l'eroe imperfetto - Wu Ming

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17.06.2013 Views

epoca remota con incantesimi specifici contro lo stesso Re Stregone. L'affondo disperato del piccolo hobbit, che il capo dei Nazgûl non aveva certo considerato come un potenziale avversario, concede a Éowyn il tempo di raccogliere le forze per infilzare e distruggere il nemico. Ancora una volta il canone eroico viene ribaltato: il più temibile avversario del Bene non viene sconfitto dai grandi e grossi guerrieri, ma dall'azione congiunta di due soggetti “deboli”, una donna e un mezzuomo. E se il colpo inferto da Merry allo Spettro è efficace grazie alla particolare spada che impugna, la stoccata di Éowyn è letale proprio grazie al potere femminile che lei incarna. Entrambi feriti, verranno poi trasportati alle Case di Guarigione nella città di Minas Tirith dove soltanto le mani regali ed esperte di Aragorn riusciranno a guarirli dalle ferite mortali riportate. E' lì che Éowyn durante la convalescenza incontra Faramir, anch'egli precedentemente ferito e in via di guarigione. Il nobile gondoriano si innamora di lei a prima vista e col passare dei giorni tra i due nasce un'intesa dolente, gravata dall'incertezza per le sorti collettive. Faramir rende evidente a Éowyn che il suo amore per Aragorn non è che una chimera, l'amore di una donna-soldato per il suo capitano, non già quello di una donna per un potenziale compagno di vita. Infine le dichiara i propri sentimenti. Ma alla domanda se lei li corrisponda, Éowyn, invece di dare un'implausibile risposta, annuncia che deporrà le armi: “[…] Non mi ami tu, Éowyn?” Allora il cuore di Éowyn cambiò a un tratto, e fu ella finalmente a comprenderlo; e improvvisamente il suo inverno scomparve, e il sole brillò in lei. “Questa è Minas Anor, la Torre del Sole”, ella disse; “e, guarda!, l'Ombra è scomparsa! Non sarò più una fanciulla d'arme, né rivaleggerò con i grandi Cavalieri, né amerò soltanto i canti che narrano di uccisioni. Sarò una guaritrice, e amerò tutto ciò che cresce e non è arido”. E di nuovo guardò Faramir. “Non desidero più essere una regina”, disse. (Il Ritorno del Re, libro II, cap. V) Éowyn accetta implicitamente l'amore di Faramir e in seguito diverrà sua moglie, suggellando con un matrimonio dinastico la rinnovata alleanza tra Gondor e Rohan. Termina così la sua ribellione, l'eroina rientra nei ranghi del mondo patriarcale. La vergine guerriera deve ritrovare il proprio ruolo di donna, porre fine al nubilato, cessando così di essere un fattore destabilizzante per l'ordine sociale costituito. Tuttavia sarebbe riduttivo attribuire il repentino lieto fine di Éowyn esclusivamente alla necessità di una soluzione riequilibratrice nel quadro della società feudale della Terra di Mezzo. Innanzi tutto perché la scelta di Éowyn non cancella il valore dell'atto eroico - l'uccisione del capo dei Nazgûl - originato dalla

disobbedienza al potere patriarcale. Il risultato ottenuto sul campo rimane lì, nel cuore della vicenda narrata, con la sua carica discriminante per le sorti collettive, e la sua problematica unicità; non c'è pacificazione finale che possa ridurne il senso. In secondo luogo, leggendo con attenzione le parole di Éowyn ci si accorge che la rinuncia alle armi e il ritorno ai panni della “Bianca Dama di Rohan” non rappresenta tanto la sconfitta delle sue ambizioni, quanto una nuova presa di coscienza. La mancata risposta alla domanda di Faramir (“…Non mi ami tu, Éowyn?”) rivela l'ininfluenza di un improbabile sentimento personale di fronte a una realizzazione ben più importante. Éowyn dichiara che diventerà una “guaritrice” e che amerà “tutto ciò che cresce e non è arido”. La decisione di non diventare una regina guerriera coincide con il rifiuto della bella morte in battaglia anelata fino a quel momento e con la rinuncia al potere di comandare, in favore della forza di guarire e curare. Nella scelta di Éowyn riecheggiano le parole che in un celebre romanzo di Christa Wolf la schiava Cilla rivolge all'amazzone Pentesilea per convincerla a non cercare la morte in guerra: “Tra uccidere e morire c'è una terza via: vivere” (C. Wolf, Cassandra, 1983). In questo modo il finale di Éowyn suggerisce una sfumatura ulteriore del messaggio veicolato dal romanzo. Se solo la rinuncia al Potere (la distruzione dell'Anello) può produrre la sconfitta del Male, così soltanto la Cura - ovvero l'atto di occuparsi della vita, di “ciò che cresce” - può sanare il mondo dalle ferite del Male stesso. Questa consapevolezza non suggella un destino specificamente femminile, ma colloca Éowyn sul traguardo finale accanto al giardiniere Sam Gamgee, il trionfatore morale e materiale della storia. Entrambi i personaggi si trasformano nel corso della vicenda - l'uno gradualmente, l'altra in modo repentino - scoprendo per se stessi un destino assai diverso da quello che immaginavano all'inizio. Entrambi finiscono per sabotare le aspettative generate dal modello eroico dominante, indicando la possibilità di un eroismo diverso, solo apparentemente “debole”, che senza escludere il sacrificio per il bene comune, contrappone al fascino della morte il legame irrinunciabile alla vita, agli affetti, alla natura. E' una versione dell'eroismo più antica di quella monolitica virile, in grado non solo di tenere in massimo conto l'ascendente femminile e la sua inesauribile forza, ma soprattutto di comprendere il cambiamento, la trasformazione di sé come strumento indispensabile al compimento dell'impresa, quindi all'evoluzione umana. “Sembra che il nocciolo del mito della Dea sia questo: a nessuno è permesso di rimanere a lungo quello che è. Questa è la circostanza che fa sì che il mondo si muova in avanti come creazione continua” (H. Zimmer, op. cit).

