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Ordine aprile 2000 - Ordine dei Giornalisti

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2Assemblea<br />

000<br />

Sette vincitori su 119<br />

concorrenti alla II edizione<br />

del premio alle tesi<br />

ENRICO MARTINELLI<br />

La vera<br />

storia di<br />

Citizen Kane<br />

A William Randolph Hearst si era ispirato<br />

Orson Welles per il celeberrimo film “Quarto<br />

potere”, e allo stesso Hearst si è dedicato<br />

anima e corpo Enrico Martinelli per la sua<br />

tesi di laurea in Storia del giornalismo all’Università<br />

degli studi di Milano, raccontando la<br />

vera storia di uno tra i più importanti esponenti<br />

del giornalismo americano. Per questo,<br />

è andato fino a San Francisco, dove ha risieduto<br />

sei mesi, scartabellando fra le copie del<br />

“San Francisco Examiner” dal 1945 al ‘48,<br />

raccolte per lo più nella Fondazione Hearst.<br />

Il risultato del suo lavoro, intitolato “Europa<br />

e Stati Uniti nel secondo dopoguerra: il<br />

“San Francisco Examiner” di William<br />

Randolph Hearst”, gli ha fatto vincere ex<br />

aequo il premio nella sezione Giornalismo<br />

europeo e nordamericano.<br />

L’“Examiner”, tuttora la testata più diffusa nella<br />

città californiana insieme al “Chronicle”, è stata<br />

la prima tappa della folgorante carriera di W.R.<br />

Hearst. Acquistata dal padre, William Rudolph<br />

ne divenne direttore e da lì partì per la conquista<br />

di uno <strong>dei</strong> maggiori imperi dell’editoria,<br />

comprando un’intera catena di giornali.<br />

ARIANNA DI LORETO<br />

Quei “suggeritori<br />

invisibili”<br />

delle agenzie<br />

Quando chiedo ad Arianna Di Loreto chi<br />

sono “I suggeritori invisibili dell’informazione”,<br />

lei si schermisce: “Ma no, qui i<br />

persuasori occulti non c’entrano niente!”. La<br />

sua tesi di laurea infatti, discussa alla facoltà<br />

di Sociologia dell’Università “La Sapienza” di<br />

Roma sotto la guida del prof. Luciano Russi,<br />

nonostante il titolo un po’ misterioso, tratta<br />

delle agenzie di stampa. “I giornalisti delle<br />

agenzie sono sempre nell’ombra, ma in<br />

realtà sono i “suggeritori” dell’informazione:<br />

sono determinanti nella scelta delle notizie<br />

che compaiono sui mass media”, spiega<br />

Arianna. “Invisibili” al pubblico, lavorano<br />

dietro le quinte dell’informazione, e anche la<br />

critica e gli studiosi li trascurano: Arianna per<br />

la bibliografia della sua ricerca è riuscita a<br />

trovare solo due testi, per giunta risalenti agli<br />

anni ‘80. La tesi, premiata nella sezione sulla<br />

professione giornalistica, nella prima parte<br />

ripercorre la storia delle agenzie di stampa e<br />

descrive le agenzie attive oggi nel mondo.<br />

Ma il nucleo centrale del lavoro è la parte<br />

sperimentale: Arianna ha voluto verificare<br />

quanto e come il lavoro di agenzia venga<br />

utilizzato nei quotidiani. Per farlo ha preso<br />

tutte le notizie Ansa di una giornata e le ha<br />

Enrico Martinelli – per la cronaca ex-allievo<br />

Ifg – ha esaminato in particolare la sua posizione<br />

rispetto alla politica americana in Europa<br />

alla fine della seconda guerra mondiale,<br />

