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Alcune pagine della guida (pdf) - Foroglio

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ROBERTO MUCCHIUT<br />

<strong>Foroglio</strong> di terra<br />

contributi di<br />

Martino Giovanettina<br />

Bruno Donati<br />

Jacopo Giovanettina


26<br />

a fine Settecento e proveniente da Roma.<br />

Davanti alla chiesa si trovano due torbe: edifici con<br />

funzione di granaio e costituiti da un basamento<br />

in pietra con sostegni a forma di fungo sui quali<br />

poggia la parte superiore in legno. Sono costruzioni<br />

antiche che rimandano alla coltivazione <strong>della</strong><br />

segale, messa a essiccare sui ballatoi e conservata<br />

nella cella granaria.<br />

Percorrendo i viottoli e camminando tra le case<br />

di <strong>Foroglio</strong> si entra nella vita e nell’intimità di<br />

generazioni passate.<br />

Bruno Donati<br />

Una <strong>guida</strong>… di <strong>Foroglio</strong> > <strong>Foroglio</strong> di terra > <strong>Foroglio</strong> d’acqua ><br />

Il lungo viaggio dell’acqua<br />

“Ma da dove viene e dove va l’acqua che incessantemente<br />

passa sotto il ponte di <strong>Foroglio</strong>?”<br />

Una risposta succinta ed esauriente non è facile da<br />

dare e presuppone una distinzione temporale: un<br />

lunghissimo periodo durato alcuni milioni d’anni,<br />

dapprima, e il breve istante degli ultimi cinquant’anni,<br />

poi.<br />

La natura, in passato, raccoglieva unicamente l’acqua<br />

del ghiacciaio del Basodino e delle sorgenti in<br />

alta Val Bavona, ne favoriva lo scorrimento fino al<br />

Lago Maggiore e da questo al grande fiume Po; finiva<br />

poi per consegnarle al mare Adriatico, a poca<br />

distanza dalla laguna di Venezia. Un lungo viaggio<br />

alla luce del sole, reso gioioso dall’incontro con<br />

innumerevoli altri corsi d’acqua, dallo specchio e<br />

dalla quiete dei laghi, da passaggi tortuosi nelle<br />

gole, da cascate fragorose e rilucenti, dall’interminabile<br />

percorso sulla pianura padana, fino ai canneti<br />

delle Valli di Comacchio e all’orizzonte piatto<br />

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e sterminato del Mediterraneo. Una forza quieta e<br />

vigorosa, libera e vergine, amica e ostile all’uomo,<br />

dipendente solo da leggi naturali.<br />

Oggi l’acqua del fiume ha perso parte <strong>della</strong> sua<br />

libertà primigenia, è chiamata a lavorare e a produrre<br />

ed è costretta a cambiare percorso.<br />

Sotto il ponte di <strong>Foroglio</strong> ora passa anche acqua<br />

nata in altre valli dell’Alto Ticino e del Vallese, prima<br />

costretta in lunghe gallerie che forano le Alpi,<br />

poi obbligata a fermarsi in capienti dighe e a far<br />

ruotare le turbine.<br />

Pure l’esistenza che l’aspetta dopo <strong>Foroglio</strong> è in<br />

buona parte determinata dall’uomo che, a Cavergno,<br />

la strappa dal suo percorso naturale per immetterla,<br />

con una galleria lunga 25 chilometri, nella<br />

diga di Palagnedra, e da qui, sempre nelle viscere<br />

<strong>della</strong> montagna, alla centrale di Brissago. Entra poi<br />

anonimamente nel lago, al di sotto <strong>della</strong> sua superficie.<br />

Il resto del viaggio, meno agitato e meno<br />

condizionato dall’uomo, sarà un po’ più tranquillo,<br />

ma non più spontaneo e libero come una volta.<br />

Argini, ponti, strade, edifici che intasano le rive,<br />

coltivazioni intensive, immissioni e discariche la assediano<br />

fino al mare. La vita di un fiume la si può<br />

leggere anche stando seduti su un masso, accanto<br />

all’acqua che scorre: bastano alcune conoscenze di<br />

geografia e di storia e una buona dose di fantasia<br />

e di sensibilità. bd<br />

ROBERTO MUCCHIUT<br />

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52<br />

ROBERTO MUCCHIUT<br />

<strong>Foroglio</strong> di spirito<br />

contributi di<br />

Martino Giovanettina<br />

Graziano Martignoni<br />

Niccolò Giovanettina<br />

Alessandro Martini<br />

Irene Bignardi<br />

Dimitri<br />

Gianluigi Melega<br />

Marco Müller<br />

Mario Botta


ROBERTO MUCCHIUT<br />

Una <strong>guida</strong>… di <strong>Foroglio</strong> > <strong>Foroglio</strong> di spirito > Un luogo simbolico ><br />

