C'era una volta la transumanza - Avisfossato.it
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a cura di<br />
LUIGI GALASSI<br />
C’ERA UNA VOLTA<br />
LA TRANSUMANZA<br />
– BREVE STORIA E GLOSSARIO –<br />
FOSSATO DI VICO (Perugia)
Tre rare immagini di v<strong>it</strong>a pastorale<br />
sulle nostre montagne.<br />
Sono soltanto di primo Novecento,<br />
ma sembrano già lontane, come se<br />
provenissero da misteriose profond<strong>it</strong>à<br />
del<strong>la</strong> memoria.<br />
In effetti, questo nostro mondo che<br />
oggi relega senza pudore nel vecchuio<br />
ciò che solo ieri era nuovo,<br />
pone un abisso tra sé e il vecchio<br />
mondo rimasto sostanzialmente<br />
identico a se stesso per millenni.<br />
E l’abisso è reale, non è <strong>una</strong> metafora<br />
letteraria: nel vecchio mondo<br />
<strong>la</strong> pecora, giusto per c<strong>it</strong>are un esempio,<br />
era soltanto un prodotto di<br />
madre natura, mentre oggi si progetta<br />
di trasformar<strong>la</strong> in un prodotto<br />
umano, ossia delle manipo<strong>la</strong>zioni<br />
genetiche dell’uomo; è recentissima<br />
<strong>la</strong> prima pecora “clonata”, Dolly,<br />
anticipatrice di un futuro che il<br />
vecchio Dio nel<strong>la</strong> sua bontà ha<br />
voluto risparmiarci.<br />
Conoscendo le differenze, come<br />
forse agli uomini di domani non<br />
sarà dato, continueremo dunque a<br />
preferire l’odore selvatico di pecore<br />
allevate sui prati, a quello edulcorato<br />
delle Dolly allevate nei <strong>la</strong>boratori,<br />
il sapore di formaggi come già<br />
li mangiava Polifemo nel suo antro<br />
– se qualcosa del genere ancora<br />
esiste – a quello di oggetti dal<strong>la</strong><br />
stessa denominazione, magari di<br />
“origine control<strong>la</strong>ta”, ma dal<br />
“gusto” chimico-industriale.<br />
Continueremo a preferire il vecchio<br />
mondo a misura d’uomo, quello in<br />
cui l’uomo considerava di appartenere<br />
al<strong>la</strong> terra e non <strong>la</strong> terra appartenere<br />
a lui.<br />
(L.G.)
C’ERA UNA VOLTA<br />
LA TRANSUMANZA<br />
CIVILTÀ<br />
PASTORALE<br />
Agonia e morte del<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong> appartengono rispettivamente<br />
al<strong>la</strong> prima e al<strong>la</strong> seconda metà del secolo XX, quello che ha messo<br />
<strong>una</strong> pietra tombale sul<strong>la</strong> nostra plurimillenaria civiltà contadina.<br />
E già oggi, anno domini 2002, si stenta a ricordare che <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />
significa migrazione stagionale delle pecore dai pascoli di pianura a quelli di montagna<br />
e, ovviamente, viceversa.<br />
Dal<strong>la</strong> Maremma arrivavano sui nostri Appennini le masserie nel<strong>la</strong> tarda primavera, vi<br />
pasco<strong>la</strong>vano per tutta l’estate e ripartivano per <strong>la</strong> Maremma sul finire di settembre, quando<br />
le prime piogge abbondanti, i primi freddi e le prime brinate notturne, le giornate fattesi<br />
più corte, le erbe dei pascoli in via di rapido esaurimento, spingevano pastori e pecore a<br />
<strong>la</strong>sciare i monti.<br />
Siamo anche sol<strong>it</strong>i definire agro–silvo–pastorale <strong>la</strong> nostra antica civiltà, poco badando<br />
al fatto che nei nostri paesi appenninici “agro” lo è stata molto poco e solo negli ultimi<br />
