L'alpeggio nelle Alpi lombarde tra passato e presente - Ruralpini
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opera dell’agronomo bresciano Agostino Gallo (“Le venti giornate dell’agricoltura e de’piaceri della<br />
villa”) stampata per la prima volta a Brescia nel 1550. Nel dialogo <strong>tra</strong> i due gentiluomini proprietari<br />
terrieri si inserisce nell’undicesima giornata lo Scaltrito, un malghese proprietario di una mandria di<br />
40 vacche e di un gregge di 100 pecore da latte. La voce malghese si è mantenuta in uso sino ad oggi<br />
anche se, attualmente, il significato originario di “proprietario di una malga <strong>tra</strong>nsumante” 65 , ossia,<br />
come sopra osservato, di un consistente gruppo di vacche da latte 66 , ha lasciato il posto a quello di<br />
“caricatore d’alpe”. Il malghese (cui corrisponde nel milanese la voce bergamino) era ,quindi, una<br />
figura di imprenditore impegnato nell’allevamento, nella <strong>tra</strong>sformazione del latte, ma anche nella<br />
commercializzazione di formaggi e bestiame, 67 ben lontana dalla realtà dei contadini-pastori che<br />
rimanevano nell’inverno <strong>nelle</strong> valli alpine e che praticavano forme di attività agro-silvo-pastorale<br />
finalizzate all’autoconsumo. Si deve osservare che la possibilità di praticare la <strong>tra</strong>nsumanza<br />
presupponeva la disponibilità di un capitale monetario; infatti, se nel medioevo le spese della<br />
<strong>tra</strong>nsumanza erano gonfiate da una serie di tasse e pedaggi 68 , nell’età moderna e contemporanea, con<br />
la specializzazione e l’intensificazione dell’agricoltura della Bassa, il costo del fieno venduto ai<br />
malghesi tendeva ad innalzarsi mano a mano che si introducevano nuove colture erbacee e che<br />
l’attività zootecnica veniva sempre più spesso esercitata dagli stessi agricoltori. Nel tempo, i malghesi<br />
finivano per “fissarsi” <strong>nelle</strong> zone di pianura; alcuni diventando commercianti di formaggi, altri lacée 69<br />
altri ancora divennero agricoltori (fitául). I meno in<strong>tra</strong>prendenti, i figli di famiglie troppo numerose e<br />
con minore numero di bestiame, svolgevano però spesso il ruolo di salariati (mungitori); di qui i<br />
diversi significati che assumono le voci malghées/bergamín che, in diverse zone della Bassa lombarda,<br />
possono variare da quello di ricco mandriano, proprietario di un importante capitale bestiame e<br />
monetario, a quello di famèj (garzone di stalla), non senza passare per quelli intermedi di<br />
“capostalla” 70 e “mungitore”.<br />
In ogni caso sembra di poter escludere è che le voci malghese/malgaro siano da ricondurre a malga<br />
nel significato di “pascolo alpino”. In primo luogo perché esse appaiono già ben attestate nel XVI sec.<br />
quando, anche <strong>nelle</strong> zone dove si è poi affermato il significato “moderno” di malga, quest’ultimo non<br />
era ancora conosciuto 71 ; in secondo luogo esse perché esse sono proprie anche di un’area dove il<br />
significato di malga è rimasto sino ad oggi quello di “mandria”.<br />
Un’ultima osservazione sulle voci derivate da malga <strong>nelle</strong> parlate <strong>lombarde</strong> ci sembra interessante. Il<br />
Cherubini 72 riferisce come voce arcaica malghéra (dove il suffisso –era ha lo stesso significato del<br />
65<br />
Abbiamo già segnalato come, nel XIX secolo, i malghesi della Bassa bresciana, nell’ambito del rapporto con l’agricoltura<br />
di pianura esercitassero un ruolo importante fornendo il concime organico prodotto dalle loro malghe (...) La continua<br />
presenza dei “malghesi ossiano bergamini” era sottolineata nei distretti di Orzinuovi, Verolanuova e Leno. Moioli (op. cit.)<br />
sottolinea come le mandrie dovessero essere <strong>tra</strong>sferite in pianura durante l’inverno stante l’impossibilità del mantenimento<br />
<strong>nelle</strong> valli alpine e prealpine. Il Menant, in relazione all’area bergamasco-bresciana-cremonese, sintetizza efficacemente il<br />
ruolo dei malgari nell’ambito della <strong>tra</strong>nsumanza lombarda storica <strong>tra</strong> medioevo ed età contemporanea, confermando il<br />
secolare radicamento, nell’area in questione, del nesso <strong>tra</strong> malghese/malgaro e malga nel significato di “mandria”: “Quant au<br />
bétail <strong>tra</strong>nshumant, il est conduit dans la plaine où il passe l’hiver. Là, chaque tropeau (malga), sous la garde du malgaro<br />
montagrard, s’installe auprès d’une ferme dont il consomme le foin excédentaire. En échange, le malgaro paie en argent et<br />
en nature (fromage), mais aussi il cède tout l’engrais produit per ses bêtes, précieux fertilisant dont ont besoin les cultures<br />
de la Bassa” . F. Menant, op. cit. , p. 252.<br />
66<br />
abbiamo visto che la malga, negli statuti comunali che regolavano l’alpeggio, era formata da decine di capi, di proprietà di<br />
numerosi piccoli proprietari.<br />
67<br />
Scalt. “caviamo parimente tanti denari da queste cose [formaggi, burro e altri latticini] che paghiamo benissimo i fieni, i<br />
pascoli, e viviamo onorevolmente da pari nostri”, A. Gallo, Le venti giornate dell’agricoltura e de’ piaceri della villa, Nuova<br />
edizione, accresciuta di annotazioni, e di un'aggiunta, Brescia, 1775 (ed. or. 1569), pp. 272-291.<br />
68<br />
F. Menant, op. cit.<br />
69<br />
I lacée esercitavano in modo autonomo l’attività casearia all’interno delle grandi cascine della Bassa, affittando il “casone”<br />
e acquistando il latte dai malghesi presenti in cascina, dall’agricoltore conduttore della cascina o da piccoli allevatori<br />
stanziali.<br />
70<br />
G. Sanga [Glossario]in: G. Bassi e A.Milanesi, Le parole dei contadini: ricerca a Casalpusterlengo, Milano, 1976.<br />
71<br />
Nel dialogo della undicesima giornata dell’agricoltura del Gallo (A. Gallo, op.cit.) l’espressione “mandate le vacche in<br />
monte” trova corrispondenza nell’espressione ancor oggi utilizzata più frequentemente nella montagna bergamasca e<br />
bresciana nà a múut. “(...) voi malghesi mandate le vacche di Maggio a pascere <strong>nelle</strong> nostre campagne, e di Giugno poi in<br />
monte, acciocchè pascano in quelle erbe fresche e morbide, finchè le ritornate anco alle campagne dopo San Bartolomeo,<br />
ovvero alle cascine avendo tolto [acquistato]i fieni (...).<br />
72<br />
L. Cherubini, Vocabolario Milanese-Italiano, Milano,1939. L’Olivieri, riporta <strong>tra</strong> i significati della voc malghéra anche<br />
quello di “fattoressa” (op. cit., p.321).