L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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16.06.2013 Views

loro beni ad organi politici controllati dall’alto, 190 il decreto napoleonico prevedeva l’alienazione dei beni comunali “incolti”. L’obiettivo strategico era quello della dissoluzione delle forme “arcaiche” di sussistenza, presupposto dell’espropriazione di quei mezzi di produzione consistenti nei pascoli e nei boschi a gestione collettiva che risultavano indipensabili per garantire la riproduzione sociale delle microaziende contadine, costituite dalla quota dei beni “divisi” di proprietà privata 191 . L’obiettivo tattico era quello di favorire il ceto di speculatori vicino all’èlite politico-burocratica, consentendogli di mettere le mani sulle proprietà boschive in una fase dello sviluppo economico in cui la produzione di energia a partire dal carbone di legna risultava cruciale per lo sviluppo e la sopravvivenza di nuove e vecchie forme di industria (metallurgia, vetreria, tessile). Il decreto napoleonico incontrò, come prevedibile, molte resistenze. Esse fecero si che le vendite di beni comuni furono modeste, ma non impedì che i beni degli “antichi originari” fossero in larga misura trasferiti ai comuni. Solo in alcuni casi i vicini risucirono a dividere tra loro i beni delle vicìnie con l’intenzione di ricostituire una gestione comune 192 . Nonostante queste vicende sia nella montagna bergamasca, che in Vallecamonica le vicìnie, come forme di gestione collettiva di beni agro-silvo-pastorali non scomparvero del tutto e, in alcuni casi, sono sopravvissute sino ad oggi 193 . Nel corso del XIX e XX secolo, in coincidenza con la formazione di nuovi comuni per suddivisione di unità preesistenti, i beni delle vicínie sopravvissute alle disposizioni napoleoniche furono spesso incamerati dai nuovi enti. In Val Tartano, per sfuggire a questa sorte, venne costituito il “Consorzio degli antichi originari” che dovette comunque modificare più volte nel corso della sua storia la propria fisionomia per resistere a ripetuti tentativi di eliminazione. 194 Mentre in Lombardia le vicínie dovettero in larga misura cedere le loro proprietà ai comuni, nel Canton Ticino l’epoca napoleonica vide uno sdoppiamento di funzioni tra le vicínie (patriziati) e il nuovo comune politico. In questo dualismo ai patriziati, espressione delle famiglie originarie del luogo, restò (e resta ancor oggi) la proprietà e l’amministrazione dei beni silvo-pastorali e, in primo luogo delle alpi. Le vicende storiche illustrate spiegano perché le alpi di proprietà comunale rappresentino oltre il 55% delle proprietà alpive totali, percentuale che sale a oltre il 60% se si tiene conto della superficie. La proprietà comunale prevale quasi ovunque. Localmente, però, si registrano delle eccezioni: non solo nel Triangolo Lariano, dove prevale la proprietà privata individuale, ma anche in Valchiavenna dove prevalgono forme di proprietà privata “sociale” indivisa. La formazione di queste comproprietà, diffuse anche in provincia di Bergamo (in modo particolare in Val di Scalve) e di Brescia, e la veste giuridica che hanno assunto nel tempo rappresentano un interessante aspetto delle vicende storiche sulla proprietà delle alpi pascolive lombarde. Il condomínio ha avuto, e ha ancora, un grande peso nell’alpicoltura lombarda 195 . Le origini delle comproprietà sono diverse: in alcuni casi rappresentano le forme attraverso le quali hanno potuto mantenersi, senza passare di proprietà ai comuni, i beni delle antiche vicínie 196 , in altri casi sono semplicemente il risultato delle successioni ereditarie a partire da una originaria proprietà 190 Non solo molti piccoli comuni erano stati accorpati in unità più grandi prive di precedenti storici ma la nomina dei sindaci era rigidamente controllata dal governo così come più tardi dopo l’annessione sabauda. 191 M. Meriggi, Il Regno Lombardo-Veneto, Torino, 1987, pp. 192-193. 192 E. Bressan op. cit. 193 M.Polelli (op.cit.) cita come alpi pascolive di proprietà di vicinie l’Alpe Monte Cavallo nel comune di Piazzatorre (Valbrembana), l’Alpe Tovagnolo nel comune di Prestine (Valcamonica), l’Alpe Serodine nel comune di Ponte di Legno (alta Valcamonica). 194 D. Benetti, Il nucleo della vita locale. Il Consorzio degli antichi originari della Val di Tartano, in: Uomini delle Alpi. Contadini e pastori in Valtellina, Milano, 1982, pp.205-220. 195 M. Polelli, op. cit. 196 Molto interessante il caso della Società 5 Bine di Schilpario, in Val di Scalve, proprietaria delle Malghe Vivione, Ezendola, Giovetto, Lifretto, Val di Voia (queste ultime in comproprietà con altri privati). “(...) questa Società, succeduta all’antica Vicinia, è formata da tanti membri originari della valle che hanno la proprietà indivisa, ma ognumo dei quali ha tanti «caratti», specie di azioni. La Società è retta da un Regolamento che prescrive che ogni cinque anni vengano eletti tre responsabili: ogni socio dispone di un numero di voti uguale a quello dei suoi caratti. Le alpidi proprietà della Società 5 Bine di Schilpario vengono concesse in affitto a caricatori ...” M.Marengoni, Alpeggi in provincia di Bergamo, Bergamo, Nuova ed. riveduta e aggiornata a cura di: Silvano Gherardi, Giuliano Oldrati, Clusone, 1997, p. 141. Sempre in Val di Scalve la piccola Alpe Manina è di proprietà degli “Antichi originari di Oltrepovo” ed è condotta da un comproprietario, (M. Marengoni, op, cit., 1997, p. 145).

