Scarica il testo del quaderno (1.06 MB) - Fondazione Ugo Bordoni
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I quaderni di<br />
di Daniela D’Aloisi<br />
R O B O T :<br />
tra realtà e fantasia<br />
Nello scorso numero dei Quaderni abbiamo già parlato di robot, concentrandoci<br />
su una particolare categoria, i robot cognitivi.<br />
In realtà esistono diversi tipi di robot, non tutti necessariamente dotati di<br />
capacità intellettuali superiori, e <strong>il</strong> significato stesso <strong>del</strong>la parola non è ben definito.<br />
Nel primo articolo introduciamo alcune architetture usate nella robotica<br />
per fare emergere i diversi approcci e metodi.<br />
L’articolo “Due parole sulla robotica” fornisce una breve storia dei robot<br />
veri e virtuali a partire dai miti greci, dal quale emerge <strong>il</strong> forte interesse verso<br />
le macchine dotate di un certo grado di autonomia.<br />
L’autonomia è una caratteristica importante: l’articolo<br />
“Il ruolo <strong>del</strong>l’autonomia nella robotica spaziale”<br />
tratta proprio di come sia cambiato <strong>il</strong> livello di autonomia<br />
da quando è cominciata la corsa verso Marte<br />
da parte <strong>del</strong>la NASA fino alle ultime missioni.<br />
L’ultimo articolo va oltre <strong>il</strong> singolo robot e mostra<br />
un sistema che integra componenti robotici,<br />
sensoristici e software in ambienti intelligenti:<br />
l’approccio si basa sul concetto di PEIS-Ecology,<br />
una ecologia di sistemi embedded intelligenti in<br />
cui ciascun componente elementare contribuisce<br />
all’implementazione di servizi intelligenti avanzati.Tale<br />
metodologia trova applicazione in un<br />
prototipo di “casa intelligente”.<br />
SUPPLEMENTO AL NUMERO 260 OTTOBRE 2008 DI
6<br />
I N D I C E<br />
Il <strong>quaderno</strong> di Telèma è stato realizzato dalla <strong>Fondazione</strong> <strong>Ugo</strong> <strong>Bordoni</strong>.<br />
Presidente <strong>il</strong> prof. Maurizio Dècina<br />
Direttore Generale <strong>il</strong> prof.Antonio Sassano<br />
Direttore <strong>del</strong>le Ricerche l’ing. Mario Frullone<br />
Curatore <strong>del</strong> Quaderno: Daniela D’Aloisi<br />
Hanno collaborato: Teodoro Ambrogio e Raffaele Nicolussi, <strong>Fondazione</strong> <strong>Ugo</strong> <strong>Bordoni</strong>;<br />
Andrea Orlandini, DIA – Università degli Studi Roma Tre;<br />
Riccardo Rasconi, Istituto di Scienze e Tecnologie <strong>del</strong>la Cognizione – CNR;<br />
Federico Pecora e Alessandro Saffiotti, Center for Applied Autonomous Sensor Systems – Örebro University<br />
SONO USCITI NEL 2007/2008:<br />
Verso le reti di nuova generazione: <strong>il</strong> ruolo di Ethernet LUGLIO/AGOSTO<br />
Nuovi servizi a larga banda su Internet SETTE<strong>MB</strong>RE<br />
Segno di riconoscimento: la voce OTTOBRE<br />
Elettromagnetismo tra scienza e comunicazione NOVE<strong>MB</strong>RE<br />
L’importanza <strong>del</strong>lo spettro radio per un mondo senza f<strong>il</strong>i DICE<strong>MB</strong>RE 2007/GENNAIO<br />
Società <strong>del</strong>l’informazione e contenuti digitali: tutela dei diritti in un mondo che cambia FEBBRAIO<br />
Il mondo gestito da una rete di sensori invisib<strong>il</strong>i MARZO<br />
Utente senza segreti informazione personalizzata APRILE<br />
Nuove piattaforme di diffusione terrestre e satellitare <strong>del</strong>laTV digitale: gli standard DVB-T2 e DVB-S2 MAGGIO<br />
Piattaforme e contenuti in un mondo in movimento GIUGNO<br />
La tecnologie Fotoniche per la Larga Banda e per le N GN LUGLIO/AGOSTO<br />
Robot con noi, tra noi e dentro di noi SETTE<strong>MB</strong>RE<br />
46 Iquadernidi<br />
47<br />
49<br />
54<br />
59<br />
2007<br />
2007<br />
2007<br />
2007<br />
2008<br />
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2008<br />
2008<br />
2008
R O B O T :<br />
approcci e architetture<br />
Secondo l’International Organisation for Standardisation<br />
(definizione ISO 8373), un robot è “un<br />
manipolatore automaticamente controllato, riprogrammab<strong>il</strong>e,<br />
multi-funzionale, programmab<strong>il</strong>e su<br />
tre o più assi, che può essere fisso o mob<strong>il</strong>e per<br />
l’uso in applicazioni di automazione industriale”.<br />
Questa definizione - condivisa anche dalla Internationa<br />
Federation of Robotics, dalla European Robotics<br />
Research Network e da altre sim<strong>il</strong>i organizzazioni<br />
- è piuttosto riduttiva e non contempla la<br />
grande varietà di macchine più o meno intelligenti<br />
che sono state costruite realmente o sono semplicemente<br />
scaturite dalla fantasia di noi umani.<br />
Un tratto caratteristico attribuito ai robot è l’autonomia:<br />
un robot autonomo è un agente in grado<br />
di compiere i compiti affidategli in ambienti non<br />
strutturati e senza guida umana, esibendo diversi<br />
gradi di indipendenza decisionale ed operativa a<br />
seconda <strong>del</strong>lo scopo per cui è stato progettato. Per<br />
esempio, un alto livello di indipendenza è richiesto<br />
per le esplorazioni spaziali, in cui i robot devono<br />
essere in grado di effettuare molteplici azioni in un<br />
luogo remoto e senza possib<strong>il</strong>ità di qualsiasi tipo<br />
di controllo.<br />
I moderni robot industriali sono autonomi solo<br />
rispetto al loro ambiente e alle operazioni che<br />
compiono, anche se possono esserci <strong>del</strong>le variab<strong>il</strong>i<br />
<strong>il</strong> cui valore deve essere di volta in volta ricalcolato:<br />
per esempio, <strong>il</strong> robot deve determinare la posizione<br />
<strong>del</strong> pezzo o <strong>il</strong> tipo di oggetto da trattare.<br />
Un robot completamente autonomo è invece<br />
in grado di estrarre informazioni dall’ambiente in<br />
cui si muove, di lavorare per lunghi periodi di tempo<br />
senza alcun intervento umano, di muoversi tutto<br />
o in parte nel suo ambiente senza assistenza,<br />
evitare situazioni che sono dannose per le perso-<br />
OTTOBRE2008<br />
di Daniela D’Aloisi<br />
ne o per se stesso a meno che non facciano parte<br />
dei suoi compiti, per esempio nella disattivazione<br />
di un ordigno.<br />
I robot autonomi spesso sono implementati con<br />
tecniche d’intelligenza artificiale e sono anche dotati<br />
di capacità di apprendimento al fine di aumentare<br />
le loro competenze o di migliorare le proprie<br />
prestazioni. La possib<strong>il</strong>ità di pianificare strategie per<br />
adattarsi al cambiamento <strong>del</strong>l’ambiente o per reagire<br />
a situazioni impreviste aumenta <strong>il</strong> loro grado<br />
di autonomia e la possib<strong>il</strong>ità di successo nel raggiungimento<br />
dei loro obiettivi.<br />
Mancando una definizione universale per <strong>il</strong> termine<br />
robot, introduciamo una caratterizzazione<br />
strutturale largamente accettata. Un robot può essere<br />
visto come composto da: un insieme di parti<br />
meccaniche - come ad esempio una piattaforma<br />
mob<strong>il</strong>e o di un braccio - e una collezione di attuatori/effettori<br />
che possano interagire con l’ambiente;<br />
un insieme di sensori in grado di sentire<br />
l’ambiente intorno e dare feedback; un cervello, visto<br />
come un insieme di programmi che definiscono<br />
<strong>il</strong> suo comportamento in base al con<strong>testo</strong> e alla<br />
situazione corrente, che processa gli input e decide<br />
cosa fare in risposta allo stato attuale.<br />
Nella robotica tradizionale, <strong>il</strong> robot possiede una<br />
mappa <strong>del</strong>l’ambiente in cui opera e pianifica cosa<br />
fare basandosi su questa mappa. I suoi sensori - <strong>il</strong><br />
cui tipo dipende dalle sue funzionalità - catturano<br />
informazioni dall’ambiente, <strong>il</strong> suo cervello le integra<br />
ed elabora, aggiornando la mappa <strong>del</strong> suo mondo.<br />
In base a questo, decide <strong>il</strong> piano da eseguire che<br />
mette in pratica attraverso i suoi attuatori ed effettori:<br />
i primi sono essenzialmente motori a cui i secondi,<br />
che di fatto interagiscono con l’ambiente, so-<br />
47
no connessi. Questa metodologia è<br />
molto pesante da un punto di vista<br />
computazionale: <strong>il</strong> solo mantenere<br />
una mappa aggiornata<br />
di un mondo che cambia<br />
continuamente è estremamente<br />
diffic<strong>il</strong>e. Il superamento<br />
di questi problemi ha portato<br />
ad un nuovo approccio,<br />
detto behavior-based robotics<br />
(BBR), e all’adozione di un’architettura<br />
nota come subsumption<br />
architecture, introdotta da Rodney<br />
A. Brook (<strong>del</strong> MIT AI Lab) con <strong>il</strong> suo<br />
fondamentale articolo “Elephants Don’t Play<br />
Chess” (1986).<br />
La subsumption architecture è un modo per<br />
decomporre comportamenti intelligenti ma complessi<br />
in molti moduli più semplici, organizzati a<br />
livelli stratificati uno sopra l’altro. Ogni livello implementa<br />
un particolare obiettivo (goal) <strong>del</strong>l’agente<br />
robotico, ed è definito in base alle cause <strong>del</strong>la<br />
sua attivazione (trigger) e alle azioni da intraprendere.<br />
Il goal di ogni livello sussume in senso<br />
gerarchico quelli dei livelli sottostanti, ossia la soddisfazione<br />
di un obiettivo di livello superiore implica<br />
quella dei livelli inferiori. Per esempio, dato<br />
<strong>il</strong> goal di basso livello “evitare un oggetto”, l’obiettivo<br />
superiore potrebbe essere “muoversi intorno”<br />
seguito da “esplorare <strong>il</strong> mondo”. Ognuno di<br />
questi livelli orizzontali può accedere a tutti i sensori<br />
e può generare azioni per gli attuatori. Nel<br />
caso di conflitti tra livelli, interviene un decisore<br />
centralizzato. Il comportamento complessivo <strong>del</strong><br />
robot è emergente e può essere migliore <strong>del</strong>la<br />
somma <strong>del</strong>le sue parti. Piuttosto che ingegnerizzare<br />
<strong>il</strong> robot, si aggiunge un comportamento e si<br />
osserva cosa emerge. Roomba, <strong>il</strong> robot-aspirapolvere,<br />
è costruito usando questa architettura<br />
e ha un’interfaccia aperta con cui è possib<strong>il</strong>e pro-<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
grammare specifiche funzionalità.<br />
È stata sv<strong>il</strong>uppata<br />
dalla iRobot, una compagnia<br />
fondata proprio da Brooks con<br />
altre persone <strong>del</strong> MIT.<br />
Attualmente, la subsumption architecture<br />
è largamente diffusa soprattutto per i livelli bassi<br />
di definizione di un robot.<br />
Muovendosi verso gradi di astrazione superiore,<br />
i robot cognitivi (introdotti nel precedente Quaderno<br />
di Telèma) permettono una gamma più vasta<br />
di applicazioni e sono aperti alla sperimentazione<br />
di molte discipline, anche umanistiche.<br />
Esistono due principali approcci, uno simbolico<br />
