L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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16.06.2013 Views

interessati a indagare e documentare gli aspetti tradizionali dell’alpeggio nel periodo successivo alle trasformazioni economiche e sociali degli anni ’60-’70 che ridimensionarono profondamente il ruolo di questo sistema ecoproduttivo 16 . Si tratta di contributi, frutto di esperienze di osservazione partecipata, di indubbio valore etnografico (specie l’opera del Bianchini sulla Val Tartano) che, pur formendo preziosi elementi per la ricostruzione di un quadro generale, si limitano, però, alla dimensione locale. Oggetto di attenzione affettuosa, di curiosità etnografica e di positivi giudizi di valore, l’alpeggio non è sinora assurto a tema di storia sociale da trattare in connessione con le complessive dinamiche economiche, culturali e politiche. E’invece a questa condizione che il mai cessato valore simbolico dell’alpeggio per le comunità locali alpine lombarde e le permanenze culturali che ne caratterizzano la pratica come fatto produttivo, possono divenire fattori di processi culturali ed economici significativi. E’importante conoscere sia il significato sociale e culturale del’alpeggio nel passato che i motivi che ne hanno depotenziato il ruolo economico e le forme culturali ad esso connesse al fine di comprenderne i significati e il rapporto con i modelli più riconoscibili di cultura alpina. L’assunzione consapevole di questo patrimonio comune (culturale e materiale) come fattore di identificazione (ma anche come elemento di riproposizione di valori di coesione e di solidarietà e di stimolo all’azione comunitaria per la conservazione e valorizzazione delle risorse territoriali) è premessa indispensabile al coinvolgimento attivo della comunità locale in iniziative di turismo culturale sul tema dell’alpeggio che mantengano un carattere di autenticità e presentino positivi impatti socioculturali sul tessuto locale. L’importanza del contesto politico e amministrativo ci ha indotto a limitare i riferimenti al presente alla realtà territoriale dell’attuale Regione Lombardia. Già a partire dal XIX secolo, peraltro, la diversità di condizioni politiche e amministrative ha determinato, rispetto alla realtà dell’ ancien régime, una differenziazione del regime della proprietà e della gestione delle alpi pascolive tra la Lombardia e le aree lombardofone della Svizzera. L’omogeneità linguistica e culturale tra l’ area valtellinese, valchiavennasca e lariana da una parte e quelle dell’attuale Canton Ticino e delle valli grigionesi a Sud dello spartiacque alpino, dall’altra ci ha portato, però, ha esaminare l’evoluzione storica dei sistemi d’alpeggio, non solo con riferimento all’attuale Regione Lombardia, ma anche con la più vasta area alpina lombarda, connotata in termini geografici e linguistici. In ragione del diverso contesto politico e culturale l’attenzione dedicata all’alpeggio nell’area Svizzera è risultata particolarmente significativa, sia dal punto di vista degli studi di carattere etnografico che delle pubblicazioni a carattere divulgativo e turistico 17 . Nell’ambito di questi studi gli aspetti storici assumono particolare significato gettando luce, attraverso utili confronti con altre aree lomabdofone, sulla realtà dell’alpeggio di secoli ormai lontani. 2. Il dualismo delle voci “alpe” e “malga” in Lombardia Alcuni aspetti linguistici costituiscono una necessaria premessa all’ esame dei sistemi d’alpeggio in Lombardia. Le voci alpe e malga per definire l’unità pastorale costituita da pascoli alpini e dai fabbricati rurali necessari al ricovero di bestiame e personale e alla trasformazione del latte, sono versante italiano delle Alpi, Como, 1942; ; Pracchi R. Aspetti della vita pastorale nelle Alpi italiane, Boll. R. Soc. Geogr, It., Serie VII, Vol. VIII, 1942, 129-155; Agostini G. La vita pastorale nel gruppo dell’Adamello, Trento, 1950. Saibene C. Il versante orobico Valtellinese ricerche antropogeografiche, Consiglio nazionale delle ricerche, Roma, 1959. 16 G. Bianchini, Gli alpeggi della Val Tartano ieri e oggi. Economia e degrado ambientale nella crisi dei pascoli alpini, Sondrio, 1985. P. Pensa, L’Adda nostro fiume, dalla natura e dalla storia una straordinaria economia, Vol II, Lecco, 1990, pp. 439-470; M. Viviani, Bagòs. Una storia della montagna lombarda, Brescia, 1993; G.Berruti, W., Belotti, D.M. Tognali, E. Bressan, A. Majo, Malghe e alpeggi dell’Alta Valcamonica, Milano, 1989; Testorelli M. L’alpeggio in Valfurva: un caso emblematico in: Arge Alp –Comunità di lavoro delle regioni alpine- Commissione 1 (Cultura e Società) (a cura di) Economia alpestre e forme di sfruttamento degli alpeggi, Bolzano, 2001, pp. 41-54; Miozzi M. Vita sui monti: gli alpeggi delle valli Dumentina, Veddasca e Molinera, Varese, 1992. 17 Martini L. La transumanza e l'alpeggio in Valle Bavona, Cavergno, TI (CH), 2003, (ed. or. 1928); Baer M. Contributo alla conoscenza della terminologia rurale dell’Alta Valle di Blenio, Bellinzona (CH), 2000, (ed. or. 1938); ALP; Donati B., Gaggioni A. (a cura di) Alpigiani, pascoli e mandrie, Locarno, 1984¸ Lettieri L., Ferrari C., Bontognali R. Alpeggi e formaggi delle nostre montagne, Bellinzona (CH), 1997; Zois G. (a cura di) Gli alpi del formaggio:Ticino da conoscere, Lugano (CH), 1994).

