A DAY IN MATERDEI COSMO-RUSHDIE FUORI ORARIO - Urban
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Che una vita non basti lo pensiamo in tanti. Io per<br />
esempio ne vorrei due: una da vivere e una da leggere.<br />
Non resta che cercare di vivere due vite nella stessa e<br />
renderla più ricca, comprendendo le diverse anime che<br />
ci abitano. O le diverse esigenze. Più prosaicamente: una<br />
che ci dia solo il pane e l’altra anche quella cosa impalpabile<br />
che si avvicina alla gioia, che può essere arte, artigianato<br />
o anche un ricercato e durevole cazzeggio.<br />
Le città sono piene di queste vite che oggi potremmo<br />
definire interinali.<br />
UNAVITA<br />
NONBASTA<br />
Se la routine quotidiana mortifica la<br />
vostra energia. Se tra aspirazioni e<br />
professione si spalanca un baratro.<br />
Se siete sempre a caccia di nuove<br />
emozioni, allora siete pronti per<br />
una doppia vita<br />
testo: Maurizio Baruffaldi / foto: Loic Montain<br />
Michele è un vigile urbano, ma anche ragazzo cubo e<br />
musicista di strada, e non è una battuta. Suona il sax da<br />
quando è riuscito ad avere la forza di tenerlo in braccio e<br />
non conosce una sola nota. Ma le sente tutte e le fa fiorire<br />
come il più grande dei giardinieri, anche se passa buona<br />
parte del suo tempo in prossimità dei semafori. Con il<br />
sax ha girato l’Italia, con ampli e lettore cd per compagni<br />
e la custodia per cappello. “Una volta, in strada, una donna<br />
mi ha baciato mentre suonavo con gli occhi chiusi...”.<br />
Ha ridotto le sue escursioni on the road da quando il<br />
lavoro in divisa gli limita il tempo, ma tutti i fine settimana<br />
suona appostato su un cubo, nei privé, per un paio<br />
d’ore, sempre ben pagato. Può essere nelle discoteche<br />
del varesotto, tipo Gilda, o in qualche american bar in<br />
Brianza o all’aperto, d’estate, al chiringuito di San Siro,<br />
improvvisando su basi che il dj di turno gli offre da tappeto:<br />
dall’house, “che si presta bene”, al lounge, chill out<br />
e comunque tutto quello che abbia ritmo. La doppia vita<br />
di Michele sono la pagnotta sicura e quella strappata con<br />
l’emozione, sentita e procurata: “Il fischietto fa solo una<br />
nota, di rimprovero, il sax le fa tutte e fa sognare”.<br />
Mic Under, nome affibbiatogli da un estimatore quando<br />
suonava nell’underground della metropolitana milanese,<br />
non rinuncia all’appuntamento con Sanremo, congedi lavorativi<br />
permettendo, evitando accuratamente l’Ariston,<br />
ma suonando nei locali della città invasa dai curiosi e<br />
dagli addetti ai lavori. “Per strada Sanremo è moscia e<br />
allora mi presento nei locali con il mio sax alto, chiedo,<br />
mi fanno provare e poi non mi fanno più smettere”. La<br />
sua seconda patria è però Rio Maggiore, dove lui e il suo<br />
contralto piombano appena possono e dove lo conoscono<br />
tutti, tanto che una sua foto vestito da ghisa campeggia<br />
al Bar Centrale. Qui lo chiamano il faùsu Papetti, che<br />
in dialetto significa falso, anche se – dice – Papetti non<br />
l’ha mai ascoltato. Ma è l’immaginario nazionalpopolare<br />
del sax e vada per il Papetti, anche perché le copertine<br />
dei suoi dischi, negli anni ’70, osavano già quello che<br />
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