che si rifà a tecniche di intelligenza artificiale<br />
(AI), l’altro di tipo evolutivo che trae le sue origini<br />
dalla biologia e dalle scienze umane.<br />
Il primo approccio implica l’integrazione di diverse<br />
discipline nell’ambito <strong>del</strong>l’AI, principalmente<br />
rappresentazione <strong>del</strong>la conoscenza, tecniche<br />
sofisticate di ragionamento automatico, pianificazione,<br />
apprendimento automatico, etc.<br />
Il secondo segue l’idea dei comportamenti<br />
emergenti che si evolvono a partire da comportamenti<br />
elementari.<br />
Chiaramente questo breve articolo non esaurisce<br />
tutte le possib<strong>il</strong>i architetture, per descrivere<br />
le quali ci vorrebbe un intero volume.<br />
Daniela D’Aloisi<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Ugo</strong> <strong>Bordoni</strong><br />
Figura 1. Il robot-aspirapolvere<br />
basato sulla subsumption<br />
architecture.<br />
48 Iquadernidi
DUE PAROLE SULLA ROBOTIC A<br />
Due parole sulla robotica<br />
robotica è una scienza che studia i compor-<br />
La tamenti degli esseri intelligenti, cercando di<br />
sv<strong>il</strong>uppare <strong>del</strong>le metodologie che permettano ad una<br />
macchina, <strong>il</strong> robot, di eseguire dei compiti specifici, grazie<br />
alla dotazione di opportuni dispositivi atti a percepire<br />
l’ambiente circostante ed interagire con esso.<br />
Il termine robot indica una qualsiasi macchina -<br />
di forma più o meno antropomorfa - in grado di<br />
svolgere più o meno indipendentemente un lavoro<br />
al posto <strong>del</strong>l’uomo. La robotica, come disciplina, si<br />
rifà all’antico desiderio <strong>del</strong>l’uomo di costruire strumenti<br />
che possano aiutarlo e fac<strong>il</strong>itarlo in compiti<br />
più o meno diffic<strong>il</strong>i e onerosi.<br />
La parola robotica proviene dal ceco robota, dove<br />
ha <strong>il</strong> significato di “lavoro pesante” o “lavoro forzato”<br />
ed è stata introdotta dallo scrittore Karel Capek nel<br />
1920 nel suo racconto R.U.R. (Rossum’s Universal<br />
Robots). Il termine inglese derivato “robotica”, secondo<br />
l’Oxford English Dictionary, compare per la<br />
prima volta nel racconto di fantascienza Liar! (Bugiardo!,<br />
1941) <strong>del</strong>lo scrittore Isaac Asimov a cui si deve<br />
l’introduzione <strong>del</strong>le famose Tre Leggi <strong>del</strong>la Robotica:<br />
Un robot non può recare danno ad un essere umano,<br />
né può permettere che, a causa <strong>del</strong> suo mancato<br />
intervento, un essere umano riceva danno.<br />
Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli<br />
esseri umani, purché tali ordini non contrastino<br />
con la Prima Legge.<br />
Un robot deve proteggere la propria esistenza,<br />
purché questa autodifesa non contrasti con la Prima<br />
e/o la Seconda Legge.<br />
In realtà, queste sono regole di buon senso, che<br />
speriamo siano sempre seguite dagli scienziati e dai<br />
progettisti.<br />
UN PO’ DI STORIA<br />
Le origini <strong>del</strong> robot come macchina antropomorfa<br />
sono antichissime. Nella mitologia classica ad esempio<br />
si incontrano automi come Talos, gigante di bronzo<br />
costruito da Dedalo per difendere l’isola di Cre-<br />
OTTOBRE2008<br />
<<br />
ta, o la statua di Galatea che prende vita nel mito di<br />
Pigmalione. In Persia, vicino al tempio di Susa, così come<br />
nelle tombe egiziane, sono stati rinvenuti degli oggetti<br />
giocattolo con parti mob<strong>il</strong>i, in grado di aprire la<br />
bocca tirando una funicella.<br />
Tra <strong>il</strong> I e <strong>il</strong> II secolo a.C. si cominciano a vedere<br />
i primi compendi di meccanica ad opera <strong>del</strong> matematico<br />
Erone di Alessandria, nei quali si descrivono<br />
alcuni meccanismi in grado di far muovere<br />
<strong>del</strong>le statue, sfruttando soffi di vapore prodotti da<br />
caldaie o getti d’acqua.<br />
Il primo progetto documentato di un robot umanoide<br />
è opera di Leonardo daVinci attorno al 1495.<br />
Non è certo se provò a costruire <strong>il</strong> robot, ad ogni modo<br />
i suoi sono disegni dettagliati per un cavaliere meccanico<br />
in grado di alzarsi in piedi e agitare le braccia.<br />
Nel 1500 fu la volta degli alchimisti che diedero le<br />
indicazioni per costruire non solo la testa ma l’intero<br />
corpo di un essere artificiale: l’homunculus.<br />
Possiamo pertanto individuare una fase iniziale <strong>del</strong>la<br />
robotica nella quale storia e leggenda si mescolano.Tecnologie<br />
vere e proprie le vediamo invece a partire<br />
dal 1570, con la costruzione di figure mob<strong>il</strong>i, come<br />
<strong>il</strong> gallo meccanico <strong>del</strong>la cattedrale di Strasburgo<br />
che, allo scoccare <strong>del</strong> mezzogiorno, emetteva un sonoro<br />
suono. Jacques de Vaucanson nel 1738 realizza<br />
un’anatra meccanica ut<strong>il</strong>izzando circa 400 parti mob<strong>il</strong>i,<br />
mentre alla fine <strong>del</strong> 1700 avvenne quello che passò<br />
alla storia come <strong>il</strong> primo falso robot, visto che per<br />
la prima volta <strong>il</strong> comportamento di una macchina venne<br />
confuso con quello di un uomo: si tratta <strong>del</strong>l’invenzione<br />
<strong>del</strong> barone ungherese Von Kempelen che<br />
inventò un automa in grado di giocare a scacchi. Fu lo<br />
scrittore E.A. Poe a scoprire l’inganno!<br />
Tra <strong>il</strong> 1770 ed <strong>il</strong> 1773 Pierre e Henri-Lous Jaquet-Droz<br />
costruirono tre esemplari meccanici<br />
(uno scrivano, un disegnatore ed un musicista) capaci<br />
di eseguire compiti di scrittura e disegno, nonché<br />
di esecuzione musicale. Questi oggetti si trovano<br />
tuttora nel Museo d’Arte di Neuchatel e al<br />
Franklin Institute di F<strong>il</strong>a<strong>del</strong>fia.<br />
Durante la rivoluzione industriale <strong>del</strong>l’800 si assiste<br />
ad un periodo piuttosto amorfo per la robotica,<br />
dovuto forse alla necessità di costruire macchine un<br />
49
po’ più intelligenti in grado di memorizzare e prendere<br />
decisioni. Menzioniamo solo <strong>il</strong> progetto <strong>del</strong>l’inventore<br />
britannico Charles Babbage di una macchina<br />
in grado di risolvere problemi e la realizzazione,<br />
da parte di Hollerit, di una macchina tabulatrice, costruita<br />
per esigenze pratiche di archiviazione e gestione<br />
di grandi quantità di dati relativi al censimento.<br />
Il sistema prevedeva l’ut<strong>il</strong>izzo di schede perforate,<br />
lette attraverso un sistema elettromeccanico. Hollerit,<br />
per poter commercializzare la sua macchina,<br />
dovette fondare una società che <strong>il</strong> seguito divenne<br />
l’International Business Machine (IBM).<br />
Il primo sistema automatico di feedback, molto<br />
importante in robotica, fu introdotto da Watt con<br />
<strong>il</strong> suo regolatore automatico. Questo era formato<br />
da due sfere fisse alle estremità di due leve rotanti:<br />
ruotando velocemente, l’effetto <strong>del</strong>la forza centrifuga<br />
le faceva sollevare chiudendo una valvola<br />
che regolava l’afflusso di vapore, determinando una<br />
diminuzione <strong>del</strong>la velocità di rotazione.<br />
In molti racconti appaiono personaggi meccanici<br />
o “omuncoli”, nome con cui Ippolito Nievo chiama,<br />
nel suo racconto “Storia f<strong>il</strong>osofica dei secoli futuri”<br />
<strong>del</strong> 1860, i robot.<br />
Col crescere <strong>del</strong>la tecnologia meccanica, la risposta<br />
letteraria al concetto di robot non si è fatta attendere,<br />
facendo risaltare la paure degli esseri umani<br />
di essere rimpiazzati dalle loro stesse creazioni. Nel<br />
1818 <strong>il</strong> romanzo Frankenstein diventa simbolo di questa<br />
ondata di timori. Da lì a poco, <strong>il</strong> cinema creerà altri<br />
capolavori con al centro <strong>il</strong> mondo dei robot.<br />
I ROBOT AI NOSTRI GIORNI<br />
Agli inizi <strong>del</strong> 1900 <strong>il</strong> robot era già entrato nel parlare<br />
comune soprattutto grazie alla notevole diffusione<br />
dei fumetti di fantascienza che in quegli anni<br />
lo resero noto al grande pubblico.<br />
Ma <strong>il</strong> vero successo, in termini di popolarità, si<br />
ha con i romanzi di Isaac Asimov attraverso i quali<br />
<strong>il</strong> robot esce dalle anonime librerie dei pochi entusiasti<br />
<strong>del</strong> genere per invadere pacificamente <strong>il</strong><br />
mondo di noi umani.<br />
Asimov, durante tutta la sua br<strong>il</strong>lante carriera<br />
conclusasi nel 1992 con la sua morte, ci presenta<br />
tantissimi robot, dai freddi automi calcolatori di Abissi<br />
di Acciaio (1954) fino all’umanissimo androide <strong>del</strong><br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
romanzo L’Uomo Bicentenario <strong>del</strong> 1976 introducendo,<br />
attraverso le tre leggi, un codice comportamentale<br />
che verrà effettivamente implementato anche<br />
in situazioni reali.<br />
I robot di Asimov sono ben diversi da quelli che,<br />
nella realtà, le fabbriche di quel periodo sono in grado<br />
di produrre: a differenza <strong>del</strong>le macchine somiglianti<br />
all’uomo, la tecnologia dei primi anni <strong>del</strong> 1900<br />
realizza sistemi robotici molto semplici e dall’aspetto<br />
tutt’altro che umano, spesso al solo scopo di stupire<br />
o per ricerca.<br />
Tra i robot costruiti soprattutto per fare spettacolo<br />
c’è Elektro presentato negli anni ’30 al World’s<br />
Fairs Expo di New York. Elektro nasce in Ohio tra <strong>il</strong><br />
1937 e <strong>il</strong> 1938 che appare come un massiccio umanoide<br />
in grado di camminare a comando vocale, fumare<br />
sigarette, gonfiare palloncini e muovere braccia<br />
e gambe. È costituito da una serie di ingranaggi di acciaio<br />
ricoperti da una pelle di alluminio mentre gli occhi<br />
sono <strong>del</strong>le telecamere in grado di distinguere la<br />
luce rossa e verde. Nel 1940 Elektro viene affiancato<br />
nel suo spettacolo da Sparko, un cane robot.<br />
Si dovrà aspettare la metà degli anni ’90 per vedere<br />
la commercializzazione <strong>del</strong> primo robot, Unimate,<br />
inventato da Devol e Joseph F. Engelberger<br />
nella neonata Unimation per essere impiegato come<br />
braccio meccanico dalla General Motors nella<br />
sua catena di produzione.<br />
Unimation fu tra le prime di una lunghissima lista<br />
di aziende che sul finire degli anni ’90 fioriro-<br />
Figura 2. Il robot Ambler, costruito presso <strong>il</strong> Field Robotics<br />
Center <strong>del</strong>la Carnegie Mellon University.<br />
50 Iquadernidi
DUE PAROLE SULLA ROBOTIC A<br />
no attingendo alla ricca vena rappresentata dall’industria<br />
robotica.<br />
Dalla metà degli anni ’90 la storia dei robot è densa<br />