epoca remota con incantesimi specifici contro lo stesso Re<br />

Stregone. L'affondo disperato del piccolo hobbit, che il capo dei<br />

Nazgûl non aveva certo considerato come un potenziale avversario,<br />

concede a Éowyn il tempo di raccogliere le forze per infilzare e<br />

distruggere il nemico.<br />

Ancora una volta il canone eroico viene ribaltato: il più temibile<br />

avversario del Bene non viene sconfitto dai grandi e grossi<br />

guerrieri, ma dall'azione congiunta di due soggetti “deboli”, una<br />

donna e un mezzuomo. E se il colpo inferto da Merry allo Spettro è<br />

efficace grazie alla particolare spada che impugna, la stoccata di<br />

Éowyn è letale proprio grazie al potere femminile che lei incarna.<br />

Entrambi feriti, verranno poi trasportati alle Case di Guarigione<br />

nella città di Minas Tirith dove soltanto le mani regali ed esperte di<br />

Aragorn riusciranno a guarirli dalle ferite mortali riportate.<br />

E' lì che Éowyn durante la convalescenza incontra Faramir,<br />

anch'egli precedentemente ferito e in via di guarigione. Il nobile<br />

gondoriano si innamora di lei a prima vista e col passare dei giorni<br />

tra i due nasce un'intesa dolente, gravata dall'incertezza per le<br />

sorti collettive. Faramir rende evidente a Éowyn che il suo amore<br />

per Aragorn non è che una chimera, l'amore di una donna-soldato<br />

per il suo capitano, non già quello di una donna per un potenziale<br />

compagno di vita. Infine le dichiara i propri sentimenti. Ma alla<br />

domanda se lei li corrisponda, Éowyn, invece di dare<br />

un'implausibile risposta, annuncia che deporrà le armi:<br />

“[…] Non mi ami tu, Éowyn?”<br />

Allora il cuore di Éowyn cambiò a un tratto, e fu ella finalmente a<br />

comprenderlo; e improvvisamente il suo inverno scomparve, e il<br />

sole brillò in lei.<br />

“Questa è Minas Anor, la Torre del Sole”, ella disse; “e, guarda!,<br />

l'Ombra è scomparsa! Non sarò più una fanciulla d'arme, né<br />

rivaleggerò con i grandi Cavalieri, né amerò soltanto i canti che<br />

narrano di uccisioni. Sarò una guaritrice, e amerò tutto ciò che<br />

cresce e non è arido”. E di nuovo guardò Faramir. “Non desidero<br />

più essere una regina”, disse.<br />

(Il Ritorno del Re, libro II, cap. V)<br />

Éowyn accetta implicitamente l'amore di Faramir e in seguito<br />

diverrà sua moglie, suggellando con un matrimonio dinastico la<br />

rinnovata alleanza tra Gondor e Rohan. Termina così la sua<br />

ribellione, l'eroina rientra nei ranghi del mondo patriarcale. La<br />

vergine guerriera deve ritrovare il proprio ruolo di donna, porre<br />

fine al nubilato, cessando così di essere un fattore destabilizzante<br />

per l'ordine sociale costituito.<br />

Tuttavia sarebbe riduttivo attribuire il repentino lieto fine di Éowyn<br />

esclusivamente alla necessità di una soluzione riequilibratrice nel<br />

quadro della società feudale della Terra di Mezzo.<br />

Innanzi tutto perché la scelta di Éowyn non cancella il valore<br />

dell'atto eroico - l'uccisione del capo dei Nazgûl - originato dalla

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