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Le traduzioni shakespeariane in Eugenio Montale e Giovanni Giudici

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<strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong><br />

e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

Giuseppe Scaglione<br />

<strong>Le</strong> rifrangenze di un'esperienza letteraria <strong>in</strong> un'altra, le <strong>traduzioni</strong> e le<br />

riscritture fanno della letteratura un immenso paese dove le<br />

rispondenze e i dialoghi non solo scavalcano i conf<strong>in</strong>i delle s<strong>in</strong>gole<br />

l<strong>in</strong>gue, ma congiungono o sovrappongono tradizioni diverse tra di loro.<br />

La traduzione non è solo il tramite per la trasmutazione di un testo da<br />

una l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> un'altra l<strong>in</strong>gua, è soprattutto mezzo di conoscenza e<br />

<strong>in</strong>terpretazione e talvolta di re<strong>in</strong>venzione dell'altro testo, laddove il<br />

poeta-traduttore nel corpo a corpo con la l<strong>in</strong>gua dell’orig<strong>in</strong>ale ri-crea il<br />

testo tradotto nella propria l<strong>in</strong>gua di appartenenza.<br />

Tra le più recenti riflessioni <strong>in</strong> merito al problema della traduzione<br />

poetica spiccano, senza alcun dubbio, quelle di H. Meschonnic 1 e di E.<br />

Mattioli, l’attenzione dello studioso francese è pr<strong>in</strong>cipalmente rivolta a<br />

considerare la prosodia del testo letterario: la traduzione deve fare ciò<br />

che fa un testo letterario tramite la sua prosodia, il suo ritmo, la sua<br />

significanza. Ad essere ricercata non è più l’equivalenza tra l<strong>in</strong>gua e<br />

1 H. Meschonnic, Poétique du traduire, Lagrasse, Verdier, 1999.


Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />

l<strong>in</strong>gua, ma tra discorso e discorso, cancellando l’identità per far valere<br />

l’alterità nella sua storicità. Alla concezione tradizionale che oppone gli<br />

orig<strong>in</strong>ali alle <strong>traduzioni</strong>, la “poetica del ritmo” risponde che l’unità del<br />

l<strong>in</strong>guaggio non è tra la parola e il suo senso, ma risiede nel discorso<br />

strofico ed appartiene all’ord<strong>in</strong>e del cont<strong>in</strong>uo – tramite il ritmo e la<br />

prosodia. Un’altra proposta teorica conv<strong>in</strong>cente è quella emersa dalle<br />

pag<strong>in</strong>e di Testo a fronte, grazie agli <strong>in</strong>terventi di E. Mattioli dedicati agli<br />

studi di Meschonnic, e si qualifica come lettura <strong>in</strong>tertestuale. In tale<br />

ottica la traduzione è il rapporto tra due poetiche oltre che tra due<br />

l<strong>in</strong>gue e due sistemi espressivi. Riprendendo la posizione di Meschonnic<br />

uno degli aspetti più <strong>in</strong>teressanti è l’analisi svolta sul ritmo del<br />

l<strong>in</strong>guaggio, def<strong>in</strong>ito come l’organizzazione dei procedimenti attraverso i<br />

quali i significanti l<strong>in</strong>guistici ed extral<strong>in</strong>guistici (nel caso della<br />

comunicazione orale soprattutto) producono una semantica specifica,<br />

dist<strong>in</strong>ta dal senso lessicale, e che chiama la significanza, cioè i valori<br />

propri di un discorso e di uno solo. Queste modalità formali possono<br />

collocarsi a tutti i “livelli” del l<strong>in</strong>guaggio: accentuali, prosodici, lessicali,<br />

s<strong>in</strong>tattici. Contro la riduzione corrente del “senso” al piano lessicale, la<br />

significanza co<strong>in</strong>volge tutto il discorso, essa è <strong>in</strong> ogni consonante, <strong>in</strong><br />

ogni vocale che produce delle serie. Così i significanti sono tanto<br />

s<strong>in</strong>tattici quanto prosodici. Organizzando <strong>in</strong>sieme la significanza e la<br />

significazione del discorso, il ritmo è l’organizzazione stessa del senso<br />

nel discorso. La prospettiva critica del ritmo non consiste nel<br />

commentare un verso, o un’opera poetica, di cui esaurirebbe l’effetto o


Giuseppe Scaglione - <strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

il valore, ma nel porre <strong>in</strong> luce il senso implicito nel testo e nei versi.<br />