di avvenimenti tra i quali, tralasciando quelli meno<br />
importanti, è da evidenziare nel 1975 la nascita di PU-<br />
MA (Programmable Universal Machine for Assembly),<br />
inventato daVictor Scheinman su progetto originale<br />
<strong>del</strong>lo stesso Devol che aveva realizzato Unimate.Anche<br />
PUMA è un braccio robot e come <strong>il</strong> suo lontano<br />
parente Unimate trova lavoro nella catena di assemblaggio<br />
<strong>del</strong>la General Motors.<br />
La maggior parte dei robot moderni, come Unimate<br />
e PUMA, sono ut<strong>il</strong>izzati all’interno <strong>del</strong>le fabbriche<br />
anche se non mancano le eccezioni. Infatti spesso<br />
i robot sostituiscono gli umani in operazioni diffic<strong>il</strong>i<br />
o che si svolgono in ambienti diffic<strong>il</strong>i.<br />
Verso l’inizio degli ’80 nacque un’area, detta field robotics,<br />
per lo studio e la progettazione di macchine destinate<br />
alla ricognizione ed ispezione remote di siti pericolosi<br />
e complessi. Questa esigenza nacque dopo<br />
l’incidente nucleare di Three M<strong>il</strong>e Island (accaduto <strong>il</strong><br />
28 marzo 1979 a Middletown in Pennsylvania) che rese<br />
evidente la necessità di avere macchine che potessero<br />
lavorare senza controllo umano.A questo f<strong>il</strong>one<br />
appartengono robot autonomi la cui intelligenza e grado<br />
di autonomia aumentano con l’applicazione di tecnologie<br />
sempre più sofisticate: la loro maggiore caratteristica<br />
è la capacità di compiere compiti di precisione<br />
e di fornire informazioni su luoghi interdetti all’uomo.<br />
In generale, questi robot svolgono attività quali<br />
sorveglianza, ispezione, r<strong>il</strong>evamento, mappatura, neutralizzazione,<br />
riconoscimento, etc. in terra, acqua e spazio.<br />
Ovviamente sono anche usati per scopi m<strong>il</strong>itari,<br />
ma possono servire anche per la ricerca e neutralizzazione<br />
di mine inesplose.<br />
Nel 1982 furono costruite tre macchine dedicate<br />
all’esplorazione di centrali nucleari con specializzazioni<br />
differenti: <strong>il</strong> Remote Reconnaissance Vehicle<br />
per ispezionare <strong>il</strong> reattore, <strong>il</strong> Remote Core Sampler<br />
per raccogliere campioni di materiale e <strong>il</strong> Remote<br />
Work Vehicle per eseguire lavori di supporto.<br />
Nel 1983 fu costruito <strong>il</strong> Terregator, un veicolo senza<br />
guidatore usato per esplorare le miniere di carbone,<br />
servito poi come testbed per lo sv<strong>il</strong>uppo di altri<br />
robot negli anni successivi.<br />
Nel 1988 <strong>il</strong> Pioneer, una macchina mob<strong>il</strong>e per valutare<br />
lo stato di un sito tramite la sua mappatura e<br />
ricognizione, fu impiegata a Chernobyl. Il Tesselator<br />
OTTOBRE2008<br />
(1992) fu sv<strong>il</strong>uppato per l’ispezione e l’impermeab<strong>il</strong>izzazione<br />
<strong>del</strong>la copertura <strong>del</strong>lo Space Shuttle.<br />
Un’altra categoria di robot è usata nelle esplorazioni,<br />
soprattutto nel campo spaziale (oggetto di un<br />
altro articolo in questo Quaderno).<br />
Il primo prototipo fu Ambler (1987), progettato<br />
per esplorare Marte, anche se non lasciò mai la terra:<br />
aveva l’aspetto di un ragno con lunghe zampe<br />
adatte a superare le asperità marziane e aveva bassissimi<br />
consumi (figura 2).<br />
Una categoria r<strong>il</strong>evante è rappresentata dai robot<br />
umanoidi, come ASIMO (Advanced Step in Innovative<br />
MOb<strong>il</strong>ity) (figura 3), progettato dalla Honda per interagire<br />
con gli umani. Le sue capacità sono piuttosto<br />
sofisticate: è in grado di riconoscere oggetti in movimento,<br />
di classificare posture e gesti per esempio<br />
stringendo la mano che gli viene offerta, di distinguere<br />
suoni, di identificare un numero limitato di facce<br />
e di riconoscere elementi nel suo ambiente<br />
in modo da muoversi in<br />
modo sicuro.<br />
Uno dei robot più famosi è<br />
<strong>il</strong> cane AIBO (Artificial Intelligence<br />
BOt),costruito dalla Sony,usato<br />
spesso nelle ricerche in intelligenza<br />
artificiale a causa<br />
non solo <strong>del</strong> suo costo<br />
contenuto, ma perché integra<br />
un computer, un sistema<br />
di visione e la possib<strong>il</strong>ità<br />
di movimenti complessi. La<br />
competizione RoboCup ha<br />
una track per squadre<br />
di AIBO che giocano<br />
uno contro l’altro<br />
(figura 4).<br />
Figura 3. ASIMO, un robot<br />
umanoide costruito dalla Honda.<br />
51
Figura 4. AIBO nei mo<strong>del</strong>li ERS-111 (a destra) e ERS-210 (a sinistra).<br />
Esistono diversi f<strong>il</strong>oni di ricerca che studiano nuovi<br />
tipi di robot, senza una specifica finalità industriale:<br />
lo scopo è di trovare alternative al modo di pensare,<br />
progettare e costruire agenti autonomi ut<strong>il</strong>izzando<br />
sia le tecnologie più avanzate che ricerche in campi<br />
finora inesplorati dalla robotica.<br />
I soft robot hanno corpi di s<strong>il</strong>icone ed attuatori<br />
flessib<strong>il</strong>i, e sono controllati usando la fuzzy logic o<br />
le reti neurali. Ancora più interessanti sono gli sciami<br />
di robot (swarm robot), ispirati alle colonie di<br />
insetti come api e formiche (figura 5). Ogni picco-<br />
Figura 5. Uno sciame di micro robot <strong>del</strong> progetto open source swarmrobot.org.<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
lo robot ha un comportamento semplice, ma <strong>il</strong><br />
comportamento emergente <strong>del</strong>lo sciame è piuttosto<br />
complesso: l’insieme può essere considerato<br />
come un unico sistema distribuito che esibisce<br />
un’intelligenza collettiva. Uno sciame è anche più<br />
robusto perché può continuare a lavorare anche<br />
se alcuni suoi elementi falliscono, laddove un singolo<br />
robot di dimensioni normali non può recuperare.<br />
Lo scrittore americano Michael Crichton ci<br />
ha fornito un inquietante scenario <strong>del</strong>le capacità<br />
di uno sciame di robot nel suo libro Prey (Preda,<br />
2002): i nanobot, protagonisti <strong>del</strong><br />
libro, hanno <strong>del</strong>le capacità evolutive<br />
così avanzate da arrivare a<br />
controllare gli umani, impersonificare<br />
un individuo cooperando<br />
tutti insieme, ed infine ut<strong>il</strong>izzare<br />
le persone per moltiplicarsi.<br />
ROBOT REALI E VIRTUALI<br />
Accanto ai robot famosi <strong>del</strong>la storia<br />
non mancano quelli costruiti per<br />
d<strong>il</strong>etto e con chiari obiettivi economici<br />
come <strong>il</strong> recentissimo Salvador<br />
DaBot (figura 6) realizzato dall’azienda<br />
Sylvain Calinon con lo scopo di<br />
racimolare qualche moneta nei<br />
centri commerciali. Salvador DaBot,<br />
52 Iquadernidi
DUE PAROLE SULLA ROBOTIC A<br />
infatti, altri non è che una macchina (una fotocamera,<br />
un pc e un plotter) travestita da robot. La fotocamera<br />
riprende <strong>il</strong> cliente, <strong>il</strong> pc applica f<strong>il</strong>tri e trasformazioni<br />
all’immagine catturata e <strong>il</strong> plotter la disegna.<br />
La Carnegie Mellon University, una importante<br />
università privata americana di Pittsburgh, Pennsylvania,<br />
dedica un premio ai robot, reali o immaginari,<br />
che maggiormente hanno fornito un contributo<br />
alla società umana.<br />
La manifestazione, istituita nell’apr<strong>il</strong>e <strong>del</strong> 2003, chiede,<br />
ogni anno, ad una giuria costituita da studenti, ricercatori,<br />
giornalisti e scienziati di valutare quale robot<br />
sia degno di entrare nella Robot Hall of Fame. Durante<br />
la cerimonia che ne consegue, l’ideatore <strong>del</strong> robot<br />
viene premiato e la sua creazione entra nell’Olimpo<br />
dei robot che hanno fatto storia.I candidati alla prossima<br />
edizione <strong>del</strong> premio sono tantissimi e chiunque<br />
può votare attraverso internet collegandosi al sito<br />
http://www.robothalloffame.org/nominate.php.<br />
L’elenco completo contiene robot provenienti dai più<br />
disparati ambiti: è possib<strong>il</strong>e trovare Mazinger Z, <strong>il</strong> robot<br />
dei cartoni animati, fino al NOMAD di StarTrek<br />
passando per la sonda spaziale Voyager II.<br />
L’edizione precedente, tenutasi nel 2006, ha<br />
premiato 5 famosi robot: AIBO; SCARA, un robot<br />
manipolatore <strong>il</strong> cui prototipo fu creato nel 1978<br />
dal professor Hiroshi Makino alla Yamanashi University<br />
in Giappone; David, <strong>il</strong> bambino robot pensato<br />
da Steven Spielberg per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m Artificial Intelligence:<br />
AI <strong>del</strong> 2001; Maria, un robot<br />
dalla sembianze femmin<strong>il</strong>i protagonista<br />
di Metropolis, un vecchio<br />
f<strong>il</strong>m (1927) <strong>del</strong> regista tedesco<br />
Fritz Lang; Gort, icona pop <strong>del</strong> periodo<br />
<strong>del</strong>la Guerra Fredda, protagonista<br />
<strong>del</strong> f<strong>il</strong>m The Day the Earth<br />
Stood St<strong>il</strong>l realizzato nel 1951 da<br />
Robert Wise.<br />
I vincitori <strong>del</strong>la prima edizione sono<br />
tra i robot reali o virtuali più famosi<br />
<strong>del</strong>la storia: HAL 9000, <strong>il</strong> computer<br />
dai sentimenti umani, protagonista<br />
<strong>del</strong> f<strong>il</strong>m di Stanley Kubrick, tratto<br />
dal libro di Arthur C. Clarke,<br />
2001: A Space Odyssey (2001: Odissea<br />
nello Spazio); <strong>il</strong> Mars Pathfinder<br />
Sojourner Rover, una piccola macchi-<br />
na sbarcata sul suolo di Marte nel Figura 6. Il finto robot Salvator DaBot.<br />
OTTOBRE2008<br />
1997; <strong>il</strong> mitico R2-D2, piccolo protagonista <strong>del</strong>la serie<br />
cinematografica Star Wars (Guerre Stellari); <strong>il</strong> già<br />
citato Unimate.<br />
ASIMO fu tra i vincitori <strong>del</strong>l’edizione <strong>del</strong> 2004, insieme<br />
all’indimenticab<strong>il</strong>e C-3PO, <strong>il</strong> robot protocollare<br />
di Star Wars.<br />
Primo dei vincitori <strong>del</strong> 2008 è <strong>il</strong> Lego Mindstrom,<br />
un kit che combina i famosi mattoncini con motori,<br />
sensori e altre strutture: le costruzioni possono<br />
essere programmate e quindi fatte muovere. Negli<br />
USA si tiene la Lego Mindstorm Competition, ideata<br />
per ragazzi di diverse fasce d’età, che premia i<br />
migliori robot realizzati. Un altro vincitore è <strong>il</strong> Raibert<br />
Hopper, sv<strong>il</strong>uppato nel 1980 da Marc Raibert<br />
per studiare <strong>il</strong> movimento umano e costruire quindi<br />
protesi e strumenti robotici per aiutare le persone<br />
disab<strong>il</strong>i. Il terzo è <strong>il</strong> NavLab 5, una serie di veicoli<br />