secoli e che l’esser vissuti di “silvo–pastorale” non impedisce ora di allontanarcene perfino<br />
come memoria. Il presente <strong>la</strong>voro intende, nei suoi lim<strong>it</strong>i, dare un contributo al recupero<br />
di questa memoria e con l’occasione rendere omaggio ad antenati che in tema di convivenza<br />
con natura e animali, hanno ogni giorno di più qualcosa da insegnarci.<br />
E c<strong>it</strong>iamo sub<strong>it</strong>o un paio di esempi, a dimostrazione del fatto che l’antica simbiosi<br />
uomo–ambiente non è un mero discorso retorico:<br />
– in apertura dell’Arenga fossatana del 13 ottobre 1532, <strong>una</strong> delle ultime del libero Comune<br />
medievale, il sindaco uscente informa l’assemblea del danno derivato al<strong>la</strong> Comun<strong>it</strong>à<br />
dal<strong>la</strong> scomparsa di arbores quos reddebant umbram pecudibus pasturantibus in monte<br />
comun<strong>it</strong>atis (alberi che davano ombra alle pecore pasco<strong>la</strong>nti sul monte del<strong>la</strong> Comun<strong>it</strong>à)<br />
ed esattamente in voc. Trocchorum, comunicando altresì che i colpevoli sono stati<br />
individuati e che i per<strong>it</strong>i hanno già calco<strong>la</strong>to i danni (Registro delle Arenghe 1520–50,<br />
Arch. Stor. Com. – ASC – di Fossato);<br />
– identica preoccupazione esprime <strong>una</strong> decisione consiliare successiva: non si taglino certe<br />
piante del M. Filetta che danno ombra a pecore e pecorai (Registro del semestre amm/vo<br />
marzo–agosto 1537, Consiglio del 3 giugno, ASC di Fossato).<br />
Oggi un Comune che si preoccupasse del<strong>la</strong> diminuzione d’ombra a uomini ed animali<br />
esposti al sole cocente dell’estate non riusciremmo neanche ad immaginarlo, travolti come<br />
siamo da considerazioni immediatamente e perversamente economiche.<br />
I TERRENI<br />
DI PASCOLO<br />
La civiltà silvo–pastorale, o semplicemente pastorale, non ha<br />
riguardato solo terr<strong>it</strong>ori d’alta collina e montagna come quello<br />
fossatano, poco adatti al<strong>la</strong> mezzadria o ad altri significativi contesti<br />
agricoli, ma si è sviluppata su ogni altro terr<strong>it</strong>orio, dando <strong>la</strong> sua<br />
impronta a tutto l’antico mondo da noi conosciuto.<br />
Occorre però specificare che mentre gli ovini sono prevalsi in montagna, in pianura<br />
1
2<br />
sono prevalsi i bovini e ciò per <strong>una</strong> ragione molto semplice: in pianura non vi sono più<br />
pascoli (e se si vuole foraggio bisogna coltivarvelo), mentre in montagna i pascoli<br />
abbondano. Scrive H. Desp<strong>la</strong>nques che a Fossato, a Monteleone e a Norcia i pascoli<br />
coprono fino al 40 % del terr<strong>it</strong>orio (in Campagne Umbre, Perugia, 1975, p. 693) – ed è<br />
<strong>la</strong> più alta % del<strong>la</strong> Regione – ma non si tratta di antichi prati conservatisi naturalmente,<br />
salvo rare eccezioni lungo <strong>la</strong> dorsale umbro–marchigiana, bensì di zone in origine boschive,<br />
poi dissodate in genere nel Medioevo (le note rancate di cui resta traccia in documenti e<br />
toponimi) ed infine arrivate al loro terzo stadio storico e fino a noi in un alternarsi di cura<br />
e abbandono, oggi nefasto come mai in passato.<br />
Si tratta dunque di terreni poco profondi, sui quali sicc<strong>it</strong>à ed erosione del suolo fanno<br />
spesso affiorare <strong>la</strong> roccia e sui quali <strong>la</strong> prevalente bassa erba consente solo al piccolo<br />