utilizzate in Lombardia sia come sinonimi che con diversi significati 18 . L’utilizzo delle voci in questione nell’ambito diversi registri linguistici (parlata locale, parlata locale italianizzata, italiano regionale, italiano standard tecnico) tende a sovrapporsi e intersecarsi creando non poche confusioni 19 . Ciò vale in modo particolare in Lombardia, dove, per quanto riguarda il bagaglio lessicale regionalmente connotato dell’italiano, le aree orientali si collocano come punto di incontro e di mediazione tra l’area nord-occidentale (lombardo-piemontese) e quella veneta 20 . Alpe e malga rappresentano una coppia di geosinonimi caratterizzata per la loro prevalenza in ben definite aree interregionali: alpe nelle Alpi centro-occidentali (e sporadicamente anche nell’Appennino centrosettentrionale), malga nelle Alpi centro-orientali. In Lombardia l’area in cui l’italiano regionale presenta la voce malga comprende la montagna bresciana, la Valcamonica e le valli bergamasche del bacino dell’Oglio (Val di Scalve 21 e Val Borlezza). In provincia di Brescia l’uso italiano di malga per indicare l’alpe pascoliva è generalizzato. Anche nella toponomastica (dove Alpe è assente) si trova una forte diffusione di malga 22 . In provincia di Bergamo, ma anche in quella di Sondrio, la voce malga è utilizzata in italiano (sia pure in modo meno frequente di alpe) come sinonimo di “alpe pascoliva” anche se, in entrambi, la presenza di malga è nettamente minoritaria nella toponomastica. Essa è riscontrabile nella parlata locale solo nell’Alta Valtellina mentre, nell’area bergamasca, la parlata locale registra invariabilmente múut. Con riferimento alla toponomastica malga è presente, nel caso della provincia di Sondrio, solo nel Bormiese (dove sono peraltro presenti anche Alpe e Baite), mentre in provincia di Bergamo è localmente molto diffusa in Val di Scalve e all’alta Val Borlezza (valli appartenenti dal punto di vista geografico al bacino dell’Oglio), ma non altrove. L’uso di malga in Valtellina e nelle Valli bergamasche, al di fuori cioè dello specifico contesto territoriale in cui la voce è radicata appare non solo discutibile su base storica di coerenza con la cultura del territorio, ma anche suscettibile di ingenerare confusione tra i due significati di “alpe pascoliva” e di “mandria bovina radunata per utilizzare il pascolo d’alpeggio”. Quest’ultimo significato è fortemente radicato in tutta l’area bergamasca (anche dove in italiano si usa malga per indicare l’alpe pascoliva), in Valchiavenna e nella bassa e media Valtellina, tanto da essersi mantenuto anche nell’italiano regionale (compresa la pubblicistica) come indicano diversi esempi recenti riferiti alla provincia di Sondrio 23 . Altrove la voce 18 Ad eccezione dell’area più orientale dove nell’italiano parlato e scritto e, marginalmente, anche nella parlata locale la voce malga indica, come in Trentino, l’unità pastorale costituita da pascoli o fabbricati (o anche solo questi ultimi), nel resto della Lombardia è frequente che siano utilizzate nello stesso ambito sia la voce malga (con il significato di mandria al pascolo) che quella di alpe/monte/montagna (corrispondenti nelle parlate locali aalp/muunt/moont/moncc/muntagna/montagna). G. Berruti et.al. nella pubblicazione Malghe e alpeggi dell’Alta Valcamonica (op. cit.) utilizzano la voce malga solo per le alpi pascolive site a quote più elevate, tradizionalmente affittate a mandriani e pastori provenienti da altre zone e alpeggio per indicare i móncc (insediamenti temporanei di diversa tipologia, a volte intermedia tra quella dell’alpe pascoliva e del maggengo). La Regione Lombardia Agricoltura, nel CdRom Malghe e alpeggi un patrimonio da valorizzare (op. cit.), utilizza la voce malga per indicare l’unità fondiaria costituita dai pascoli e dai fabbricati e quella alpeggio per indicare l’unità gestionale comprendente spesso più malghe. Questa distinzione, utile dal punto di vista dell’analisi, a patto di chiarire il significato convenzionale attribuito alle voci, ha trovato una sua meccanica trasposizione nelle realizzazioni cartografiche (peraltro accessibili on line dalla generalità degli utenti di internet), dove ogni unità pastorale della Lombardia è stata ridenominata “Malga ....” sostituendo le denominazioni precedenti (Alpe, Casera, Baita, Cascina, ecc.). Come se non bastasse, a riprova di una linea di uniformità burocratica del tutto insensibile rispetto alle considerazioni ed alle specificità culturali, la Regione Lombardia Agricoltura ha recentemente redatto un “Capitolato tipo per l’affitto delle malghe (sic)”. Per la diffusione della voce malga con il significato di “mandria” nelle parlate locali si veda AIS, Alomb, P.Monti Vocabolario dei dialetti della città e della diocesi di Como, Milano, 1845 (che riporta anche l’accrescitivo malgada con il significato di “grossa mandria”; A. Tiraboschi Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni, Bergamo, 1873-1879. 19 Ciò dipende dall’assenza, in Italia, di consapevolezza dei fatti sociolinguistici anche presso persone di buon livello di istruzione che non si rendono conto di come –sempre in un contesto di italofonia- gli “italiani” utilizzati sono più d’uno e la stessa voce che in un’area geografica o presso un certo gruppo sociale è parte del lessico comune, in un’altro contesto può risultare ricercata, tecnicistica, arcaica, volgare, ecc. 20 G.Berruto, Lessico bergamasco, in: T. Telmon , Guida allo studio degli italiani regionali, Alessandria, 1990, pp. 215-226. 21 E’ significativo che il Nangeroni (G. Nangeroni G., Note antropogeografiche sulla Valle del F.Dezzo -Val Camonica- Boll. D. R. Soc. geog. It. -1932- fasc. XI, p. 731-760) osservi come in Val di Scalve “il termine alpe risulti sconosciuto”. 22 Accanto a malga, però, sono presenti anche altri toponimi quali baite, case, cascine, in relazione anche a diverse modalità di organizzazione dell’alpeggio e delle tipologie degli insediamenti in quota (vedi oltre). 23 All’inizio del XX secolo in Valtellina l’uso del termine malga per indicare un gruppo di animali all’alpeggio era comune anche nell’ambito di documenti tecnici redatti in italiano. Così per la “Convenzione fra proprietari dell’Alpe Mezzana” dove l’ art. 21° recita: “Le pecore dovranno formare una sola malga a parte”. IPASoIII, p. 108. Diversi sono gli esempi di uso della