attraverso la lettura <strong>dei</strong> suoi editoriali. Ne è<br />

emerso il pensiero di un inflessibile isolazionista,<br />

contrario alle scelte dell’Amministrazione<br />

Truman, al piano Marshall e a tutti gli<br />

interventi di risanamento economico degli<br />

Usa in Europa.<br />

Oggi Enrico lavora a Milano, all’Ansa, e sta<br />

per diventare “italian editor” della testata online<br />

di una società inglese. È soddisfatto, ma<br />

la voglia di viaggiare non l’ha abbandonato e<br />

spera in prossimi incarichi all’estero.<br />

(C.C.)<br />

confrontate con quelle apparse il giorno<br />

successivo su quattro quotidiani, uno nazionale<br />

(il “Corriere della sera”), uno pluriregionale<br />

(il “Messaggero”), uno regionale ( il<br />

“Giornale di Sicilia”) e, infine, uno provinciale<br />

(il “Giornale di Vicenza”). Il risultato ha<br />

confermato l’ipotesi di partenza: il trattamento<br />

delle notizie di agenzia è molto diverso a<br />

seconda del tipo di giornale. Mentre i nazionali<br />

ne fanno un uso minore e le rielaborano<br />

completamente, i quotidiani più piccoli le<br />

riprendono alla lettera, limitandosi a rigirarne<br />

le frasi.<br />

Un lavoro da certosino, quello di Arianna,<br />

apprezzato anche dalla stessa Ansa, che le<br />

ha offerto uno stage di sei mesi per<br />

approfondire la sua ricerca.<br />

(S.Sp.)<br />

SIMONE ANGIOLINI<br />

Mussolini in<br />

Inghilterra ebbe<br />

buona stampa<br />

Simone Angiolini lavora da dieci anni presso<br />

l’Azienda regionale per il diritto allo studio<br />

universitario di Siena, ma è ancora in cerca<br />

della sua strada.<br />

Nel frattempo ha frequentato la facoltà di<br />

Scienze politiche all’Università di Siena e si<br />

è laureato in “Storia <strong>dei</strong> trattati e politica internazionale”.<br />

Per la tesi, ha unito due suoi personali interessi:<br />

il giornalismo anglosassone e il fascismo.<br />

Così, ha cominciato una ricerca sul<br />

modo in cui i giornali inglesi trattarono l’Italia<br />

nei primi anni della dittatura, per scoprire,<br />

con una certa sorpresa, che Mussolini, almeno<br />

inizialmente, ebbe buona stampa.<br />

Nella sua tesi “Le relazioni italo-inglesi<br />

viste da Fleet Street: interpretazioni,<br />

giudizi, reazioni della stampa inglese<br />

(ott. 1922 – genn. 1925)”, ha infatti dimostrato<br />

che l’interesse della Gran Bretagna<br />

per il nostro Paese – alleato sì, ma “latino”,<br />

perciò culturalmente distante – non era<br />

molto forte, e certo non costante: veri picchi<br />

d’attenzione si verificarono soltanto tra l’ottobre<br />

e il novembre del ‘22, per la crisi di<br />

GIOVANNA BUTI<br />

AAA cercasi<br />

giornalismo<br />

indipendente<br />

“Quasi nessuno”, è la risposta di Giovanna<br />

Buti all’interrogativo da cui è nata la sua tesi:<br />

“Chi si fida del giornalismo? Il punto di<br />

vista del pubblico sulla credibilità<br />

dell’informazione”. Un lavoro paziente e<br />

certosino che le è valso il premio per la<br />

sezione “Istituzioni della professione giornalistica<br />

in Italia, in Europa e nel Nord America.<br />

La deontologia e l’inquadramento contrattuale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti in Italia, Europa e Nord<br />

