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Le magnifiche sorti e progressive - Liceo G.D. Romagnosi

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Il pensiero politico di Giacomo <strong>Le</strong>opardi


Al conte Giacomo <strong>Le</strong>opardi recanatese<br />

filologo ammirato fuori d’Italia<br />

Scrittore di filosofia e di poesie altissimo<br />

Da paragonare solamente coi greci<br />

Che finì di XXXIX anni la vita<br />

Per continue malattie miserissima<br />

Fece Antonio Ranieri<br />

Per sette anni fino all’estrema ora congiunto<br />

All’amico adorato MDCCCXXXVII


Che <strong>Le</strong>opardi fosse un genio e che la sua opera<br />

avesse una rilevanza filosofica, apparì subito<br />

chiaro a Nietzsche, a Schopenhauer, a Wagner, e,<br />

per quanto riguarda la cultura italiana, a De<br />

Sanctis. Nonostante che negli ultimi tempi il<br />

pensiero filosofico di <strong>Le</strong>opardi sia andato incontro<br />

ad una consistente rivalutazione, rimaniamo<br />

tuttavia ancora ben lontani dal comprendere la<br />

sua eccezionale potenza e radicalità.<br />

Personalmente, sostengo che si tratti del maggior<br />

pensatore della filosofia contemporanea. <strong>Le</strong>opardi<br />

ha infatti posto anticipatamente le basi di quella<br />

distruzione della tradizione occidentale che sarà<br />

poi continuata e sviluppata - ma non resa più<br />

radicale - dai grandi pensatori del nostro tempo,<br />

da Nietzsche, da Wittgenstein e da Heidegger.


Gran verità, ma bisogna ponderarle bene. La ragione è<br />

nemica d'ogni grandezza: la ragione è nemica della natura:<br />

La natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un<br />

uomo tanto meno o tanto più difficilmente sarà grande<br />

quanto più sarà dominato dalla ragione: che pochi possono<br />

esser grandi (e nelle arti e nella poesia forse nessuno) se non<br />

sono dominati dalle illusioni. Queste viene che quelle cose<br />

che noi chiamiamo grandi per es. un'impresa, d'ordinario<br />

sono fuori dell'ordine, e consistono in un certo disordine: ora<br />

questo disordine è condannato dalla ragione.


L'anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre<br />

essenzialmente, e mira unicamente, benché sotto mille<br />

aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è<br />

tutt'uno col piacere. Questo desiderio e questa tendenza<br />

non ha limiti, perch'è ingenita o congenita coll'esistenza, e perciò<br />

non può aver fine in questo o quel piacere che non<br />

può essere infinito, ma solamente termina colla vita.<br />

E perciò tutti i piaceri debbono esser misti di dispiacere<br />

come proviamo, perché l'anima nell'ottenerli cerca avidamente<br />

quello che non può trovare, cioè una infinità di piacere,<br />

ossia la soddisfazione di un desiderio illimitato.


Il piacere infinito che non si può trovare nella realtà, si trova così nella<br />

immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni ec. Perciò<br />

non è maraviglia 1. che la speranza sia sempre maggior del bene, 2.<br />

che la felicità umana non possa consistere se non se nella<br />

immaginazione e nelle illusioni. Quindi bisogna considerare la gran<br />

misericordia e il gran magistero della natura, che da una parte non<br />

potendo spogliar l'uomo e nessun essere vivente, dell'amor del piacere<br />

che è una conseguenza immediata e quasi tutt'uno coll'amor proprio e<br />

della propria conservazione necessario alla sussistenza delle cose,<br />

dall'altra parte non potendo fornirli di piaceri reali infiniti, ha voluto<br />

supplire 1. colle illusioni, e di queste è stata loro liberalissima, e<br />

bisogna considerarle come cose arbitrarie in natura, la quale poteva<br />

ben farcene senza, 2. coll'immensa varietà acciocché l'uomo stanco o<br />

disingannato di un piacere ricorresse all'altro, o anche disingannato di<br />

tutti i piaceri fosse distratto e confuso dalla gran varietà delle cose, ed<br />

anche non potesse così facilmente stancarsi di un piacere, non avendo<br />

troppo tempo di fermarcisi, e di lasciarlo logorare, e dall'altro canto<br />

non avesse troppo campo di riflettere sulla incapacità di tutti i piaceri<br />

a soddisfarlo


Il più solido piacere di questa vita è il piacer vano delle<br />

illusioni. Io considero le illusioni come cosa in certo modo<br />

reale stante ch'elle sono ingredienti essenziali del sistema<br />

della natura umana, e date dalla natura a tutti quanti gli<br />

uomini,in maniera che non è lecito spregiarle come sogni di<br />

un solo, ma propri veramente dell'uomo e voluti dalla<br />

natura, e senza cui la vita nostra sarebbe la più misera e<br />

barbara cosa ec. Onde sono necessari ed entrano<br />

sostanzialmente nel composto ed ordine delle cose.


Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando, benché<br />

tutto il resto del mondo fosse per me come morto. L‘amore<br />

è la vita e il principio vivificante della natura, come l'odio il<br />

principio distruggente e mortale. <strong>Le</strong> cose son fatte per<br />

amarsi scambievolmente, e la vita nasce da questo.<br />

Odiandosi, benché molti odi sono anche naturali, ne nasce<br />

l'effetto contrario, cioè distruzioni scambievoli, e anche<br />

rodimento e consumazione interna dell'odiatore.


Se l'uomo sia nato per pensare o per operare, e se sia vero<br />

che il miglior uso della vita, come dicono alcuni, sia<br />

l'attendere alla filosofia ed alle lettere (quasi che queste<br />

potessero avere altro oggetto e materia che le cose e la vita<br />

umana, e il regolamento della medesima, e quasi che il<br />

mezzo fosse da preferirsi al fine),osservatelo anche da<br />

questo.<br />

Nessun uomo fu nè sarà mai grande nella filosofia o nelle<br />

lettere, il quale non fosse nato per operare più, e più gran<br />

cose degli altri; non avesse in se maggior vita e maggior<br />

bisogno di vita che non ne hanno gli uomini ordinarii; e per<br />

natura ed inclinazione sua primitiva, non fosse più disposto<br />

all'azione e all'energia dell'esistenza, che gli altri non<br />

sogliono essere.


La religion Cristiana fra tutte le antiche e le moderne è la<br />

sola che o implicitamente o esplicitamente, ma certo per<br />

essenza, istituto, carattere e spirito suo, faccia considerare<br />

e consideri come male quello che naturalmente è, fu, e sarà<br />

sempre bene (anche negli animali), e sempre male il suo<br />

contrario; come la bellezza, la giovanezza, la ricchezza ec. E<br />

fino la stessa felicità e prosperità a cui sospirano e<br />

sospireranno eternamente e necessariamente tutti gli esseri<br />

viventi. E li considera come male effettivamente, perciocchè<br />

non si può negare che queste tali cose non sieno molto<br />

pericolose all'anima, e che le loro contrarie (come la<br />

bruttezza ec.) non liberino da infinite occasioni di peccare.


Pensieri di varia filosofia e di bella<br />

letteratura (Zibaldone)<br />

Operette morali<br />

Paralipomeni della Batracomiomachia<br />

Canzoni civili<br />

Discorso sopra lo stato presente dei costumi<br />

degli italiani<br />

I nuovi credenti


Sapete che io abbomino la politica ,perché credo,anzi vedo<br />

che gl’individui sono infelici sotto ogni forma di<br />

governo;colpa della natura che ha fatti gli uomini<br />

all’infelicità; e rido della felicità delle masse,perché il mio<br />

piccolo cervello non concepisce una massa felice, composta<br />

di uomini infelici.<br />

A Fanny Targioni Tozzetti, 5 dicembre 1831


Fra tante miserie di governi che quasi facevano a gara, qual<br />

fosse il più imperfetto e cattivo, e il meglio adattato a<br />

proccurare l'infelicità degli uomini; egli è certo ed evidente,<br />

che lo stato libero e democratico, fino a tanto che il popolo<br />

conservò tanto di natura da esser suscettibile in potenza ed<br />

in atto, di virtù di eroismo, di grandi illusioni, di forza<br />

d'animo, di buoni costumi; fu certamente il migliore di tutti.


Uno stato favorevolissimo alle illusioni, all'entusiasmo ec. uno stato che<br />

esigge grand'azione e movimento: uno stato dove ogni azione pubblica<br />

degl'individui è sottoposta al giudizio, e fatta sotto gli occhi della<br />

moltitudine, giudice, come ho detto altrove, per lo più necessariamente<br />

giusto; uno stato dove per conseguenza la virtù e il merito non poteva<br />

mancar di premio; uno stato dove anzi era d'interesse del popolo il<br />

premiare i meritevoli, giacché questi non erano altro che servitori suoi, ed i<br />

meriti loro, non altro che benefizi fatti al popolo, il quale conveniva che<br />

incoraggisse gli altri ad imitarli; uno stato dove, se non altro, e malgrado le<br />

ultime sventure individuali, non può quasi mancare al merito, ed alle<br />

grandi azioni il premio della gloria, quel fantasma immenso, quella molla<br />

onnipotente nella società; uno stato, del quale ciascuno sente di far parte,<br />

