l'eroe imperfetto - Wu Ming
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tormenterà per il resto della vita.<br />
Ed ecco la strofa successiva:<br />
L'Amore, stanco di vagare, si aggrappò al tuo corpo, nostra breve<br />
mercede<br />
nostra per un momento.<br />
Prima che la dolce mano della terra ti accarezzasse<br />
e i vermi ciechi ingrassassero<br />
Di te.<br />
Qui Lawrence allude al fatto di essere riuscito a vedere il cadavere<br />
dell'amico prima dell'inumazione. Di certo sembra dovuta a questo<br />
la macabra visione della terza strofa.<br />
Che sia vero o no, resta il fatto che anche qui ci troviamo in<br />
presenza di un'eco o addirittura di una citazione letteraria, che ci<br />
fa compiere il balzo più lungo, fino a un'epoca remota e germinale<br />
del mondo, faccia a faccia con il primo eroe immortalato dalla<br />
letteratura.<br />
Sto parlando di Gilgamesh, il re sumero di Uruk, la cui saga risale<br />
almeno al III millennio a.C. (anche se venne fissata in un corpo<br />
letterario completo solo nel VII secolo a.C., durante il regno di<br />
Assurbanipal).<br />
Gilgamesh è il più antico poema epico-eroico che si conosca e certo<br />
Lawrence non poteva ignorarlo. Non solo per i suoi studi<br />
accademici, ma anche perché, prima della guerra, aveva<br />
partecipato agli scavi archeologici della città hittita di Carchemish,<br />
nell'alto corso dell'Eufrate. La storia e le leggende dell'antica<br />
Mesopotamia non gli erano certo estranee.<br />
Anche in questo caso il poema è diviso in due parti. Nella prima si<br />
narra l'incontro/scontro tra Gilgamesh ed Enkidu. I due diventano<br />
un embrione mitico di tutte le coppie di amici che incontreremo<br />
nelle saghe dei secoli successivi. Infatti Enkidu accompagna <strong>l'eroe</strong><br />
nella sua impresa - abbattere il terribile gigante Humbaba e poi il<br />
Toro del Cielo - e Gilgamesh lo ama “come una moglie” (I, 252), lo<br />
fa giacere “in un letto d'amore” (VII, 137), cioè nel talamo nuziale.<br />
Enkidu ha un ruolo molteplice: alleato, scudiero, amico, amato, e<br />
affianca Gilgamesh con assoluta fedeltà e devozione, aiutandolo a<br />
procurarsi “una fama che durerà in eterno” (Ep pB 2, 159). Perché<br />
è questo che importa a Gilgamesh, anche se dovesse perdere la vita<br />
nell'impresa: “Se io cadrò avrò guadagnato la gloria” (Ep. pB 2,<br />
147).<br />
Invece sarà il suo amico/amato a morire al posto suo. Una morte<br />
che però non viene guadagnata sul campo, ma che sopraggiunge<br />
per malattia. Ecco qualcosa in cui ci siamo già imbattuti, lo<br />
scambio tra eroe e amico, e il conseguente senso di colpa, la<br />
disperazione.<br />
La scena di Gilgamesh al capezzale di Enkidu che si spegne<br />
lentamente è straziante e drammatica, densa di ritualità. Quando<br />
Enkidu cessa di vivere Gilgamesh “ricopre la faccia del suo amico