Essa cerca come significh<strong>in</strong>o, e la situazione di questo come. Rispetto<br />

all’impostazione tradizionale assistiamo allora a uno spostamento <strong>in</strong><br />

positivo; se è vero, afferma Mattioli, che «il rapporto tra orig<strong>in</strong>ale e<br />

traduzione è oggi concepito come rapporto fra testo e testo, il rapporto<br />

fra autore e traduttore andrà ripensato come rapporto tra autore ed<br />

autore». 2 Pensare che una traduzione debba essere identica all’orig<strong>in</strong>ale<br />

è contraddittorio, la traduzione è per def<strong>in</strong>izione spostamento,<br />

passaggio, non rispecchiamento, l’immag<strong>in</strong>e che la traduzione dà è<br />

as<strong>in</strong>totica, non speculare. 3 La tradizione traduttiva non è un repertorio<br />

di forme sv<strong>in</strong>colato dalla storia, non esiste nel testo di partenza<br />

l’<strong>in</strong>dicazione della forma da usare nel testo d’arrivo e non c’è una<br />

traduzione def<strong>in</strong>itiva di un testo. Il mutamento della forma si colloca<br />

nell’ambito della vita delle forme che è proprio dell’opera d’arte, ma è<br />

un mutamento che non può avvenire senza tener conto dei contenuti o<br />

meglio del fatto che la forma <strong>in</strong> poesia si fa contenuto. La traduzione si<br />

configura non come riproduzione di un testo, ma come riproduzione di<br />

un processo. Alla luce di queste considerazioni sono state prese <strong>in</strong><br />

esame le <strong>traduzioni</strong> dai Sonnets shakespeariani di E. <strong>Montale</strong> e di G.<br />

2 E. Mattioli, Il rapporto autore-traduttore. Qualche considerazione e un esempio, <strong>in</strong><br />

Premio «Città di Monselice» per la traduzione letteraria e scientifica. 21, a cura di G.<br />

Peron, Il Poligrafo, Padova, 1991, p. 61.<br />

3 «Tradurre è trasportare […]. Il traduttore è un barcaiolo, un ferroviere o un tranviere» G.<br />

Forti, Pensieri sparsi di un barcaiolo, <strong>in</strong> Premio «Città di Monselice» per la traduzione<br />

letteraria e scientifica. 25-26-27, a cura di G. Peron, Il Poligrafo, Padova, 2002, p. 49.


Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />

<strong>Giudici</strong> il cui approccio al testo straniero è accomunato dal medesimo<br />

rapporto tra <strong>in</strong>venzione e scrittura. È a partire dalla percezione<br />

dell’estraneità, della distanza, del lontano, che – scrive <strong>Giudici</strong> – si<br />

traduce, aggiungendo il poeta che anche la propria l<strong>in</strong>gua quando si<br />

tratti di l<strong>in</strong>gua poetica è a suo modo una «l<strong>in</strong>gua strana»:<br />

«…la l<strong>in</strong>gua poetica, è <strong>in</strong> certo qual modo sempre un «dialetto»: una l<strong>in</strong>gua, cioè,<br />

resa straniera e strana a se stessa quando anche tutte le sue parole figurassero<br />

nel dizionario dell’accademia. È esattamente <strong>in</strong> questo marg<strong>in</strong>e di estraneità che<br />

scatta ed agisce la molla dell’energia poetica, quell’alcunché di ricco e strano,<br />

tanto per citare Shakespeare, che rende la poesia possibile e plausibile e che,<br />

aggiungiamo f<strong>in</strong>almente, impone sempre e comunque al suo lettore una più o<br />

meno <strong>in</strong>iziale difficoltà da v<strong>in</strong>cere». 4<br />

La traduzione di quattordici dei sonetti shakespeariani rappresenta, ad<br />

oggi, l’ultima “impresa di parole” di <strong>Giudici</strong>. 5 Questa ci sembra offrire<br />

cospicue conferme circa alcuni aspetti fondamentali del suo approccio<br />

al testo straniero. Per i sonetti di Shakespeare il pr<strong>in</strong>cipio costruttivo<br />

fondamentale, 6 sulla scorta delle riflessioni sulla l<strong>in</strong>gua poetica di J.<br />