e al quale però ciascuno è affezionato, e interessato dal proprio egoismo, e<br />

come a se stesso; uno stato dove non c'è molto da invidiare, perché tutti<br />

sono appresso a poco uguali, i vantaggi sono distribuiti equabilmente, le<br />

preminenze non sono che di merito e di gloria, cose poco soggette<br />

all'invidia, e perché la strada per ottenerle è aperta a ciascheduno, e<br />

perché non si ottengono se non per mezzo e volontà di ciascheduno, e<br />

perché ridondano in vantaggio della moltitudine; in somma uno stato che<br />

sebbene non è il primitivo della società, è però il primitivo dell'uomo,<br />

naturalmente libero, e padrone di se stesso, e uguale agli altri (come ogni<br />

altro animale), e quindi moltissimo della natura sola sorgente di perfezione<br />

e felicità


La perfetta uguaglianza è la base necessaria della libertà.<br />

Vale a dire, è necessario che fra quelli fra' quali il potere è<br />

diviso, non vi sia squilibrio di potere; e nessuno ne abbia più<br />

nè meno di un altro. Perchè in questo e non in altro è<br />

riposta l'idea, l'essenza e il fondamento della libertà. Ed<br />

oltre che senza questo, la libertà non è più vera, nè intera;<br />

non può neanche durare in questa imperfezione. Perchè,<br />

come l'unità del potere porta il monarca ad abusarsene, e<br />

passare i limiti; così la maggioranza del potere, porta il<br />

maggiore ad abusarsene, e cercare di accrescerlo; e così le<br />

democrazie vengono a ricadere nella monarchia


Nella libertà non bisogna che l'uno abbia sopra l'altro<br />

nessun avvantaggio se non di merito o di stima, in<br />

somma di cose che non possano essere né invidiate per<br />

parte degli altri, né abusate, e portate oltre i limiti da<br />

chi le possiede. Altrimenti nascono le invidie negli uni,<br />

il desiderio di maggior superiorità negli altri. Questi<br />

cercano d'innalzarsi, quelli di non restare al di sotto, o<br />

di conseguire gli stessi vantaggi. Quindi fazioni,<br />

discordie, partiti, clientele, risse, guerre, e alla fine<br />

vittoria e preponderanza di un solo, e monarchia. (…)<br />

Colle ricchezze, il lusso, le aderenze, la coltura<br />

degl'ingegni, la troppa disuguaglianza delle dignità, ed<br />

onori esteriori, del potere ec. ed anche la sola<br />

eccessiva sproporzione del merito e della pura gloria,<br />

perirono, e sempre periranno tutte le democrazie.


Il solo preservativo contro la troppa e nocevole<br />

disuguaglianza nello stato libero, è la natura, cioè le<br />

illusioni naturali, le quali diriggono l'egoismo e l'amor<br />

proprio, appunto a non voler nulla più degli altri, a<br />

sacrificarsi al comune, a mantenersi nell'uguaglianza, a<br />

difendere il presente stato di cose, e rifiutare ogni<br />

singolarità e maggioranza, eccetto quella dei sacrifizi,<br />

dei pericoli, e delle virtù conducenti alla conservazione<br />

della libertà ed uguaglianza di tutti. Il solo rimedio<br />

contro le disuguaglianze che pur nascono, è la natura,<br />

cioè parimente le illusioni naturali, le quali fanno e<br />

che queste disuguaglianze non derivino se non dalla<br />

virtù e dal merito, e che la virtù e l'eroismo comune<br />

della nazione, le tolleri, anzi le veda di buon occhio, e<br />

senza invidia, e con piacere, come effetto del merito,<br />

e non si sforzi di arrivare a quella superiorità, se non<br />

per lo stesso mezzo della virtù e del merito.


Quindi è che dopo lo stato precisamente naturale, il più<br />

felice possibile in questa vita, è quello di una civiltà media,<br />

dove un certo equilibrio fra la ragione e la natura, una certa<br />

mezzana ignoranza, mantengano quanto è possibile delle<br />

credenze ed errori naturali (e quindi costumi consuetudini<br />

ed azioni che ne derivano); ed escludano e scaccino gli errori<br />

artifiziali, almeno i più gravi, importanti, e barbarizzanti.<br />

Tale appunto era lo stato degli antichi popoli colti, pieni<br />

perciò di vita, perché tanto più vicini alla natura, e alla<br />

felicità naturale.