bestiame di vivere brucando<strong>la</strong> durante l’estate.<br />
Ed è quanto è bastato al piccolo gregge sui nostri Appennini, quello che ha aiutato<br />
famiglie e paesi a sopravvivere per secoli e secoli, ed al grosso gregge estivo del<strong>la</strong><br />
<strong>transumanza</strong>, quello che fino a metà Novecento arrivava a piedi fin quasi dal<strong>la</strong> Maremma.<br />
LA PASTORIZIA<br />
FAMILIARE<br />
Prima di par<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong>, è il caso di fare un cenno<br />
al<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> pastorizia familiare, presente da sempre nei nostri<br />
paesi: testimoniano <strong>la</strong> sua presenza già gli Statuti due–trecenteschi<br />
del castrum Fossati – il più antico codice dell’ap-<br />
pennino umbro marchigiano – quando a propos<strong>it</strong>o di cani riferiscono del loro antico ire<br />
et redire cum pastoribus et animalibus euntibus in montem comunis fossati ad pasturandum<br />
(andare e tornare con i pastori e con gli animali che vanno al pascolo sul monte del Comune<br />
di Fossato); questi animali sono soprattutto pecore, ovviamente, segu<strong>it</strong>e da capre il cui<br />
pascolo è rego<strong>la</strong>mentato dagli Statuti.<br />
Dopo aver contribu<strong>it</strong>o a sfamare gente per secoli, nel<strong>la</strong> seconda metà del ’900 <strong>la</strong><br />
pastorizia familiare è scomparsa – come d’altronde <strong>la</strong> <strong>transumanza</strong> – e così <strong>la</strong> ricorda un<br />
compaesano che l’ha conosciuta: Di pecore, allora, ogni famiglia ne possedeva quattro<br />
o cinque, per avere qualche agnello, del formaggio, un po’ di <strong>la</strong>na, che poi con un fuso e<br />
<strong>una</strong> canocchia veniva torta e trasformata in filo. Le pecore! C’era un uomo, qui in paese<br />
(NdA – Purello), incaricato di condurle al pascolo sui monti: lo chiamavano tutti “il<br />
pecoraio”, ma non c’era niente di offensivo, anzi, era un personaggio di spicco in mezzo<br />
a noi…; rad<strong>una</strong>va le pecore di buon mattino,<br />
le conduceva poi al pascolo montano per tutto<br />
il giorno ed a sera le portava a casa ed ogni<br />
pecora tornava senza aiuto al proprio ovile.<br />
Era il momento del<strong>la</strong> prima mung<strong>it</strong>ura; <strong>la</strong><br />
seconda si faceva il mattino dopo, prima che<br />
tornassero al pascolo sui monti. La mung<strong>it</strong>ura<br />
ed il formaggio erano comp<strong>it</strong>i esclusivamente<br />
femminili… (S. Ga<strong>la</strong>ssi, Per non dimenticare,<br />
art. su “Il Paese sul Vetorno”, marzo 2001).<br />
Chi non è più giovane ricorda l’ultimo<br />
pecoraio di Fossato/castello, Fabbri Giovanni<br />
detto Ceccone; ricorda come <strong>la</strong> v<strong>it</strong>a sui monti<br />
l’avesse talmente ab<strong>it</strong>uato al freddo, da consentirgli<br />
d’inverno di andare al<strong>la</strong> fonte pubblica<br />
a <strong>la</strong>varsi dal<strong>la</strong> cinto<strong>la</strong> in su (non c’era acqua<br />
in casa) vest<strong>it</strong>o soltanto di un paio di pantaloni<br />
e d’<strong>una</strong> maglietta, ricorda come <strong>la</strong> v<strong>it</strong>a sol<strong>it</strong>aria<br />
passata in compagnia di animali avesse reso<br />
m<strong>it</strong>e il suo carattere, semplici i suoi gesti,<br />
poche e buone le sue parole, ricorda come le<br />
Fabbri Giovanni.
