L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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16.06.2013 Views

latteria sociale estiva dovranno scomparire, sostituite da caseifici di speculazione. E’ questo proprio un risultato desiderabile?” Da parte della Commissione si voleva favorire, sotto l’impulso di un “illuminismo umanitario” un po’ ingenuo, un’evoluzione in senso cooperativo delle forme di godimento collettive. Nelle comunità dove i Consigli Comunali esprimevano l'interesse di una popolazione ancora compattamente rurale la resistenza sociale alla legge si espresse nella sua elusione. Non solo l’uso diretto da parte dei comunalisti delle alpi comunali restò frequente nella media ed alta valle ancora nella seconda metà del XX secolo 298 , ma molti comuni introdussero solo formalmente il regime dell’affitto: “molti comuni costretti all’affitto, non hanno fatto altro che ubbidire nominalmente alla legge con una parvenza d’affitto, ma in realtà il godimento continua ad essere in natura per parte dei comunisti” 299 . Secondo Serpieri il capitolato d’affitto di alcuni comuni comaschi “in molte parti si converte in un vero regolamento di godimento in natura” 300 . In altri casi l’affitto era di fatto concesso ad un imprenditore privato, ma, attraverso i capitolati, si cercavano di salvaguardale gli interessi dei piccoli allevatori residenti nel comune tanto che, secondo Serpieri le clausole a vantaggio dei comunalisti: “tolgono al contratto, in buona parte, il carattere d’affitto, per ridurlo, più che altro, ad un appalto di pubblico servizio di pascolo a favore dei comunisti 301 ” Tali clausole prevedevano l’obbligo di accettare tutti i capi degli allevatori locali che avessero fatto richiesta e, spesso, anche la fissazione di una tariffa “calmierata” da applicare ai residenti 302 . Questi aspetti, che agli occhi dei tecnici parevano altrettanti ostacoli ad una gestione razionale e degli espedienti per eludere il principio dell’affitto “schietto”, non rappresentavano altro che la riproposizione di quelle norme che avevano regolato per secoli l’uso dei beni comunali a beneficio della generalità dei membri della comunità stessa, come dimostra il sopra citato statuto di Costa Volpino del 1488 303 . In alcuni casi l’affitto era concesso a condizione di rispettare gli usi promiscui 298 Nell’indagine del 1978-80 risultavano 20 alpi gestite direttamente dai comunalisti pari al 6,9% delle alpi dell’intera provincia, tale percentuale saliva al 14% e al 30% rispettivamente nelle comunità montane di Sondrio e di Tirano. Il sistema di fruizione del diritto, come secoli addietro, si distingueva ancora in continuo (quando i comunalisti divisi in frazioni hanno diritto a caricare sempre la stessa alpe) e a rotazione. (Erba G.Erba, F. Gusmeroli, I Rizzi., op. cit.) 299 Ibidem. 300 IPACo, p. 118. Così all’art. 6 dove dice: “Ogni individuo del comune. durante il tempo dell’alpeggio dovrà mandare il bestiame a pascolare sulle alpi (...) ecc.”. ad all’art. 7 che dispone: “Resta espressamente proibito tanto agli affittuari che a qualunque particolare, di caricare sulle alpi del comune, sotto qualsiasi pretesto, bestie forestiere.” 301 Ibidem p. 136. Non si trattava null’altro dell’applicazione dei vecchi sistemi dell’ “incanto” delle alpi già documentati dagli statudi medioevali. 302 Relativamente alle alpi del comune di Montemezzo il Serpieri osserva: “Il canone è molto basso (...). Senonchè sugli affittuari grava l’obbligo di accogliere il bestiame dei comunisti alle seguenti condizioni di favore: Nessun compenso per gli asciutti; obbligo per l’affittuario di corrispondere ai comunisti proprietari delle vacche da latte e per ogni litro di latte da queste prodotto nella mungitura serale del 29° giorno d’alpeggio, kg 5,4 di formaggio magro e kg 2,5 di burro. L’affittuario ritiene tale obbligo disatroso”, ibidem, p. 116-117. Nel caso delle alpi del comune di Dosso Liro l’affittuario oltre che essere obbligato ad accettare sulle alpi tutto il bestiame dei comunalisti doveva corrispondere un compenso in natura per ogni boccale di latte prodotto piuttosto elevato e calcolato prima dell’alpeggio, ibidem, p. 136. A Peglio era espressamente vietato “caricare sulle alpi bovine che non siano dei comunisti”, le pecore dovevano essere accettate per un modico compenso e gli “allievi” senza compenso. Il compenso in natura in formaggio magro e burro spettante ai comunalisti (la cui qualità doveva, per giunta, essere “peritata dalla Giunta Municipale” era corrisposto per ogni litro di latte “che verrà misurato da proprietario delle bestie medesime”. Affittuario e pastori erano sottoposti a norme restrittive, ibidem, p. 137. 303 La continuità delle norme che regolano l’uso delle proprietà collettive è messa bene in evidenza dalle seguenti osservazioni di A.Piscitello “Nell’archivio comunale di Costa Volpino la deliberazione n.227 del 7 dicembre 1962 della Giunta Municipale del Comune di Costa Volpino, ratificata dal consiglio comunale con deliberazione n.173 del 12 gennaio 1963, ha come allegato il regolamento tecnico amministrativo per il godimento dell’alpe pascoliva Monte Alto del Comune di Costa Volpino approvato dalla Giunta Provinciale Amministrativa nel 1957. A cinque secoli di distanza norme molto vicine a quelle degli statuti del 1488 regolano l’uso civico del pascolo presso questa malga. Le consonanze, tenendo conto naturalmente di tutti gli aggiornamenti legislativi, sono parecchie: ritroviamo le clausole per la manutenzione dell’alpe pascoliva (persino il termine barech continua ad essere usato per designare lo steccato), le modalità della raccolta del fieno e

