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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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osservare per le note sull’argomento di Carlo Cattaneo 140 che, però, aveva ben compreso l’importanza<br />

economica e sociale della <strong>tra</strong>nsumanza bovina e il suo ruolo nella formazione della classe degli<br />

affittuari capitalisti della Bassa.<br />

Dal punto di vista dei rapporti culturali <strong>tra</strong> i malghesi/bergamini e le comunità delle valli si deve<br />

osservare che, sebbene essi fossero originari delle valli dove d’estate tornavano regolarmente per<br />

l’alpeggio e conservassero una cultura legata alla montagna, vi fossero forti elementi di<br />

differenziazione sul piano socioeconomico e culturale. Non solo la differenza di status economico <strong>tra</strong> i<br />

bergamini che possedevano 15-20, ma, spesso, anche 50 e più vacche, rispetto agli allevatori<br />

“casalini” come venivano definiti i piccoli allevatori stanziali 141 (che ne possedevano 1 o 2 o, spesso,<br />

solo qualche capra), erano di per sè notevole, ma vi sono anche altri aspetti che indicherebbero come i<br />

bergamini rappresentassero una vera e propria “casta pastorale”. Innanzitutto i mandriani <strong>tra</strong>nsumanti<br />

erano originari di ben determinate località nell’ambito dei comuni e, persino, delle frazioni.<br />

Riferendosi a Cambrembo, località sita a 1400-1500 m alla testata della Val Brembana, le note stese<br />

per la redazione degli estimi del catasto Lombardo-Veneto (1838) ci informano che:<br />

“Questo paese è abitato da Malghesi, cioè Bergamini nel tempo d’estate, per tre mesi dell’anno, nelli altri mesi dell’anno<br />

conducono le loro Mandre, alla pianura per altri Nove Mesi dell’anno come si è detto nella pianura di Lodi e di Milano per<br />

mantenere le loro Mandrie in discorso, e non si <strong>tra</strong>ttiene persona in questo paese cioè negli altri mesi, come si è detto, giacchè<br />

tutti si dedicano a questo ramo d’industria” 142 .<br />

Un’al<strong>tra</strong> località abitata solo da bergamini era la Colmine di S.Pietro, posta in comune di Cremeno <strong>tra</strong><br />

la Valsassina e la Valtaleggio dove anche la parrocchia (mantenuta formalmente in vita sino al 1974)<br />

era “<strong>tra</strong>nsumante” come ci riferiscono delle notizie relative al XIX secolo.<br />

“[La Colmine] E’ posta su un colle a metri 1340. E’ abitata unicamente da famiglie malghesi le quali vivono in diverse<br />

cassine sparse in mezzo a ubertosi pascoli, a guisa degli antichi Celti. 143 La popolazione ascende a 180 anime e al venir<br />

dell’inverno discende con le sue numerose mandrie nella bassa Lombardia. Anche il Curato abbandona la sua residenza<br />

estiva, per risalirvi coi parrocchiani verso la fine di Maggio" 144<br />

La presenza di bergamini, negli stati d’anime della fine del XVI secolo, era attestata anche in altre<br />

piccole frazioni di Cremeno, mentre anche a Pasturo (in Valsassina), Vedeseta e Taleggio (in Val<br />

Taleggio) i luoghi d’origine delle famiglie di bergamini sono identificabili in cascine isolate o in<br />

piccoli nuclei collocati al di sopra dei nuclei abitati principali. Al di là di una precisa localizzazione<br />

dei luoghi d’origine e dell’evidenza di caratteri culturali distinti (modello di insediamento sparso) i<br />

bergamini hanno praticato sino al XX secolo una rigida endogamia di gruppo, che li portava a<br />

intrecciare rami famigliari originari di diverse vallate e a praticare una rigida dissuasione verso il<br />

matrimonio con membri delle varie categorie del mondo rurale (sia della Bassa che delle località<br />

vallive). Nangeroni, 145 a proposito dei rapporti <strong>tra</strong> bergamini e la realtà locale delle vallate orobiche<br />

occidentali, riferisce che essi in<strong>tra</strong>ttenevano relazioni solo con l’èlite locale e che la parlata<br />

(influenzata da quella della Bassa), oltre ad alcuni particolari del modo di vestire (agli occhi dei<br />

possessori di un centinajo e più di mila lire, che non isdegnano mungere colle loro mani le vacche che posseggono. Scesi in<br />

autunno dai monti, stipulano con<strong>tra</strong>tti coi proprietari o coi conduttori di poderi in pianura onde farvi svernare il loro<br />

bestiame”. (S.Jacini La proprietà fondiaria e le classi agricole in Lombardia. Scritti economici di Stefano Jacini, a cura di F.<br />

Della Peruta, Milano, 1996, pp. 115-117).<br />

140 “Alcune delle estreme valli sono troppo alpestri per l'agricoltura; la neve le ingombra nove mesi dell'anno, ma le trova<br />

deserte e silenziose. Chiusi i pòveri casolari, il pastore discende per le valli coll'armento; gli uòmini appiedi; le donne sui<br />

cavalli, cogli infanti <strong>nelle</strong> ceste come le tribù dell'oriente. A brevi giornate di cammino la carovana si arresta dove il<br />

contadino del piano l'aspetta; le vacche alpine stanziano qualche giorno a brucare gli esausti prati; poi, inseguite dalle brìne,<br />

pàssano a più bassi campi, fino ai prati perenni. Quando la natura sì riapre, la famiglia ritorna al suo viaggio, rivede fioriti i<br />

campi che lasciò bruni e squàllidi; risale lungo i tortuosi torrenti, trova i pochi che rimàsero nella valle a diradare le selve, e<br />

sudare alle fucíne; e si sparge sulle alpi, [c.n.t.] che così chiama ancora quei pàscoli dove la primitiva communanza non<br />

conosce al<strong>tra</strong> disugualità che il numero degli armenti (C. Cattaneo Notizie naturali e civili sulla Lombardia in Milano e<br />

l’Europa. Scritti 1839-1848, a cura di D. Castelnuovo Frigessi, Torino, 1972, ” p. 465).<br />

141 Nangeroni, op. cit. 1940, IPABg.<br />

142 ASM, Fondo Catasto, Bergamo, Distretto di Piazza, Notizie agrarie di dettaglio c. 12133.<br />

143 Espressione letteralmente presa da C.Cattaneo che, però, la riferiva alle cassine dalla Bassa.<br />

144 C. Gianola, Memorie storico religiose della Valsassina, Milano, 1895, p.93-98.<br />

145 G. Nangeroni, Alcune caratteristiche geografiche della Val Taleggio (Prealpi Oróbie), Riv. Geog. It. 48, 1941, (I-II), 1-20.

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