pecore usc<strong>it</strong>e dalle stalle di Fossato – il medievale piano terra seminterrato di ogni casa<br />
– andassero da sole al luogo dell’ad<strong>una</strong>ta, dove trovavano il baffuto Ceccone ed il cane<br />
ad aspettarle, e come da questo luogo <strong>la</strong> sera r<strong>it</strong>ornassero ancora da sole alle proprie stalle,<br />
andando a be<strong>la</strong>re davanti al<strong>la</strong> porta di casa per sollec<strong>it</strong>are il padrone ad aprire <strong>la</strong> stal<strong>la</strong> se<br />
<strong>la</strong> trovavano chiusa.<br />
I pastori del<strong>la</strong> Nativ<strong>it</strong>à non devono essere stati tanto diversi dal nostro Giovanni;<br />
anch’essi, come lui, avranno passato <strong>la</strong> giornata con un tozzo di pane masticato sotto il<br />
vento,serenamente piccoli tra <strong>la</strong> misteriosa immens<strong>it</strong>à del cielo e lo scorrere del tempo<br />
scand<strong>it</strong>o dal monotono brucare delle pecore.<br />
C’erano anche le pecore delle famiglie contadine sparse nel<strong>la</strong> campagna e queste le<br />
portavano al pascolo soprattutto anziani e bambini, spesso tra notevoli sacrifici.<br />
PASTORIZIA<br />
E LETTERATURA<br />
Dell’affascinante mondo pastorale si sono occupate l’arte<br />
e <strong>la</strong> letteratura di tutti i tempi, da quelli arcaici di Omero<br />
ed Esiodo, a quelli del<strong>la</strong> settecentesca Arcadia ed a propos<strong>it</strong>o<br />
di questa c’è il dato che tra i vari t<strong>it</strong>oli di Silvestro dell’illustre<br />
famiglia fossatana Bruschi, Ud<strong>it</strong>ore del Governatore di Perugia, Vis<strong>it</strong>atore Apostolico,<br />
Presidente del Trib<strong>una</strong>le Criminale del Dipartimento del Trasimeno in epoca napoleonica,<br />
professore univers<strong>it</strong>ario di Dir<strong>it</strong>to penale, ecc…, per i suoi mer<strong>it</strong>i poetici figura anche<br />
quello di Pastore di Arcadia con il nome di Lisio Samiense, vale a dire delle dotte campagne<br />
di Samo, come si legge nell’“Elogio funebre” pronunciato per lui il 12 settembre 1825<br />
nel<strong>la</strong> perugina chiesa di S. Angelo, in Porta Eburnea.<br />
E se non tutti nel<strong>la</strong> v<strong>it</strong>a hanno avuto l’occasione d’imbattersi nei grandi autori c<strong>la</strong>ssici<br />
che hanno par<strong>la</strong>to di pascoli e rural<strong>it</strong>à – c<strong>it</strong>iamo per tutti Virgilio – tutti però sui banchi<br />
di scuo<strong>la</strong> si sono imbattuti almeno <strong>una</strong> <strong>volta</strong> negli stupendi e commossi versi dannunziani<br />
indirizzati nel 1903 ai pastori.<br />
Anche in Abruzzo, in settembre, i pastori abbandonano l’Appennino per scendere con<br />
le loro pecore a svernare in pianura; il poeta, lontano dal<strong>la</strong> sua terra, li vede con gli occhi<br />
dell’anima mentre si preparano al<strong>la</strong> partenza, mentre sono in viaggio lungo i sentieri di<br />
sempre e mentre infine arrivano al mare. L’eterna vicenda è descr<strong>it</strong>ta in quattro strofe di<br />
struggente bellezza e perfezione:<br />
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.<br />
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori<br />
<strong>la</strong>scian gli stazzi e vanno verso il mare:<br />
scendono all’Adriatico selvaggio<br />
che verde è come i pascoli dei monti.<br />
Han bevuto profondamente ai fonti<br />
alpestri, che sapor d’acqua natia<br />
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,<br />
che lungo illuda <strong>la</strong> lor sete in via.<br />
Rinnovato hanno verga d’avel<strong>la</strong>no.<br />
E vanno pel tratturo antico al piano,<br />
quasi per un erbal fiume silente,<br />
su le vestigia degli antichi padri.<br />
O voce di colui che primamente<br />
conosce il tremo<strong>la</strong>r del<strong>la</strong> marina!<br />