consuetudinari di antica origine 304 . Ciò comportava che fino a e anche dopo una certa data i comunalisti potevano pascolare liberamente le superfici concesse in affitto 305 . Anche in questo caso non si tratta che della permanenza di antiche consuetudini relative al diritto di “libero pascolo” 306 . Il traso, come veniva denominato, era esercitato dai vicini delle vicinanze della Val Bedretto (Ti) nel cui territorio si trovavano le alpi che, dopo la divisione del 1227 erano state assegnate in diritto d’uso ad altre vicinie della Val Levantina 307 . “All’infuori del periodo stabilito da statuti e regolamenti, l’alpe è aperto al libero pascolo (→tras, trasá) dei vicini (...), che lo esercitano solitamente partendo dai maggenghi adiacenti di cui sono proprietari e che godono in comune” 308 Il diritto d’uso delle superfici alle quote più basse delle alpi affittate era esercitato anche da parte degli alpigiani che trascorrevano l’estate con il loro bestiame sulle baite di alta quota in Valfurva 309 a testimonianza di una prassi comune. Oltre che attraverso la stesura di capitolati d’affitto sui generis da parte degli organi municipali, coloro che in precedenza risultavano titolari di diritti d’uso seppero adeguarsi alla nuova realtà anche costituendo delle Società d’affitto, probabilmente derivate dalle antiche forme di associazione per la gestione delle alpi. “Al godimento di esse [le alpi del comune di Livo nel comasco] partecipano direttamente tutti i comunisti, in qualità di affittuari, riuniti in tante società per l’affitto quante sono le alpi. Il numero dei soci per ogni società va da un minimo di quattro, per quelle utenti le piccolissime alpi di Dosso e di Semedo, capaci l’una di 12 l’altra di 15 capi grossi, ad un massimo di 17-18 per le società affittuarie di Ledù e di Inghirina, capaci rispettivamente di 54 e 82 capi grossi. 310 ” “[In Val Malenco] la Società dei comunisti prende in affitto per 9 anni ed è pagata dai singoli utenti in ragione delle mucche caricate, delle case abitate ecc.(...) si uniscono 2-3 famiglie a lavorare il latte. 311 ” In altri casi il sistema dell’affitto era applicato ridefinendo il ruolo delle vecchie “corporazioni di malga” d’origine medioevale quali locatarie 312 . Un esempio molto interessante di mantenimento delle antiche consuetudini di gestione delle alpi in presenza del regime dell’affitto è offerto dalle alpi pascolive del versante camuno dell’Adamello. Qui i proprietari di bestiame, secondo le osservazioni del Toniolo dell’inizio del XX secolo, facevano domanda ai diretor dei pascui, due censiti di pubblica stima scelti dai consigli comunali che provvedevano ad assegnare le alpi e a fissare i canoni d’affitto 313 . In alpe i comunalisti esercitavano una forma di gestione diretta con la lavorazione del latte in comune. della legna, il parcheggio del bestiame, la manutenzione degli ingrassi, il divieto di introdurre suini, gli accertamenti sanitari necessari primna della monticazione”. A. Piscitello Introduzione in: Lo Statuto di Costa Volpino, Bergamo, 1994, pp.I- XXVII. 304 Ad Ardesio (Alta Valseriana) il vescovo di Bergamo possedeva nel 1145 un alpe sive cascina sul Monte Secco l’uso era ripartito tra i greggi episcopali (dal primo giugno a S.Lorenzo, 10 agosto) e gli abitanti (per il resto della stagione), cfr. Menant, op, cit., p. 258. 305 IPACo, p. 123 “ma qui, e per tutte le alpi comunali, [della Valle del Liro], ci troviamo di fronte a limitazioni di durata d’alpeggio perentoriamente fissate dai capitolati d’affitto; limitazioni intese a permettere sulle alpi il pascolo primaverileautunnale dei comunisti (...). I comunisti, fatta eccezione per alune alpi troppo distanti dai maggenghi, usano del diritto di pascolo primaverile ed autunnale, salendo giornalmente dai maggenghi alle stazioni dell’alpe di più facile accesso.” 306 La vain pâture della letteratura sui diritti d’uso. 307 ALP, p. 96. 308 Ibidem. 309 Valfurva le parti inferiori dei pascoli è goduta promiscuamente dai maggenghisti (che vi hanno baite) la parte superiore affittata (M. Testorelli, op. cit). 310 IPACo, p.117. 311 G. Nangeroni, Studi sulla vita pastorale nella Val Malenco, Boll. R. Soc. Geog. It. , 1930, (fasc. III), 182-204. 312 Vedi le “malghe” di Teglio. Questo importante comune valtellinese possedeva 11 alpi. “I comunisti sono divisi in 6 gruppi, che comprendono 123 malghe, ciascuna delle quali ha un proprio nome; questa ripartizione degli abitanti in malghe risale a tempi remoti. A singole malghe o a gruppi di esse sono assegnate in locazione le 11 alpi sopra nominate. Ogni malga o gruppo assegnatario nomina un capo-malga, che lo rappresenta nei rapporti con il Comune, verso il quale è tenuto a rispondere del proprio.” IPASoII, p. 95. 313 Va segnalato, però, che a Saviore esisteva una società d’allevamento di tipo cooperativo che. come sul versante trentino. prendeva a locazione l’alpe dal comune con affitti lunghi, G. Agostini op. cit.