<strong>Le</strong> Religioni antiche pertanto (eccetto negli errori non<br />

naturali e perciò dannosi e barbari, i quali non erano in gran<br />

numero, né gravissimi) conferivano senza dubbio alla felicità<br />

temporale molto più di quello che possa fare il<br />

Cristianesimo; perché contenendo un maggior numero e più<br />

importante di credenze naturali, fondate sopra una più<br />

estesa e più profonda ignoranza, tenevano l'uomo più vicino<br />

allo stato naturale: erano insomma più conformi alla natura,<br />

e minor parte davano alla ragione.


Quasi che gli uomini,discordando in tutte le altre<br />

opinioni,non convengano che nella stima della moneta;o<br />

quasi che i danari in sostanza siene l’uomo;e non altro che i<br />

danari:cosa che veramente pare per mille indizi che sia<br />

tenuta dal genere umano per assioma costante,massime ai<br />

tempi nostri.Al qual proposito dficeva un filosofo francese<br />

del secolo passato:i politici antichi parlavano sempre di<br />

costumi e di virtù:i moderni non parlano d’altro che di<br />

commercio e di moneta.


Ed è gran ragione,soggiunge qualche studente di economia<br />

politica, o allievo delle gazzette in filosofia:perché le virtù<br />

e i buoni costumi non possono stare in piedi senza il<br />

fondamento dell’industria;la quale,provvedendo alle<br />

necessità giornaliere,e rendendo agiato e sicuro il vivere a<br />

tutti gli ordini di persone,renderà stabili le virtù,e proprie<br />

dell’universale … Intanto, in compagnia dell’industria,la<br />

bassezza dei costumi,la freddezza,l’egoismo,l’avarizia,la<br />

falsità e la perfidia mercantile,tutte le qualità e le passioni<br />

più depravatrici e più indegne dell’uomo incivilito,sono in<br />

vigore,e moltiplicano senza fine;ma le virtù si aspettano.


E’ tutta costeggiata di case destinate alle manifatture,e<br />

risuona dello strepito de’ telai e d’altri istrumenti e del<br />

canto delle donne e degli operai occupati nel lavoro.<br />

In una città oziosa,dissipata,senza metodo, come sono le<br />

capitali,è pur bello il considerare l’immagine della vita<br />

raccolta,ordinata e occupata in professioni utili.


E’ la Fattoria degli animali del <strong>Le</strong>opardi<br />

nella quale i topi liberali, sconfitti dalle rane pontificie<br />

e dai ggranchi austriaci, eleggono su base costituzionale<br />

il re Rodipane, di cui diventa primo ministro il conte<br />

<strong>Le</strong>ccafondi, intellettuale progressista e impegnato in<br />

politica; i granchi intervengono per reprimere questo<br />

regime, di cui non possono tollerare l'esistenza,<br />

mettendo in rovinosa fuga i topi. Il conte <strong>Le</strong>ccafondi<br />

allora va in esilio per cercare aiuto per la sua patria<br />

oppressa, e scende persino nel regno dei morti a<br />

chiedere consiglio ai topi defunti, che però rispondono<br />

alle sue domande con una fragorosa risata.


Alfin per entro il fumo<br />

De' sigari onorato, al romorio<br />

De' crepitanti pasticcini, al grido<br />

Militar, di gelati e di bevande<br />

Ordinator, fra le percosse tazze<br />

E i branditi cucchiai, viva rifulse<br />

Agli occhi miei la giornaliera luce<br />

Delle gazzette. Riconobbi e vidi<br />

La pubblica letizia, e le dolcezze<br />

Del destino mortal. Vidi l'eccelso<br />

Stato e il valor delle terrene cose,<br />

E tutto fiori il corso umano, e vidi<br />

Come nulla quaggiù dispiace e dura.<br />

Né men conobbi ancor gli studi e l'opre<br />

Stupende, e il senno, e le virtudi, e l'alto<br />

Saver del secol mio.


Auro secolo omai volgono, o Gino,<br />

I fusi delle Parche. Ogni giornale,<br />

Gener vario di lingue e di colonne,<br />

Da tutti i lidi lo promette al mondo<br />

Concordemente. Universale amore,<br />

Ferrate vie, moltiplici commerci,<br />

Vapor, tipi e choléra i più divisi<br />

Popoli e climi stringeranno insieme:<br />

Né maraviglia fia se pino o quercia<br />

Suderà latte e mele, o s'anco al suono<br />

D'un walser danzerà.


Libertà vai sognando, e servo a un tempo<br />

Vuoi di novo il pensiero,<br />

Sol per cui risorgemmo<br />

Della barbarie in parte, e per cui solo<br />

Si cresce in civiltà, che sola in meglio<br />

Guida i pubblici fati.<br />

Così ti spiacque il vero<br />

Dell'aspra sorte e del depresso loco<br />

Che natura ci diè.

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