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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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Questi processi non esauriscono le vicende della proprietà collettiva delle alpi pascolive. Nel corso<br />

della formazione dei comuni rurali. Mediante l’emanazione degli Statuti le alpi, che erano in buona<br />

parte dei casi di proprietà di grandi comunità vallive, vennero assegnate a comunità più piccole, in<br />

parte sulla base di criteri di pertinenza territoriale, in parte sulla scorta di criteri basati sulle<br />

consuetudini che avevano portato comunità di villaggio con numerosa popolazione e bestiame ad<br />

utilizzare risorse pascolive site anche a qualche decina di chilometri di distanza. La divisione delle<br />

proprietà collettive di origine tribale (conceliba) <strong>tra</strong> le singole comunità rappresentò un processo molto<br />

lungo che ebbe luogo <strong>tra</strong> il XII e il XIX secolo. Ancora nel XIX secolo in alta Val Brembana valeva il<br />

“diritto di compascuo” e i “terrieri” potevano utilizzare liberamente e gratuitamente i pascoli comunali<br />

dei comuni che precedentemente formavano la comunità di valle 182 . In Valsassina i boschi e i pascoli<br />

della Squadra del Conseil, ancora nel XVIII secolo, erano goduti in consorzio dai comuni di Barzio,<br />

Cremeno, Cassina, Moggio e Concenedo 183 e nella comunità di Lecco i conceliba furono divisi <strong>tra</strong> il<br />

borgo e i comuni esterni solo alla fine del XIX secolo 184 . Le unità che ereditarono le primitive<br />

proprietà collettive furono le vicinanze o (s)quadre dalle quali in molti casi presero origine i comuni<br />

attuali. A loro volta queste comunità più piccole potevano essere suddivise in ulteriori suddivisioni<br />

(boggie o degagne in Canton Ticino 185 , malghe a Ponte Valtellina, colondelli in Valtellina e altrove).<br />

Questa organizzazione riflette un’antica articolazione territoriale che risale alle strutture tribali e che si<br />

era mantenuta anche nel contesto della feudalizzazione dove le deganiae, (a loro volta suddivise in<br />

sortes coincidenti con unità famigliari) rappresentavano unità demiche, ma al tempo stesso<br />

articolazioni della curtis e un livello di intermediazione <strong>tra</strong> il signore e gruppi di individui sottoposti a<br />

carichi diversificati (<strong>tra</strong> cui le prestazioni e gli oneri dovuti per lo sfruttamento delle alpi e dei pascoli<br />

collettivi) 186 .<br />

Esempi interessanti della suddivisione delle risorse alpive <strong>tra</strong> località relativamente distanti sono<br />

costituiti dalla Val Bedretto in Canton Ticino che, sin dal XIII secolo, venne suddivisa <strong>tra</strong> le vicinanze<br />

e le degagne della Val Leventina lasciando ai bedrettesi diritti di pascolo promiscui 187 e dalla Val di<br />

Mello, una laterale della Val Masino in Valtellina, che assunse tale nome in quanto assegnata ai<br />

terrieri di Mello, località di mezza costa nella valle principale, nell’ambito della suddivisione dei beni<br />

comuni del vastissimo comune di Traona coincidente con il versante retico della bassa Valtellina.<br />

Per secoli le unità minori all’interno dei comuni risultarono titolari di diritti e di beni tanto da<br />

assumere natura territoriale e, per alcuni aspetti, pubblicistica. Esse, infatti, <strong>nelle</strong> proprie assemblee<br />

<strong>tra</strong>ttavano diverse materie di competenza amminis<strong>tra</strong>tiva. Col tempo, specie nei centri di maggiori<br />

dimensioni, questi due aspetti finirono per en<strong>tra</strong>re in con<strong>tra</strong>sto dal momento che agli “antichi<br />

originari” si erano aggiunte nuove famiglie cui erano preclusi certi diritti, tanto da indurre a più riprese<br />

le autorità venete ad introdurre provvedimenti di liberalizzazione.<br />

Contro le vicìnie, il regime napoleonico operò in modo draconiano, dopo che già la Repubblica<br />

bresciana era intervenuta per sot<strong>tra</strong>rre loro il compito di rappresentare e amminis<strong>tra</strong>re i comuni, ma<br />

senza metterne in discussione la titolarietà dei beni. Il Decreto n. 225 del 25.11.1806 obbligava, infatti,<br />

gli antichi originari a dimos<strong>tra</strong>re che tutti i beni da essi goduti e posseduti in modo esclusivo fino ad<br />

allora erano stati acquistati con denaro privato e non già con quello della comunità. L’onere della<br />

prova era difficile e così molti beni delle vicinie passarono ai comuni 188 . Con il pretesto<br />

dell’abolizione di privilegi il regime filofrancese intendeva incrinare quel tessuto di autogoverno e<br />

quella rete di solidarietà che le istituzioni vicinali rappresentavano 189 . Oltre all’abolizione delle<br />

vicìnie, (o quantomeno degli aspetti di natura pubblicistica che queste mantenevano) e al passaggio dei<br />

182<br />

ASM, Catasto, Distretto di Piazza Brembana, Notizie agrarie, c. 12133.<br />

183<br />

P.Pensa, op. cit., Vol. II, p. 443.<br />

184<br />

Ibidem.<br />

185<br />

Troviamo le degagne anche a Ponte di Legno, però come unità che raggruppano più quadre (Statuti di Ponte di Legno,<br />

cit.).<br />

186<br />

F.Menant, op. cit. p. 316.<br />

187<br />

E’ interessante osservare che <strong>tra</strong> Giornico, nella bassa Leventina, e la Val Bedretto la distanza è di oltre 30 km.<br />

188<br />

G. Raffaglio, Le vicinie della Val camonica e della Val di Scalve in: M. Guidetti e P.H. Stahl, Un’Italia sconosciuta.<br />

Comunità di villaggio e comunità familiari nell’Italia dell’800. Milano, 1977, pp.79-86<br />

189<br />

E. Bressan. La Lombardia veneta. Organizzazione sociale e governo del territorio. In: La formazione della Lombardia<br />

contemporanea a cura di G.Rumi, Milano-Bari, 1998, pp. 15-58.

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