latteria sociale estiva dovranno scomparire, sostituite da caseifici di speculazione. E’ questo proprio un risultato<br />

desiderabile?”<br />

Da parte della Commissione si voleva favorire, sotto l’impulso di un “illuminismo umanitario” un po’<br />

ingenuo, un’evoluzione in senso cooperativo delle forme di godimento collettive.<br />

Nelle comunità dove i Consigli Comunali esprimevano l'interesse di una popolazione ancora<br />

compattamente rurale la resistenza sociale alla legge si espresse nella sua elusione. Non solo l’uso<br />

diretto da parte dei comunalisti delle alpi comunali restò frequente nella media ed alta valle ancora<br />

nella seconda metà del XX secolo 298 , ma molti comuni introdussero solo formalmente il regime<br />

dell’affitto:<br />

“molti comuni costretti all’affitto, non hanno fatto altro che ubbidire nominalmente alla legge con una parvenza d’affitto, ma<br />

in realtà il godimento continua ad essere in natura per parte dei comunisti” 299 .<br />

Secondo Serpieri il capitolato d’affitto di alcuni comuni comaschi “in molte parti si converte in un<br />

vero regolamento di godimento in natura” 300 .<br />

In altri casi l’affitto era di fatto concesso ad un imprenditore privato, ma, at<strong>tra</strong>verso i capitolati, si<br />

cercavano di salvaguardale gli interessi dei piccoli allevatori residenti nel comune tanto che, secondo<br />

Serpieri le clausole a vantaggio dei comunalisti:<br />

“tolgono al con<strong>tra</strong>tto, in buona parte, il carattere d’affitto, per ridurlo, più che altro, ad un appalto di pubblico servizio di<br />

pascolo a favore dei comunisti 301 ”<br />

Tali clausole prevedevano l’obbligo di accettare tutti i capi degli allevatori locali che avessero fatto<br />

richiesta e, spesso, anche la fissazione di una tariffa “calmierata” da applicare ai residenti 302 .<br />

