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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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Alcune interessanti osservazioni merita anche il vestiario dei bergamini, che ha diversi aspetti in<br />

comune con l’abbigliamento degli alpigiani delle regioni alpine di lingua tedesca: immancabile il<br />

grembiale di tela azzurra (scussaar), che poteva essere anche di cuoio, rotondo cappello scuro di feltro<br />

(capèl trentín), camiciotto, pesante mantello di lana (tabár, documentato di vari colori, nero, grigio,<br />

marrone, verde, bianco, associati anche a usi rituali -per esempio il bianco alla partecipazione ai<br />

funerali-). Il Volpi osservava anche come i bergamini più vecchi indossassero calzoncini corti al<br />

ginocchio e lunghe uose che rivestivano i polpacci, zoccoli di legno e lunghi bastoni, portavano anche<br />

grossi orecchini d’oro ad en<strong>tra</strong>mbe le orecchie 411 . Anche nella Milano degli anni ‘20-’30 del XX<br />

secolo era possibile imbattersi nei bergamini con la loro “divisa”. 412<br />

Un’altro aspetto delle <strong>tra</strong>dizioni legate all’alpeggio, ancora vive sino ancora a pochi decenni orsono<br />

sulle alpi <strong>lombarde</strong>, è quello della lotte per la regiura della málga.<br />

Tali lotte come dimos<strong>tra</strong> la descrizione seguente hanno molti aspetti in comune con le batailles des<br />

reines della Val d’Aosta:<br />

“Il proprietario della regiura è orgoglioso della sua bestia, Il primo giorno di monticazione, mentre la lotta per la supremazia<br />

della malga è in pieno svolgimento e cominciano ad emergere le più forti, i pastori, ai quali si aggiungono anche i lacer,<br />

fanno il tifo per una per l’al<strong>tra</strong> campionessa. Un tempo, quando i pastori erano più numerosi, questa lotta era seguita con<br />

grande interesse e il tifo si faceva alle volte particolarmente acceso se nasceva una rivalità <strong>tra</strong> due pastori o fra il caricatore e<br />

un pastore che volevano a tutti i costi avere la regiura, I due rivali incitavano la loro bestia, la seguivano attentamente nella<br />

lotta. Gli altri pastori parteggiavano per l’una o per l’al<strong>tra</strong>. In questi casi la vittoria era molto ambita. Raramente si poteva<br />

trovare persino il pastore che giunto in prossimità dell’alpeggio, somminis<strong>tra</strong>va alla mucca su cui riponeva le sue speranze,<br />

vino inzuppato nel pane, oppure glielo faceva <strong>tra</strong>cannare magari da un fiasco, La mucca diventava eccitata, si batteva con<br />

grande vigore e magari riusciva a vincere. Il doping, naturalmente, era tenuto segreto (...). Queste storie di regiuri si<br />

diffondevano negli alpeggi, anche da valle a valle. Il primeggiare della regiura era un fatto sportivo. Per coloro che<br />

arrivavano sull’alpeggio e vedevano la malga era di prammatica la domanda: “qual’è la regiura? 413 ”.<br />

11. Gli sviluppi dalla seconda metà del XX secolo ad oggi: <strong>passato</strong> e <strong>presente</strong><br />

I dati del censimento eseguito agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso mos<strong>tra</strong>no una forte<br />

con<strong>tra</strong>zione del numero delle alpi e dei capi caricati indicando come, a quell’epoca, fossero già<br />

intervenuti quei fattori di crisi che, dopo un relativo “congelamento” del periodo <strong>tra</strong> le due guerre<br />

mondiali, determinarono <strong>tra</strong> gli anni ’50 e ’60 un profondo ridimensionamento della pratica alpestre.<br />

Purtroppo non è possibile il confronto <strong>tra</strong> i dati degli anni ’70 e quelli dell’inizio del secolo per<br />

l’insieme della Lombardia perché, nella provincia di Brescia, l’indagine dei primi del novecento non<br />

potè essere eseguita. Il calo del numero delle alpi caricate nel corso del XX secolo (esclusa Brescia)<br />

risulta del 34%. Mentre il calo delle alpi caricate appare più evidente <strong>tra</strong> gli anni ’70 e la fine del<br />

secolo, quello del carico di bestiame risulta avvenuto per la maggior parte nel periodo precedente. Al<br />

fine di un confronto realistico nel calcolo delle Uba (unità bovino adulto) si è tenuto conto della<br />

diversa taglia del bestiame alle diverse epoche utilizzando il coefficiente di 0,65 e 0,85,<br />

rispettivamente per l’inizio XX secolo e per gli anni ’70, per consentire il confronto diacronico con il<br />

<strong>presente</strong>. Nelle provincie di Bergamo, Como e Lecco il carico è aumentato <strong>tra</strong> gli anni ’70 e la fine del<br />

XX secolo.<br />

411 Che, oltre ad una funzione ostentativa, avrebbero svolto anche quella di protezione contro il “mal d’occhi”.<br />

412 La divisa di mandriano (tabár di “lana pelosa” e grembiale, come osservava il Formigoni – Sindacato Allevatori<br />

Valsassinesi, La Valsassina e l’allevamento del bestiame bovino di razza Bruna, Lecco, 1930, p.7), l’inseparabile bastone, il<br />

cappello di feltro e gli zoccoli di legno, distinguevano immediatamente i bergamín che convenivano, ancora negli anni ’30<br />

del XX secolo, al mercato del mercoledì in Piazza Fontana, nel cuore di della metropoli milanese. Essi si distinguevano in<br />

mezzo agli agricultùur vestiti alla moda borghese (gilét, paletòt, cravatta, paglietta d’estate, bombetta e borsalino), ma non<br />

mancavano di esibire, oltre ai grossi anelli d’oro alle orecchie (un costume ben poco consono per un maschio europeo<br />

“civilizzato” del XX secolo!), anche voluminose “cipolle” e catene d’oro (varie interviste dell’autore a bergamini negli anni<br />

2001-2002). Alla base di questa completa assenza di sensi di inferiorità rispetto ai “borghesi” si possono individuare due<br />

motivi: 1) fintanto che il bergamino non si “fissava” e manteneva uno stile di vita seminomade il suoi riferimenti culturali<br />

erano largamente es<strong>tra</strong>nei alle gerarchie e ai modelli della società “stanziale”; 2) i bergamín avevano chiaro il senso di una<br />

superiorità economica e sociale, derivante dal rappresentare un’aristocrazia pastorale. Mentre i fitául si affannavano a esibire<br />

uno status che confermasse la loro appartenenza alla borghesia davanti ai paisan (impegnando una non <strong>tra</strong>scurabile quota di<br />

reddito) i bergamín disponevano di risorse che consentivano loro di concedere prestiti ai conduttori-capitalisti delle aziende<br />

che li ospitavano assillati da ricorrenti problemi di liquidità in relazione al ciclo agrario e al livello dei canoni.<br />

413 G.Bianchini, op.cit., 1988.

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