Tynjanov, è <strong>in</strong>dividuato dal poeta ligure, più che nello schema rimico <strong>in</strong><br />

generale, nella rima baciata del distico f<strong>in</strong>ale, dove ripetizione di suono<br />

e <strong>in</strong>tensificazione del senso convergono. Non è un caso, dunque, che la<br />

traduzione <strong>in</strong> rima degli ultimi due versi sia elemento comune a tutti,<br />

o quasi, i sonetti shakespeariani tradotti da <strong>Giudici</strong> (solo <strong>in</strong> tre casi si<br />

4 G. <strong>Giudici</strong>, La letteratura verso Hiroshima e altri scritti 1959-1975, Editori Riuniti, Roma,<br />

1976, p. 298.<br />

5 G. <strong>Giudici</strong>, 14 X 14: dai sonetti di Shakespeare, tradotti da G. <strong>Giudici</strong>, Edizioni Capann<strong>in</strong>a,<br />

Bocca di Magra, 2002.


Giuseppe Scaglione - <strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

ha un’assonanza, comunque forte) e che soltanto <strong>in</strong> questi versi si<br />

allenti, secondo la discrezione del traduttore, la fedeltà alle strutture<br />

s<strong>in</strong>tattiche e lessicali dei componimenti <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua orig<strong>in</strong>ale. Osserviamo<br />

ad esempio il distico f<strong>in</strong>ale del sonetto 60:<br />

And yet to times <strong>in</strong> hope my verse shall stand,<br />

Prais<strong>in</strong>g thy worth, despite his cruel hand.<br />

(W. Shakespeare, Sonnet 60)<br />

nel quale rispetto alla versione letterale:<br />

E tuttavia contro i tempi a venire starà la mia poesia,<br />

lodando il tuo valore, a dispetto della sua mano crudele. 7<br />

assistiamo <strong>in</strong> <strong>Giudici</strong> a una condensazione lessicale, nel tentativo di<br />

riprodurre la sp<strong>in</strong>ta gnomica orig<strong>in</strong>ale, che fa saltare troppi elementi<br />

del testo («to times», «prais<strong>in</strong>g thy worth», «his cruel hand»…) e<br />

ottiene, alla f<strong>in</strong>e, risultati poco conv<strong>in</strong>centi:<br />

6 «Una poesia non è fatta soltanto di parole e di nessi s<strong>in</strong>tattici il cui senso è dato<br />

dalle cose e persone e situazioni alle quali si riferiscono e che perciò vanno sotto il<br />

nome di referenti; ma è fatta anche dei modi <strong>in</strong> cui suonano all’orecchio, del ritmo<br />

che si può cogliere nella lettura, dei procedimenti retorici (per esempio: le rime)<br />

attraverso i quali parole e nessi s<strong>in</strong>tattici vengono organizzati, nonché dei riferimenti<br />

<strong>in</strong>dividuabili rispetto al contesto storico-culturale dell’autore e/o del lettore. Ed è<br />

appunto l’<strong>in</strong>sieme di questi fattori o pr<strong>in</strong>cipi costruttivi <strong>in</strong> <strong>in</strong>terazione (anzi, dice<br />

Tynjanov, <strong>in</strong> lotta) fra loro quello che dà luogo alla cosa chiamata poesia. […] Perché <strong>in</strong><br />

poesia tutto è l<strong>in</strong>gua: lessico, suono, ritmo, rima o non-rima, i modi <strong>in</strong> cui questi<br />

fattori coagiscono <strong>in</strong> comb<strong>in</strong>azioni paragonabili forse a quelle di un caleidoscopio<br />

dove ogni figura cambia alla m<strong>in</strong>ima scossa». G. <strong>Giudici</strong>, Andare <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a a piedi.<br />

Racconto sulla poesia, e/o, Roma, 1992, pp. 24-26.<br />

7 Cito la traduzione di A. Serpieri del sonetto 60 <strong>in</strong> W. Shakespeare, Sonetti, Rizzoli,<br />

Milano, 1995, pp. 60-61.


