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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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dell’alpeggio. La realtà delle alpi pascolive <strong>lombarde</strong>, inserita in un contesto regionale con una<br />

fortissima zootecnia da latte di pianura e, <strong>tra</strong>nne che nel caso di Sondrio, in contesti provinciali dove<br />

l’industria e/o la stessa agricoltura industrializzata della pianura assumono importanza economica e<br />

sociale prevalente, non ha potuto contare (con qualche eccezione) neppure su un ruolo attivo dei<br />

Comuni (troppo piccoli e privi di competenze tecnico-operative e amminis<strong>tra</strong>tive in materia) e delle<br />

Comunità Montane (spesso alle prese con problemi di rappresentatività e capacità di programmazione<br />

ed intervento) 4 .<br />

In assenza di una politica attiva regionale gli interventi recenti a favore del sistema delle alpi pascolive<br />

<strong>lombarde</strong> sono conseguenti all’applicazione delle misure di politica agraria europee (misure<br />

agroambientali, con la relativa erogazione di contributi efficaci solo nel breve termine, adeguamento<br />

delle strutture alle norme igienico-sanitarie, al di fuori di considerazioni più ampie sulle prospettive di<br />

utilizzo zootecnico e polifunzionale delle risorse alpive nel loro complesso). In questo quadro<br />

l’assenza di indirizzi s<strong>tra</strong>tegici ha favorito, più che in altri contesti maggiormente dinamici e favoriti<br />

nell’accesso alle risorse pubbliche, la permanenza di pratiche produttive <strong>tra</strong>dizionali, lasciando<br />

all’innovazione e all’iniziativa dal basso il compito di negoziare la continuità del sistema nel contesto<br />

delle generali <strong>tra</strong>sformazioni socioeconomiche e culturali. All’inizio del XX secolo il sistema<br />

dell’alpeggio in Lombardia, sia pure ridimensionato rispetto al <strong>passato</strong> in termini di capi, superfici e<br />

significato economico, non è privo di vitalità. L’età media degli addetti è relativamente bassa (46<br />

anni), si producono alcuni formaggi <strong>tra</strong> i migliori delle <strong>Alpi</strong> (Bitto dop, Formai de mut dop, Bagoss,<br />

Tombea), si sono diffuse spontaneamente innovazioni interessanti quali i sistemi artigianali di<br />

mungitura meccanica mobile, l’agriturismo in alpe sta lentamente diffondendosi. Al di la di questi<br />

aspetti non si può non constatare come <strong>tra</strong> i giovani caricatori d’alpe ve ne siano parecchi con buon<br />

livello di istruzione, che gestiscono alpi pascolive dove, ancor oggi, il materiale viene <strong>tra</strong>sportato a<br />

dorso di mulo o con teleferiche. Ciò a dimos<strong>tra</strong>zione dell’avvenuto disaccoppiamento <strong>tra</strong> i valori<br />

produttivistici e le motivazioni sociali in grado di garantire la continuità dei sistemi produttivi<br />

agricoli 5 . I giovani casari d’alpe trovano motivo d’orgoglio non solo nel produrre formaggi di grande<br />

qualità, ma anche nel proprio conformarsi ad una <strong>tra</strong>dizione che, almeno in alcuni contesti locali, non<br />

ha mai cessato di essere considerata un valore importante della comunità locale e professionale e che<br />

conosce interessanti forme di rivitalizzazione. Come è stato osservato da De Ros con riferimento alla<br />

realtà trentina 6 , la ripresa della pratica d’alpeggio sta avvenendo per effetto di dinamiche<br />

sostanzialmente esterne al settore zootecnico, che rompono la spirale, senza via di uscita, di<br />

intensificazione e specializzazione produttiva, innescata, nel recente <strong>passato</strong>, ad imitazione dei sistemi<br />

di pianura e sulla base di interessi e punti di vista settoriali. In Lombardia, accanto ad uno sviluppo di<br />

specifiche domande di prodotti turistici in qualche modo collegati all’alpeggio (sia pure con ritardo e<br />

rispetto alla realtà trentina) è in atto un interessante processo di ridefinizione della sua funzione sociale<br />

che facendo leva sul suo mai sopito valore simbolico e di identificazione si <strong>tra</strong>duce nella<br />

moltiplicazione spontanea di eventi quali le “Feste dell’alpe” fortemente orientati, al di là della<br />

dimensione celebrativa, a finalità di aggregazione e coesione sociale e di stimolo all’azione<br />

comunitaria.<br />

Il sistema d’alpeggio, pur non risultando in Lombardia oggetto di una continuità di attenzione e di<br />

interventi, a causa dei motivi soprarichiamati, ha rappresentato, però, in modo ricorrente, un elemento<br />

tutt’altro che marginale nella riflessione degli esponenti dei circoli intellettuali e politici più attenti alla<br />

complessiva dimensione territoriale della realtà agricola lombarda. Significativa, con riferimento al<br />

XIX secolo, l’attenzione ai problemi dell’alpicoltura e della zootecnia di montagna di uno studioso ed<br />

esponente politico del calibro di Stefano Jacini 7 e, all’inizio del XX secolo, della Società Agraria di<br />

Lombardia che affidò ad Arrigo Serpieri, illustre economista agrario e futuro Ministro dell’agricoltura,<br />

un’approfondita indagine sui pascoli alpini 8 . Agli inizi degli anni ’70, in contemporanea con la nascita<br />

della Regione e delle Comunità Montane, sull’onda dell’entusiasmo per il nuovo ruolo di<br />

4<br />

E. Borghi, Il Renoir nascosto in: A. Bonomi, E.Borghi, Torino, 2002, pp. 7-71.<br />

5<br />

M. Corti, Formaggi in alpeggio: dilemmi tecnici e discorsi sociali, Caseus, VIII, (2003) n. 6 (novembre-dicembre), 36-43.<br />

6<br />

De Ros G., Baldessarri E., Ventura W. I costi dell’alpeggio sono sostenibili? in: Quaderni, n. 1, Trento, 2004, pp. 90-101.<br />

7<br />

S. Jacini, La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia, a cura di F. Della Peruta , Milano, 1996, (ed or.<br />

1856), pp. 95-126.<br />

8<br />

IPASoI, IPASoII, IPASoIII, IPACo, IPABg.

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