16.06.2013 Views

L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Tra le pratiche magico-protettive mediate dalla chiesa cattolica assumevano grande importanza in<br />

alpeggio (dove la presenza del prete era saltuaria) quelle legate ad alcuni oggetti apotropaici. Tra<br />

questi figuravano il sale benedetto, che veniva distribuito agli animali intorno alle baite e sulle zone di<br />

pascolo, la cera benedetta (che veniva fatta colare sugli animali e dentro le campane). La protezione<br />

contro l’incendio delle baite era assicurata dal carbone del fuoco del sabato santo 389 ; quella contro le<br />

saette dai rami d’ulivo della domenica delle palme, che venivano bruciati davanti alle baite<br />

all’approssimarsi del temporale. Si deve comunque osservare che tutte queste pratiche magiche<br />

risultano comuni a quelle degli allevatori lombardi anche al di fuori dell’area alpina 390 .<br />

La presenza della Chiesa e dei simboli della religione cattolica sull’alpeggio era assicurata non solo<br />

dalle numerose croci e santelle collocate sui sentieri e mulattiere di salita alle alpi pascolive 391 , ma<br />

anche dall’edificazione di cappelle, chiesette e santuari alpestri che garantivano il servizio religioso<br />

alle numerose persone –spesso centinaia- che <strong>nelle</strong> alpi “a villaggio” (ma anche in quelle a conduzione<br />

gestite in modo unitario da alcuni “soci” con le relative famiglie), <strong>tra</strong>scorrevano l’estate lontane dai<br />

centri permanenti. 392<br />

Gli edifici religiosi presenti sulle alpi e nei comprensori alpivi, oltre che essere utilizzati per le<br />

celebrazioni domenicali, erano anche il centro di riti festivi in occasione delle principali solennità che<br />

cadevano durante il periodo dell’alpeggio.<br />

Le feste religiose hanno rappresentato un elemento di continuità <strong>tra</strong> la vita <strong>tra</strong>dizionale all’alpeggio e il<br />

<strong>presente</strong>. In moltissime alpi i falò erano accesi in occasione con le feste di dedicazione degli edifici<br />

religiosi dell’alpe, delle sagre patronali nei paesi sottostanti o di particolari solennità (S.Giovanni,<br />

S.Lorenzo, Madonna di Agosto) nonchè in occasione della vigilia della discesa dall’alpeggio.<br />

La <strong>tra</strong>dizione dell’accensione dei falò prevede l’incendio di una catasta di legna accumulata presso le<br />

baite delle stesse alpi stesse o sulle vicine cime montuose, da dove si possono scorgere in lontananza<br />

le colonne di fuoco. Nonostante la coincidenza dell’accensione dei falò con le festività religiose le<br />

finalità propiziatorie dei falò erano evidenti. La preparazione dei falò rappresentava essa stessa un rito<br />

che impegnava per una settimana i pastorelli nella raccolta della legna 393 . In alta Valle camonica la<br />

festa della smonticazione müdà ‘n zóo, era sottolineata dai canti delle ragazze e dall’accensione di falò<br />

che assumevano diversi significati: si sottolineava la fine di un ciclo produttivo e stagionale (brüssà l<br />

bóntémp); i giovani saltavano <strong>tra</strong> le fiamme, sia per dimos<strong>tra</strong>re coraggio e destrezza 394 che per<br />

proteggersi da malattie e, conformemente agli antichi rituali pastorali magico-taumaturgici si faceva<br />

passare il bestiame <strong>tra</strong> i falò accesi 395 . A differenza delle pratiche magico-protettive mediate dalla<br />

chiesa cattolica sopra richiamate (sale, cera benedette), il rituale delle colonne di fuoco rappresentava<br />

un elemento in cui la cristianizzazione era assente e che assumeva un forte significato nel rinnovare<br />

Pelsopra e unna formagela alla Comunità de lire quatro stagionata e sara obbligato a darre tutti quelli che verano conla<br />

procesione il giorno di S.to Giuliano a lape li darà la solita Mascharpa suficiente alla quantita delle persone e di piu sarra<br />

obbligato a dare al signor Curato di Pelsopra unna formagela da Lire 4 stagionata e il suo Motalino di Mascharpa e li dara alli<br />

reverendi Padri Capucine di porleza lirete dieci Butiro” in: C.Patocchi e F.Pusterla, Lingua e cultura in Val d’Intelvi, Senna<br />

Comasco (Co), 1983, p. 127.<br />

389<br />

Nel piazzale antistante gli edifici sacri si bruciava il sabato santo una grande catasta di legna e il carbone benedetto dal<br />

sacerdote veniva raccolto dai contadini e sparso negli orti, nei prati e nei campi per ottenere un buon raccolto. Il carbone<br />

veniva anche portato a casa per mescolarlo con il fuoco domestico onde scongiurare gli incendi.<br />

390<br />

Cfr. A. De Battista, Contadini nell’alta Brianza, 2000, Oggiono (Lc), p. 204.<br />

391<br />

Spesso in coincidenza di siti con presenze cultuali dell’antica religione.<br />

392<br />

Significativa a questo proposito la vicenda del Santuario della Madonna della Neve di Biandino in Valsassina (Lc). Nello<br />

Stato d’anime della Parrocchia di Introbio del 1574 alla voce “Disordini” si lamentava che: “Li bergamini per tre mesi<br />

continovi l’estate et li pastori che stanno su l’alpi a curar le bestie vengon di rado a messa” (A. Mastalli, Parrocchie e chiese<br />

nel 16° secolo, Memorie storiche della Diocesi di Milano, 4, 1957, 65-142. Dopo 90 anni furono gli stessi bergamini a<br />

rimediare alla situazione edificando non già una piccola chiesetta ma, –a dimos<strong>tra</strong>zione dell’importanza del loro ruolo<br />

economico- un vero e proprio “santuario alpestre” come ci informa l’incipit della targa commemorativa collocata nel 1947:<br />

QUESTO ALPESTRE SANTUARIO DALLA PIETA’ DEI MANDRIANI ANNOVAZZI EDIFICATO (…). Un esempio di grande edificio<br />

religioso realizzato a 2.000 m di altitudine è rappresentato dalla Madonna della Neve di Malghera (sulle alpi di Grosio, So).<br />

393<br />

P.V., intervista cit., ricorda, con riferimento agli anni ’30 del secolo scorso, che si <strong>tra</strong>ttava di un’incombenza piuttosto<br />

faticosa.<br />

394<br />

Il salto <strong>tra</strong> le fiamme dei falò accesi sui monti “quando in paese si festeggia qualche solennità” era citato dal Volpi (op.<br />

cit., p.90) come una delle <strong>tra</strong>dizioni ancora in uso anche presso i pastori bergamaschi “i giovani saltavano <strong>tra</strong> le fiamme<br />

gareggiando <strong>tra</strong> loro in bravura e in agilità, compiendo in tal modo una sorta di rito lus<strong>tra</strong>le o di purgazione.<br />

395<br />

D.M. Tognali, comunicazione personale.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!