Ora lungh’esso il l<strong>it</strong>oral cammina<br />
<strong>la</strong> greggia. Senza mutamento è l’aria.<br />
Il sole imbionda sì <strong>la</strong> viva <strong>la</strong>na<br />
che quasi dal<strong>la</strong> sabbia non divaria.<br />
Isciacquio, calpestio, dolci romori.<br />
Ah perché non son io co’ miei pastori?<br />
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4<br />
Siamo entrati così nel discorso sul<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong>, attraverso parole tra le più belle che<br />
ad essa siano mai state dedicate; dieci anni prima, par<strong>la</strong>ndo del p<strong>it</strong>tore Michetti su “La<br />
Trib<strong>una</strong> illustrata” di Roma, D’Annunzio aveva descr<strong>it</strong>to le migrazioni stagionali dei<br />
pastori con parole in qualche punto anticipatrici del<strong>la</strong> “Settembre, andiamo”: Qui passano<br />
lungo il mare pacifico nell’alba le vaste greggi condotte da pastori solenni e grandiosi<br />
come patriarchi, a somiglianza delle migrazioni primordiali. Come dire che era un tema<br />
in lui, cioè un sentimento, profondamente radicato.<br />
Oltre quattro secoli prima – seconda metà del ’400 – ci sono versi sul<strong>la</strong> pastorizia<br />
transumante, che a differenza di quelli di D’Annunzio, nessuno o quasi conosce. Sono di<br />
Lorenzo de’ Medici e sono inser<strong>it</strong>i nel suo poemetto, Selve, per l’esattezza nel<strong>la</strong> Selva I.<br />
È il caso di riportare due strofe, di otto endecasil<strong>la</strong>bi ogn<strong>una</strong>, sia perché formalmente<br />
ineccepibili – né in tempi di rigore umanistico potevano non esserlo – sia perché tratteggiano<br />
<strong>una</strong> fase del<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong>, quel<strong>la</strong> del trasferimento estivo dai pascoli di pianura a quelli<br />
di montagna, con pennel<strong>la</strong>te di p<strong>la</strong>stico realismo:<br />
El dolce tempo il buon pastore informa spinge<br />
<strong>la</strong>sciar le mandrie, ove nel verno giacque le stalle<br />
el lieto gregge, che, be<strong>la</strong>ndo, in torma branco<br />
torna alle alte montagne, alle fresche acque.<br />
L’agnel, trottando, pur <strong>la</strong> materna orma<br />
segue, ed alcun che pure ora ora nacque,<br />
l’amorevol pastore in braccio porta;<br />
il fido cane a tutti fa <strong>la</strong> scorta.<br />
Un altro pastor porta in su le spalle<br />
<strong>una</strong> pecora ch’è nel cammin zoppa; cammina zoppicando<br />
l’altro sopra <strong>una</strong> gravida caval<strong>la</strong><br />
<strong>la</strong> rete e ’l maglio e l’altre cose ha in groppa,<br />
<strong>la</strong> rete di corda dello stazzo, il maglio è il<br />
martello per piantare i paletti dello stazzo<br />
per serrarvele alor che ’l sole aval<strong>la</strong> tramonta<br />
così nel lupo alc<strong>una</strong> non intoppa; non s’imbatte<br />
torte di <strong>la</strong>tte e candide ricotte<br />
mangion poi lieti, e russan tutta notte.<br />
formaggi<br />
Possiamo chiudere gli occhi ed abbandonarci per un attimo a sequenze teatrali senza<br />
tempo, con <strong>la</strong> sceneggiatura di Lorenzo il Magnifico:<br />
– Prima scena. Comincia a far caldo, il pastore fa uscire le greggi dai ricoveri invernali e<br />
le dirige felici e be<strong>la</strong>nti verso le montagne e le loro fresche sorgenti.<br />
– Seconda scena. Le greggi sono in viaggio, gli agnelli trottano dietro le madri e quelli<br />
appena nati sono i pastori stessi a portarli in braccio, con amore. I cani scortano tutta<br />
<strong>la</strong> carovana.<br />
– Terza scena. Il viaggio è lungo ed il buon pastore si carica sulle spalle <strong>la</strong> pecora che<br />
zoppica nel camminare, mentre un altro segue <strong>una</strong> caval<strong>la</strong> gravida sul<strong>la</strong> quale sono stati<br />