autonomi sv<strong>il</strong>uppati presso la Carnegie Mellon<br />
University. L’ultimo è <strong>il</strong> Comandante Data <strong>del</strong>la serie<br />
Star Trek:The Next Generation. Questo personaggio<br />
è sempre stato tra i candidati, ma è sempre<br />
stato scartato poiché dice di se stesso:“I am an android,<br />
not a robot”.<br />
Quando si parla di robot, <strong>il</strong> confine tra realtà e<br />
fantasia è molto lab<strong>il</strong>e!<br />
Teodoro Ambrogio, Daniela D’Aloisi,<br />
Raffaele Nicolussi<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Ugo</strong> <strong>Bordoni</strong><br />
53
Il ruolo <strong>del</strong>l’autonomia<br />
nella robotica spaziale<br />
La costruzione di macchine capaci di aiutare l’uomo<br />
nel proprio lavoro è sempre stato uno degli obiettivi<br />
che hanno guidato lo sv<strong>il</strong>uppo tecnologico. Da sempre,<br />
un notevole sforzo tecnico-scientifico è stato<br />
profuso rincorrendo <strong>il</strong> sogno di progettare ed implementare<br />
piattaforme robotiche più o meno complesse<br />
in grado di supportare le attività di un essere umano,<br />
come per esempio le piattaforme mob<strong>il</strong>i robotizzate<br />
ut<strong>il</strong>izzate dagli operai per spostare grossi carichi<br />
in un magazzino. Ma la ricerca scientifica, nell’ambito<br />
<strong>del</strong>la automazione industriale, è andata anche oltre,<br />
arrivando alla progettazione di macchine capaci<br />
addirittura di sostituire un essere umano in molte<br />
mansioni ripetitive e/o pericolose, per esempio le attività<br />
di assemblaggio nelle catene di produzione.Tutto<br />
questo è stato possib<strong>il</strong>e non solo per lo sv<strong>il</strong>uppo<br />
di componenti hardware sempre più sofisticate e precise<br />
ma anche grazie alla progettazione di sistemi “intelligenti”<br />
capaci di svolgere in maniera autonoma<br />
molte attività complesse.<br />
Fiumi di parole sono stati scritti nel tentativo di <strong>del</strong>ineare<br />
le caratteristiche distintive <strong>del</strong>l’intelligenza. Per<br />
gli scopi di questo breve articolo, ci limiteremo a sottolineare<br />
che “autonomia” ed “intelligenza” possono<br />
essere due concetti ortogonali. In generale, <strong>il</strong> concetto<br />
di autonomia va distinto dal concetto di proattività,<br />
normalmente legato alla capacità di un agente<br />
artificiale di agire razionalmente in base al con<strong>testo</strong>.<br />
In tal senso, si può considerare autonomo un robot<br />
capace di eseguire con successo una sequenza preordinata<br />
di attività, mentre si può definire proattivo (e<br />
quindi intelligente) un robot <strong>il</strong> cui sistema di controllo<br />
è capace di generare autonomamente una sequenza<br />
di attività a fronte di un determinato obiettivo, e<br />
successivamente eseguire tale sequenza in modo consistente<br />
con le mutevoli condizioni ambientali.<br />
In realtà, la presenza di operatori umani è rimasta<br />
cruciale nella maggior parte dei contesti operativi reali,<br />
in particolar modo in quei contesti in cui le capacità<br />
degli agenti artificiali non permettono di ottenere<br />
una risposta “sufficientemente intelligente” in tempi<br />
“sufficientemente rapidi”.Ad esempio, i robot di sup-<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
porto alle unità di pronto intervento in scenari di emergenza<br />
sono dotati di mob<strong>il</strong>ità autonoma, sebbene la<br />
responsab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>le attività particolarmente critiche, tipo<br />
la ricerca di superstiti, rimane di esclusiva pertinenza<br />
degli operatori umani. Ciò nonostante, esistono molti<br />
scenari in cui i robot autonomi/proattivi ricoprono<br />
un ruolo fondamentale rappresentando un più che valido<br />
elemento sostitutivo <strong>del</strong>l’essere umano. Uno di<br />
questi scenari, e forse anche <strong>il</strong> più affascinante, è quello<br />
che riguarda le missioni spaziali.<br />
In questo dominio infatti, alle ragioni legate all’estrema<br />
inospitalità <strong>del</strong>l’ambiente di esecuzione, si aggiungono<br />
anche le difficoltà di stab<strong>il</strong>ire un controllo continuativo<br />
da Terra a causa sia <strong>del</strong>le enormi distanze<br />
coinvolte, sia <strong>del</strong>le limitate opportunità di comunicazione<br />
(finestre di visib<strong>il</strong>ità temporale) determinate dalle<br />
leggi <strong>del</strong>la meccanica celeste. In altre parole, lo spazio<br />
è stato tradizionalmente uno dei domini applicativi<br />
nei quali si è manifestata maggiormente la necessità<br />
di sv<strong>il</strong>uppare veicoli (ovvero robot mob<strong>il</strong>i) ad alto<br />
tasso di autonomia/proattività, macchine cioè che<br />
avessero le capacità di autogestire i propri compiti al<br />
di là <strong>del</strong> diretto e continuo controllo <strong>del</strong>l’uomo.<br />
La strada verso lo sv<strong>il</strong>uppo di tali soluzioni è stata<br />
lastricata di notevolissime difficoltà, non ultima lo<br />
scetticismo degli ambienti direttamente coinvolti<br />
(NASA, e più recentemente anche l’ESA) molto conservatori<br />
ed estremamente r<strong>il</strong>uttanti nell’affidare l’esito<br />
di missioni <strong>del</strong> valore di svariati m<strong>il</strong>ioni di dollari<br />
in mano a <strong>del</strong>le “macchine” per quanto intelligenti.<br />
Di fatto, <strong>il</strong> livello di autonomia/intelligenza <strong>del</strong>le sonde<br />
e dei robot esploratori attualmente ut<strong>il</strong>izzati nelle<br />
missioni è ancora molto limitato, soprattutto se<br />
paragonato con quanto spesso divulgato dalla stampa<br />
non specializzata la quale spesso tende ad esagerare<br />
quelle caratteristiche che sono particolarmente<br />
accattivanti per <strong>il</strong> grande pubblico, sottacendo gli<br />
aspetti meno “remunerativi” dal punto di vista <strong>del</strong>l’impatto<br />
mediatico. Innanzitutto, dal punto di vista<br />
<strong>del</strong> livello di autonomia raggiunto dai veicoli spaziali,<br />
le missioni nelle quali vengono ut<strong>il</strong>izzati sono comunque<br />
progettate per lasciare all’uomo gran par-<br />
54 Iquadernidi
IL RUOLO DELL’AUTONOMIA NELLA ROBOTIC A SPAZIALE<br />
Figura 7. La sonda Viking.<br />
te <strong>del</strong> controllo, <strong>il</strong> quale viene esercitato attraverso<br />
periodiche comunicazioni in cui vengono inviati alle<br />
sonde piani e/o programmi alternativi di attività da<br />
svolgere; in secondo luogo, i domini di applicazione<br />
spaziali, per esempio quello relativo all’esplorazione<br />
<strong>del</strong> suolo marziano, pongono problemi di pianificazione<br />
automatica relativamente “semplici” rispetto<br />
ai problemi che potrebbero presentarsi nei domini<br />
“terrestri”, i quali oltre a presentare al pianificatore<br />
tutte le difficoltà legate all’incompletezza <strong>del</strong>l’informazione,<br />
sono spesso caratterizzati da altissimi gradi<br />
di dinamismo e/o ost<strong>il</strong>ità ambientale.<br />
Nel seguito, ripercorrendo la storia <strong>del</strong>le principali<br />
missioni spaziali che hanno visto come obiettivo l’esplorazione<br />
<strong>del</strong>la superficie <strong>del</strong> pianeta rosso, avremo modo<br />
di evidenziare i livelli di autonomia e proattività dei<br />
robot ut<strong>il</strong>izzati. In particolare, porremo particolare attenzione<br />
all’evoluzione dei sistemi di controllo e <strong>del</strong>le<br />
capacità <strong>del</strong>iberative di tali sistemi.<br />
MISSIONEVIKING. Il progetto <strong>del</strong>la NASA denominatoViking<br />
(figura 7) ha rappresentato <strong>il</strong> culmine di<br />
una serie di missioni per l’esplorazione <strong>del</strong> pianeta Marte<br />
che iniziò nel 1964 con <strong>il</strong> Mariner4 e che continuò<br />
fino al 1972. IlViking ha trovato un posto d’onore nella<br />
storia diventando <strong>il</strong> primo progetto americano che<br />
riuscì a far atterrare con successo una sonda terrestre<br />
sulla superficie di Marte. Furono costruiti due veicoli<br />
OTTOBRE2008<br />
spaziali identici, ognuno composto da un lander e un<br />
orbiter. Entrambi i veicoli raggiunsero Marte ponendosi<br />
in un orbita stab<strong>il</strong>e; successivamente, i lander si separarono<br />
e si posarono con successo sulla superficie<br />
<strong>del</strong> pianeta allo scopo di iniziare le operazioni di analisi<br />
per le quali erano stati progettati.<br />
I lander erano veri e propri laboratori biochimici<br />
approntati per verificare l’eventuale presenza di forme<br />
di vita su Marte. Il landerViking 1 atterrò <strong>il</strong> 20 luglio<br />
1976 a Chryse Planitia mentre <strong>il</strong>Viking 2 compì <strong>il</strong><br />
suo atterraggio morbido <strong>il</strong> 3 settembre <strong>del</strong> 1976 in<br />
una zona chiamata Utopia Planitia.Vennero scelte volutamente<br />
due luoghi distanti tra loro più di 6000 km<br />
in modo da esplorare settori <strong>del</strong>la superficie <strong>del</strong> pianeta<br />
rosso aventi diverse caratteristiche. Le due sonde<br />
erano in grado di gestire complesse operazioni<br />
che permettevano di raccogliere, con bracci estensib<strong>il</strong>i,<br />
campioni di suolo e di introdurli nel laboratorio<br />
di bordo.Tra gli esperimenti predisposti per r<strong>il</strong>evare<br />
eventuali tracce di vita presente o passata vi erano<br />
prove di fotosintesi e di attività metaboliche ideate<br />
per evidenziare l’eventuale manifestazione nel suolo<br />
marziano di variazioni chimiche dovute a processi<br />
biologici causati da microorganismi.<br />
Il “cervello” <strong>del</strong> lander era un calcolatore elettronico<br />
che svolgeva <strong>il</strong> compito di controllare e sequenziare<br />
tutte le attività <strong>del</strong>la macchina.Tale calcolatore<br />
costituiva <strong>il</strong> più importante traguardo tecnico rag-<br />
55
Figura 8. Il rover Sojourner fotografato dal lander.<br />
giunto durante <strong>il</strong> progetto Viking, ed era composto<br />
da due computer general-purpose, uno operativo e<br />
l’altro di riserva, da ut<strong>il</strong>izzare in caso di guasto <strong>del</strong> primo.<br />
Le istruzioni necessarie per poter controllare tutte<br />
le attività <strong>del</strong> lander per i primi 22 giorni <strong>del</strong>la missione<br />
sulla superficie marziana erano state immagazzinate<br />
nella memoria <strong>del</strong> calcolatore; successivamente,<br />
appena stab<strong>il</strong>ite le comunicazioni lander-Terra dopo<br />
l’atterraggio, queste istruzioni furono aggiornate<br />
e modificate dal centro di controllo sulla Terra.<br />
I lander Viking presentavano un livello di autonomia<br />
completo, in quanto erano capaci di operare per<br />
più giorni senza l’intervento di alcuno operatore umano.<br />
