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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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10. Credenze, leggende, riti<br />

Il rapporto <strong>tra</strong> fruizione degli alpeggi e popolazione locale, la marginalità o significatività economica e<br />

sociale dell’alpeggio, la natura comunitaria più o meno accentuata dei fatti che ne segnavano il ciclo<br />

assumono importanza cruciale rispetto alla rilevanza culturale che l’alpeggio rivestiva e ha conservato<br />

nell’ambito della cultura locale. Non è un caso se, tutt’oggi, in certe località si associa un forte valore<br />

simbolico all’alpeggio 351 , se, in altre, l’alpe è rimasta al centro di riti collettivi, forme di<br />

socializzazione e azione comunitaria che ridefiniscono in un nuovo contesto socioeconomico il ruolo<br />

rivestito in <strong>passato</strong> dall’alpeggio quale elemento focale della vita comunitaria 352 , se in aree come<br />

l’Alta Vallecamonica, “l’80% delle leggende locali riguarda gli alpeggi” 353 . Non meraviglia quindi se<br />

in alcuni ambiti territoriali delle <strong>Alpi</strong> <strong>lombarde</strong> rinveniamo una varietà di espressioni culturali che si<br />

avvicinano a quelle di paesi e regioni alpine con una radicata e riconosciuta “cultura dell’alpeggio”,<br />

mentre, in altre, tali espressioni non sono rinvenibili o si sono perse da lungo tempo lasciando<br />

l’impressione, anche nello specifico dell’alpeggio, di una condizione di ruralità dimessa, rassegnata,<br />

subita, alienata, quella che Scheuermeier, generalizzando e senza approfondire l’aspetto storico del<br />

fenomeno, attribuiva al mondo contadino “italiano”. 354<br />

Il riferimento agli statuti rurali dell’età tardomedioevale e moderna ha già messo in evidenza come gli<br />

istituti di autogoverno e le norme di gestione dei beni comunitari risultassero, nel loro rigore analitico,<br />

improntate in buona parte delle <strong>Alpi</strong> <strong>lombarde</strong> agli stessi criteri del regime dell’Allmende vigente<br />

presso le comunità alpine a Nord dello spartiacque, istituti e regimi che, non a caso hanno trovato una<br />

forma di continuità particolarmente evidente proprio in quel Canton Ticino 355 che rappresenta una<br />

realtà etnolinguistica con fortissima affinità alla Lombardia occidentale. Non meraviglia, quindi, se<br />

anche le forme culturali: riti festivi e propiziatori, credenze e leggende si rinvenga un ricco panorama<br />

di espressioni comuni alle altre regioni alpine.<br />

Tra le credenze legate all’alpeggio quelli più diffusi rimandano alla dimensione dell’alpeggio come<br />

limes <strong>tra</strong> il mondo dell’aldilà e dell’aldiquà. L’alpeggio partecipa alle due dimensioni: d’estate è<br />

spazio dei vivi (anche se le zone che lo sovrastano sono abitate da presenze soprannaturali), d’inverno<br />

appartiene agli spiriti è uno spazio tabù. La forma più frequente di personificazione di presenze<br />

soprannaturali è quella dei confinati 356 una credenza fortemente radicata in tutte la montagna alpina e<br />

prealpina lombarda. Trattasi di “non morti”, che non possono chiudere gli occhi fin tanto che non<br />

hanno cessato di espiare la propria pena e restano sulla terra in quanto non accettati neppure<br />

all’inferno. Per non interferire con i vivi erano “confinati” da preti esorcisti 357 in luoghi sterili, ma<br />

quando i vivi lasciano l’alpeggio alla fine dell’estate prendono possesso di questo spazio “intermedio”.<br />

L’alpe è quindi luogo privilegiato di una dialettica vivi-morti che prevede momenti di avvicendamento<br />

e di interscambio, oltre che di di demarcazione.<br />

“A settembre gli alpeggi venivano “scaricati”; la montagna alta diveniva allora deserta. Vi si avventuravano soltanto i<br />

cacciatori sino a che la neve non fosse scesa tanto abbondante da impedire il passaggio; anche quelli, tuttavia, in ottobre non<br />

si sarebbero azzardati a <strong>tra</strong>scorrere la notte <strong>nelle</strong> baite abbandonate: di quelle, infatti, avevano già preso possesso gli<br />

“scongiurati” (...) Il timore degli “scongiurati” era tale che solo alla vigilia della stagione d’alpeggio si provvedeva a salire<br />

in alpe e a provvedere a ripristinare i danni di frane e valanghe. 358 ”<br />

Chi infrange il tabù e si <strong>tra</strong>ttiene sull’alpe, oltre le date fissate dalla consuetudine per lo “scarico”,<br />

rischia l’incontro con i confinati come ci indica questo esempio relativo alla Vallecamonica:<br />

351<br />

Significative sono le epressioni del tipo “per noi gli alpeggi sono sacri” che non di rado si sentono pronunciare in realtà<br />

come quelli delle valli del Bitto.<br />

352<br />

Come a Premana.<br />

353<br />

D.M. Tognali, comunicazione personale<br />

354<br />

P. Scheuermeier, op. cit.<br />

355<br />

L’ovvio riferimento è al Patriziato.<br />

356<br />

Noti come cunfináa, cunfinácc, confinèi, scongiuráa, cundanáa.<br />

357<br />

Il ruolo dei preti esorcisti nella “confinazione” e dello scioglimento della medesima rappresenta probabilmente un<br />

elemento introdotto dopo la controriforma.<br />

358<br />

P. Pensa, op. cit., Vol II, p. 445.

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