Un luogo fatto di tanti luoghi<br />

Rokovoko è un’isola lontanissima, all’ovest e al<br />

sud. Non è segnata in nessuna carta: i luoghi veri<br />

non lo sono mai 1 . Se Hermann Melville – il grande<br />

scrittore di mare qui usato per parlare di un mare<br />

d’acqua alpina – avesse ragione, <strong>Foroglio</strong>, segnato<br />

su mille mappe, non sarebbe un luogo vero. Ma<br />

lo è, è tangibile, ha un odore d’acqua, di pietra e<br />

di cielo shakerati e vi risuona il perenne scroscio<br />

<strong>della</strong> cascata ribollente e del fiume nervoso.<br />

Ha una storia fatta di antichi cacciatori, poi di<br />

transumanza, poi di vacanza. Chi sa cogliere i<br />

segni del tempo può leggere in filigrana come<br />

sia stato per secoli un remoto villaggio dell’arco<br />

alpino, appostato accanto alla magnificente cascata.<br />

Le testimonianze <strong>della</strong> gente passata sono<br />

ovunque; in un paesaggio sempre meno aperto,<br />

dominato dall’avanzata degli alberi, sono sepolte<br />

tante storie. Qualcuno ha provato a raccontarle,<br />

altri continuano a immaginarle, altri ancora<br />

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56<br />

a ignorarle come se il mondo fosse iniziato nel<br />

giorno <strong>della</strong> loro nascita.<br />

<strong>Foroglio</strong> è un luogo fatto di tanti luoghi. Ci sono<br />

quelli duri come il ferro del ponte o come il sasso<br />

su cui sta la madonnina che scruta la strada<br />

e il paese, ci sono quelli simbolici, archetipi che<br />

galleggiano dentro di noi, dentro le nostre montagne,<br />

che ognuno può vedere solo per sé.<br />

Melville, a ben guardare, aveva capito tutto. Oltre<br />

alla materialità di un luogo c’è una sua sostanza<br />

immaginaria, che è la sintesi di quel che si vede e<br />

di quello che questa visione suscita. E che nessuna<br />

mappa potrà mai riportare. A meno di salire a bordo<br />

dell’“Impossibile”, con Daumal, alla ricerca del<br />

“Monte Analogo” 2 e ritrovarsi, tra veglia e sogno,<br />

davanti ad un’alta e possente cascata, che cadeva<br />

rombando a qualche centinaio di metri da noi.<br />

1 Hermann Melville, Moby Dick, Adelphi<br />

2 René Daumal, Il Monte Analogo, Adelphi<br />

Martino Giovanettina<br />

ROBERTO MUCCHIUT<br />

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64<br />

no la durata e nello stesso tempo l’istante. Essa<br />

sembra sempre la stessa e mai la stessa. Vi si cela<br />

la nostalgia <strong>della</strong> sua perdita e la speranza del suo<br />

ritrovarla. La cascata è così fonte <strong>della</strong> nostra umana<br />

giovinezza. Quell’impeto apre all’invisibile che la<br />

natura cela, impedisce la mera contemplazione di<br />

Sé e diviene parte di un “mundus imaginalis”, in<br />

cui ritrovarsi. È dunque lo sguardo, che si risveglia<br />

nell’acqua di una cascata, là dove sorge il mondo, a<br />

ricordarci l’illusione <strong>della</strong> sua passeggera visibilità<br />

e nello stesso tempo <strong>della</strong> sua profondissima invisibilità.<br />

Quelle sue acque chiare e purissime, acque<br />

sorgive, acque antiche ci possono a volte, come un<br />

tempo, guarire dalla vita.<br />

Graziano Martignoni<br />

Una <strong>guida</strong>… di <strong>Foroglio</strong> > <strong>Foroglio</strong> di spirito > Flash ><br />