Questi svolsero con successo tutte le attività pianificate,<br />
senza però ottenere alcuna prova <strong>del</strong>la presenza<br />
di vita su Marte. È necessario sottolineare che<br />
<strong>il</strong> sistema di controllo dei lander non presentava alcuna<br />
caratteristica proattiva ma si limitava ad eseguire<br />
le operazioni (preordinate) presenti nella memoria<br />
<strong>del</strong> calcolatore di bordo. Di conseguenza, un eventuale<br />
fallimento durante l’esecuzione di una istruzione<br />
o l’occorrenza di un guasto non potevano essere<br />
affrontati se non dopo un contatto con <strong>il</strong> centro di<br />
controllo terrestre che, solo dopo aver diagnosticato<br />
la causa <strong>del</strong> problema, avrebbe inviato nuove istruzioni<br />
per proseguire le attività scientifiche pianificate.<br />
Questo poneva un problema di efficienza. Infatti, la<br />
comunicazione tra un veicolo spaziale operante su Marte<br />
ed <strong>il</strong> centro di controllo terrestre era possib<strong>il</strong>e solo<br />
in determinati intervalli temporali determinati dalla periodica<br />
occlusione operata dal pianeta rosso nei riguardi<br />
<strong>del</strong> veicolo orbitante. Una comunicazione per otte-<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
nere dal lander le informazioni riguardanti sia <strong>il</strong> suo stato<br />
interno che lo stato di avanzamento <strong>del</strong>le operazioni<br />
svolte poteva avvenire esclusivamente all’interno di<br />
una determinata finestra temporale. Gli scienziati quindi,<br />
una volta ottenuti i dati dalla sonda, erano costretti<br />
ad aspettare la successiva opportunità di contatto per<br />
predisporre gli aggiornamenti e le nuove istruzioni da<br />
comunicare al veicolo. Durante tutto <strong>il</strong> periodo in cui <strong>il</strong><br />
veicolo rimaneva“in ombra”, non era possib<strong>il</strong>e compiere<br />
alcuna operazione ed <strong>il</strong> lander rimaneva di fatto inut<strong>il</strong>izzato.<br />
Nonostante l’assenza <strong>del</strong>le capacità <strong>del</strong>iberative<br />
<strong>del</strong>la macchina, la missioneViking fu un grande successo:<br />
si era infatti riusciti per la prima volta a raggiungere<br />
la superficie di Marte con un veicolo capace di operare<br />
in situ e ritrasmettere aTerra dati di incalcolab<strong>il</strong>e valore.<br />
Come vedremo, la missioneViking sarebbe stata<br />
seguita da altre missioni dove <strong>il</strong> ruolo sempre più importante<br />
dall’autonomia di bordo sarebbe stato fondamentale<br />
ai fini <strong>del</strong>la massimizzazione <strong>del</strong> ritorno scientifico.<br />
MISSIONE PATHFINDER-SOJOURNER.<br />
Successivamente alla missioneViking, nel 1997 la NA-<br />
SA lanciò la missione Pathfinder - Sojourner (figura<br />
8), con l’obiettivo di portare su Marte un veicolo<br />
equipaggiato con strumenti scientifici (<strong>il</strong> lander) ed un<br />
robot esploratore (<strong>il</strong> rover). Scopo <strong>del</strong>la missione era<br />
di recuperare più informazioni possib<strong>il</strong>i <strong>del</strong> suolo marziano;<br />
invero, la missione finì con l’avere un successo<br />
che superò le più rosee aspettative, visto che Pathfinder<br />
riuscì a trasmettere dati molto oltre <strong>il</strong> periodo<br />
previsto di operatività.Anche <strong>il</strong> metodo ut<strong>il</strong>izzato da<br />
Pathfinder per atterrare al suolo fu innovativo, prevedendo<br />
l’ut<strong>il</strong>izzo di un paracadute per ridurre la velocità<br />
di post-penetrazione <strong>del</strong>l’atmosfera marziana<br />
e di una serie di air-bags per ammortizzare l’impatto<br />
finale al suolo, che avvenne <strong>il</strong> 4 luglio 1997.<br />
Una <strong>del</strong>le sfide più impegnative <strong>del</strong>la missione Pathfinder-Sojourner<br />
era dovuta alla presenza <strong>del</strong> robot<br />
esploratore, <strong>il</strong> quale doveva essere dotato <strong>del</strong>le capacità<br />
di navigare in sicurezza sul terreno accidentato di<br />
Marte. Questa circostanza poneva serissimi problemi<br />
legati all’autonomia: infatti, i lunghissimi tempi necessari<br />
per completare le comunicazioni da e verso la Terra<br />
(20 minuti per mandare ogni comando da Terra e<br />
altrettanti per riceverne la conferma) avrebbero reso<br />
impraticab<strong>il</strong>e qualsiasi tentativo di controllo diretto <strong>del</strong><br />
rover (teleoperazione); inoltre, persistevano i pesanti<br />
limiti di visib<strong>il</strong>ità temporale da tenere in considerazio-<br />
56 Iquadernidi
IL RUOLO DELL’AUTONOMIA NELLA ROBOTIC A SPAZIALE<br />
ne per schedulare qualsiasi tipo di comunicazione con<br />
la macchina. Esisteva di fatto una sola opportunità per<br />
giorno marziano (sol) per effettuare trasmissioni dei<br />
dati telemetrici e di comando tra <strong>il</strong> rover e gli operatori<br />
a Terra; era perciò indispensab<strong>il</strong>e dotare la macchina<br />
di capacità di navigazione autonome, in modo<br />
da limitare <strong>il</strong> carico di comandi da dover trasmettere<br />
e di conseguenza <strong>il</strong> numero dei collegamenti necessari<br />
per ottenere la piena operatività.<br />
L’autonomia era quasi completamente limitata alla<br />
possib<strong>il</strong>ità di eseguire dei comandi di tipo “GoTo<br />
Waypoint” ricevuti da Terra: una volta ricevuta l’istruzione,<br />
era poi compito <strong>del</strong> rover raggiungere la destinazione<br />
analizzando tutti gli ostacoli che eventualmente<br />
avrebbe incontrato lungo la strada e decidere<br />
autonomamente quale strategia di navigazione<br />
(attitude, path, wheel orientation) adottare. Per esempio,<br />
una volta ricevuta dagli operatori diTerra la successiva<br />
destinazione da raggiungere per quel giorno,<br />
<strong>il</strong> rover aveva la capacità di r<strong>il</strong>evare ed evitare autonomamente<br />
le rocce di grandezza significativa, nonché<br />
riconoscere le zone lungo <strong>il</strong> percorso caratterizzate<br />
da un gradiente troppo elevato che avrebbero<br />
potuto destab<strong>il</strong>izzarlo senza possib<strong>il</strong>ità di recupero<br />
e conseguentemente decidere eventuali mo-<br />
Figura 9. Una rappresentazione <strong>del</strong> rover Spirit.<br />
OTTOBRE2008<br />
difiche alla traiettoria, senza perdere di vista l’obiettivo<br />
principale. All’epoca <strong>del</strong>la missione Pathfinder-<br />
Sojourner, queste capacità di risolvere complessi problemi<br />
di path planning e obstacle avoidance, e di operare<br />
in ambienti non mo<strong>del</strong>lati scegliendo azioni in<br />
risposta all’input fornito dai sensori per perseguire<br />
obiettivi predeterminati, rappresentavano un traguardo<br />
pionieristico dal punto di vista <strong>del</strong>l’autonomia. I<br />
successi di Pathfinder, misurati a fronte <strong>del</strong>l’enorme<br />
ritorno scientifico <strong>del</strong>la missione, misero in luce l’importanza<br />
che le capacità <strong>del</strong>iberative dei robot esploratori<br />
avrebbero rivestito nelle missioni future. L’ultimo<br />
ciclo di trasmissione dati ut<strong>il</strong>e ricevuto dal Pathfinder<br />
fu completato <strong>il</strong> 27 settembre, dopo ben 83<br />
sol di ineccepib<strong>il</strong>e servizio.<br />
MISSIONE SPIRIT & OPPORTUNITY. I rover<br />
Spirit e Opportunity (figura 9) atterrarono su Marte<br />
rispettivamente <strong>il</strong> 4 gennaio ed <strong>il</strong> 25 gennaio 2004. I siti<br />
di atterraggio furono scelti l’uno agli antipodi <strong>del</strong>l’altro<br />
(cratere di Gusev e Meridiani Planum, rispettivamente).<br />
A differenza <strong>del</strong>la missione Pathfinder, che prevedeva<br />
la presenza di strumenti scientifici sia sul lander<br />
che sul rover, i lander di Spirit ed Opportunity avevano<br />
<strong>il</strong> solo scopo di proteggere i rover, ed erano quindi<br />
57
sprovvisti di ogni strumentazione ut<strong>il</strong>e. Dal momento<br />
che tutta la strumentazione si trovava a bordo <strong>del</strong> rover,<br />
fu indispensab<strong>il</strong>e intensificare gli sforzi verso un livello<br />
più alto di autonomia di quest’ultimo: questa volta<br />
infatti, tutta la responsab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong> successo scientifico<br />
<strong>del</strong>la missione dipendeva dalle reali capacità <strong>del</strong>la macchina<br />
sia di gestire in maniera intelligente tutta la strumentazione<br />
di bordo, sia di saper navigare in maniera<br />
robusta verso le destinazioni assegnate. Le due precedenti<br />
capacità erano strettamente collegate: sarebbe<br />
stato infatti inut<strong>il</strong>e saper navigare correttamente verso<br />
un oggetto di interesse e fallire nella gestione <strong>del</strong>la strumentazione<br />
preposta alla sua analisi; allo stesso modo<br />
<strong>il</strong> saper produrre ed eseguire piani ottimali di gestione<br />
<strong>del</strong>le risorse scientifiche a bordo, senza un’altrettanto<br />
efficace capacità di movimento.<br />
Entrambe le sonde si sono comportate egregiamente<br />
sin dall’inizio <strong>del</strong>la missione a loro affidata.Anche la<br />
loro longevità ha oltrepassato qualsiasi previsione: a dicembre<br />
<strong>del</strong> 2006, dopo tre anni di servizio ininterrotto,<br />
la NASA decise di prolungare la durata <strong>del</strong>le missioni<br />
relative alle osservazioni scientifiche, trasmettendo nei<br />
computer di bordo di entrambi i robot nuovi programmi<br />
allo scopo di testare nuove capacità ed aumentare<br />
l’autonomia decisionale dei rover.<br />
Una <strong>del</strong>le capacità innovative aggiunte riguarda la<br />
possib<strong>il</strong>ità di esaminare le immagini acquisite e riconoscere<br />
automaticamente la presenza di alcune caratteristiche<br />
particolari (Thinking Spacecraft). Questa ab<strong>il</strong>ità<br />
è estremamente ut<strong>il</strong>e poiché solleva gli scienziati aTerra<br />
dal dover setacciare le molte immagini ricevute dal<br />
rover ed individuare quelle di particolare interesse (ad<br />
esempio, immagini che contengono mulinelli di polvere<br />
o nuvole).Adesso, <strong>il</strong> rover riesce a riconoscere queste<br />
caratteristiche e seleziona autonomamente le parti<br />
di immagini scientificamente r<strong>il</strong>evanti scartando le altre.<br />
Questo aumenta l’efficienza operativa in quanto <strong>il</strong><br />
tempo di trasmissione risparmiato viene invece ut<strong>il</strong>izzato<br />
per la ricerca scientifica.<br />
Un’altra capacità aggiuntiva è la cosiddetta“VisualTargetTracking”,<br />
tramite la quale <strong>il</strong> rover è in grado di riconoscere<br />
continuamente una caratteristica <strong>del</strong> paesaggio<br />
nonostante questa cambi continuamente a causa <strong>del</strong>lo<br />
spostamento <strong>del</strong> rover stesso. La macchina aggiorna costantemente<br />