caricati i materiali per costruire lo stazzo del<strong>la</strong> notte, utile anche a proteggere le pecore<br />
dai lupi.<br />
– Quarta scena. Siamo ormai sui monti e i pascoli fanno buon <strong>la</strong>tte; dopo aver mangiato<br />
lietamente ricotte e formaggi fatti da loro stessi e ca<strong>la</strong>to il buio, i pastori possono andare<br />
a dormire tranquil<strong>la</strong>mente ed anche russare tutta <strong>la</strong> notte.<br />
LA PASTORIZIA<br />
NELL’ANTICHITÀ<br />
Se azzardassimo un confronto tra queste realtà e quelle<br />
altrettanto pastorali e transumanti del<strong>la</strong> cosiddetta facies<br />
appenninica – <strong>la</strong> prima civiltà documentatamente presente<br />
sui nostri monti, II millennio avanti Cristo – probabilmente<br />
troveremmo più analogie che differenze, così come se il confronto lo tentassimo con gli
helvil<strong>la</strong>tes che in epoca romana risiedevano in quello che oggi è il Borgo di Fossato, tra<br />
le cui risultanze archeologiche ci sono anche pesi da te<strong>la</strong>io, indubbia prova dell’esistenza<br />
di tess<strong>it</strong>ura, <strong>la</strong>na, pecore.<br />
D’altronde i Romani – in origine ded<strong>it</strong>i al<strong>la</strong> pastorizia, secondo Varrone – svilupparono<br />
sempre l’industria dell’allevamento, ist<strong>it</strong>uendo anche il censimento degli armenti e invocando<br />
su questi <strong>la</strong> protezione degli dei: Pale è <strong>la</strong> dea dei pascoli, Fauno il dio protettore delle<br />
pecore, come in epoca cristiana sarà S. Pasquale il protettore di pecore e pecorai e S.<br />
Martino il protettore delle capre.<br />
La pecora compare anzi, come anche il bue, su monete dell’epoca dei sette re di Roma<br />
e da pecus/pecora un<strong>it</strong>à di valore per le merci, vengono le parole “pecunia” a significare<br />
moneta, “peculiare” ad individuare <strong>una</strong> specific<strong>it</strong>à, “pecu<strong>la</strong>to” a definire furto di denaro<br />
pubblico da parte di chi al contrario dovrebbe custodirlo; compare invece il cane accovacciato<br />
in certe monete etrusche del<strong>la</strong> zecca di Tuder (Todi), che gli etruschi chiamavano Tu<strong>la</strong>r.<br />
Quando i proprietari di pecore ed altro bestiame diventano nel periodo imperiale ricchi<br />
e <strong>la</strong>tifondisti, diventano anche <strong>una</strong> c<strong>la</strong>sse che dal<strong>la</strong> “campagna romana” estende presto il<br />
suo potere a tutta <strong>la</strong> Maremma, perpetuandosi nei secoli praticamente fino al XX e<br />
raggiungendo il culmine del<strong>la</strong> potenza economico – pol<strong>it</strong>ica nei secoli XV – XVI, quando<br />
<strong>la</strong> coincidenza d’interessi con il sempre più forte Stato Pontificio, produce tra questo ed<br />
i grandi allevatori quel rapporto di mutua assistenza che rafforza ulteriormente entrambi.<br />
Per il periodo alto–medievale non si conoscono documenti sul<strong>la</strong> pastorizia transumante,<br />
ma se <strong>transumanza</strong> c’è stata dopo <strong>la</strong> caduta dell’Impero romano e durante le invasioni<br />
barbariche – in continuazione di quel<strong>la</strong> già nota dal I sec. a.C. – avrà senz’altro risent<strong>it</strong>o<br />
del frazionamento pol<strong>it</strong>ico e soprattutto dall’epoca longobardo–bizantina in poi; è altresì<br />
probabile che sia r<strong>it</strong>ornata normale con il riassestamento pol<strong>it</strong>ico dell’età com<strong>una</strong>le ed in<br />
partico<strong>la</strong>re dal sec. XIII in avanti.<br />
LA PASTORIZIA NEL<br />
MEDIOEVO FOSSATANO<br />
Lo Statuto due–trecentesco del libero Comune<br />
del castello di Fossato, in rub. CCXLII par<strong>la</strong><br />
del<strong>la</strong> selva di Col<strong>la</strong>lto in cui cuilibet s<strong>it</strong> lic<strong>it</strong>um<br />
ire et redire cum animalibus per viam que<br />