privata posseduta da una singola famiglia o da alcune famiglie imparentate tra loro. In alcuni casi le vicínie hanno riassunto la proprietà delle alpi dai comuni pagando una somma per il “riscatto”. E’quanto avvenuto nel 1897 per l’Alpe Mara nel Comune di Montagna giù appartenente alla “quadra” di S.Maria 197 . In Valchiavenna, dove la gran parte delle alpi in quasi tutti i comuni appartengono a condomíni, questa forma di proprietà privata appare il risultato di un’evoluzione diversa dal sistema della vicínia applicato alla fruizione dei diritti d’alpeggio. Nel sistema della vicínia il diritto è legato all’appartenenza alla medesima che può essere persa in seguito al trasferimento della residenza; inoltre il diritto all’alpeggio dei membri delle vicínie e delle loro suddivisioni non è necessariamente legato ad una determinata alpe, poiché erano molto diffusi i sistemi di rotazione. Le comproprietà (escluse quelle di origine più recente o derivanti dal semplice effetto della successione ereditaria di alpi private) traggono origine dall’assegnazione di diritti di uso perpetuo ed ereditario su determinate alpi che nel tempo hanno assunto il carattere di titoli di proprietà. In queste forme di antica origine la proprietà dei singoli condòmini ha tipicamente per oggetto il “diritto d’erba”, ossia di alpeggiare un capo bovino adult. Tali diritti vengono trattati come le azioni di una società e possono essere affittati, ereditati, cedute (pur con diritto di prelazione dei consoci). In Canton Ticino questo sistema, diffuso in molte alpi della Valmaggia e della Val Verzasca 198 non ha impedito che la proprietà fondiaria restasse separata da quella dei “diritti d’erba”. In Valchiavenna la proprietà del diritto d’erba rappresenta al tempo stesso una quota di proprietà fondiaria indivisa, essendo stata giuridicamente inquadrata nella forma del condominio. La comproprietà delle alpi ha assunto nel XX secolo la veste del Consorzio sotto la spinta degli incentivi di legge previste per queste forme di associazione. Il numero dei soci è molto elevato; già nel 1907 in comune di Madesimo si contavano 220 comproprietari all’Alpe Andossi (360 vaccate) e 150 all’Alpe Borghetto (195 vaccate), mentre in diverse alpi più piccole il numero dei soci era spesso superiore a quello delle quote. Ciò rappresentava l’effetto delle divisioni ereditarie che possono avere per oggetto frazioni di quota 199 . Successivamente la polverizzazione è andata crescendo. L’Alpe Corte Terza 200 , in comune di Gordona, nel 1972, era utilizzata da 150 ditte individuali 201 , un numero enorme se si considera che un’indagine di qualche anno successivo censiva 83 Uba 202 e che le baite sono meno di trenta. In anni più vicini gli effetti della polverizzazione delle quote di comproprietà non ha più conseguenza sulla gestione in quanto all’aumento dei proprietari corrisponde una drastica riduzione del numero degli utilizzatori effrttivi del pascolo (molti titolari di quote sono interessati solo alle abitazioni trasformate in seconde case). Il censimento delle alpi valtellinesi del 1978-80 metteva in evidenza come la diminuzione del bestiame e degli alpeggiatori avesse portato nel 20% delle alpi in condominio all’utilizzo da parte di un limitato numero di condòmini mentre molte lo erano gestite da uno di essi 203 . Il condomínio come forma di proprietà delle alpi pascolive era molto diffuso anche nelle valli bergamasche. All’inizio del XX secolo le alpi pascolive bergamasche possedute in comproprietà rappresentavano il 43% (con il 49% del carico) 204 . All’inizio degli anni ’70 dello stesso secolo le comproprietà a vario titolo rappresentavano solo il 28% della superficie 205 e all’ultimo censimento (Vedi Tabella 1) esse erano solo l’8% (anche se un 14% delle alpi è rappresentato da forme di proprietà “mista” che, spesso comprendono, la comproprietà privata). Se in Valchiavenna e in Valtellina la comproprietà si è mantenuta cambiando la forma della gestione, nelle valli bergamasche la forma di gestione non è cambiata, ma è invece cambiata quella di proprietà. All’inizio del XX secolo, infatti, a differenza delle alpi Valtellinesi e Valchiavennasche, dove, di regola, i titolari di quote di proprietà, utilizzavano direttamente con il proprio bestiame i pascoli condominiali, nelle valli 197 Il 14 agosto 1897, 162 famiglie di agricoltori, possidenti, nati e domiciliati nel Comune di Montagna, tutti abitanti nelle contrade S.Maria e Vervio, costituenti la “comunione ed universalità del Monte Mara” riassumevano dal comune la proprietà dell’Alpe versando la somma stabilita per il riscatto come da delibera comunale del 9 maggio 1896 (L. Bisicchia. L’Alpe Mara della Quadra di S.Maria, REPS, 1968, febbraio, 19-22). 198 ALP, p.104. 199 Si arrivava a suddividere le vaccate in “frazioni” di vacca, denominate suggestivamente “corno”, “piede” ecc. 200 In realtà Corte Arsa (bruciata) come indica il toponimo locale Cùrt Ersa (B. De Agostini, op.cit.) 201 M. Polelli op. cit. 202 G.Erba, F. Gusmeroli, I Rizzi, op. cit., p.85; Uba = Unità bovino adulto. 203 ibidem, p. 14. 204 IPABg, p. 207. 205 M.Polelli, op. cit.