America”.<br />

Laureatasi in Sociologia della comunicazione<br />

presso la facoltà di Scienze politiche<br />

dell’Università di Firenze, Giovanna Buti, con<br />

il suo elaborato (relatore prof. Giovanni<br />

Bechelloni), lancia un segnale d’allarme: “il<br />

giornalismo italiano non piace agli italiani”. È<br />

la constatazione di alcuni massmediologi,<br />

confermata dagli istituti demoscopici di ricerca<br />

più affidabili (SVG, Censis, Doxa, Eurispes,<br />

Eurobarometro), da cui è partita la sua<br />

ricerca. “C’è troppa dipendenza dalla politica<br />

e dagli editori; troppo sensazionalismo e la<br />

verifica delle fonti è quasi inesistente”.<br />

Un’insoddisfazione diffusa che è stata avvalorata<br />

da un sondaggio compiuto dalla Buti<br />

MICHELA ACQUAVIVA<br />

Quando<br />

gli americani<br />

leggevano<br />

Moravia e Calvino<br />

Una tesi che parla degli scrittori italiani e<br />

della loro accoglienza sulla stampa americana:<br />

è il lavoro di Michela Acquaviva, laureatasi<br />

in Lettere all’Università degli studi di<br />

Milano con la professoressa Rita Cambria.<br />

Si intitola “Un’immagine dell’Italia negli<br />

Stati Uniti. The New York Times Book<br />

Review e la letteratura italiana tra informazione<br />

e critica (1947-1987)” e le è valso<br />

il premio per il giornalismo culturale, sociale,<br />

scientifico (e altre specializzazioni).<br />

Michela ha affrontato le recensioni <strong>dei</strong><br />

romanzi italiani apparse tra il 1947 e il 1987<br />

sull’inserto domenicale del prestigioso “New<br />

York Times”, dedicato interamente ai libri. Ne<br />

emerge un’immagine dell’Italia per nulla<br />

stereotipata e del tutto lusinghiera. Gli americani<br />

apprezzavano decisamente i romanzi di<br />

Alberto Moravia, di tutti il più letto, ancora più<br />

amato era Italo Calvino e poi Italo Svevo,<br />

Ignazio Silone, Leonardo Sciascia sino a<br />

Umberto Eco. “Questi erano gli autori più<br />

tradotti e letti negli Stati Uniti – spiega Michela<br />

– e gli americani non mancavano di sotto-<br />

Corfù, e in seguito al delitto Matteotti.<br />

Questa distanza ideologica comportò una<br />

scarsa comprensione del fascismo, che da<br />

principio fu ben visto perfino dalla stampa<br />

laburista. Il lavoro di raccolta del materiale<br />

è durato otto mesi, condotto tra le biblioteche<br />

universitarie di mezza Italia, da Firenze<br />

a Gorizia, e con l’aiuto provvidenziale di<br />

qualche amico con fissa dimora in Inghilterra,<br />

che ha fornito alcuni testi, altrimenti<br />

introvabili, recuperati alla Cambridge<br />

Library.<br />

Per l’assegnazione del premio per le tesi sul<br />

Giornalismo europeo e nordamericano,<br />

Simone ha commentato: “Che sia il segno<br />

che devo darmi al giornalismo?”. Avrà scherzato,<br />

ma intanto si è informato sulla scuola<br />

di giornalismo di Milano.<br />

Claudia Cristoferi<br />

su scala territoriale (Firenze e dintorni). Ha<br />

fatto 17 domande a 227 persone, tra studenti<br />

e individui comuni, per stabilire il tipo di fruizione<br />

informativa, individuare il livello di<br />

credibilità dell’informazione e accertarne “i<br />

condizionamenti dall’alto”. Il risultato è che la<br />

dipendenza dal potere politico ed economico<br />

resta il peggior difetto del giornalismo<br />

italiano.<br />

La carta stampata continua a perdere terreno.<br />

E questo perché il quotidiano non offre<br />

più il valore aggiunto dello spazio-approfondimento<br />

e tende a uniformarsi con il piccolo<br />

schermo. Unica nota positiva in questo<br />

quadro preoccupante: i giovani sono più ottimisti<br />

degli adulti sul futuro dell’informazione.<br />

Forse perché leggono meno?<br />

Sandra Marzano<br />

lineare le enormi difficoltà del lavoro di traduzione,<br />

ad esempio per le opere di Carlo<br />

Emilio Gadda”.<br />

La ricerca muove da una analisi <strong>dei</strong> pregiudizi<br />

culturali che caratterizzano i rapporti<br />

Italia-Usa, da brevi cenni di storia del “New<br />

York Times” (nato nel 1851) e della “N.Y.T.<br />

Book Review” sorta più tardi, nel 1896.<br />

Analizza il clima di vitalità letteraria del dopoguerra,<br />

i cambiamenti dell’editoria negli anni<br />

Sessanta e Settanta e si chiude con una<br />

disamina di qualche autore postmoderno<br />

come Tabucchi e l’ultimo Calvino.<br />

Oggi Michela segue un master in “Metodologie<br />

dell’informatica e della comunicazione<br />

per le scienze umanistiche” che forma operatori<br />

informatici per la didattica multimediale.<br />

M. M.<br />

16 (24) ORDINE 4 <strong>2000</strong>

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