Questi aspetti, che agli occhi dei tecnici parevano altrettanti ostacoli ad una gestione razionale e degli<br />

espedienti per eludere il principio dell’affitto “schietto”, non rappresentavano altro che la<br />

riproposizione di quelle norme che avevano regolato per secoli l’uso dei beni comunali a beneficio<br />

della generalità dei membri della comunità stessa, come dimos<strong>tra</strong> il sopra citato statuto di Costa<br />

Volpino del 1488 303 . In alcuni casi l’affitto era concesso a condizione di rispettare gli usi promiscui<br />

298<br />

Nell’indagine del 1978-80 risultavano 20 alpi gestite direttamente dai comunalisti pari al 6,9% delle alpi dell’intera<br />

provincia, tale percentuale saliva al 14% e al 30% rispettivamente <strong>nelle</strong> comunità montane di Sondrio e di Tirano. Il sistema<br />

di fruizione del diritto, come secoli addietro, si distingueva ancora in continuo (quando i comunalisti divisi in frazioni hanno<br />

diritto a caricare sempre la stessa alpe) e a rotazione. (Erba G.Erba, F. Gusmeroli, I Rizzi., op. cit.)<br />

299<br />

Ibidem.<br />

300<br />

IPACo, p. 118. Così all’art. 6 dove dice: “Ogni individuo del comune. durante il tempo dell’alpeggio dovrà mandare il<br />

bestiame a pascolare sulle alpi (...) ecc.”. ad all’art. 7 che dispone: “Resta espressamente proibito tanto agli affittuari che a<br />

qualunque particolare, di caricare sulle alpi del comune, sotto qualsiasi pretesto, bestie forestiere.”<br />

301<br />

Ibidem p. 136. Non si <strong>tra</strong>ttava null’altro dell’applicazione dei vecchi sistemi dell’ “incanto” delle alpi già documentati<br />

dagli statudi medioevali.<br />

302<br />

Relativamente alle alpi del comune di Montemezzo il Serpieri osserva: “Il canone è molto basso (...). Senonchè sugli<br />

affittuari grava l’obbligo di accogliere il bestiame dei comunisti alle seguenti condizioni di favore: Nessun compenso per gli<br />

asciutti; obbligo per l’affittuario di corrispondere ai comunisti proprietari delle vacche da latte e per ogni litro di latte da<br />

queste prodotto nella mungitura serale del 29° giorno d’alpeggio, kg 5,4 di formaggio magro e kg 2,5 di burro. L’affittuario<br />

ritiene tale obbligo disatroso”, ibidem, p. 116-117. Nel caso delle alpi del comune di Dosso Liro l’affittuario oltre che essere<br />

obbligato ad accettare sulle alpi tutto il bestiame dei comunalisti doveva corrispondere un compenso in natura per ogni<br />

boccale di latte prodotto piuttosto elevato e calcolato prima dell’alpeggio, ibidem, p. 136. A Peglio era espressamente vietato<br />

“caricare sulle alpi bovine che non siano dei comunisti”, le pecore dovevano essere accettate per un modico compenso e gli<br />

“allievi” senza compenso. Il compenso in natura in formaggio magro e burro spettante ai comunalisti (la cui qualità doveva,<br />

per giunta, essere “peritata dalla Giunta Municipale” era corrisposto per ogni litro di latte “che verrà misurato da proprietario<br />

delle bestie medesime”. Affittuario e pastori erano sottoposti a norme restrittive, ibidem, p. 137.<br />

303<br />

La continuità delle norme che regolano l’uso delle proprietà collettive è messa bene in evidenza dalle seguenti<br />

osservazioni di A.Piscitello “Nell’archivio comunale di Costa Volpino la deliberazione n.227 del 7 dicembre 1962 della<br />

Giunta Municipale del Comune di Costa Volpino, ratificata dal consiglio comunale con deliberazione n.173 del 12 gennaio<br />

1963, ha come allegato il regolamento tecnico amminis<strong>tra</strong>tivo per il godimento dell’alpe pascoliva Monte Alto del Comune di<br />

Costa Volpino approvato dalla Giunta Provinciale Amminis<strong>tra</strong>tiva nel 1957. A cinque secoli di distanza norme molto vicine a<br />

quelle degli statuti del 1488 regolano l’uso civico del pascolo presso questa malga. Le consonanze, tenendo conto<br />

naturalmente di tutti gli aggiornamenti legislativi, sono parecchie: ritroviamo le clausole per la manutenzione dell’alpe<br />

pascoliva (persino il termine barech continua ad essere usato per designare lo steccato), le modalità della raccolta del fieno e

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