Abstract 1. Lo Djebel Demer 2. Gli ksour - La scuola di Pitagora ...

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17.06.2013 Views

L’analisi formale e tipologica degli ksour può sensibilizzare la comunità internazionale sull’importanza della conservazione di manufatti architettonici unici, frutto di una conoscenza che si tramanda da secoli. Queste architetture, inoltre sono al vertice di un sistema complesso per lo sfruttamento del suolo fatto di oleifici, moschee, marabut, cimiteri, case troglodite. Studiare gli ksour significa predisporre una rete di conoscenze che abbraccia le componenti materiali e immateriali di un’identità: la natura dei luoghi, la conformazione fisica e geologica del territorio, le vicende storiche, le abitudini antropologiche della popolazione locale. Studiosi di fama (André Louis, Gabriel Camps, Zaied Abdesmad) hanno già affrontato il tema degli ksour con un approccio antropologico; manca, a mio avviso, un’analisi basata sul rilievo e sulla rappresentazione capace di verificare scientificamente le tesi avanzate dagli antropologi. L’obiettivo di questa ricerca, condotta con Paola Raffa, è proseguire gli studi intrapresi diversi anni fa e pubblicati in Ksour della regione di Tataouine [1], attraverso un dettagliato sistema di comparazione. La ricerca è basata su alcune premesse metodologiche: analizzare il fenomeno degli ksour partendo da un rilievo diretto delle architetture e dei luoghi; effettuare un’analisi non solo tipologica ma anche formale dei singoli ksour e mettere in sistema una grande quantità di dati. Gli ksour sono granai collettivi formati dalla ripetizione di un elemento base: la ghorfa. La cellula tipo è un piccolo ambiente, largo dai due ai tre metri e profondo dagli otto ai dodici metri; la copertura è una struttura voltata realizzata senza l’uso di centine lignee. Fig. 1 : Tre ksar del clan familiare Jelidet e Gattoufi: Ksar O.A.Wahid, Ksar Jelidet, Ksar Boujlida. 2

Ogni ksar ha una forma diversa dall’altro, ogni ghorfa differisce da quella che le sta accanto. Häring sostiene che: “Le forme nate da esigenze concrete, plasmate dalla vita, hanno un carattere elementare, una scaturigine naturale, non mutuata dall’uomo. […] queste forme, pur subendo continue modificazioni, dettate dalle esigenze esterne, sono in realtà eterne e indistruttibili, in quanto configurazioni perennemente riprodotte dalla vita” [2]. Gli ksour sono forme scaturite direttamente dalle esigenze dello sfruttamento del suolo e dalle consuetudini delle popolazioni locali. Gli uomini che hanno costruito queste architetture sono berberi sedentari, Jebâliya, che durante le prime fasi della seconda invasione araba del Maghreb, XI secolo, si sono rifugiati sulle alture per difendersi e mantenere la propria autonomia. Nel tempo molti berberi si sono arabizzati collaborando con i nuovi venuti; altri hanno dato vita a quello che comunemente viene definito lo Djbel indépendant, una piccola enclave berberofona indipendente. Le differenze fra i due popoli, Berberi e Arabi, investono diversi piani della vita quotidiana: la religione, la lingua, la struttura sociale. I primi sono animisti, berberofoni, usano il tamazight, e sono sedentari, quando si installano sulle creste dello Djebel lo fanno costruendo delle vere e proprie città. I secondi sono islamici, parlano l’arabo e sono nomadi, non hanno la cultura dell’agricoltura, vivono di pastorizia e di commercio. È evidente che il connubio fra queste due civiltà non può essere risolto con la vittoria di un modello o di un altro. Quello che accade, in realtà, è la combinazione e la disseminazione di etnie e di usanze assai diversificate. Alcuni berberi, infatti, pur conservando la propria identità culturale diventano seminomadi, altri invece si piegano completamente agli invasori e ne sposano la strategia di sfruttamento del suolo. Gli ksour che analizzeremo in questa ricerca sono stati costruiti in un arco temporale molto vasto e appartengono a clan familiari differenti. Segnare l’appartenenza al clan e la data di fondazione consente di costruire quella rete vasta di riferimenti cui alludevamo prima. La ricerca si propone inoltre di incrementare la tradizionale suddivisione fra ksour: kalaa, ksour di montagna e ksour di pianura. I primi sono costruiti su alti speroni rocciosi, arroccati e irraggiungibili; i secondi sorgono su altopiani che dominano la pianura; i terzi sono edificati nei pressi degli wadi (fiumi in secca) dove è più facile coltivare e spostarsi. 3. La scheda Gli ksour sono costruzioni spontanee, la tipologia e la forma sono espressione diretta del luogo e delle risorse disponibili. La ricerca mette a sistema quasi 70 ksour disseminati in un territorio di circa 6.000 kmq. L’area geografica in cui si sviluppano è delimitata dalla formazione rocciosa dello Djebel Demer a nord e dallo Djebel Nefousa (adesso in Libia) ad est. Ogni ksar è descritto con una scheda sintetica. I dati sono elaborati attraverso procedure standardizzate, che prevedono quattro forme differenti: dati alfanumerici; icone, rappresentazioni grafiche, e rappresentazioni fotografiche. I dati alfanumerici comprendono: nome dello ksar, clan di appartenenza, data di fondazione. Le icone indicano: localizzazione altimetrica, tipologia, posizione dell’ingresso, sovrapposizione delle ghorfas, numero di piani, tipologia d’accesso, percorsi verticali, decori, tipologia porte. Le rappresentazioni grafiche, fortemente codificate, includono informazioni su: territorio, intorno e morfologia. I dati sul territorio comprendono la planimetria relativa ad un intorno di 5 km, le principali vie d’accesso all’area dello ksar, i percorsi fra lo ksar e le aree coltivate (jessour). In alcuni casi gli ksour sono disposti gli uni vicini agli altri e si può andare dall’uno all’altro senza scendere a valle. Riconoscere i percorsi minimi, piccoli sentieri percorribili a piedi, o con un asino, consente di capire le dinamiche che hanno generato la disposizione dell’accesso allo ksar, la posizione delle aree di preghiera, la disposizione degli artefatti per la raccolta delle acque meteoriche o per la lavorazione delle olive. La scheda raccoglie informazioni sulla disposizione delle ombre durante l’arco della giornata per intuire quali aree sono meno esposte ai raggi solari. Una situazione orografica molto frastagliata crea vaste aree d’ombra che favoriscono la conservazione dell’umidità nella terra. Nella scheda è riportata, per semplicità, l’ombra che avvolge lo ksar alle 16.45 durante l’equinozio di primavera. Le rappresentazioni grafiche relative all’intorno descrivono le relazioni reciproche fra lo ksar e gli altri manufatti presenti: moschee, marabut, cimiteri cisterne, oleifici, e case troglodite. La morfologia dello ksar è descritta dalla planimetria delle coperture, dalle soluzioni d’angolo, dalla dimensione media e dal profilo medio della ghorfa. Le riprese fotografiche raccontano le relazioni visuali fra ksar/territorio e ricostruiscono, attraverso il raddrizzamento fotografico, la situazione della corte interna. 3