<strong>il</strong> mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la caratteristica di interesse<br />
(i.e. una roccia che si ingrandisce all’avvicinarsi <strong>del</strong> robot,<br />
oppure che cambia la sua forma a seconda <strong>del</strong>la direzione<br />
di avvicinamento), rendendo la macchina capace<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
di interpretare tale cambiamento come una caratteristica<br />
<strong>del</strong> medesimo oggetto.<br />
Un’altra nuova capacità, denominata “Go andTouch”,<br />
rende <strong>il</strong> rover in grado di determinare autonomamente<br />
se e dove sia sicuro estendere <strong>il</strong> braccio robotico<br />
verso un oggetto di interesse e permettere <strong>il</strong><br />
contatto di uno degli strumenti installati sul braccio<br />
stesso con l’oggetto. Finora, la squadra di controllo<br />
sullaTerra era costretta a ricevere dal rover le immagini<br />
<strong>del</strong>l’oggetto, decidere sulla fattib<strong>il</strong>ità pratica <strong>del</strong>l’operazione<br />
di analisi da parte <strong>del</strong> robot, e in caso<br />
affermativo, segnalare l’OK alla macchina <strong>il</strong> giorno seguente.<br />
Grazie a questa nuova capacità, <strong>il</strong> rover è invece<br />
capace di dirigersi verso l’oggetto e decidere<br />
autonomamente se analizzarlo o no, tutto nello stesso<br />
giorno, con ovvi vantaggi.<br />
Da questa breve descrizione <strong>del</strong>le principali missioni<br />
spaziali finalizzate all’esplorazione <strong>del</strong>la superficie di<br />
Marte, si evince come autonomia e proattività abbiano<br />
giocato un ruolo sempre più determinante, all’aumentare<br />
<strong>del</strong>la complessità <strong>del</strong>le attività da svolgere. Nell’arco<br />
di trenta anni, gli avanzamenti nell’ambito <strong>del</strong>l’Intelligenza<br />
Artificiale hanno permesso, a partire da un<br />
“semplice” lander completamente privo di qualsiasi capacità<br />
di spostamento, di progettare veri e propri laboratori<br />
scientifici mob<strong>il</strong>i capaci di selezionare e raggiungere<br />
direttamente gli obiettivi di interesse e di gestire<br />
autonomamente tutti gli strumenti di bordo, compatib<strong>il</strong>mente<br />
con le stringenti limitazioni energetiche. Solo<br />
un sensib<strong>il</strong>e incremento <strong>del</strong>le capacità decisionali autonome<br />
ha permesso di poter sfruttare efficientemente<br />
le potenzialità dei robot in continua evoluzione, a parità<br />
<strong>del</strong>le condizioni operative al contorno.<br />
Questi successi stanno incoraggiando gli scienziati<br />
a raccogliere nuove sfide, e molti sforzi si stanno<br />
compiendo nell’ambito <strong>del</strong>l’intelligenza artificiale per<br />
proporre soluzioni sempre più all’avanguardia. Nonostante<br />
i ragguardevoli risultati raggiunti, è ragionevole<br />
supporre che sarà comunque necessario molto<br />
tempo prima di vedere realizzata una missione completamente<br />
autonoma, per problemi di natura sia tecnologica<br />
che finanziaria, nonché a causa <strong>del</strong>la tradizionale<br />
prudenza che gli enti finanziatori continuano<br />
a manifestare nei confronti <strong>del</strong>le nuove tecnologie.<br />
Andrea Orlandini DIA - Università degli Studi RomaTre<br />
Riccardo Rasconi<br />
Istituto di Scienze e Tecnologie <strong>del</strong>la Cognizione - CNR<br />
58 Iquadernidi
LA PEIS HOME: UN LABORATORIO PER LO SVILUPPO DI A<strong>MB</strong>IENTI DOMESTICI INTELLIGENTI<br />
La PEIS Home: un laboratorio per lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo di ambienti domestici intelligenti<br />
Corre l’anno 2025.Gun<strong>il</strong>la ha 85 anni ed abita da sola<br />
in un piccolo appartamento nella periferia di Stoccolma.Tiene<br />
molto alla sua indipendenza, e per questo<br />
motivo cinque anni fa suo figlio le ha fatto installare<br />
in casa una PEIS-Ecology, una rete di sensori e<br />
piccoli robot domestici che hanno reso <strong>il</strong> suo appartamento<br />
una “casa intelligente”. Il sistema la aiuta a<br />
ricordare le cose,tiene traccia di oggetti comuni come<br />
<strong>il</strong> telecomando oppure <strong>il</strong> suo libro preferito, ed automatizza<br />
alcune attività che le pongono problemi fisici,<br />
come passare l’aspirapolvere. Soprattutto, la casa<br />
intelligente fa stare tranqu<strong>il</strong>lo suo figlio, che sa di poter<br />
contare sull’intervento <strong>del</strong>la casa intelligente nel<br />
caso in cui sua madre dovesse avere un malore.<br />
La casa intelligente di Gun<strong>il</strong>la è un esempio futurib<strong>il</strong>e<br />
di Ambient Intelligence (AmI), una disciplina nata<br />
dall’intersezione di Ubiquitous Computing ed Intelligenza<br />
Artificiale. L’obiettivo <strong>del</strong>la ricerca in AmI è di<br />
studiare le problematiche legate alla realizzazione di<br />
ambienti in cui una moltitudine di componenti elettronici<br />
cooperano al fine di produrre servizi di supporto<br />
alle attività di esseri umani.<br />
In questo articolo viene descritto un nuovo approccio<br />
per integrare componenti robotici, sensoristici<br />
e software in ambienti intelligenti. L’approccio si<br />
basa sul concetto di PEIS-Ecology, una ecologia di sistemi<br />
intelligenti situati nell’ambiente (PEIS = Physically<br />
Embedded Intelligent System) in cui ciascun componente<br />
elementare contribuisce all’implementazione<br />
di servizi intelligenti avanzati.<br />
L’approccio PEIS-Ecology nasce dall’intuizione di aggiungere<br />
la dimensione robotica alla ricetta per realizzare<br />
ambienti intelligenti (si veda la figura 10). Il risultato<br />
è una metodologia che è stata istanziata nella PEIS<br />
Home, un prototipo di “casa intelligente” realizzato in<br />
Svezia presso <strong>il</strong> Center for Applied Autonomous Sensor<br />
Systems (AASS) <strong>del</strong>l’Università di Örebro.<br />
Il concetto di PEIS-Ecology parte da due principî generali:<br />
primo, che servizi robotici avanzati possano essere<br />
realizzati attraverso la comunicazione e la cooperazione<br />
di una molteplicità di dispositivi (PEIS) individualmente<br />
semplici; secondo, che tali dispositivi possano es-<br />
OTTOBRE2008<br />
sere introdotti nell’ambiente o rimossi da esso in maniera<br />
modulare, senza che l’utente debba preoccuparsi<br />
<strong>del</strong>la loro interconnessione e configurazione. Dal punto<br />
di vista <strong>del</strong>l’utente, questi principî si traducono nella possib<strong>il</strong>ità<br />
di aumentare e modificare le capacità <strong>del</strong>la casa<br />
intelligente,adattandosi ai propri gusti e bisogni.Per esempio,<br />
se Gun<strong>il</strong>la decidesse di aggiungere un sensore di<br />
umidità nel soggiorno, tale sensore verrebbe automaticamente<br />
scoperto e usato dal sistema di irrigazione <strong>del</strong>le<br />
piante per migliorare la strategia di irrigazione.<br />
La realizzazione tecnica di tale concetto, ed in particolare<br />
<strong>del</strong>la PEIS Home, si basa su tre ingredienti:<br />
Ogni componente nell’ecologia viene astratto dal<br />
concetto uniforme di PEIS. Il termine “robot” assume<br />
in quest’ottica un significato estremamente generale:<br />
qualsiasi componente che abbia la capacità di computare<br />
e di comunicare, e che sia in grado di interagire<br />
con l’ambiente tramite sensori e/o attuatori. Un<br />
PEIS può essere un oggetto complesso come un robot<br />
umanoide, un attuatore che apre e chiude una<br />
porta, o addirittura un semplice elettrodomestico come<br />
un forno a microonde.<br />
Tutti i PEIS nell’ecologia sono interconnessi tramite<br />
un mo<strong>del</strong>lo uniforme di comunicazione.Tale rete consente<br />
ai singoli PEIS di scambiarsi informazioni sul<br />
proprio stato e sui servizi che ogni PEIS può fornire.<br />
Ad esempio, ogni PEIS può interpellare <strong>il</strong> PEIS “porta<br />
automatica” per sapere se la porta è aperta o chiusa,<br />
e può altresì richiedere alla porta di aprirsi o chiudersi.<br />
Tali elementi di informazione sono rappresentati<br />
nella rete come coppie “chiave/contenuto”, o tuple.<br />
Una tupla può contenere informazioni di qualsiasi<br />
tipo, ad esempio un simbolo che rappresenta lo<br />
stato <strong>del</strong>la porta oppure un video stream proveniente<br />
da una telecamera di monitoraggio ambientale.<br />
I PEIS in una ecologia possono cooperare attraverso<br />
un mo<strong>del</strong>lo uniforme di cooperazione. Il mo<strong>del</strong>lo si<br />
basa sul principio di collegamento funzionale: ogni<br />
PEIS può ut<strong>il</strong>izzare le funzionalità offerte da altri PEIS<br />
per complementare le proprie. Nell’esempio sopra,<br />
l’irrigatore automatico è reso più efficace dalla capacità<br />
di misurare <strong>il</strong> grado di umidità ambientale in aggiunta<br />
all’umidità <strong>del</strong>la pianta.<br />
59
La f<strong>il</strong>osofia PEIS-Ecology non solo propone di introdurre<br />
elementi tipici <strong>del</strong>la ricerca in robotica nel<br />
mondo AmI, ma costituisce una forte innovazione anche<br />
nella disciplina robotica stessa. Consideriamo un<br />
esempio in casa di Gun<strong>il</strong>la:<br />
Sono le quattro <strong>del</strong> pomeriggio, e Gun<strong>il</strong>la ha invitato<br />
i suoi compagni di bridge con cui si riunisce ogni martedì.<br />
Il suo robot domestico Astrid fa <strong>il</strong> giro <strong>del</strong> tavolo chiedendo<br />
ai giocatori cosa vorrebbero da bere. Dopo aver<br />
ricevuto l’ordine, <strong>il</strong> robot istruisce un carrello mob<strong>il</strong>e che<br />
si avvicina al frigo chiedendogli di aprirsi. Un semplice<br />
braccio robotico nel frigo riceve l’ordine di porre sul ripiano<br />
<strong>del</strong> carrello le bevande per gli ospiti...<br />
L’approccio robotico classico vedrebbe tutte le funzionalità<br />
coinvolte nel compito sopra descritto implementate<br />
sul robot stesso:Astrid dovrebbe navigare nell’appartamento,<br />
acquisendo i dati necessari tramite sensori<br />
a bordo; dovrebbe conoscere le caratteristiche <strong>del</strong>la<br />
maniglia <strong>del</strong> frigo e usare un braccio sofisticato per<br />
aprirlo e richiuderlo; dovrebbe conoscere le caratteristiche<br />
degli oggetti nel frigo al fine sia di scegliere le bevande<br />
giuste (ad esempio localizzandole con una telecamera<br />
a bordo) sia di capire come manipolarle (di nuovo,<br />
deducendo la forma dei contenitori dalle immagini<br />
<strong>del</strong>la propria telecamera). In una ecologia di PEIS, invece,<br />
<strong>il</strong> compito di portare da bere agli ospiti viene risolto<br />
in modo distribuito e collaborativo. Il carrello può richiedere<br />
alle telecamere ambientali di guidarlo; può disinteressarsi<br />
di come gli oggetti vengono presi dal frigo;<br />
