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L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini

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frequentemente le alpi sono suddivise in 2-3 stazioni, ma ve ne possono essere anche 5 o più. Quelle a<br />

quote più basse vengono utilizzate sia nella fase di salita che di discesa. Il dislivello <strong>tra</strong> le stazioni è di<br />

norma di 100-150 m, ma può arrivare anche a 700 m. In ogni stazione esistevano 106 fabbricati adibiti<br />

alla conservazione e prima lavorazione del latte 107 anche se, in genere, solamente al “piede dell’alpe”<br />

o, comunque, nella stazione principale, esisteva la casera per la stagionatura del formaggio. Quando<br />

l’alpe si articola in due stazioni è frequente distinguerle in casera/baita/malga “bassa” e “alta”. Del<br />

tutto particolare risulta la suddivisione in stazioni <strong>nelle</strong> alpi delle Valli del Bitto nella bassa Valtellina.<br />

Qui si trovano disseminati sui pascoli sino a una ventina di calécc. Il calécc (voce che in lombardo ha<br />

il significato di rudere) consiste in una costruzione primitiva formata da bassi muretti a secco. Quando<br />

la malga (come localmente viene denominata la mandria) raggiunge la zona di pascolo dove sorge il<br />

calécc si provvede a dotarlo di una copertura provvisoria (per la quale, in <strong>passato</strong>, si usavano tavole di<br />

legno o coperte di lana di fabbricazione casalinga dette palòrsc 108 mentre, oggi, si utilizzano teloni<br />

impermeabili) e si <strong>tra</strong>sferiscono nel calécc la caldéra e gli altri attrezzi del caseifico. Qui si il latte<br />

delle vacche e delle capre munte sul posto. I calécc sono tutt’ora utilizzati posto <strong>nelle</strong> valli del Bitto, in<br />

Valvarrone e in Alta Val Brembana; parecchi sono in fase di ristrutturazione (la tipologia non è<br />

sostanzialmente alterata, ma si è introdotta la malta in luogo della costruzione a secco). E’ probabile<br />

che il calécc rappresenti un esempio di un modello di costruzione primitive che, in <strong>passato</strong>, avevano<br />

una maggiore diffusione 109 .<br />

Gli Statuti di Tirano del XVII-XVIII secolo, 110 al Capitolo 84 (Che si Facciano le Cassine <strong>nelle</strong> <strong>Alpi</strong>,<br />

è in che Modo si hanno da Fare) forniscono una chiara indicazione circa la diffusione di una tipologia<br />

di cassine d’alpeggio realizzate in pie<strong>tra</strong>, ma senza coperture permanenti che, probabilmente,<br />

rappresentavano una pima evoluzione rispetto a ricoveri più primitivi 111 . E’ probabile che le cassine,<br />

una cascina e caselli; la terza detta Mondovari posta quasi alla sommità del monte è pure fornita di una sola cascina e<br />

casello”, B. De Agostini Val Bodengo: un po’ di storia, Gordona (So), 2001, p. 92.<br />

106 Le esigenze di adeguamento alle normative igienico-sanitarie hanno, in anni recenti, reso più frequente il <strong>tra</strong>sporto del<br />

latte dalle stazioni poste a quote più elevate alla casera principale.<br />

107 L’edificio principale dell’alpeggio, dove si conservano i formaggi per la stagionatura, può essere collocato al piede<br />

dell’alpe o anche a quote più elevate, laddove vi sia una superficie di terreno con ridotta pendenza. E’ denominato báita,<br />

cassìna, caséra, casèra, malga, cà. Erano molto importanti erano i locali (o fabbricati autonomi) con la funzione di<br />

conservazione e raffreddamento del latte. L’acqua corrente a bassa temperatura era necessaria per raffreddare, mantenendole<br />

immerse, le baci<strong>nelle</strong> (conche, ramine) contenenti il latte, al fine favorire l’affioramento e la resa in panna. Dove l’acqua era<br />

