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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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contingenze. Chiarito che sotto la specie dell’affitto avevano continuato a perpe<strong>tra</strong>rsi anche forme di<br />

economia di sussistenza, non può essere sottaciuta l’importanza che l’alpeggio, gestito at<strong>tra</strong>verso<br />

rapporti di locazione delle proprietà dei comuni (e meno frequentemente mediante la gestione in<br />

economia o mediante salariati di proprietà private), ha rivestito in termini commerciali, specie a partire<br />

dall’inizio dell’età moderna. In Valtellina l’attività d’alpeggio orientata al commercio caseario era<br />

concen<strong>tra</strong>ta <strong>nelle</strong> Valli del Bitto e nell’area limitrofa dove proprietari o affittuari degli alpeggi erano,<br />

spesso, ricchi imprenditori o professionisti. La Presidenza della Commissione d’Inchiesta sui pascolo<br />

alpini della Valtellina nel 1902 affermava che “i caseifici di speculazione di Val del Bitto, ecc. danno<br />

tipi di formaggi pregevoli che trovano facile smercio” 319 . Una realtà simile simile si trovava, in parte,<br />

anche <strong>nelle</strong> valli bergamasche, in Valsassina e <strong>nelle</strong> valli comasche con i migliori pascoli. Melchiorre<br />

Goia, all’inizio del XIX secolo, descriveva nei seguenti termini il sistema di gestione delle alpi basato<br />

sull’affitto.<br />

“Oltre i prati, la massima parte dei comuni possiede dei pascoli estesi sui monti con stalle, qualche casolaio, ed una fontana<br />

nel mezzo. Questi luoghi che si chiamano alpi, vengono affittati dalle comuni, o dai particolari possessori ad uno o più alpieri<br />

per uno o molti anni. Le erbe vi sono bassissime, minute, fitte, e in parte aromatiche. L’alpiere carica questi pascoli di<br />

vacche, di pecore, di capre che prende per così dire a nolo dai particolari della comune stessa o da altri ne’ tre mesi di giugno,<br />

luglio, agosto, e fabbricano burro e formaggio. Si misura l’estensione di un’alpe a vaccate cioè dal numero di bovini che può<br />

alimentare, cinque pecore formano una vaccata. L’affitto di un’alpe non si calcola soltanto sulla di lei estensione, ma sulla<br />

bontà delle erbe, sui maggiori o minori pericoli, e sulla maggior o minore distanza; quindi l’affitto di un alpe dalle trecento<br />

alle seicento lire si estende, l’affitto di una vaccata dalli 30 soldi alli 70. Il nolo di una vacca da pagare al proprietario si<br />

desume dal numero di boccali di latte che si suppone produrre giornalmente; l’alpiere godendo dell’utile dominio di una<br />

vacca ne’ suddetti mesi paga per una volta sola libbre due di burro, cinque di formaggio magro per ogni boccale di latte.<br />

Questi elementi variano da una comune all’al<strong>tra</strong>. Nel Chiavennasco si fissano per base al pagamento del noleggio boccali<br />

due, cosìcchè mettendo in conto il guadagno dell’alpiere, si fa montare il prodotto di una vacca sull’alpe a boccali quattro,<br />

nella stalla del proprietario, ossia nel verno a boccali cinque o sei. Del formaggio fabbricato sulle alpi fassi qualche smercio<br />

anche a Milano. Quello che è formato dal latte caprino è preziosissimo allorchè non riceve qualche battesimo d’acqua, o<br />

d’altro latte s<strong>tra</strong>niero. 320 ”<br />

Il criterio della corresponsione dell’affitto in base al carico e non all’estensione della superficie, era<br />

stato rimarcato anche nell’ambito dell’Inchiesta Czoernig 321 . Cesare Cantù, alla metà del XIX secolo,<br />

descriveva in questi termini la conduzione delle alpi comasche sottolineandone il carattere<br />

imprenditoriale legato alla presenza sulle alpi pascolive di grosse mandrie, in grado di produrre forme<br />

di formaggio adatte alla stagionatura e quindi al commercio 322 , e con<strong>tra</strong>pponendo gli alpee (caricatori)<br />

definiti “persone benestanti” ai “minuti proprietarj 323 :<br />

“Piu su trovansi gli alpi, pianori rivestiti di folte erbe sustanziose e fragranti, che l’inverno restan coperte di neve: son per lo<br />

più di ragione comunale e vengono presi in affitto da mandriani (alpee), persone benestanti che dai minuti proprietarj cui non<br />

basta il fieno per tutto l’anno, pigliano direi a pensione alcune bestie bovine, contribuendo dalle 12 alle 24 lire per bestia, a<br />

norma della quantità di latte che producono. Caricano essi l’alpe all’en<strong>tra</strong>r di giugno, e vi durano tutto l’agosto, pagando un<br />

tanto al Comune, e lassù menano la vita dei patriarchi. Povere capanne sono il loro ricovero, senza letto, senza focolajo, la<br />

polenta e il latte ne formano il cibo consueto, e un cacio pepato (zingherlino) e <strong>nelle</strong> solenni occasioni il tirlintocco, polenta<br />

con cui bolliscono burro e formaggio. Le mandrie stallano alla serenata in una corte, cioè in un recinto di muriccia, All’alba<br />

sono munte le vacche, poi avviate al pascolo, ove ronzano, sbrucano, ruminano fin a sera, sotto l’occhio dei mandriani.<br />

Alcuni di questi frattanto nella masone preparano i varj prodotti del latte; e a giorni fissi il cacio, questo viene mandato in<br />

canove più in basso affinchè stagioni, il burro al villaggio, dove a suon di campana si avverte chi voglia andare a comprare.<br />

Da ciò deriva che in que’ paesi sia una rarità il latte d’estate. Quando coll’avanzare di settembre, frizza l’aria autunnale, la<br />

rustica famiglia discende ai monti, pendici erbose più basse, più domestiche, più svariate da casolari, da piante anche<br />

fruttifere, come il ciliegio il noce e i pomi, e il montanaro ha da occuparsi nel cercar legna, piantar le patate, seminar la<br />

segale, e in molti luoghi i cavolfiori, che sono uno de’ prodotti lucrosi de’ monti 324 ”.<br />

319 IPASoI, p. 81-82.<br />

320 M. Gioia, op. cit. p.80-81.<br />

321 “L’affitto di un’alpe vien sempre regolato in ragione del numero di bestiame che può alimentare, combinatamente a tutte<br />

le altre circostanze locali più o meno favorevoli, senza alcun riguardo alla sua superficie” si calcola d’ordinario la<br />

corresponsione di L. da 10 a 15 austriache per ogni vacca da latte <strong>nelle</strong> alpi migliori, K. Czoenig, op.cit., p. 722.<br />

322 “... le sole grosse mandrie son quelle che estivano sulle <strong>Alpi</strong>”. C.Cantù, op. cit. p.764.<br />

323 Il Bianchini, osserva molto opportunamente che le “famiglie forti” in grado di caricare le alpi non erano tali solo sotto il<br />

profilo del numero di vaccine, ma anche di quello del numero di componenti della famiglia (multipla) (G. Bianchini, op. cit.,<br />

1985, 122 p.).<br />

324 C. Cantù, op. cit., p. 765.

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