interessati a indagare e documentare gli aspetti <strong>tra</strong>dizionali dell’alpeggio nel periodo successivo alle<br />

<strong>tra</strong>sformazioni economiche e sociali degli anni ’60-’70 che ridimensionarono profondamente il ruolo<br />

di questo sistema ecoproduttivo 16 . Si <strong>tra</strong>tta di contributi, frutto di esperienze di osservazione<br />

partecipata, di indubbio valore etnografico (specie l’opera del Bianchini sulla Val Tartano) che, pur<br />

formendo preziosi elementi per la ricostruzione di un quadro generale, si limitano, però, alla<br />

dimensione locale. Oggetto di attenzione affettuosa, di curiosità etnografica e di positivi giudizi di<br />

valore, l’alpeggio non è sinora assurto a tema di storia sociale da <strong>tra</strong>ttare in connessione con le<br />

complessive dinamiche economiche, culturali e politiche. E’invece a questa condizione che il mai<br />

cessato valore simbolico dell’alpeggio per le comunità locali alpine <strong>lombarde</strong> e le permanenze<br />

culturali che ne caratterizzano la pratica come fatto produttivo, possono divenire fattori di processi<br />

culturali ed economici significativi. E’importante conoscere sia il significato sociale e culturale<br />

del’alpeggio nel <strong>passato</strong> che i motivi che ne hanno depotenziato il ruolo economico e le forme<br />

culturali ad esso connesse al fine di comprenderne i significati e il rapporto con i modelli più<br />

riconoscibili di cultura alpina. L’assunzione consapevole di questo patrimonio comune (culturale e<br />

materiale) come fattore di identificazione (ma anche come elemento di riproposizione di valori di<br />

coesione e di solidarietà e di stimolo all’azione comunitaria per la conservazione e valorizzazione<br />

delle risorse territoriali) è premessa indispensabile al coinvolgimento attivo della comunità locale in<br />