Pure ad esso si opponga la speranza che io metto<br />

Nei miei versi <strong>in</strong> tua lode e a tuo dispetto. 8<br />

(G. <strong>Giudici</strong>, Sonetto 60)<br />

Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />

Gran parte del lavorio di correzione e rifacimento cui <strong>Giudici</strong> sottopone le<br />

<strong>traduzioni</strong> dai sonetti shakespeariani tende proprio al mantenimento della<br />

rima baciata dei versi f<strong>in</strong>ali. Riportiamo alcuni esempi di come <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e<br />

suonavano i distici conclusivi di alcuni sonetti: 9 «Non ti fidar del cuore, se<br />

il mio è sfatto; / Tu che mi desti il tuo, da non ridare» (sonetto 22) mutato<br />

<strong>in</strong> «Se il mio cuore è disfatto di lui non ti fidare / Tu che mi hai dato il tuo,<br />

da non ridare»; «Tu sarai viva ancora (tanto può la mia penna) / Dove spiri<br />

uno spirito pers<strong>in</strong>o a umane labbra» (sonetto 81) <strong>in</strong> «(Tanto può la mia<br />

penna) tu ancora sarai viva / Dove su labbra d’uomo un fiato sopravviva»;<br />

«Ma poi, se a quei monelli gli piace così tanto, / Dagli pur le tue dita, però<br />

ai baci le mie labbra» (sonetto 128) <strong>in</strong> «Ma poi, se a quei monelli tanto<br />

piaci, / Dagli pur le tue dita, ma le labbra ai miei baci». L’esigenza di<br />

“letteralità” 10 <strong>in</strong>duce il poeta, qui come <strong>in</strong> altre <strong>traduzioni</strong>, a mantenere,<br />

8 W. Shakespeare, Sonetto 60 [vv. 13-14] <strong>in</strong> G. <strong>Giudici</strong>, Da una soglia <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita. Prove e<br />

poesie 1983-2002, Grafiche Fioroni, Ascoli Piceno, 2004, p. 83.<br />

9 <strong>Le</strong> varianti dei sonetti si trovano <strong>in</strong> G. <strong>Giudici</strong>, Da una soglia <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita…, p. 17.<br />

10 La traduzione letterale non mira a riprodurre la fattività dell’orig<strong>in</strong>ale, ma la logica che<br />

presiede all’organizzazione di tale fattività. Riproduce questa logica là dove la l<strong>in</strong>gua<br />

traducente lo permette, nei suoi punti non-normati (che allo stesso tempo essa rivela). Per<br />

tradurre, il traduttore deve cercare <strong>in</strong>stancabilmente il non-normato della sua l<strong>in</strong>gua, la<br />

traduzione è questo «cercare-e-trovare il non-normato della l<strong>in</strong>gua materna per <strong>in</strong>trodurvi<br />

la l<strong>in</strong>gua straniera e il suo dire». Operando <strong>in</strong> tal modo anche le relazioni reciproche di<br />

sonorità possono essere recuperate e, là dove non si ecceda, la “letteralità” «mostra che,<br />

attraverso questa “commozione della l<strong>in</strong>gua straniera”, la l<strong>in</strong>gua materna, lungi<br />

dall’alienarsi, accede a strati <strong>in</strong>sospettati del proprio essere, i quali, secondo ogni<br />

probabilità, non potrebbe raggiungere con la sua sola letteratura». A. Berman, La<br />

traduzione e la lettera o l’albergo nella lontananza, Quodlibet, Macerata, 2003, pp. 91-110.


