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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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originari, estendendo a tutti i frazionisti, o comunalisti, i diritti d’uso dei boschi e dei pascoli 278 . Tali<br />

politiche, però, non furono attuate con coerenza e decisione nell’ ancient règime perché era forte la<br />

preoccupazione di mettere in gioco la <strong>tra</strong>nquillità sociale e le condizioni economiche (e la capacità<br />

contributiva) delle popolazioni.<br />

Solo uno stato forte e accen<strong>tra</strong>to, in grado di comprimere drasticamente i margini di autonomia delle<br />

istituzioni locali, poteva perseguire con coerenza e successo una s<strong>tra</strong>tegia organica di rottura degli<br />

equilibri dell’economia di sussistenza delle comunità alpine. Tale s<strong>tra</strong>tegia si articolò at<strong>tra</strong>verso la<br />

pressione fiscale, le leggi forestali, la liquidazione degli usi civici, la alienazione delle proprietà<br />

comunali e la sostituzione delle forme di autogestione e controllo del territorio con organi<br />

amminis<strong>tra</strong>tivi, tecnico-burocratici e di polizia controllati dal potere cen<strong>tra</strong>le. Avviata in epoca<br />

napoleonica e proseguita sotto il Regno Lombardo-Veneto, sia pure con le battute d’arresto legate al<br />

mantenimento sotto questo regime di una forte autonomia locale, tale s<strong>tra</strong>tegia conobbe una netta<br />

accelerazione con l’annessione sabauda, che ridusse drasticamente l’autonomia amminis<strong>tra</strong>tiva con<br />

l’imposizione della legge comunale piemontese e l’introduzione di rigidi controlli prefettizi. Nei<br />

decenni seguenti vennero promulgate una serie di disposizioni sui rimboschimenti e l’introduzione dei<br />

vincoli forestali (legge forestale del 20 giugno 1877). La legge prevedeva la tutela dei boschi esistenti<br />

con funzione di tutela del suolo e di regimazione del deflusso delle acque, ma venne, at<strong>tra</strong>verso<br />

successivi Regolamenti e le estensive applicazioni del dispositivo legislativo da parte dei Comitati<br />

Forestali provinciali, applicata anche alle formazioni arbustive (quali quelle di ontano alpino). A<br />

proposito delle alpi pascolive comasche il Serpieri non mancò di osservare che:<br />

“Avviene spontaneamente <strong>nelle</strong> alpi comasche che quel ceduo di scarso valore economico che sopra fu lamentato si diffonde<br />

spontaneamente con grande energia lal conquista di aree prima pascolate. E’ una continua espropriazione del pascolo che<br />

accade, a detrimento dell’alimentazione del bestiame. Ma intanto il bosco, cosi’ spontaneamente fornmatosi cade sotto le<br />

disposizioni della legge del ’77 sui boschi vincolati, anche quando esso si sia spinto ad occupare superfici dove gli manca<br />

ogni ufficio di protezione: quindi proibizione di disboscare, senza ottenere autorizzazioni, di rado concesse e costose; quindi<br />

obbligo di attenersi alle prescrizioni di massima nell’utilizzazione dei così detti boschi, ecc. In tal modo, quello che dovrebbe<br />

considerarsi e agevolarsi come utile rinettamento del pascolo da una vegetazione infestante, finisce per essere talvolta <strong>tra</strong>ttato<br />

come dannoso disboscamento” 279 .<br />

L’avanzare dei cespugli e la perdita di queste superfici a causa delle norme vincolistiche era legato<br />

anche a degli aspetti tecnici inediti delle normative forestali dello stato unitario che impedivano il<br />

debbio e proibivano il pascolo per un certo numero di anni sui pascoli percorsi dal fuoco 280 .<br />

Se il tecnico Serpieri contestava un’applicazione ottusamente burocratica e poliziesca della legge<br />

forestale nella situazione comasca in ragione dello scarso o nullo valore economico e protettivo dei<br />

“boschi” presenti nell’ambito del dominio alpivo, il politico radicale valtellinese Luigi Credaro<br />

qualche anno prima aveva affrontato la questione del conflitto <strong>tra</strong> pastorizia e rimboschimento in<br />

Valtellina in termini che rimandavano esplicitamente all’aspetto istituzionale, politico e sociale del<br />

problema 281 . In Valtellina la diversa natura e il diverso valore economico e protettivo dei complessi<br />

278<br />

M. Pitteri, La politica veneziana dei beni comunali (1496-1797), Studi veneziani, X, 1985, pp. 57-80.<br />

279<br />

IPACo, 269-270.<br />

280<br />

Relativamente alle alpi dell’alto Lario occidentale lamentava il Serpieri (ibidem, p. 133-134) che “Contro l’estendersi<br />

progressivo dei cespugli in nessun’alpe si lotta. A questo proposito occorre accennare ad una lamentela visivissima degli<br />

alpigiani. Essi erano usi difendersi dai cespugli, e specialmente dal brugo, dal ginepro, dalla gines<strong>tra</strong>, ricorrendo al fuoco, che<br />

applicavano a turno di cinque o sei anni, sulle sponde più sggette ad essere infestate. Ottenevano così.oltre alla distruzione<br />

dei cespugli, anche una specie di rifertilizzazione della cotenna per debbio, molto apprezzata data la difficoltà e talora,<br />

l’impossibilità di applicare un altro sistema di concimazione. Ora, invece, il regolamento forestale che proibisce l’uso del<br />

fuoco è applicato col massimo rigore; e gravi pene incorrono i con<strong>tra</strong>vventori; in ogni zona poi che si constati essere<br />

sottoposta al debbio viene proibito assolutamente il pascolo per un certo numero di anni. Da ciò, come dicemmo, asprissime<br />

lamentele degli alpigiani”. Ad un secolo di distanza queste considerazioni mantengono la loro validità. Il <strong>tra</strong>sferimento alle<br />

regioni delle competenze in materia forestale, complici le “leggi quadro” e il conformismo degli organi regionali, non ha<br />

modificato il quadro delle norme di polizia forestale che restano, in materia di debbio, pascolo delle capre nei boschi, pascolo<br />

sulle superfici percorse dal fuoco, restano sostanzialmente quelle dello stato cen<strong>tra</strong>lista di fine XIX secolo, preoccupato di far<br />

prevalere la logica dell’uniformità politica e amminis<strong>tra</strong>tiva alla grande differenza di condizioni climatiche <strong>tra</strong> le regioni<br />

alpine e mediterranee. Nel comasco, ai confini con la Svizzera (dove il debbio è legalmente praticato) la pratica alpicolturale<br />

del debbio è tutt’oggi utilizzata (de sfroos!).<br />

281<br />

L. Credaro, op. cit.

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