L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini
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uniforme del pascolo; l’area dove gli animali venivano tenuti al picchetto veniva spostata ogni 2-3<br />
giorni o anche ogni giorno, specie verso la fine della stagione.<br />
A fianco degli “stalloni” sono rimasti in uso diversi tipi di porticati, aperti su uno o tre lati (tècia,<br />
penzàna, sòs<strong>tra</strong>, camàna, bárch) utili a fornire un rapido riparo in caso di violenti temporali. Negli<br />
ultimi decenni, sia in considerazione dei costi di costruzione e dell’onerosità degli investimenti, che<br />
della minor disponibilità di personale, e quindi dell’esigenza di facilitare le operazioni di governo<br />
degli animali, sono state realizzate più frequentemente tettoie aperte, che si adattano anche all’utilizzo<br />
per la mungitura meccanica. Gli “stalloni” realizzati diversi decenni fa sono oggi inadatti al ricovero<br />
del bestiame anche a causa della taglia più elevata raggiunta dai bovini 117 .<br />
Accanto all’alpe unitaria si trova relativamente diffusa in Lombardia l’alpe-villaggio. Le forme<br />
insediativa accorpate (veri e propri villaggi temporanei) sono comuni nel caso delle alpi godute in<br />
“uso civico” o possedute da parecchi comproprietari. In questi casi, però, troviamo anche insediamenti<br />
sparsi di piccoli nuclei o anche baite isolate. Questi insediamenti sono più frequentemente collocati<br />
alle quote inferiore dell’alpe, dove si trovavano i prati segatizi, ma non mancano esempi di baite<br />
isolate o di piccoli nuclei disseminati sui pascoli. Le alpi-villaggio sono diffuse in tutta la<br />
Valchiavenna (dove troviamo anche esempi di baite sparse e di piccoli nuclei), nella media e alta<br />
Valtellina (Val Malenco, Val Grosina, Val di Rezzalo), in Alta Valcamonica, in Val Marcia e Val<br />
Varrone (Lc). Nel Lario occidentale il solo esempio di alpe a villaggio era costituito dall’Alpe di<br />
Tremezzo, abbandonata dagli anni ’60. In Val Veddasca (Va) un esempio di alpe-villaggio era<br />
rappresentato dall’Alpe di Monterecchio.<br />
Nelle alpi-villaggio gestite in modo “dissociato”, ossia senza alcuna forma di cooperazione per quanto<br />
riguarda la gestione del pascolo e la <strong>tra</strong>sformazione del latte, un unico locale viene utilizzato per la<br />
lavorazione del latte, la preparazione dei cibi e il riposo di uomini, donne e bambini. In questo caso lo<br />
stesso focolare è utilizzato per cucinare i cibi e per la scaldare il latte sul fuoco. In queste baite spesso<br />
non vi è neppure un camino e la “zona notte” è delimitata da teli. In questo tipo di alpi ogni famiglia<br />
disponeva anche di piccole stalle annesse alle baite per il ricovero degli animali. In diversi casi,<br />
invece, dove la gestione dell’alpe presenta aspetti cooperativi, oltre agli edifici ad uso abitativo<br />
utilizzati da ciascuna famiglia, possono trovarsi dei fabbricati ad uso comune per il ricovero degli<br />
animali e, più frequentemente, per la lavorazione del latte. A volte, infatti, <strong>nelle</strong> alpi utilizzate in forma<br />
individuale da parecchie famiglie la lavorazione del latte è realizzata in forma comune, mediante<br />
sistema turnario o l’assunzione di un casaro. A Premana (Lc) le alpi comunali erano utilizzate<br />
mediante uso civico; qui oltre alla latteria comunale erano presenti anche dei dormitori per le ragazze e<br />
le donne nubili.<br />
“Sul Varrone un parroco, che le madri di allora benedicevano, aveva voluto che il Comune costruisse in ogni alpeggio un<br />
fabbricato destinato alle ragazze, perché nessuno scandalo accadesse: lo chiamavano casina di lecc. Quando le fanciulle vi si<br />
ritiravano era tutto un trillar di risa e il capo alpe aveva il suo daffare a impedire, come obbligavano le clausole dei list<br />
[regolamenti d’alpeggio n.d.a.], che i giovanotti vi si avvicinassero” 118 .<br />
Molto spesso, <strong>tra</strong> i fabbricati destinati a funzioni collettive, <strong>nelle</strong> alpi-villaggio si trovavano anche<br />
piccoli edifici destinati al culto che, insieme alle fontane, rappresentavano un fulcro di vita<br />
comunitaria. Nelle alpi-villaggio la proprietà delle baite (ed eventualmente di una limitata estensione<br />
di terreno) poteva essere privata, mentre i pascoli venivano utilizzati mediante uso civico o<br />
corresponsione di una tassa di pascolo al comune; in altri casi l’utilizzo delle baite era concesso a<br />
coloro che usufruivano del diritto d’uso pascolo comunale.<br />
Nelle alpi a villaggio la vita comunitaria è più intensa e spesso vede le donne protagoniste,<br />
rovesciando il modello di società maschile proprio dell’alpe unitaria, specie quando essa è gestita da<br />
una “famiglia” o “compagnia” di salariati 119 . E’ bene sottolineare che ciò accadeva anche prima che i<br />
capifamiglia,e, in generale gli uomini giovani (in seguito allo sviluppo di nuove forme di emigrazione<br />
117<br />
(sc-ctála, masùn, masün). Piccoli ricoveri per animali malati o in procinto di partorire di piccole dimensioni sono presenti<br />
anche <strong>nelle</strong> alpi a gestione unitaria prive di stallone.<br />
118<br />
P. Pensa, op. cit. p. 453.<br />
119<br />
Le donne erano spesso presenti anche quando le alpi erano gestite in modo unitario una o più famiglie patriarcali di<br />
bergamini.