Giuseppe Scaglione - <strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

oltre che l’esatto numero dei versi dell’orig<strong>in</strong>ale, anche, dove possibile,<br />

l’articolazione fra metro e s<strong>in</strong>tassi, e a scegliere i vocaboli più simili, anche<br />

nel suono. Può essere utile, al riguardo, un confronto fra la versione del<br />

sonetto 22 operata da <strong>Giudici</strong> e quella di <strong>Montale</strong>:<br />

My glass shall not persuade me I am old,<br />

So long as youth and thou are of one date;<br />

But when <strong>in</strong> thee time's furrows I behold,<br />

Then look I death my days should expiate.<br />

For all that beauty that doth cover thee, 5<br />

Is but the seemly raiment of my heart,<br />

Which <strong>in</strong> thy breast doth live, as th<strong>in</strong>e <strong>in</strong> me:<br />

How can I then be elder than thou art?<br />

O! therefore love, be of thyself so wary<br />

As I, not for myself, but for thee will; 10<br />

Bear<strong>in</strong>g thy heart, which I will keep so chary<br />

As tender nurse her babe from far<strong>in</strong>g ill.<br />

Presume not on thy heart when m<strong>in</strong>e is sla<strong>in</strong>,<br />

Thou gav'st me th<strong>in</strong>e not to give back aga<strong>in</strong>.<br />

(W. Shakespeare, Sonnet 22)<br />

Lo specchio non dirà che sono vecchio<br />

F<strong>in</strong>ché tu e giov<strong>in</strong>ezza <strong>in</strong>sieme state;<br />

Ma se ai solchi del tempo <strong>in</strong> te rifletto<br />

Sento che morte espia le mie giornate.<br />

Perché questa beltà che ti ricopre 5<br />

Non è che bella veste del mio cuore.<br />

Che è nel tuo petto come nel mio.<br />

E come posso avere più anni di te?<br />

Oh, dunque, amore, usa per te ugual cura<br />

Qual io non per me stesso e per te avrò, 10<br />

Custodendo il tuo cuore che dal male<br />

Proteggerò come il suo bebé una tata.<br />

Se il mio cuore è disfatto di lui non ti fidare<br />

Tu che mi hai dato il tuo, da non ridare. 11<br />

(G. <strong>Giudici</strong>, Sonetto 22)<br />

11 W. Shakespeare, Sonetto 22 <strong>in</strong> G. <strong>Giudici</strong>, Vaga l<strong>in</strong>gua strana, Garzanti, Milano, 2003, pp. 10-11.


Allo specchio ancor giovane mi credo<br />

ché Giov<strong>in</strong>ezza e te siete una cosa.<br />

Ma se una ruga sul tuo volto io veda<br />

saprò che anche per me morte non posa.<br />

Quella beltà che ti ravvolge è ancora 5<br />

parvenza del mio cuore che nel tuo<br />

alberga – e il tuo nel mio – e come allora<br />

decidere chi è il vecchio di noi due?<br />

Poni <strong>in</strong> serbo il tuo cuore, ed io lo stesso<br />

farò di me: del tuo così zelante 10<br />

come fida nutrice <strong>in</strong> veglia presso<br />

la cuna, che ogni morbo stia distante.<br />

Spento il mio cuore, <strong>in</strong>vano il tuo riprendere<br />

vorresti: chi l’ha avuto non lo rende. 12<br />

(E. <strong>Montale</strong>, Sonetto 22)<br />

Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />

<strong>Giudici</strong>, rispetto a <strong>Montale</strong> traduce più regolarmente verso per verso,<br />

senza modificare mai la collocazione di ciascuno, e rende <strong>in</strong> modo più<br />

letterale <strong>in</strong>teri versi (p. es. vv. 1, 4, 7, 8, 14), senza <strong>in</strong>trecciarli con quelli<br />

attigui; così come mantiene: old («vecchio»), time’s furrows («solchi del<br />

tempo»), expiate («espia»), i pronomi personale e possessivo all’ultimo<br />

verso e, al penultimo, l’imperativo. Inoltre traduce con «bebé» il babe<br />

del v. 12, ed evita, contemporaneamente, di <strong>in</strong>trodurre vocaboli non<br />

contemplati dall’orig<strong>in</strong>ale (<strong>in</strong> <strong>Montale</strong>: «la cuna», v. 12). La traduzione<br />

montaliana, a livello s<strong>in</strong>tattico, predilige l’uso dell’enjambement (vv. 7,<br />

9, 10, 13) con lo scopo di provocare una rottura della corrispondenza tra<br />

la struttura frastica e la misura versale, correndo poi verso il distico<br />

f<strong>in</strong>ale per conservarne il più possibile la sentenziosità e il motto.<br />

12 W. Shakespeare, Sonetto 22 <strong>in</strong> E. <strong>Montale</strong>, Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 2000, p. 731.


