<br />

lo sviluppo della dialettica sindacale e professionale<br />

all’interno delle singole aziende;<br />

● il diritto al lavoro professionale (articolo 4) e il diritto alla<br />

giusta retribuzione (articolo 36);<br />

● il valore legale della professione come condizione ineludibile<br />

di garanzia per i cittadini-lettori, titolari del diritto<br />

costituzionale (articolo 21) a una informazione corretta e<br />

completa assicurata da giornalisti vincolati a una precisa<br />

deontologia fissata per legge e a un giudice disciplinare<br />

eletto democraticamente dagli iscritti all’Albo.<br />

I giornalisti devono difendere anche il valore morale del loro<br />

contratto, il primo stipulato a livello nazionale.<br />

Era il 1911 e l’Italia festeggiava i primi 50 anni di vita unitaria<br />

e di libertà.<br />

2 ORDINE 4 <strong>2000</strong>

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