assumendo che gli oggetti nel frigo siano dotati di un<br />
tag RFID (Radio Frequency IDentification), <strong>il</strong> braccio ro-<br />
Figura 10. L’approccio PEIS-Ecology come intersezione di più discipline.<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
botico può richiedere agli oggetti stessi qual è <strong>il</strong> loro contenuto,<br />
la forma <strong>del</strong> contenitore e dove si trovano.<br />
Sostituendo funzionalità complesse a bordo <strong>del</strong> robot<br />
con elementi funzionali più semplici distribuiti nell’ambiente,<br />
l’approccio PEIS-Ecology semplifica una serie<br />
di problemi che storicamente affliggono la robotica<br />
autonoma, e offre una soluzione modulare all’inclusione<br />
di tecniche robotiche in ambiente domestico. Il costo<br />
da pagare è la necessità di affrontare nuovi problemi<br />
quali lo sv<strong>il</strong>uppo di sofisticati paradigmi di comunicazione<br />
e cooperazione, e la capacità di una PEIS-Ecology<br />
di auto-organizzarsi. Nel <strong>testo</strong> che segue discutiamo<br />
le soluzioni sv<strong>il</strong>uppate per alcuni di questi aspetti.<br />
SERVIZI INTELLIGENTI NELLA PEIS HOME<br />
Per <strong>il</strong> suo compleanno, i compagni <strong>del</strong> circolo di bridge<br />
regalano a Gun<strong>il</strong>la l’ultimo mo<strong>del</strong>lo di aspirapolvere<br />
autonomo. Gun<strong>il</strong>la si era sempre opposta ad<br />
averne uno in casa: a differenza <strong>del</strong> suo robot domestico<br />
Astrid, gli aspirapolvere autonomi non sono<br />
in grado di tenere conto di ciò che Gun<strong>il</strong>la fa in<br />
casa, e l’anziana signora si preoccupa che l’aspirapolvere<br />
possa andarle fra i piedi facendole perdere<br />
l’equ<strong>il</strong>ibrio. Fortunatamente, la PEIS Ecology che ha<br />
installato in casa è in grado di compensare questa<br />
mancanza, informando l’aspirapolvere di evitare certe<br />
zone a seconda di cosa sta facendo Gun<strong>il</strong>la.<br />
La PEIS-Home sv<strong>il</strong>uppata all’AASS è un piccolo appartamento<br />
equipaggiato con una infrastruttura di comunicazione<br />
e con numerosi PEIS, fra cui<br />
telecamere fisse, sensori di luminosità e<br />
di umidità, lettori RFID nei ripiani, e svariati<br />
robot mob<strong>il</strong>i. Oltre ai numerosi<br />
componenti fisici, la PEIS-Home è dotata<br />
di agenti software che sono grado di<br />
ut<strong>il</strong>izzare queste risorse al fine di generare<br />
ed orchestrare servizi intelligenti.<br />
Ogni funzionalità <strong>del</strong>la PEIS-Home viene<br />
condivisa tramite <strong>il</strong> PEIS Middleware,<br />
una infrastruttura software completamente<br />
distribuita che rende possib<strong>il</strong>e<br />
ad ogni PEIS di accedere a qualunque<br />
tupla di altri PEIS (si veda la figura 11).<br />
L’aggiunta di un nuovo componente<br />
alla PEIS-Ecology, come l’aspirapolvere<br />
60 Iquadernidi
LA PEIS HOME: UN LABORATORIO PER LO SVILUPPO DI A<strong>MB</strong>IENTI DOMESTICI INTELLIGENTI<br />
di Gun<strong>il</strong>la, avviene tramite un meccanismo di publishing:<br />
ogni PEIS comunica i propri attributi controllab<strong>il</strong>i (ad<br />
esempio, l’attivazione e lo spegnimento <strong>del</strong>l’aspirapolvere,<br />
la sua velocità e direzione di avanzamento) ed osservab<strong>il</strong>i<br />
(ad esempio, lo stato <strong>del</strong>le batterie). Si noti che<br />
alcune <strong>del</strong>le proprietà dei PEIS non sono direttamente<br />
osservab<strong>il</strong>i, ma possono essere dedotte da altri PEIS.<br />
Nel caso <strong>del</strong>l’aspirapolvere, la posizione corrente <strong>del</strong>l’apparecchio<br />
non è conosciuta dal componente stesso,<br />
in quanto l’aspirapolvere non mantiene una mappa<br />
<strong>del</strong>l’ambiente. Come molti odierni aspirapolvere autonomi,<br />
quello di Gun<strong>il</strong>la non pianifica un percorso, bensì<br />
gira per casa in modo casuale. È dotato di sensori<br />
molto semplici: un“paraurti” che segnala all’apparecchio<br />
se è avvenuto un contatto con un ostacolo, e una serie<br />
di sensori a infrarossi in grado di r<strong>il</strong>evare ostacoli a<br />
breve distanza. La capacità <strong>del</strong>la PEIS-Ecology di segnalare<br />
all’aspirapolvere che non deve operare in una zona<br />
in cui si trova Gun<strong>il</strong>la si basa sull’orchestrazione di<br />
più servizi che risiedono su PEIS diversi distribuiti nell’ambiente:<br />
le telecamere forniscono immagini <strong>del</strong>l’ambiente;<br />
queste immagini vengono elaborate da un componente<br />
che ut<strong>il</strong>izza algoritmi di visione artificiale per<br />
dedurre la posizione <strong>del</strong>l’aspirapolvere e degli umani<br />
presenti; un componente“controllore” che si occupa di<br />
bloccare l’avanzamento <strong>del</strong>l’aspirapolvere nel momento<br />
in cui si avvicina ad una zona dove si trova Gun<strong>il</strong>la.<br />
L’esempio <strong>del</strong>l’aspirapolvere mette in luce alcune<br />
<strong>del</strong>le proprietà fondamentali <strong>del</strong>la f<strong>il</strong>osofia PEIS-Ecology.<br />
In particolare, l’approccio distribuito fac<strong>il</strong>ita l’espandib<strong>il</strong>ità,<br />
laddove l’aggiunta di un nuovo componente si<br />
riduce allo stab<strong>il</strong>ire le relazioni funzionali che esistono<br />
fra <strong>il</strong> nuovo dispositivo ed i PEIS preesistenti. Queste<br />
reazioni vengono mo<strong>del</strong>late sotto forma di tuple, elementi<br />
informativi condivisi che permettono a più PEIS<br />
di condividere le proprie funzionalità, e che forniscono<br />
un meccanismo per la definizione di funzionalità<br />
composte (come la localizzazione di un componente<br />
che non è in grado di percepire l’ambiente).<br />
La PEIS-Ecology è concepita per sv<strong>il</strong>uppare ambienti<br />
in cui una moltitudine di agenti contribuiscono a fornire<br />
servizi che emergono dall’orchestrazione di funzionalità<br />
più semplici. Si noti che nell’esempio <strong>del</strong>l’aspirapolvere<br />
<strong>il</strong> servizio fornito dalla PEIS-Ecology emerge<br />
da una semplice composizione di tre PEIS. La particolare<br />
composizione di servizi in una PEIS-Ecology si<br />
chiama configurazione. Un aspetto fondamentale <strong>del</strong><br />
concetto di PEIS-Ecology è che tale configurazione<br />
OTTOBRE2008<br />
Figura 11. Livelli logici in una PEIS Ecology e ruolo <strong>del</strong><br />
middleware distribuito.<br />
venga generata autonomamente e a tempo di esecuzione<br />
all’interno <strong>del</strong>la PEIS-Ecology stessa, in dipendenza<br />
dal servizio richiesto e dalle risorse disponib<strong>il</strong>i. Il seguente<br />
esempio <strong>il</strong>lustra le capacità di auto-configurazione<br />
e ri-configurazione di una PEIS-Ecology.<br />
Gun<strong>il</strong>la è a letto, ammalata con la solita influenza<br />
autunnale.Avrebbe voglia di leggere <strong>il</strong> suo libro,<br />
che ha lasciato in giro per casa, non sa bene dove.<br />
Attraverso <strong>il</strong> suo telefonino, richiede alla PEIS<br />
Home di portarle <strong>il</strong> libro. L’ecologia individua <strong>il</strong> libro<br />
in questione tramite un tag RFID posto nella<br />
copertina, ed <strong>il</strong> robot domestico viene inviato a<br />
prenderlo. Una volta preso, Astrid naviga verso la<br />
stanza da letto per dare a Gun<strong>il</strong>la <strong>il</strong> suo libro.<br />
Alcuni dei PEIS ut<strong>il</strong>izzati in questo esempio sono:<br />
Astrid, un robot equipaggiato con una telecamera,<br />
vari sensori per la navigazione, ed un semplice gripper<br />
per afferrare oggetti.<br />
Tracker, un componente in grado di tracciare la posizione<br />
di oggetti in movimento nell’ambiente (come<br />
esseri umani e robot) usando una serie di telecamere<br />
ambientali montate sul soffitto <strong>del</strong>l’appartamento.<br />
Il campo visivo <strong>del</strong>le telecamere compre tutto l’appartamento<br />
eccetto la stanza da letto.<br />
Una serie di componenti RFID-Reader, costituiti da<br />
lettori di tag RFID posti sotto vari ripiani in casa (e.g.,<br />
sotto <strong>il</strong> tavolo <strong>del</strong>la cucina, nei ripiani <strong>del</strong> frigo, ecc.)<br />
Configuration-Planner, un componente software in<br />
grado di computare a tempo di esecuzione quali PEIS<br />
debbano essere collegati in modo da fornire un determinato<br />
servizio.<br />
61
A partire da questi ingredienti, la PEIS Home esegue<br />
la richiesta di Gun<strong>il</strong>la come mostrato di seguito.<br />
Le figure 12-15 riportano i vari momenti di una<br />
prova sperimentale effettuata per emulare tale<br />
esempio. I dettagli <strong>del</strong>l’esperimento ed un video<br />
completo sono disponib<strong>il</strong>i online alla pagina<br />
http://aass.oru.se/~peis/demonstrator.html#scenario7.<br />
Il Configuration-Planner riceve la richiesta di Gun<strong>il</strong>la,<br />
analizza la disponib<strong>il</strong>ità corrente dei PEIS nell’ecologia<br />
e deduce un piano d’uso dei PEIS disponib<strong>il</strong>i<br />
per andare a prendere <strong>il</strong> libro. Il primo passo <strong>del</strong><br />
piano consiste nel trovare <strong>il</strong> libro.<br />
Il sistema riscontra, tramite <strong>il</strong> RFID-Reader sotto <strong>il</strong><br />
tavolo <strong>del</strong>la cucina, che <strong>il</strong> libro si trova sul tavolo. Le<br />
coordinate <strong>del</strong> tavolo vengono comunicate ad Astrid<br />
affinché vi si rechi.<br />
Come tutti i robot autonomi,Astrid ha bisogno di conoscere<br />
la propria posizione (localizzarsi) in ogni istante<br />
<strong>del</strong>la navigazione.A tal fine, può ut<strong>il</strong>izzare un sensore<br />
laser a bordo, che però richiede un ut<strong>il</strong>izzo molto intenso<br />
<strong>del</strong>le sue batterie. Dal momento che la posizione<br />
di Astrid può essere tracciata daTracker, <strong>il</strong> Configuration-Planner<br />
decide di collegare Astrid a quest’ultimo<br />
componente per ottenere informazioni di posizione.<br />
Una volta raggiunto <strong>il</strong> tavolo <strong>del</strong>la cucina,Astrid accende<br />
la propria telecamera. Al fine di capire quale<br />
degli oggetti che vede è <strong>il</strong> libro, Astrid accede ai dati<br />
contenuti nel tag RFID <strong>del</strong> libro, che riporta le sue<br />
dimensioni fisiche ed altri parametri ut<strong>il</strong>i alla sua individuazione<br />
nell’immagine e alla sua manipolazione.<br />
Dopo aver raccolto <strong>il</strong> libro, Astrid calcola un percorso<br />
per recarsi nella stanza da letto. Durante <strong>il</strong> percorso,<br />
viene a mancare l’informazione fornita daTracker<br />
sulla posizione di Astrid, in quanto le telecamere<br />
ambientali non coprono la stanza da letto. A questo<br />
punto, <strong>il</strong> Configuration-Planner accende <strong>il</strong> laser a bordo<br />