L’analisi formale e tipologica degli <strong>ksour</strong> può sensibilizzare la comunità internazionale sull’importanza<br />

della conservazione <strong>di</strong> manufatti architettonici unici, frutto <strong>di</strong> una conoscenza che si tramanda da<br />

secoli. Queste architetture, inoltre sono al vertice <strong>di</strong> un sistema complesso per lo sfruttamento del<br />

suolo fatto <strong>di</strong> oleifici, moschee, marabut, cimiteri, case troglo<strong>di</strong>te.<br />

Stu<strong>di</strong>are gli <strong>ksour</strong> significa pre<strong>di</strong>sporre una rete <strong>di</strong> conoscenze che abbraccia le componenti materiali<br />

e immateriali <strong>di</strong> un’identità: la natura dei luoghi, la conformazione fisica e geologica del territorio, le<br />

vicende storiche, le abitu<strong>di</strong>ni antropologiche della popolazione locale.<br />

Stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> fama (André <strong>Lo</strong>uis, Gabriel Camps, Zaied Abdesmad) hanno già affrontato il tema degli<br />

<strong>ksour</strong> con un approccio antropologico; manca, a mio avviso, un’analisi basata sul rilievo e sulla<br />

rappresentazione capace <strong>di</strong> verificare scientificamente le tesi avanzate dagli antropologi.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questa ricerca, condotta con Paola Raffa, è proseguire gli stu<strong>di</strong> intrapresi <strong>di</strong>versi anni fa<br />

e pubblicati in Ksour della regione <strong>di</strong> Tataouine [1], attraverso un dettagliato sistema <strong>di</strong> comparazione.<br />

<strong>La</strong> ricerca è basata su alcune premesse metodologiche: analizzare il fenomeno degli <strong>ksour</strong> partendo<br />

da un rilievo <strong>di</strong>retto delle architetture e dei luoghi; effettuare un’analisi non solo tipologica ma anche<br />

formale dei singoli <strong>ksour</strong> e mettere in sistema una grande quantità <strong>di</strong> dati.<br />

<strong>Gli</strong> <strong>ksour</strong> sono granai collettivi formati dalla ripetizione <strong>di</strong> un elemento base: la ghorfa. <strong>La</strong> cellula tipo è<br />

un piccolo ambiente, largo dai due ai tre metri e profondo dagli otto ai do<strong>di</strong>ci metri; la copertura è una<br />

struttura voltata realizzata senza l’uso <strong>di</strong> centine lignee.<br />

Fig. 1 : Tre ksar del clan familiare Jelidet e Gattoufi: Ksar O.A.Wahid, Ksar Jelidet, Ksar Boujlida.<br />

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