Giuseppe Scaglione - <strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

Il concettismo shakespeariano aiuta la vena gnomica di <strong>Montale</strong>, che<br />

dove cede a un moto <strong>in</strong>arcato di parlato confidente, subito dopo risalta<br />

acuita. Si veda il distico f<strong>in</strong>ale (vv. 13-14):<br />

Presume not on thy heart when m<strong>in</strong>e is sla<strong>in</strong>;<br />

Thou gav'st me th<strong>in</strong>e, not to give back aga<strong>in</strong>.<br />

Spento il mio cuore, <strong>in</strong>vano il tuo riprendere<br />

vorresti: chi l’ha avuto non lo rende.<br />

Il verso adottato nella versione giudiciana è prevalentemente<br />

l’endecasillabo, come del resto anche nella traduzione di <strong>Montale</strong>, ma,<br />

come detto <strong>in</strong> precedenza, rileviamo una maggiore libertà versificatoria<br />

soprattutto nel distico f<strong>in</strong>ale dove al v. 13 abbiamo addirittura un verso<br />

di qu<strong>in</strong>dici sillabe (presente <strong>in</strong> tante sue altre <strong>traduzioni</strong>).<br />

A differenza degli enjambement <strong>in</strong>trodotti da <strong>Montale</strong>, <strong>Giudici</strong> rispetta<br />

puntualmente l’<strong>in</strong>terezza del verso, che è sentito dal poeta come:<br />

«…l’unità m<strong>in</strong>imale di quel complesso sistema che si usa def<strong>in</strong>ire «l<strong>in</strong>gua poetica»; e,<br />

come tale, pur legandosi al contesto di ogni s<strong>in</strong>golo componimento, ogni verso fa<br />

storia a sé, comporta uno stacco, un <strong>in</strong>tervallo, rispetto al verso che lo precede e a<br />

quello che lo segue, <strong>in</strong>dipendentemente da ogni segno di <strong>in</strong>terpunzione». 13<br />

Anche <strong>Montale</strong> cerca di mantenere la forma metrica dell’orig<strong>in</strong>ale,<br />

<strong>in</strong>serendo però artifici tipici del suo stile, soprattutto s<strong>in</strong>tattici, fonici e<br />

lessicali. Dal punto di vista del significato globale egli è fedele al testo,<br />

lo impreziosisce però dove possibile, per compensare il<br />

depauperamento dovuto alla necessità di non allungare troppo i versi.<br />

13 G. <strong>Giudici</strong>, Andare <strong>in</strong> C<strong>in</strong>a a piedi…, pp. 21-22.


Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />

Concordiamo con quanto sostiene Rachel Toulm<strong>in</strong> a proposito delle<br />

<strong>traduzioni</strong> montaliane dei sonetti shakespeariani:<br />

«A volte questa fedeltà alla forma sembra predom<strong>in</strong>are sull’<strong>in</strong>teresse per il<br />

contenuto, e lo porta a tagliare, per motivi di spazio, molti particolari del<br />

discorso orig<strong>in</strong>ale; altre volte queste modifiche sembrano <strong>in</strong>vece dovute<br />

all’esigenza di semplificare le immag<strong>in</strong>i esuberanti di Shakespeare, per renderle<br />

più aff<strong>in</strong>i al proprio pensiero e alla propria poetica. Ma da questo sforzo di<br />

assimilazione e di r<strong>in</strong>novamento le versioni di <strong>Montale</strong> derivano la loro efficacia,<br />

che è maggiore, a nostro parere, di quella di molte <strong>traduzioni</strong> più ”fedeli”». 14<br />

Nell’Intervista immag<strong>in</strong>aria, 15 <strong>Montale</strong> sostiene che la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong>glese ha<br />