iniziative di turismo culturale sul tema dell’alpeggio che mantengano un carattere di autenticità e<br />

presentino positivi impatti socioculturali sul tessuto locale.<br />

L’importanza del contesto politico e amminis<strong>tra</strong>tivo ci ha indotto a limitare i riferimenti al <strong>presente</strong><br />

alla realtà territoriale dell’attuale Regione Lombardia. Già a partire dal XIX secolo, peraltro, la<br />

diversità di condizioni politiche e amminis<strong>tra</strong>tive ha determinato, rispetto alla realtà dell’ ancien<br />

régime, una differenziazione del regime della proprietà e della gestione delle alpi pascolive <strong>tra</strong> la<br />

Lombardia e le aree lombardofone della Svizzera. L’omogeneità linguistica e culturale <strong>tra</strong> l’ area<br />

valtellinese, valchiavennasca e lariana da una parte e quelle dell’attuale Canton Ticino e delle valli<br />

grigionesi a Sud dello spartiacque alpino, dall’al<strong>tra</strong> ci ha portato, però, ha esaminare l’evoluzione<br />

storica dei sistemi d’alpeggio, non solo con riferimento all’attuale Regione Lombardia, ma anche con<br />

la più vasta area alpina lombarda, connotata in termini geografici e linguistici. In ragione del diverso<br />

contesto politico e culturale l’attenzione dedicata all’alpeggio nell’area Svizzera è risultata<br />

particolarmente significativa, sia dal punto di vista degli studi di carattere etnografico che delle<br />

pubblicazioni a carattere divulgativo e turistico 17 . Nell’ambito di questi studi gli aspetti storici<br />

assumono particolare significato gettando luce, at<strong>tra</strong>verso utili confronti con altre aree lomabdofone,<br />

sulla realtà dell’alpeggio di secoli ormai lontani.<br />

2. Il dualismo delle voci “alpe” e “malga” in Lombardia<br />

Alcuni aspetti linguistici costituiscono una necessaria premessa all’ esame dei sistemi d’alpeggio in<br />

Lombardia. Le voci alpe e malga per definire l’unità pastorale costituita da pascoli alpini e dai<br />

fabbricati rurali necessari al ricovero di bestiame e personale e alla <strong>tra</strong>sformazione del latte, sono<br />

versante italiano delle <strong>Alpi</strong>, Como, 1942; ; Pracchi R. Aspetti della vita pastorale <strong>nelle</strong> <strong>Alpi</strong> italiane, Boll. R. Soc. Geogr, It.,<br />

Serie VII, Vol. VIII, 1942, 129-155; Agostini G. La vita pastorale nel gruppo dell’Adamello, Trento, 1950. Saibene C. Il<br />

versante orobico Valtellinese ricerche antropogeografiche, Consiglio nazionale delle ricerche, Roma, 1959.<br />

16 G. Bianchini, Gli alpeggi della Val Tartano ieri e oggi. Economia e degrado ambientale nella crisi dei pascoli alpini,<br />

Sondrio, 1985. P. Pensa, L’Adda nostro fiume, dalla natura e dalla storia una s<strong>tra</strong>ordinaria economia, Vol II, Lecco, 1990,<br />

pp. 439-470; M. Viviani, Bagòs. Una storia della montagna lombarda, Brescia, 1993; G.Berruti, W., Belotti, D.M. Tognali,<br />

E. Bressan, A. Majo, Malghe e alpeggi dell’Alta Valcamonica, Milano, 1989; Testorelli M. L’alpeggio in Valfurva: un caso<br />

emblematico in: Arge Alp –Comunità di lavoro delle regioni alpine- Commissione 1 (Cultura e Società) (a cura di) Economia<br />

alpestre e forme di sfruttamento degli alpeggi, Bolzano, 2001, pp. 41-54; Miozzi M. Vita sui monti: gli alpeggi delle valli<br />

Dumentina, Veddasca e Molinera, Varese, 1992.<br />

17 Martini L. La <strong>tra</strong>nsumanza e l'alpeggio in Valle Bavona, Cavergno, TI (CH), 2003, (ed. or. 1928); Baer M. Contributo alla<br />

conoscenza della terminologia rurale dell’Alta Valle di Blenio, Bellinzona (CH), 2000, (ed. or. 1938); ALP; Donati B.,<br />

Gaggioni A. (a cura di) <strong>Alpi</strong>giani, pascoli e mandrie, Locarno, 1984¸ Lettieri L., Ferrari C., Bontognali R. Alpeggi e formaggi<br />

delle nostre montagne, Bellinzona (CH), 1997; Zois G. (a cura di) Gli alpi del formaggio:Ticino da conoscere, Lugano (CH),<br />

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