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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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a) i movimenti periodici <strong>tra</strong> regioni diverse per condizioni climatiche e morfologiche, cioè <strong>tra</strong> la<br />

pianura padana e le montagne circostanti;<br />

b) i movimenti periodici entro le <strong>Alpi</strong>, per lo scopo dell’alpeggio, in località lontane, es<strong>tra</strong>nee non<br />

solo alle proprie circoscrizioni comunali, ma anche al bacino idrografico dove si trovano le sedi<br />

comunali.<br />

A nostro parere oltre a distinguere <strong>tra</strong> “<strong>tra</strong>nsumanza” e le altre forme di <strong>tra</strong>sferimento all’alpeggio ci<br />

pare opportuno operare una distinzione anche <strong>tra</strong> la “migrazione in<strong>tra</strong>alpina” e la “monticazione”. Più<br />

che su concetti geografici (bacino idrografico) e sulla base della semplice distanza questa distinzione<br />

dovrebbe tenere conto di elementi agroecologici, socioeconomici e, soprattutto, culturali. La<br />

monticazione si esercita all’interno dello stesso sistema agrozootecnico territoriale dove si trovano le<br />

sedi permanenti presso le quali uomini e animali <strong>tra</strong>scorrono l’inverno. A volte la monticazione viene<br />

esercitata in un comune diverso da quello dove si trova la sede permanente. Molto spesso, però, questa<br />

dislocazione è il risultato della suddivisione in comuni di antiche comunità di valle che, all’epoca della<br />

suddivisione delle alpi, dei boschi e delle altre risorse collettiva, stabilirono di assegnare delle alpi<br />

anche a quelle comunità che, nel loro nuovo e più ristretto territorio, venivano a trovarsi prive di<br />

pascoli sufficienti ai bisogni degli abitanti. Diverso è il caso di quelle comunità, che disponendo di alpi<br />

in esubero rispetto al fabbisogno degli abitanti o di pascoli comunali facilmente accessibili 131<br />

reputavano vantaggioso affittarle ad imprenditori che provenivano da località distanti e comunque<br />

es<strong>tra</strong>nei alla realtà locale. In Valtaleggio diversi documenti del XVIII secolo si occupano dell’affitto<br />

delle alpi (“monti”) ai bergamini. Uno di questi, riguardante un lungo cotenzioso giudiziario per il<br />

possesso dei pascoli <strong>tra</strong> il comune di Vedeseta e quello di Cremeno, appare particolarmente<br />

interessante perché, riferendosi alla situazione dell’inizio del XVII secolo, osserva come “in antico”<br />

(agli inizi del XVI secolo?) i “monti” non fossero ancora affittati ai bergamini ma assegnati ai privati<br />

proprietari dei beni “divisi” (i particolari) in proporzione al bestiame allevato 132 .<br />

Dal punto di vista dell’importanza dell’alpeggio nella cultura locale la predominanza o meno della<br />

presenza sulle alpi di caricatori provenienti da località più o meno distanti, ma comunque percepiti<br />

come appartenenti ad altre comunità culturali, è da ritenersi cruciale.<br />

Le zone interessate ai flussi delle migrazioni alpine sono quelle dove si trovano numerosi ed estesi<br />

pascoli: l’alta Valtellina, la Val S.Giacomo, le alte valli orobiche bergamasche (Brembana, Seriana, di<br />

Scalve), la Valsassina, la media Vallecamonica, l’alta Val Caffaro (Bagolino), l’alta Vallecamonica.<br />

Mentre, però, le valli orobiche e quelle bresciane erano facilmente raggiungibili dalla pianura (ed<br />

erano quindi interessate alla vera e propria <strong>tra</strong>nsumanza), le aree più addentro nel massiccio alpino<br />

(alta Vallecamonica, bormiese, Val S.Giacomo) erano raggiunte in estate da allevatori che<br />

provenivano dalle basse valli. Queste migrazioni in<strong>tra</strong>alpine, a differenza della <strong>tra</strong>nsumanza (ormai<br />

solo sporadica nel caso dei bovini) sono tutt’ora attivamente praticate. I pascoli alpini dell’alta<br />

Valchiavenna (Val S.Giacomo o Valle Spluga) sono tutt’ora caricati con bestiame proveniente dalla<br />

zona <strong>tra</strong> l’alto Lago di Como e Chiavenna (quindi anche dal comune di Gera Lario, in provincia di<br />

Como, e dalla piana di Colico, in provincia di Lecco). Nel bormiese salgono ancora allevatori di<br />

Grosio e di altri comuni limitrofi, in alta Vallecamonica diversi allevatori della bassa valle.<br />

131 F. Menant, op. cit. p. 252 “Les habitants de quelches villages bien porvus en communaux proches réussissent même à se<br />

dispenser du séjour à l’alpage, libérant ainsi celui-ci pour une fructueuse location aux entrepreneurs de <strong>tra</strong>nshumance.”<br />

132 “(...) ma accidentali soliti figgerli nel Terreno ne più vetusti tempi per mutui segnacoli frà Tizj, e Sempronj Privati delle<br />

Communità Padrone de Monti, in tempo, che non si affittavano a Bergamini non ancora usati in quella Zona, perchè<br />

ogni particolare riceveva il contingente del Monte alla sua quota di Bestie, che aveva, ò alla rata de’ beni divisi, pe’<br />

quali sosteneva il Regio Carico, e di tale antico uso, ne è restata anche nell’oggi la Tassa, perchè avendo anticamente<br />

ciascun Possessore de’ beni divisi molte bestie , praticavano quota d’estimo anche sopra d’esse, ed il non saperne l’antico<br />

perchè la pagano ancora, benchè non abbiano bestie, e si esigge dagli Esattori, ut dicunt: Tanto per il Bestiame etc. Essendosi<br />

poi nel successivo de tempi introdotte le Bergamine, restavano i Monti affittati dai Communi, e più Padroni di esse<br />

s’accordavano all’appalto, prendendo ogn’uno de Socj la rata del Continente, che occorreva al numero di loro Bestie,<br />

e cadauno si assegnava, ex mutuo consensu, quella tanta parte di pascolo, che fosse congruente; cosicè anch’essi<br />

distinguevano, vicissìm, la lor quota di Monte sociale con simili segni, per regola di contenersi entro l’assegnatasi lor<br />

giurisdizione, ò con pietre, ò escavazione di terra, ò elevazione di Glebe, ò simili marche, giusta che al placito de Custodi per<br />

lo più Puerili l’innocente industria, ed oziosa solitudine suggerir le potesse” ASM Fondo agricoltura, p.m., pascoli, c. 45,<br />

“Vedeseta”.

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