disponibile presso l’edificio principale i locali di raffreddamento erano ricavati al suo interno, collocati nella posizione più<br />

fredda (esposizione, interramento); a volte, però, per sfruttare sorgenti di acqua fredda, bisognava costruire anche ad una<br />

certa distanza dall’edificio principale dei, caselli. Il casello (denominato casèl del lacc, baitèl del latt, bàit, bàita, fregèe,<br />

casinèll) è una costruzione molto piccola e basse (dove non si en<strong>tra</strong> in piedi), seminterrate coperte da lastre scistose (piöde),<br />

ma anche terra e zolle erbose, tanto da renderle quasi invisibile. Nelle alpi a villaggio i caselli a volte si trovavano<br />

raggruppati <strong>nelle</strong> zone idonee alla loro realizzazione (all’apparenza un villaggio ... di nani, per chi non ne conosce la<br />

funzione). Dove l’acqua non era disponibile (come sulle alpi delle zone calcaree prealpine) venivano realizzate delle<br />

particolari costruzioni (nevèra, giazèra) costituite con una porzione (a pianta circolare o quadrata) fuori terra e da un pozzo<br />

che poteva raggiungere parecchi metri di profondità. La neve, raccolta e compressa nel pozzo in primavera, era coperta da<br />

foglie per rallentarne l’evaporazione e tutta la costruzione era ombreggiata da faggi o frassini appositamente piantumati<br />

all’intorno. Le baci<strong>nelle</strong> con il latte venivano appoggiate direttamente sulla superficie della neve. Le tipiche nevère si trovano<br />

in area lariana: <strong>nelle</strong> alpi della Val d’Intelvi, in qualche alpe del limitrofo Canton Ticino, nonchè nella Tremezzina e del<br />

centro lago. Più semplici giazère si trovano anche <strong>nelle</strong> alpi lecchesi e anche altrove nell’area prealpina (Sebino).<br />

108 R. Pracchi, La casa rurale nella montagna lombarda, I. Settore occidentale e settentrionale, in: Nangeroni G., Pracchi R.,<br />

La casa rurale nella montagna lombarda, Firenze, 1955, p. 118.<br />

109 Come testimonia l’esistenza di altre tipologie edilizie presso gli insedamenti temporanei quali il barchèt (R. Pracchi . op.<br />

cit. p. 65) che era <strong>presente</strong> nei maggenghi dell’ Alto Lario occidentale e consisteva in una costruzione senza copertura stabile<br />

dove, al posto del tetto, vi erano delle <strong>tra</strong>vi per sostenere rami frondosi collocati all’inizio dell’estate; era destinato al ricovero<br />

degli ovini.<br />

110 Statuti di Tirano, cit.<br />

111 Ibidem, Cap. 84: “E’ Anchora Statuito che nelli Campelli di tutte tré le Montagne di Tirano nell’avenire si facciano<br />

Cassine di Pietre con sopra li legni à Traverso, et con il Tetto qual legname si habbia pena alchuna, solo con la dispensa et<br />

intervenimento del Decano, et che si habbino da restare le predette Cassine per anni duoi senza essere rotte, et chi ardirà<br />

levarvi alchuni di questi legni per ogni volta incorra la pena di scudi tré applicati alla communità, et siano fatte le predette<br />

Cassine in tanto numero quante sono le malghe ò rosci de Bestiami. et siano fatte in luoghi dove determinerà il Decano;<br />

Ordinando di più che ogni volta che saranno mudate dette Cassine quelli che a quali il Decano haverà datto Carico di Tenere<br />

conto dell’Legname dell’Tetto delle dette Cassine sia tenuto consegnarlo per uso delle altre Cassine, che si muderanno, et<br />

questo sotto pena di scudi quattro d’esser Tolti à colui che non consignerà tal legname, et che il decano sia tenuto à scrivere

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