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l'eroe imperfetto - Wu Ming

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duro è il colpo che rimedia Totta mentre azzarda i primi aulici versi<br />

e un sobbalzo del carro gli fa sbattere la testa. Il vecchio Tida ne<br />

approfitta per dispensare la sua amara morale. E cioè che<br />

all'olocausto segue sempre un'alba, che non è solo quella della<br />

poesia, perché la vita e la storia non finiscono, i cocci e le rovine<br />

toccano in sorte a chi rimane:<br />

[Tìda:] Già, uno scossone non fa bene ai sogni,<br />

ed è freddo a svegliarsi. [...]<br />

Verrà mattino, e sarà come tanti:<br />

con più fatica, ché il paese è a pezzi;<br />

lavoro e guerra, antichi come il mondo.<br />

E' questa chiave critica che Tolkien sottolinea con il suo finale<br />

posticcio. Non a caso Tolkien mette in scena <strong>l'eroe</strong> come un<br />

cadavere pesantissimo (perché <strong>l'eroe</strong> è sempre gigantesco,<br />

immane), una mole ingombrante, che i due sventurati becchini<br />

devono trascinare via dal campo di battaglia, spaccandosi la<br />

schiena. La testa è perduta, divenuta osceno trofeo dei vichinghi o<br />

sprofondata nel Pante, a ingrassare i pesci, forse trascinata fino al<br />

mare, ripescata chissà dove. Resta il suo corpo enorme, snaturato,<br />

privo di capo, quindi di volto, divenuto puro peso, fardello, la cui<br />

unica comodità potrebbe essere quella di farsi usare come cuscino<br />

per il riposo dei superstiti. Ma no, sarebbe sacrilegio, Totta non si<br />

azzarda a farlo.<br />

Eppure quando dovrà mettersi a scrivere il poema della battaglia lo<br />

farà forse con uno sguardo meno incantato, recependo il buon<br />

senso del vecchio Tida.<br />

Ovviamente Tolkien tiene a precisare che da questa critica<br />

all'ideologia eroica il poeta della Battaglia di Maldon non si spinge<br />

mai fino a mettere in discussione il valore dell'obbedienza al<br />

proprio signore. Su di essa infatti si fonda l'intero mondo<br />

medievale. Nel poema la lealtà e la buona fede dei guerrieri che<br />

decidono di seguire la sorte del capo non sono mai criticate, ma<br />

esaltate. Del resto nessuno più di Tolkien poteva cogliere questa<br />

articolazione del discorso poetico. Tolkien aveva combattuto nella<br />

Prima Guerra Mondiale e aveva visto all'opera la retorica<br />

dell'eroismo guerriero sui milioni di fanti mandati al macello come<br />

bestie. Con il poeta di Maldon condivideva senz'altro l'idea di non<br />

scaricare sui sottoposti l'ottusa responsabilità dei vertici militari.<br />

Tuttavia, se dovessimo trarre le estreme conseguenze, implicite<br />

nell'atto d'accusa contenuto nei versi 89-90 del poema, allora<br />

bisognerebbe dedurre che in certi casi la buona fede, per quanto<br />

incolpevole perché iscritta in un determinato sistema di valori, è<br />

però senz'altro mal riposta. Quindi mal spesa. E' stato così per i<br />

fanti inglesi sulla Somme come per i contadini-guerrieri a Maldon.<br />

Ebbene, alludere al fatto che quella buona fede è mal spesa, non<br />

significa già cogliere la contraddizione e criticare i modelli del<br />

mondo feudale? Non significa forse individuare un punto di fuga

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