<strong>in</strong>fluenzato considerevolmente la sua produzione poetica, <strong>in</strong> particolare<br />

i componimenti raccolti nelle Occasioni; è durante il periodo della<br />

stesura di questa raccolta che il poeta si è confrontato con la poesia<br />

anglosassone (anni 1928-40). I dispositivi formali (metrico-s<strong>in</strong>tattici e<br />

semantico-espressivi) elaborati f<strong>in</strong>o a quel momento grazie alla sua<br />

attività di traduttore erano stati assimilati e venivano qu<strong>in</strong>di attivati<br />

nella sua produzione <strong>in</strong>ventiva. Questi artifici si riscontrano <strong>in</strong><br />

particolare nella sezione dei Mottetti, nella loro brevità e<br />

concentrazione e, <strong>in</strong>oltre, nella ricca presenza di monosillabi o term<strong>in</strong>i<br />

bisillabici, di parole tronche e di assonanze, caratteristiche riscontrate<br />

nella traduzione, ma proprie della l<strong>in</strong>gua anglossassone. Anche la<br />

14 R. Meoli Toulm<strong>in</strong>, Shakespeare ed Eliot nelle versioni di <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong>, <strong>in</strong><br />

«Belfagor», a. XXVI, 1971, fasc. I, pp. 453-71.<br />

15« […] anche nel nuovo libro [<strong>Le</strong> occasioni] ho cont<strong>in</strong>uato la mia lotta per scavare un’altra<br />

dimensione nel nostro pesante l<strong>in</strong>guaggio polisillabico […] la lotta non fu programmatica.<br />

Forse mi ha assistito la mia forzata e sgradita attività di traduttore». E. <strong>Montale</strong>,<br />

Intenzioni (Intervista immag<strong>in</strong>aria) <strong>in</strong> Sulla poesia, Mondadori, Milano, 1997, p. 567.


Giuseppe Scaglione - <strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

dimensione “narrativa” di F<strong>in</strong>isterre, come evidenziato da D. Isella, 16<br />

deve moltissimo all’esperienza delle <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong>.<br />

«<strong>Le</strong> Occasioni erano un’arancia, o meglio un limone a cui mancava uno spicchio:<br />

non proprio quello della poesia pura nel senso che ho <strong>in</strong>dicato prima, ma <strong>in</strong><br />

quello del pedale, della musica profonda e della contemplazione. Ho completato<br />

il mio lavoro con le poesie di F<strong>in</strong>isterre, che rappresentano la mia esperienza,<br />

diciamo così, petrarchesca». 17<br />

Una formula, quest’ultima, che <strong>in</strong>tende rilevare il carattere di sistema<br />

chiuso, monotematico, fondato su pochi elementi ad alta ricorrenza,<br />

dell’esiguo canzoniere del ‘43. Nient’affatto petrarchesco, però, l’aspetto<br />

l<strong>in</strong>guistico (un vocabolario prezioso, risentito, <strong>in</strong>ventivo) per il quale<br />

(oltre che per la sperimentazione dispiegata <strong>in</strong> sede metrica) il nome<br />

da fare, <strong>in</strong>sieme a quello di Shakespeare, è subito quello di Dante; e<br />

semmai, tra i moderni, di alcuni poeti francesi, tra Baudelaire e<br />

Mallarmé, e <strong>in</strong>glesi, tra Hopk<strong>in</strong>s ed Eliot, che hanno tentato «di<br />

<strong>in</strong>vestire musicalmente l’atto dell’ispirazione, senza ridurlo a semplice,<br />

“aurorale” <strong>in</strong>effabilità». 18 E ciò secondo un’idea di poesia «che domanda<br />

forte concentrazione espressiva, alto potere di trasfigurazione musicale<br />

e una totale compenetrazione dell’idea e del significato». 19<br />

La luce che agita, per esempio, La frangia dei capelli… è quella che<br />

16 D. Isella, Da «<strong>Le</strong> occasioni» a «F<strong>in</strong>isterre», <strong>in</strong> E. <strong>Montale</strong>, F<strong>in</strong>isterre (versi del 1940-42),<br />

E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o, 2003, p. XIV.<br />

17 E. <strong>Montale</strong>, Intenzioni (Intervista immag<strong>in</strong>aria), <strong>in</strong> Sulla poesia…, pp. 567-568.<br />

