L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini
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laiche ed ecclesiastiche 169 . Oltre alle famiglie comitali, che esercitarono un ruolo importante nella<br />
montagna bergamasca anche con riguardo alla proprietà delle alpi, si affermano nel X-XI secolo altre<br />
figure di vassalli episcopali i capitanei . Questi ultimi esercitavano il ruolo di castellani, con il diritto<br />
di riscossione della decima nell’ambito della pieve, e quello di proprietari fondiari come in alta<br />
Valbrembana. In Valtellina i Vicedomini da amminis<strong>tra</strong>tori e difensori dei beni dei vescovi di Como e<br />
di Pavia divennero feudatari dell’impero, concedendo a loro volta infeudazioni cospicue a famiglie<br />
vassalle 170 . Nel tempo tali processi determinarono il sorgere di una nobiltà minore locale che, laddove<br />
il sorgere dei comuni rurali del XIII secolo non eliminò i privilegi nobiliari, continuò per secoli ad<br />
esercitare diritti di proprietà e d’uso. Anche i titoli di proprietà e di godimento e le rendite<br />
ecclesiastiche con il tempo si <strong>tra</strong>sferirono da soggetti es<strong>tra</strong>nei alle valli (vescovi e abbazie) a monasteri<br />
e chiese locali 171 che beneficiavarono anche di nuove donazioni e a volte praticavano anche degli<br />
acquisti oltre che vendite. Rispetto alle proprietà nobiliari quelle ecclesiastiche si mantennero ovunque<br />
più a lungo, spesso sino al XVIII-XIX secolo, quando furono colpite dagli espropri della Repubblica<br />
Cisalpina e poi del Regno d’Italia sabaudo.<br />
Nell’ambito delle vicende legate alla grande proprietà ecclesiastica delle alpi pascolive vale la pena<br />
soffermarsi brevemente sul ruolo della abbazie sia perchè ripetto ad altri proprietari esse hanno<br />
praticato più estesamente forme di gestione diretta 172 , sia per l’importanza della “<strong>tra</strong>nsumanza<br />
monastica” del XI-XII secolo, premessa dell’avvio, nel XII-XIII secolo, di quella <strong>tra</strong>nsumanza a lungo<br />
raggio <strong>tra</strong> le <strong>Alpi</strong> <strong>lombarde</strong> e la pianura con le modalità che ha poi mantenuto poi per secoli e, almeno<br />
in parte, sino ad oggi.<br />
Nel X-XI secolo le abbazie bresciane sono proprietarie di numerose alpi pascolive non solo <strong>nelle</strong> valli<br />
prealpine, ma anche all’interno del massiccio alpino, in Valcamonica. Alle vecchie abbazie, (S.Giulia<br />
di fondazione regia, risalente al secolo VIII) e SS.Faustino e Giovita si affiancarono anche nuovi<br />
monasteri, come quello di S.Eufemia sorto nel 1030 sui primi con<strong>tra</strong>fforti delle prealpi bresciane in<br />
una posizione s<strong>tra</strong>tegica per l’utilizzo congiunto delle risorse della montagna e del piano. Esso<br />
acquistò presto molte alpi in Valcamonica e Valtrompia. Nella zona pedemontana bergamasca diversi<br />
monasteri erano proprietari di pascoli collinari e di pascoli di montagna e praticarono una forma di<br />
“<strong>tra</strong>nsumanza monastica” a breve raggio. Tra questi il monastero di Vallalta, sorto successivamente<br />
agli altri e situato addentro alla Valseriana, era probabilmente provvisto di veri e proprie alpi nella<br />
media valle. Questi monasteri possedevano greggi di svariate centinaia di capi, governate da numerosi<br />
conversi. La <strong>tra</strong>nsumanza monastica e la gestione diretta delle alpi (di proprietà o affittate) da parte dei<br />
monasteri decade però rapidamente e, come già ricordato, dal XII-XIII secolo emerge una<br />
<strong>tra</strong>nsumanza a lungo raggio gestita dai montanari delle alte valli (alta Val Brembana, Valsassina, alta e<br />
media Valseriana, alta Val Borlezza, Valcamonica). Vescovi e monasteri mantengono dei diritti che<br />
assicurano delle rendite, ma col tempo esse diventano poco più che simboliche 173 . Anche la proprietà<br />
mediante il cambiamento dei con<strong>tra</strong>tti d’affitto, da stagionali o pluriennali a livelli perpetui, finì per<br />
passare dagli antichi proprietari feudali ai nuovi proprietari che, più frequentemente, erano<br />
rappresentati dalle stesse comunità locali che avevano continuato a gestirle e che, in <strong>passato</strong>, ne<br />
avevano avuto il pieno possesso.<br />
Oltre che at<strong>tra</strong>verso un processo socio-economico “indolore” il ridimensionamento della proprietà e<br />
dei diritti feudali in materia di pascoli alpini <strong>nelle</strong> <strong>Alpi</strong> <strong>lombarde</strong> ebbe anche un carattere politico,<br />
legato all’affermazione dei comuni rurali. Essi sorsero in concorrenza e con<strong>tra</strong>sto con i diritti di<br />
giurisdizione dei nobili e si sforzano di eliminarne i diritti di proprietà e di uso dei beni<br />
169<br />
G. Ciapponi, Indagine storica sulla proprietà degli alpeggi dell’antico terziere inferiore con particolare riferimento alla Val<br />
Masino, REPS, 1984, gennaio-aprile, pp 67-73.<br />
170<br />
Oltre ai Vicedomini, che divennero proprietari di pascoli <strong>nelle</strong> Valli del Bitto, in Val Masino e in Val Lesina, il Pensa cita<br />
altre famiglie di feudatari vescovili che, in Valtellina, suben<strong>tra</strong>rono <strong>nelle</strong> proprietà dei vescovi: i Parravicini, i Capitanei di<br />
Sondrio e i Beccaria. P.Pensa, op, cit. Vol II, p. 442.<br />
171<br />
Il vescovo di Lodi, che possedeva buona parte del versante orobico della bassa Valtellina, dovette vendere queste terre<br />
dopo la distruzione della città, ad opera dei milanesi, nel 1111. Acquistate dalla comunità dell’Isola comacina (che, prima<br />
della distruzione da parte dei comaschi nell’ambito delle guerre con Milano, era molto ricca e potente) furono da essa donate<br />
alle locali abbazie di Lenno e a quelle di Piona e di Vallate, quest’ultima in Valtellina. Orsini, op. cit.<br />
172<br />
La gestione diretta di alcuni centri pastorali anche esercitata anche da parte del Vescovo di Bergamo, F. Menant, op. cit.<br />
p. 257 n.<br />
173<br />
Risolvendosi nel ricavato della prima mungitura sull’alpe o del frutto di al<strong>tra</strong> mungitura in data stabilita.