privata posseduta da una singola famiglia o da alcune famiglie imparentate <strong>tra</strong> loro. In alcuni casi le<br />

vicínie hanno riassunto la proprietà delle alpi dai comuni pagando una somma per il “riscatto”.<br />

E’quanto avvenuto nel 1897 per l’Alpe Mara nel Comune di Montagna giù appartenente alla “quadra”<br />

di S.Maria 197 . In Valchiavenna, dove la gran parte delle alpi in quasi tutti i comuni appartengono a<br />

condomíni, questa forma di proprietà privata appare il risultato di un’evoluzione diversa dal sistema<br />

della vicínia applicato alla fruizione dei diritti d’alpeggio. Nel sistema della vicínia il diritto è legato<br />

all’appartenenza alla medesima che può essere persa in seguito al <strong>tra</strong>sferimento della residenza; inoltre<br />

il diritto all’alpeggio dei membri delle vicínie e delle loro suddivisioni non è necessariamente legato<br />

ad una determinata alpe, poiché erano molto diffusi i sistemi di rotazione. Le comproprietà (escluse<br />

quelle di origine più recente o derivanti dal semplice effetto della successione ereditaria di alpi<br />

private) <strong>tra</strong>ggono origine dall’assegnazione di diritti di uso perpetuo ed ereditario su determinate alpi<br />

che nel tempo hanno assunto il carattere di titoli di proprietà. In queste forme di antica origine la<br />

proprietà dei singoli condòmini ha tipicamente per oggetto il “diritto d’erba”, ossia di alpeggiare un<br />

capo bovino adult. Tali diritti vengono <strong>tra</strong>ttati come le azioni di una società e possono essere affittati,<br />

ereditati, cedute (pur con diritto di prelazione dei consoci). In Canton Ticino questo sistema, diffuso in<br />

molte alpi della Valmaggia e della Val Verzasca 198 non ha impedito che la proprietà fondiaria restasse<br />

separata da quella dei “diritti d’erba”. In Valchiavenna la proprietà del diritto d’erba rappresenta al<br />

tempo stesso una quota di proprietà fondiaria indivisa, essendo stata giuridicamente inquadrata nella<br />

forma del condominio. La comproprietà delle alpi ha assunto nel XX secolo la veste del Consorzio<br />

sotto la spinta degli incentivi di legge previste per queste forme di associazione. Il numero dei soci è<br />

molto elevato; già nel 1907 in comune di Madesimo si contavano 220 comproprietari all’Alpe Andossi<br />