18 E. <strong>Montale</strong>, Invito a T. S. Eliot, <strong>in</strong> Sulla poesia…, p. 461.<br />

19 E. <strong>Montale</strong>, W. H. Auden, <strong>in</strong> Sulla poesia…, p. 476.


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sommuove il sonetto shakespeariano tradotto da <strong>Montale</strong>: i s<strong>in</strong>tagmi<br />

hanno il tono alto, l’eloquenza tornita, r<strong>in</strong>ascimentale, del sonetto<br />

elisabettiano. La frangia dei capelli… come Nel sonno, Gli orecch<strong>in</strong>i e Il<br />

ventaglio sono metricamente sonetti sfocati: hanno le rime, diventate <strong>in</strong><br />

<strong>Montale</strong> spesso assonanze, delle tre quart<strong>in</strong>e e del distico f<strong>in</strong>ale del<br />

sonetto <strong>in</strong>glese del R<strong>in</strong>ascimento; e i pentametri giambici a rime<br />

alternate conservano negli endecasillabi di Nel sonno, Gli orecch<strong>in</strong>i e Il<br />

ventaglio la stessa alternanza, mentre <strong>in</strong> La frangia dei capelli… lo<br />

schema è ABBA, sempre col distico a rime baciate. Alquanto simile<br />

risulta essere l’approccio con la traduzione dei Sonnets da parte dei due<br />

poeti, con una differenza però: per <strong>Giudici</strong> resta uno scarto notevole tra<br />

proposito e risultati, e i b<strong>in</strong>ari dell’espressione poetica e della traduzione<br />

si <strong>in</strong>contrano raramente. Detto questo, le versioni giudiciane offrono<br />

un’ulteriore conferma dell’approccio tipico del poeta al testo straniero e,<br />

anche nella scelta dei sonetti tradotti, mostrano una forte aff<strong>in</strong>ità con le<br />

tematiche della poesia della Vita <strong>in</strong> versi: la «musa malata» del sonetto<br />

79 richiama alla memoria quella di Temporis Acti (<strong>in</strong> Il ristorante dei<br />

morti), la similitud<strong>in</strong>e con l’attore del sonetto 23 fa pensare a tanti testi<br />

di <strong>Giudici</strong> o a un’<strong>in</strong>tera silloge di versi come Prove del teatro, la l<strong>in</strong>gua<br />

legata («tongue-tied») del sonetto 85 a La ballata della l<strong>in</strong>gua (<strong>in</strong><br />

Autobiologia) o L<strong>in</strong>gua muta (<strong>in</strong> Quanto spera di campare <strong>Giovanni</strong>),<br />

tutti da <strong>in</strong>dagare possono essere i rapporti tra il “canzoniere”<br />

shakespeariano e un’opera come Salutz, etc. Ma la traduzione poetica<br />

non deve “limitarsi” a riprodurre l’orig<strong>in</strong>ale (o, come ha scritto


Giuseppe Scaglione - <strong>Le</strong> <strong>traduzioni</strong> <strong>shakespeariane</strong> <strong>in</strong> <strong>Eugenio</strong> <strong>Montale</strong> e <strong>Giovanni</strong> <strong>Giudici</strong><br />

Newmark, l’effetto che l’orig<strong>in</strong>ale ha sul traduttore), 20 deve anche avere<br />

una pur m<strong>in</strong>ima autonomia, che le possa consentire di essere letta<br />

senza testo a fronte anche a chi non conosce l’altra l<strong>in</strong>gua.<br />

Rispecchiamento e poesia, o, sottoscrivendo quanto Massimo<br />

Bacigalupo afferma per <strong>Giudici</strong>, «abitare con la dovuta consapevolezza<br />

<strong>in</strong> casa d’altri». 21<br />

20 P. Newmark, La traduzione: problemi e metodi, Garzanti, Milano, 1988.<br />

21 M. Bacigalupo, <strong>Giudici</strong> e le case strane del poeta traduttore, <strong>in</strong> G. <strong>Giudici</strong>, A una casa<br />

non sua. Nuovi versi tradotti (1955-1995), Mondadori, Milano, 1997, p. 208.

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