di Astrid, permettendo così al robot di navigare<br />
autonomamente verso <strong>il</strong> letto.<br />
L’esempio <strong>del</strong> libro mostra un problema interessante<br />
legato al fatto che <strong>il</strong> comportamento intelligente<br />
nella PEIS-Ecology emerge dalla combinazione di servizi<br />
distribuiti. In questo esempio l’ecologia ut<strong>il</strong>izza due<br />
configurazioni al fine di ottenere e portare <strong>il</strong> libro a<br />
Gun<strong>il</strong>la: la prima fa uso <strong>del</strong> Tracker per la navigazione<br />
<strong>del</strong> robot, mentre la seconda vede l’uso di un altro sensore<br />
a bordo <strong>del</strong> robot nel momento in cui <strong>il</strong>Tracker<br />
non è più in grado di tracciare la posizione di Astrid.<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
Figura 12. L’utente è malato e richiede <strong>il</strong> suo libro.<br />
Figura 13. Il robot Astrid viene mandato a prendere <strong>il</strong> libro.<br />
Figura 14. Il libro viene riconosciuto nel campo visivo<br />
<strong>del</strong> robot tramite <strong>il</strong> suo tag RFID.<br />
In generale, la computazione <strong>del</strong>la configurazione da<br />
ut<strong>il</strong>izzare dati una serie di obiettivi costituisce un problema<br />
di pianificazione. Nella PEIS Home, questo problema<br />
viene risolto dal Configuration-Planner, un componente<br />
software che ut<strong>il</strong>izza algoritmi di pianificazione<br />
realizzati con tecniche di Intelligenza Artificiale.<br />
Inoltre, l’esempio mostra un altro problema aperto<br />
<strong>del</strong>la robotica, quello <strong>del</strong> perceptual anchoring. Questo<br />
problema si pone quando un agente intelligente in<br />
grado di percepire l’ambiente deve stab<strong>il</strong>ire una cor-<br />
62 Iquadernidi
LA PEIS HOME: UN LABORATORIO PER LO SVILUPPO DI A<strong>MB</strong>IENTI DOMESTICI INTELLIGENTI<br />
Figura 15. Astrid cessa di essere visib<strong>il</strong>e al Tracker quando entra in camera da letto. Il Configuration-Planner<br />
riconfigura di conseguenza <strong>il</strong> sistema per usare i sensori a bordo di Astrid.<br />
rispondenza fra le sue percezioni degli oggetti <strong>del</strong> mondo<br />
ed i simboli che usa per mantenere una rappresentazione<br />
interna di tali oggetti. Nell’esempio,Astrid deve<br />
associare <strong>il</strong> simbolo “libro” all’oggetto che vede sul<br />
tavolo. Per fare questo, usa un anchor (letteralmente,<br />
àncora) costituito dalle informazioni restituite dal tag<br />
RFID nel libro. In generale, la questione <strong>del</strong> perceptual<br />
anchoring è stata studiata nella PEIS Home in un con<strong>testo</strong><br />
cooperativo, in cui diversi PEIS possono contribuire<br />
alle informazioni che definiscono <strong>il</strong> legame fra<br />
simboli e percezioni (cooperative anchoring).<br />
PASSATO, PRESENTE E FUTURO<br />
DEL PROGETTO PEIS ECOLOGY<br />
Il progetto PEIS-Ecology trae ispirazione dalla disciplina<br />
biologica di “ecologia”, ossia lo studio <strong>del</strong>le relazioni<br />
fra diverse specie e come queste relazioni sono collegate<br />
all’ambiente in cui esse vivono. Come nel regno<br />
OTTOBRE2008<br />
<br />
<br />
<br />
animale, la relazione fra diversi PEIS e l’ambiente in una<br />
PEIS-Ecology può essere studiata in termini di mutualità<br />
e reciprocità: una PEIS-Ecology raggruppa entità “animate”<br />
(PEIS) ed entità “non-animate” (oggetti non-<br />
PEIS). Entità animate interagiscono con entità non animate<br />
tramite sensori ed attuatori, ed interagiscono tra<br />
di loro con sensori, attuatori e scambio diretto tramite<br />
tuple. Come i sistemi biologici, una PEIS-Ecology è<br />
fortemente eterogenea, ossia include diverse “specie”<br />
di entità animate.Tramite questo meccanismo di cooperazione,<br />
diverse specie possono avere relazioni di<br />
tipo simbiotico fra di loro, ossia possono ut<strong>il</strong>izzare le<br />
funzionalità di altri PEIS laddove necessario.<br />
Il progetto PEIS-Ecology nasce da una collaborazione<br />
fra l’Università di Örebro e l’istituto coreano<br />
ETRI (Electronics andTelecommunications Research<br />
Institute).Terminato nel 2007, <strong>il</strong> progetto è andato<br />
ben oltre i propositi iniziali, e continua oggi sotto varie<br />
forme di finanziamento (per lo più nazionali svedesi)<br />
a produrre avanzamenti scientifici in AmI, Intel-<br />
63
ligenza Artificiale e Robotica. Il fulcro applicativo <strong>del</strong>la<br />
ricerca è stato la realizzazione <strong>del</strong>la PEIS Home, un<br />
ambiente sperimentale in cui i risultati <strong>del</strong>la ricerca<br />
vengono istanziati ed ut<strong>il</strong>izzati per analizzare sperimentalmente<br />
l’efficacia dei componenti sv<strong>il</strong>uppati in<br />
un con<strong>testo</strong> di assistenza domestica.<br />
Dal 2004 ad oggi, <strong>il</strong> progetto ha portato allo sv<strong>il</strong>uppo<br />
di numerosi componenti, fra cui algoritmi di visione<br />
artificiale, piattaforme robotiche con varie funzioni<br />
(fra i quali un tavolino mob<strong>il</strong>e ed un robot in grado di<br />
interagire con un essere umano), algoritmi per la pianificazione<br />
di configurazioni e dispositivi per l’olfatto<br />
artificiale (fra cui un “naso artificiale” montato nel frigorifero<br />
in grado di percepire cibi andati a male). Il progetto<br />
ha prodotto la tecnologia ab<strong>il</strong>itante sottostante,<br />
ossia <strong>il</strong> PEIS Middleware. Proprio per via <strong>del</strong>l’eterogeneità<br />
dei componenti che possono esistere in una PEIS-<br />
Ecology, <strong>il</strong> PEIS Middleware è stato concepito per essere<br />
ut<strong>il</strong>izzato in contesti molto generali in termini di<br />
piattaforma hardware (da processori 64 bit multi-core<br />
a microcontrollori a 8 bit) e di sistema operativo<br />
(fra cui sistemi Linux,Windows, OS/X eTinyOS). Infine,<br />
come mostrato nell’esempio di Gun<strong>il</strong>la che richiede<br />
<strong>il</strong> libro, è possib<strong>il</strong>e includere nell’ecologia anche oggetti<br />
senza capacità computazionali, come <strong>il</strong> libro nell’esempio,<br />
oppure <strong>il</strong> contenitore di una bevanda. Questo<br />
meccanismo è stato studiato nell’ambito <strong>del</strong> progetto<br />
PEIS-Ecology con <strong>il</strong> nome di “PEIS-Proxy”.<br />
La disponib<strong>il</strong>ità di una piattaforma quale la PEIS Home<br />
ha permesso di dare luogo ad una serie di iniziative<br />
volte a valutare l’accettab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>la tecnologia sv<strong>il</strong>uppata<br />
con gruppi di potenziali utenti.In collaborazione con l’Istituto<br />
di Scienze eTecnologie <strong>del</strong>la Cognizione <strong>del</strong> CNR,<br />
l’AASS ha sv<strong>il</strong>uppato una valutazione cross-culturale <strong>del</strong>la<br />
tecnologia sv<strong>il</strong>uppata con utenti svedesi ed italiani. Lo<br />
studio, condotto con una metodologia basata su video<br />
e questionari, ha fatto emergere alcune interessanti analogie<br />
e differenze fra le due popolazioni. In particolare, si<br />
riscontra come <strong>il</strong> campione italiano sia in generale più<br />
scettico di quello svedese sull’ut<strong>il</strong>ità di un ambiente domestico<br />
intelligente, mentre entrambi i gruppi concordano<br />
sulla forma e modalità di interazione che dovrebbe<br />
avere un robot domestico. Siamo convinti che con<br />
l’aumento <strong>del</strong> livello di maturità <strong>del</strong>la tecnologia sv<strong>il</strong>uppata<br />
nella PEIS Home aumenti l’importanza di valutare<br />
la tecnologia prodotta.Oltre che fornire interessanti spunti<br />
per la ricerca futura, la valutazione con potenziali utenti<br />
è un passo fondamentale verso l’adozione di tale tec-<br />
ROBOT FRA REALTÀ E FANTASIA<br />
nologia nel mondo reale.A tal fine, abbiamo in progetto<br />
lo sv<strong>il</strong>uppo di nuove iniziative di valutazione basate<br />
sulla metodologia “Wizard of Oz”, in cui gli utenti vengono<br />
posti all’interno <strong>del</strong>l’ambiente fisico reale (la PEIS<br />
Home) ed invitati ad ut<strong>il</strong>izzare i servizi predisposti per<br />
poi valutarli a mezzo di questionari ed interviste.<br />
Tutti i componenti software prodotti all’interno <strong>del</strong><br />
progetto PEIS-Ecology sono r<strong>il</strong>asciati come open-source<br />
sotto licenze GNU. Questo principio di apertura risponde<br />
alla necessità <strong>del</strong>la comunità di ricerca che sv<strong>il</strong>uppa<br />
soluzioni per ambienti intelligenti di convergere<br />
verso uno standard aperto e condiviso. Riteniamo che<br />
lo stesso principio debba valere nella ventura fase di<br />
valutazione dei risultati tecnologici.A tal fine, l’Università<br />
di Örebro si accinge ad estendere le strutture <strong>del</strong>la<br />
corrente PEIS Home per creare <strong>il</strong> “SOFTEC – Swedish<br />
Open Fac<strong>il</strong>ity for Technology in Elder Care”, un<br />
centro di ricerca aperto alla comunità scientifica ed industriale<br />
internazionale per lo sv<strong>il</strong>uppo e la valutazione<br />
di soluzioni per la casa intelligente tese al miglioramento<br />
<strong>del</strong>la qualità di vita <strong>del</strong>le persone anziane.<br />
Per saperne di più<br />
Per ulteriori dettagli sul progetto PEIS-Ecology si veda<br />
l’articolo [A. Saffiotti et al.,“The PEIS-Ecology Project:<br />
vision and results,” in Proc. of the IEEE/RSJ Int. Conf. on<br />
Intelligent Robots and Systems (IROS). Nice, France,<br />
2008]. L’archivio completo di pubblicazioni e video dimostrativi<br />
concernenti <strong>il</strong> progetto PEIS-Ecology è disponib<strong>il</strong>e<br />
al sito http://aass.oru.se/~peis/. I risultati <strong>del</strong>la<br />
valutazione cross-culturale effettuata con utenti svedesi<br />
ed italiani sono riportati in [G. Cortellessa et al.,<br />
“A Cross-Cultural Evaluation of Domestic Assitive Robots,”<br />
in Proc. of the AAAI Fall Symposium on AI and Eldercare,<br />
Washington, DC (USA), 2008].<br />
Federico Pecora e Alessandro Saffiotti<br />
Center for Applied Autonomous Sensor Systems<br />
Örebro University<br />
Ringraziamenti<br />
Gli Autori desiderano ringraziare le seguenti persone per <strong>il</strong> loro<br />
contributo allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>del</strong> progetto PEIS-Ecology ed alla realizzazione<br />
<strong>del</strong>la PEIS Home: Mirko Bordignon, Mathias Broxvall,<br />
Marcello Cir<strong>il</strong>lo, Marco Gritti, Donatella Guarino, Lars Karlsson,<br />
Kevin LeBlanc,Amy Loutfi, Robert Lundh, Jayedur Rashid, Rafael<br />
Salinas, Beom-Su Seo, Bo-Lennart S<strong>il</strong>verdahl e Per Sporrong.<br />
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