(360 vaccate) e 150 all’Alpe Borghetto (195 vaccate), mentre in diverse alpi più piccole il numero dei<br />

soci era spesso superiore a quello delle quote. Ciò rappresentava l’effetto delle divisioni ereditarie che<br />

possono avere per oggetto frazioni di quota 199 . Successivamente la polverizzazione è andata<br />

crescendo. L’Alpe Corte Terza 200 , in comune di Gordona, nel 1972, era utilizzata da 150 ditte<br />

individuali 201 , un numero enorme se si considera che un’indagine di qualche anno successivo censiva<br />

83 Uba 202 e che le baite sono meno di trenta.<br />

In anni più vicini gli effetti della polverizzazione delle quote di comproprietà non ha più conseguenza<br />

sulla gestione in quanto all’aumento dei proprietari corrisponde una drastica riduzione del numero<br />

degli utilizzatori effrttivi del pascolo (molti titolari di quote sono interessati solo alle abitazioni<br />

<strong>tra</strong>sformate in seconde case). Il censimento delle alpi valtellinesi del 1978-80 metteva in evidenza<br />

come la diminuzione del bestiame e degli alpeggiatori avesse portato nel 20% delle alpi in condominio<br />

all’utilizzo da parte di un limitato numero di condòmini mentre molte lo erano gestite da uno di essi 203 .<br />

Il condomínio come forma di proprietà delle alpi pascolive era molto diffuso anche <strong>nelle</strong> valli<br />

bergamasche. All’inizio del XX secolo le alpi pascolive bergamasche possedute in comproprietà<br />

rappresentavano il 43% (con il 49% del carico) 204 . All’inizio degli anni ’70 dello stesso secolo le<br />

comproprietà a vario titolo rappresentavano solo il 28% della superficie 205 e all’ultimo censimento<br />

(Vedi Tabella 1) esse erano solo l’8% (anche se un 14% delle alpi è rappresentato da forme di<br />

proprietà “mista” che, spesso comprendono, la comproprietà privata). Se in Valchiavenna e in<br />

Valtellina la comproprietà si è mantenuta cambiando la forma della gestione, <strong>nelle</strong> valli bergamasche<br />

la forma di gestione non è cambiata, ma è invece cambiata quella di proprietà. All’inizio del XX<br />

secolo, infatti, a differenza delle alpi Valtellinesi e Valchiavennasche, dove, di regola, i titolari di<br />

quote di proprietà, utilizzavano direttamente con il proprio bestiame i pascoli condominiali, <strong>nelle</strong> valli<br />

197<br />

Il 14 agosto 1897, 162 famiglie di agricoltori, possidenti, nati e domiciliati nel Comune di Montagna, tutti abitanti <strong>nelle</strong><br />

con<strong>tra</strong>de S.Maria e Vervio, costituenti la “comunione ed universalità del Monte Mara” riassumevano dal comune la proprietà<br />

dell’Alpe versando la somma stabilita per il riscatto come da delibera comunale del 9 maggio 1896 (L. Bisicchia. L’Alpe<br />

Mara della Quadra di S.Maria, REPS, 1968, febbraio, 19-22).<br />

198<br />

ALP, p.104.<br />

199<br />

Si arrivava a suddividere le vaccate in “frazioni” di vacca, denominate suggestivamente “corno”, “piede” ecc.<br />

200<br />

In realtà Corte Arsa (bruciata) come indica il toponimo locale Cùrt Ersa (B. De Agostini, op.cit.)<br />

201<br />

M. Polelli op. cit.<br />

202<br />

G.Erba, F. Gusmeroli, I Rizzi, op. cit., p.85; Uba = Unità bovino adulto.<br />

203<br />

ibidem, p. 14.<br />

204<br />

IPABg, p. 207.<br />

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M.Polelli, op. cit.

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