Sagome traballanti<br />

Provate a fissare per qualche minuto, all’imbrunire,<br />

un punto qualsiasi di <strong>Foroglio</strong>. Forse<br />

vi capiterà di scorgervi le sagome traballanti degli<br />

uomini e delle donne di mille mondi diversi a<br />

cui quest’acqua e queste pietre senza tempo<br />

hanno donato un piccolo sussulto del cuore e<br />

un ricordo indelebile d’un possibile Paese d’Altrove.<br />

magio<br />

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ANTONIO TABET<br />

Il mondo sopra <strong>Foroglio</strong><br />

contributi di<br />

Bruno Donati<br />

Martino Giovanettina<br />

Alberto Nessi


144<br />

Una <strong>guida</strong>… di <strong>Foroglio</strong> > Il mondo sopra <strong>Foroglio</strong> > La Splüia Bèla ><br />

La Splüia Bèla<br />

La Splüia Bèla è una casa di pietra e di aria. È nata dall’impatto<br />

tra un lastrone lungo una trentina di metri che, dopo essersi staccato<br />

da un immenso macigno si è “appoggiato” su un blocco creando<br />

una cavità che l’uomo per secoli ha sfruttato, modificato, ampliato.<br />

Sotto questo tetto di sasso ci sono due vani, uno per l’alpigiano<br />

(una ventina di metri quadrati), l’altro per gli animali (150 m 2 ).<br />

SARA GROISMAN<br />

GIOVANNI GAERCHTER<br />

Dadò con le sue capre alla Splüia Bèla


BRUNO DONATI<br />

Val Bavona<br />

contributi di<br />

Martino Giovanettina<br />

Bruno Donati


Sabbione<br />

ROBERTO MUCCHIUT<br />

Una <strong>guida</strong>… di <strong>Foroglio</strong> > Val Bavona > Strada ><br />

Una grande Via Crucis<br />

Non par vero: la Val Bavona ebbe la strada carrozzabile<br />

solo nel 1958 (inaugurata nel 1962).<br />

Fino a quel momento le distanze si misuravano<br />

non in chilometri ma in ore di cammino, in numero<br />

di pause per riprendere fiato, in quantità di<br />

sudore e in aggravio di fatica. Da Bignasco, dove<br />

tra il 1907 e il 1965 si giungeva in treno, fino<br />

all’ultima frazione di San Carlo, il viaggio, passo<br />

dopo passo, durava tre ore e mezzo: quasi mezza<br />

giornata di marcia per risalire la valle e per giungere<br />

solamente ai piedi del Basodino, che svetta<br />

2300 metri più in alto.<br />

Era una via lunga, era la principale via <strong>della</strong><br />

transumanza. Dodici frazioni apparivano allo<br />

sguardo una dopo l’altra, gruppi di case raccolte,<br />

strette attorno a un oratorio, piccole comunità<br />

che rassicuravano in quel lento incedere. Un<br />

tragitto sul fondovalle simile a una grande Via<br />

Crucis, a un vitale cordone ombelicale. I bavo-<br />

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174<br />

nesi ne andavano fieri: questa, per loro, più che<br />

un sentiero era una mulattiera, sufficientemente<br />

larga e spianata da poter alzare la testa senza inciampare,<br />

adatta anche ad animali da soma, che<br />

però, tra queste montagne, non si diffusero mai,<br />

per non sottrarre erba e fieno a vacche e capre. Al<br />

basto qui si preferirono la gerla e la cadola, in inverno<br />

la slitta. Neppure la ruota agevolò la fatica<br />

dell’uomo, ad eccezione del seguente caso, curioso<br />

e commovente. Un artigiano ingegnoso, all’inizio<br />

del Novecento, costruì una carriola speciale con<br />

una ruota anteriore, una struttura in legno con<br />

piano intrecciato per farvi sdraiare una persona e<br />

con due manici da impugnare per condurla. Questa,<br />

fino alla metà del secolo scorso, percorse come<br />

autolettiga la Val Bavona.<br />

Quando finalmente si costruì la strada carrozzabile,<br />

non fu per alleviare le fatiche secolari <strong>della</strong><br />

gente del luogo, ma per aprire la valle a quegli<br />

straordinari cambiamenti che da quasi due secoli<br />

stavano modificando profondamente le società e le<br />

economie europee. In Bavona la strada determina<br />

la fine di un passato remoto e il brusco inizio <strong>della</strong><br />

modernità; in più apre le porte allo sfruttamento<br />

idroelettrico, al turismo, a una nuova funzione del<br />

territorio, non più percorso per nutrire il corpo,<br />

ma per mitigare con il movimento l’irrequietudine<br />

dei nostri tempi. bd<br />

ROBERTO MUCCHIUT

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