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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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proporzionalmente al bestiame caricato allle spese della gestione comune 222 . A Berzo Demo era<br />

previsto espressamente che ciascun proprietario di bestiame contribuisse con il proprio lavoro alla<br />

manutenzione della cascina 223 . Lo statuto di Cimmo in Val Trompia del 1372 224 prevede delle<br />

disposizioni articolate circa la gestione dell’alpeggio. I proprietari delle pecore 225 dovevano nominare<br />

tre officiales: il casaro (casarius), che riceveva un salario, e tre “anziani”, scelti <strong>tra</strong> i più esperti <strong>tra</strong> i<br />

proprietari delle pecore; nel caso gli allevatori non riuscissero a concordare sulle nomine avrebbero<br />

provveduto i consoli e i consiglieri del comune. Al casaro, assistito dagli “anziani”, spettavano diverse<br />

incombenze e responsabilità connesse alla gestione dell’azienda alpestre: riscuotere la “tassa”,<br />

costruire e le cascine e curarne la manutenzione, assumere i pastori, procurare sale e pane e occuparsi<br />

del <strong>tra</strong>sporto dei prodotti. Essi erano responsabili per la custodia delle pecore e del formaggio.<br />

Anche lo statuto di Teglio 226 , nella media Valtellina, mette in evidenza una gestione di tipo associato.<br />

Le alpi sono affidate in godimento con un sistema di es<strong>tra</strong>zione a sorte a un casaro (calderarius). Il<br />

casaro era tenuto, pena una sanzione pucuniaria e la perdita del diritto sull’alpe, a non accettare nella<br />

sua malga 227 alcuna bestia, con o senza latte, di persone forestiere; doveva attenersi a regole ben<br />

precise dalle quali si deduce che il medesimo svolgeva il proprio compito per conto dei vicini 228 .<br />

Il sistema di godimento del Monte Alto, di proprietà del comune di Costa Volpino (Bg), così come<br />

descritto nello Statuto del 1488, prevede l’incanto dell’alpe, ovvero l’aggiudicazione mediante asta<br />

della locazione del bene 229 . Si <strong>tra</strong>ttava, però, più di un appalto di un servizio pubblico che<br />

dell’esercizio di un’attività imprenditoriale. L’affittuario poteva utilizzare l’alpe “fazando perhò alli<br />

soy prorii spese le cassine, li beregi e grassi” 230 ; doveva accettare di caricare tutto il bestiame dei<br />

comunalisti, che ne avessero fatto richiesta nei termini prescritti, in cambio di una “mercede” fissata<br />

dallo statuto 231 . Solo nel caso che il bestiame del comune avesse raggiunto il numero massimo di<br />

“paghe” previsto l’affittuario poteva accettare bestiame forestiero alle condizioni da lui stabilite.<br />

Questo sistema di gestione dell’alpe trova giustificazione nel fatto che lo statuto imponeva a tutti i<br />

proprietari, con l’eccezione dei buoi da lavoro, di monticare il bestiame 232 .<br />

222<br />

Statuto di Anfo, cit., Cap. 18 r.: “Del modo et ordine de montare cum bestie il dicto monte de Barimone ogni anno. Item<br />

hano statuito et ordinato che ogni anno a di dodese de Zugno tute persone de Ampho che hano e che per lo advenire haverano<br />

et tegnarano bestiame possano condure esse bestie in pascholo in dicto monte de Barimone et quelle metterle in malga.<br />

Ita chel non se faza noma una malga et ogni persona havera bestie in dicto monte debea contribuire a tute le spese per<br />

la sua contingente parte per tuto il tempo del anno se tegnara dicte bestie in dicto monte. Et chi non contribuisse et non<br />

volesse contribuire alle dicte spese et non facesse malga ut sopra sia punito in soldi dese de planeti per ogni volta recusarà<br />

fare ut supra et niente de manco debea fare et stare in malga et pagare et contribuire ut sopra”. Cap. 10: “Qualiter il Consulo<br />

de Ampho debea trovare el vacharo, capraro et bovaro Item hanno statuito et ordinato che el consulo che serà del meso de<br />

Mazo ogni anno debea trovare et condurre in dicta terra de Ampho vacaro, bovaro et capraro. Et si dicto consulo andasse fora<br />

dela terra per trovare dicti bestiarij vidilicet vacharo, bovaro et capraro habia soldi sei de planeti per ogni zorno chel stara<br />

fora del tera. Et si dicto consule fosse negligente in trovare ut sopra sia punito in soldi cinque planetarum per ogni volta li sea<br />

comisso per quele persone haverano il bestiame”.<br />

223<br />

Statuto Berzo Demo, Statuti di Berzo Demo 1656, Berzo Demo (Bs), 1978, Cap. 32:“Che si debba conzar le casine et chi<br />

sia obligato E’ stato statuito che tutti quelli che hanno bestiame di mandar in montagna siano tenuti et obligati per la loro<br />

porzione a conzar, et se bisogna refar et restaurar la casina et stalla et questo quanto prima che gli sarà comandato, et avisato<br />

per il console o consoli in pena di lire doi al dì che alcuno sarà trovato mancar.”<br />

224<br />

Statuto di Cimmo, cit.<br />

225<br />

La malga era infatti costituita da pecore da latte<br />

226<br />

Statuto di Teglio, cit.<br />

227<br />

“nel significato di bestie riunite su un alpeggio in forma stabile, di solito con produzione di formaggio” ibidem, p. 114 n.<br />

228<br />

Ibidem, Cap. 84: “E’ stato inoltre stabilito et ordinato che nessun calderaio [casaro] possa avere in godimento un’alpe se<br />

prima non avrà fatto malga in proprio per un anno; chi sarà stato calderaio [casaro] non potrà dare ai suoi vicini per<br />

alpeggiare se non l’alpe che avrà avuto in godimento dal comune di Teglio; si poi starà senza fare malga per 2 anni non<br />

avrà diritto ad al<strong>tra</strong> alpe per 10 anni.”<br />

229<br />

Statuto di Costa Volpino, Statuto di Costa Volpino 1488, Bergamo, 1984.<br />

230<br />

Statuto di Costa Volpino, cit., Cap. 11. “li baregi” sono i bàrech.<br />

231<br />

Ibidem, Cap. 13:“Item che cadauna persona del preditto Comune e habitanti possa in<strong>tra</strong>re in lo incanto e cum quello<br />

montare cum li suoi bestiami, avisando perhò lo incantatore, per tutto lo mese de zenaro dopo lo haverà incantato, a notificare<br />

la summa del bestiamo al computo e ratha del pretio di incanto (...) e ch’el ditto incantatore debia havere per sua mercede<br />

libre sexdecim de imperiali da quelli personi montarono cum li soy bestiami in sulo ditto monte; salvo se quelli del Comune<br />

non cargasse tutto el ditto monte, ch’el ditto incantatore non possa tore nisi pro ratha del ditto incanto e de ditti libre<br />

sexdecim ali vicini ala ratha del bestiamo, e ali altri che non sia del Comune possa tore e fare como li piace a luy.”<br />

232<br />

Ibidem, Cap. 34.

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