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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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dimensioni hanno assunto anche nella montagna alpina lombarda. Questi ultimi, non ritenendo<br />

conveniente alpeggiare il bestiame lattifero, caricano le alpi con manze e vacche asciutte. La riduzione<br />

della domanda d’alpeggio per capi da latte ha portato anche ad un discreto aumento del numero di<br />

equini oltre che ad una ripresa dell’alpeggio ovino ed all’affermazione del fenomeno inedito del carico<br />

di bestiame bovino di razze da carne 420 . L’adeguamento a forme di gestione a “mandria unica” e,<br />

soprattutto, con un unico caseificio, ha comportato e comporta difficoltà dove, in precedenza, ogni<br />

famiglia disponeva di una propria piccola stalla e caseificava nella propria baita. Dove la proprietà<br />

apparteneva al comune o ad un consorzio è stato a volte possibile edificare nuovi fabbricati adeguati<br />

alle nuove e mutate esigenze della gestione unitaria (o basata su forme di cooperazione); ben più<br />

difficile l’accordo <strong>tra</strong> soci nel caso di proprietà condominiali meno organizzate. Interessante –perché<br />

in controtendenza rispetto ai processi di disgregazione delle forme di gestione <strong>tra</strong>dizionali- il caso<br />

dell’Alpe Mara, all’inizio del XX secolo gestita in forma dissociata e poi abbandata tanto che<br />

l’amminis<strong>tra</strong>zione della “Comunione ed universalità” dei frazionisti di S.Maria di Montagna era stata<br />

commissariata per mancato pagamento delle imposte. A metà degli anni ’60 i frazionisti hanno<br />

in<strong>tra</strong>preso l’edificazione di una nuova “Casa del latte” e hanno provveduto ad acquistare le<br />

attrezzature per il caseificio. La gestione venne affidata ad un casaro coadivuvato da 4 mungitori<br />

mentre l’Amminis<strong>tra</strong>zione garantiva la sorveglianza e una apposita Commissione provvedeva al<br />

controllo della produzione. Nel 1967, a fine luglio, una festa popolare sull’alpe sottolineò il successo<br />

dell’iniziativa 421 . In anni più recenti l’Alpe di Montespluga in alta Val S.Giacomo (So), di proprietà<br />

di un Consorzio con numerosi soci, ha sviluppato non solo l’attività di un caseificio sociale, ma anche<br />

un sistema di mungitura mobile che vede la collaborazione diretta dei soci quando, sino a pochi anni<br />

fa, ognuno provvedeva a radunare e a mungere per contro proprio i propri capi 422 .<br />

Nel complesso i fenomeni di atrofizzazione e depotenziamento dei contenuti zoocaseari dell’alpeggio<br />

(al tempo stesso tecnico-economici e culturali) risultano contenuti anche se localmente possono<br />

apparire vistosi 423 . La produzione e la <strong>tra</strong>sformazione del latte interessano oltre il 60% delle alpi<br />

caricate e ben 3.500 aziende zootecniche inviano i loro capi all’alpeggio 424 .<br />

Le generali <strong>tra</strong>sformazioni agricole ed economiche delle vallate alpine <strong>lombarde</strong> hanno comunque<br />

inciso profondamente sul significato socioculturale, oltre che economico e produttivo, di questo<br />

420 Tale fenomeno, in ragione della brevità della stagione di pascolo <strong>nelle</strong> condizioni climatiche alpine, non si giustifica tanto<br />

in termini tecnici quanto speculativi (riscossione di premi per l’utilizzo dei pascoli, artificiosa riduzione del carico di<br />

bestiame aziendale ai fini del rientro nei parametri di impatto ambientale). Non si può negare che, anche nel caso del carico<br />

di bestiame da latte, questa componente sia parzialmente <strong>presente</strong>.<br />

421 “oltre 800 persone, fra Autorità e cittadini dediti anche ad attività non agricola, si sono recati all’appuntamento,<br />

arrampicandosi a piedi, a cavallo, con qualche mulo, per raggiungere la “Casa del latte” dove era in preparazione una<br />

gigantesca “polenta targana”. I convenuti all’appuntamento hanno consumato, a titolo di cronaca, incalcolabili quantità di<br />

polenta, 60 chilogrammi di burro, 70 chilogrammi di formaggio, 470 litri di latte, ed altri contorni forniti<br />

dall’Amminis<strong>tra</strong>zione. La stessa si è anche preoccupata di organizzare giochi con vari premi e di portare note allegre con la<br />

presenza della Banda musicale del paese. In questo modo il Presidente della Quadra [il nome locale della vicìnia]ha fatto<br />

provar con mano, ai vari visitatori, come l’Alpe Mara sia sfruttabilissima dal punto di vista turistico in quanto ha già<br />

un’economia in fase di sviluppo condizionata solo dalla mancanza della s<strong>tra</strong>da” L. Bisicchia, op. cit. In questa cronaca<br />

appaiono interessanti –e si prestano a profonde considerazioni sul rapporto <strong>passato</strong>-futuro- l’interesse per la<br />

“multifunzionalità” (assurta a grande considerazione solo da pochi anni) da parte di una istituzione antichissima (la vicìnia), e<br />

i diversi significati della festa: celebrazione, coesione e alleanza <strong>tra</strong> diversi gruppi sociali, mobilitazione e negoziazione<br />

(intorno all’obiettivo della realizzazione del collegamento s<strong>tra</strong>dale).<br />

422 Anche in questo caso, senza pretesa di generalizzazioni, è possibile rin<strong>tra</strong>cciare un filo che lega il <strong>passato</strong> al futuro. Le<br />

forme di gestione associata diretta “<strong>tra</strong> pari” (con lo svolgimento cooperativo delle operazioni manuali da parte degli stessi<br />

proprietari del bestiame), sicuramente più primitive di quelle indirette (realizzate mediante l’affidamento a salariati), sono<br />

rese possibili dalla disponibilità di nuove tecnologie e da uno spirito di cooperazione mediato dalla consapevolezza.<br />

423 Clamoroso è il caso della Val Taleggio, il cui nome è così profondamente legato alla <strong>tra</strong>dizione casearia lombarda. In<br />

questa valle, dove all’inizio del secolo il carico normale, ampiamente superato, era considerato di 1100 capi bovini grossi<br />

(IPABg, p. 42-53) sono attualmente caricate sulle alpi pascolive poche decine di capi asciutti (una trentina di vacche in<br />

lattazione del comune di Vedeseta utilizzano i pascoli di Artavaggio pertinenti alla Valsassina). Se si considera il valore<br />

paesaggistico e turistico dei pascoli taleggini, legato anche a significative valenze storico-culturali e alla vicinanza da<br />

Bergamo e Lecco, ma anche Milano, appare in tutta evidenza l’assenza di una politica attiva a favore del sistema degli<br />

alpeggio come risorsa territoriale sia a livello locale che regionale (si veda M.Corti e G. De Ros, Un sistema zootecnico di<br />

una valle prealpina e le sue prospettive alla luce di criteri si sostenibilità: il caso della Valtaleggio, Quaderni Sozooalp, n. 2,<br />

2004, in corso di stampa.<br />

424 Fonte SiAlp-Regione Lombardia.

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