Elezioni: astensionismo e voglia di cambiamento ... - Auser Liguria
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Come eravamo<br />
L’AVVENTURA ALLE COLONIE ESTIVE DI ULZIO<br />
Savona 1961: Partenza per la colonia “Cailani” <strong>di</strong> Ulzio (foto archivio Camera del Lavoro Savona)<br />
Quante foto da rior<strong>di</strong>nare! E’ giunto<br />
il momento e con pazienza cerco <strong>di</strong><br />
riscoprire, organizzare in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
tempo una quantità infinita <strong>di</strong> foto,<br />
iniziando da quelle più vecchie,<br />
potrei <strong>di</strong>re antiche, rigorosamente in<br />
bianco e nero. Tra tutte eccone un<br />
gruppetto che mi fa balzare il cuore<br />
in petto: le foto della colonia <strong>di</strong><br />
Ulzio, dove ho vissuto la prima<br />
esperienza <strong>di</strong> vita lontana da casa,<br />
sola, anche se inserita in un gruppo<br />
perfettamente organizzato, in cui<br />
<strong>di</strong>sciplina, gioco e movimento<br />
avevano lo scopo <strong>di</strong> aiutare la<br />
crescita armonicamente intrecciata<br />
con l’aspetto salutistico: “cambiare<br />
aria” era uno dei dettami cui si<br />
ispirava l’organizzazione dell’attività<br />
<strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> crescita dei<br />
giovani. Ricordo...Perplessità, lievi<br />
imprecisati timori, ma anche la<br />
curiosità, le aspettative che mi<br />
investirono al momento in cui<br />
”barba” Checchin comunicò ai miei<br />
genitori la sua idea <strong>di</strong> proporre il<br />
mio nome al posto <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> suo<br />
figlio, il cuginone Ninni, per il<br />
soggiorno ad Ulzio, nella colonia<br />
dell’Ilva, <strong>di</strong> cui era <strong>di</strong>pendente. Tutte<br />
le incertezze furono fugate dalle<br />
storiche parole <strong>di</strong> zia Rina: ”Questa<br />
bambina deve cambiare aria! Deve<br />
imparare a mangiare <strong>di</strong> tutto, senza<br />
tante storie! Ci vuole la montagna!<br />
Non basta il clima degli Arbi!”<br />
Ed entrai nel manipolo dei figli<br />
dell’Ilva, pronti alla partenza per le<br />
alte quote della Val <strong>di</strong> Susa. A<br />
ripensarci, risento l’emozione della<br />
consegna della <strong>di</strong>visa: gonnellina in<br />
CARMEN PARODI<br />
tela pesante blu scuro, giacchina a<br />
vento azzurro e cappellino bianco.<br />
Ci si sentiva così componenti <strong>di</strong> un<br />
gruppo solidale, in cui identificarci.<br />
E la partenza in treno: un piccolo<br />
esercito salutava dai finestrini i<br />
parenti, in uno sventolio <strong>di</strong><br />
fazzoletti! Qualcuno tra i piccoli<br />
frignava un po’, ma presto la<br />
malinconia lasciava il posto<br />
all’impegno nei cori, che lungo tutto<br />
il tragitto verso la montagna<br />
entusiasmavano ed univano esperti,<br />
che ripetevano viaggio e soggiorno,<br />
e neofiti, che via via superavano le<br />
titubanze con cui si univano ai canti<br />
<strong>di</strong> montagna intonati dalle<br />
volenterose signorine che ci<br />
accompagnavano. Le foto mi<br />
ripropongono gruppi in cui sono<br />
stati immortalati ufficialmente tutti i<br />
partecipanti al soggiorno con la<br />
<strong>di</strong>rettrice, le educatrici, la cuoca,<br />
l’infermiera; in altre si notano<br />
gruppetti ridotti: le amiche del<br />
cuore, appunto, Nellida e Franca<br />
con me: sempre insieme, durante<br />
tutti i giorni, anche a Savona, dalla<br />
scuola ai giochi nella nostra via<br />
(non trascurabile penso sia stato il<br />
loro peso sulla mia accettazione<br />
dell’esperienza). In tutte le foto sullo<br />
sfondo domina l’imponente sagoma<br />
del monte Chaberton, dalla cima<br />
sempre innevata. Una meta che<br />
ogni giorno immaginavo <strong>di</strong><br />
raggiungere e che invece restò un<br />
sogno irrealizzato. Passeggiate ne<br />
facevamo ogni giorno, nei prati e<br />
nei boschi nei <strong>di</strong>ntorni della<br />
costruzione in mattoni rossi che ci<br />
15<br />
ospitava e, a volte, ci<br />
avventuravamo al colle, dove stava<br />
sorgendo la stazione sciistica del<br />
Sestrière. Il ritmo delle nostre<br />
giornate era regolato e scan<strong>di</strong>to<br />
dalle occupazioni quoti<strong>di</strong>ane: la<br />
sveglia ci richiamava il mattino<br />
come un plotoncino militarmente<br />
or<strong>di</strong>nato. Le gran<strong>di</strong> aiutavano le più<br />
piccole a rifare i letti, schierati nella<br />
camerata, sul fondo della quale un<br />
paravento bianco occultava il letto<br />
dell’educatrice; il passaggio ai<br />
bagni, segnato da piccoli scherzi,<br />
giochi e qualche <strong>di</strong>sputa, senza mai<br />
degenerare. La <strong>di</strong>sciplina,<br />
dominava ogni momento delle<br />
giornate, durante le quali, i giochi, i<br />
canti, le piccole recite si<br />
alternavano a esercizi ginnici, brevi<br />
momenti <strong>di</strong> riflessione (qualche<br />
compito da recuperare) oltre alle<br />
passeggiate, perfetto schieramento<br />
in fila per due! Il momento dei pasti,<br />
tutte or<strong>di</strong>natamente sedute lungo i<br />
tavoloni della mensa, era per me,<br />
poco propensa al cibo, tanto più se<br />
non cucinato da mia madre o dalle<br />
mie zie, un passaggio molto <strong>di</strong>fficile:<br />
mi pareva che non sarei mai riuscita<br />
ad ingurgitare quella roba! Ma<br />
giorno dopo giorno, forse complice<br />
l’aria fina della montagna, o lo<br />
sguardo attento dell’educatrice,<br />
avvenne il miracolo: cominciai a<br />
mangiare tutto senza tante storie,<br />
apprezzando soprattutto il momento<br />
della merenda, quando, tutte in fila,<br />
nel cortile, ricevevamo, sulla soglia<br />
della cucina, pane e cremifrutto<br />
(segue a pagina 16)