vad<strong>it</strong> per dictam silvam que via debeat esse <strong>la</strong>t<strong>it</strong>udinis quinquaginta pedum (sia lec<strong>it</strong>o ad<br />
ognuno andare e tornare con animali per <strong>la</strong> via che attraversa <strong>la</strong> detta selva, <strong>la</strong> qual via<br />
dovrà essere di <strong>una</strong> <strong>la</strong>rghezza di 50 piedi). Le strade medievali fossatane vanno dai 6 ai<br />
12 piedi e questa strada <strong>la</strong>rga 50 piedi, circa metri 14, con tutta evidenza non è fatta per<br />
pedoni o per carri, anche se ovviamente vi trans<strong>it</strong>avano anche essi, ma per greggi in trans<strong>it</strong>o,<br />
anche se <strong>la</strong> rubrica non lo dice, ed allo scopo di pasco<strong>la</strong>rvi sopra come se fosse un prato,<br />
senza sconfinare nel<strong>la</strong> selva attraversata dal<strong>la</strong> strada medesima e dunque senza danneggiar<strong>la</strong>.<br />
La strada– prato è più probabilmente per i transumanti, che all’altezza di Col<strong>la</strong>lto<br />
abbandonano <strong>la</strong> conso<strong>la</strong>re F<strong>la</strong>minia e a scalillis salgono sugli Appennini; le pecore del<br />
castello infatti, l’insediamento più popo<strong>la</strong>to, il pascolo quotidiano lo trovavano senz’altro<br />
nelle montagne sub<strong>it</strong>o ad est del castello medesimo, per esempio su Le Piana di cui si<br />
legge <strong>la</strong> destinazione a prati nel<strong>la</strong> Riformanza del 1425 (mentre sono destinate a pascolo<br />
per i grandi quadrupedi, eccetto che nei mesi di aprile e maggio, dal<strong>la</strong> Riformanza del<br />
1510).<br />
L’ipotesi è rafforzata dallo spettacolo delle grandi siepi che tuttora costeggiano il tratto<br />
fossatano dell’antica F<strong>la</strong>minia, quello che va dal ponte del<strong>la</strong> stazione al Borgo per il<br />
toponimo Turcone: esse servivano ad impedire, analogamente a quanto avveniva in terr<strong>it</strong>ori<br />
di altri Comuni, che le pecore in trans<strong>it</strong>o uscissero dal<strong>la</strong> F<strong>la</strong>minia ed andassero a mangiare<br />
nei campi che <strong>la</strong> costeggiavano; qua e là le strade frequentate dai transumanti conservano<br />
le siepi poste dai contadini a salvaguardia dei campi…tratti abbandonati di antiche vie<br />
romane, vicino a Gualdo Tadino (ma a questo punto era meglio dire Fossato), rive<strong>la</strong>no<br />
allo stesso modo <strong>la</strong> loro antica funzione, scrive Desp<strong>la</strong>nques, c<strong>it</strong>., pp. 699–700.<br />
5
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TRANSUMANZA E<br />
STATO PONTIFICIO<br />
Il contrasto di vecchia data tra pastore e contadino<br />
trova <strong>una</strong> soluzione, ed a favore del primo, con <strong>la</strong><br />
Dogana pecudum ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da Bonifacio IX nel 1402:<br />
libero passaggio delle greggi nelle strade dello Stato<br />
Pontificio e loro libero pascolo per 20 canne (m. 44) su entranbi <strong>la</strong>ti delle strade doganali,<br />
sotto <strong>la</strong> protezione di gendarmi pontifici. In cambio i proprietari di pecore pagano allo<br />
Stato Pontificio un tassa, sopravvissuta fino al 1828, dunque oltre quattro secoli.<br />
Naturalmente non poteva bastare <strong>una</strong> legge – ancorché papale – a pacificare i rapporti<br />
e per oltre quattro secoli i contadini si difesero come poterono, ricorrendo anche all’omicidio<br />
di gendarmi pontifici; ancora agli inizi del secolo XX – scrive Desp<strong>la</strong>nques, c<strong>it</strong>., p. 699<br />
– in montagna le masserie godevano del dir<strong>it</strong>to di pascolo fino a 80 metri a sinistra e a<br />
destra del<strong>la</strong> strada; per le soste in pianura ci si accordava con i proprietari delle terre.<br />
La tassa c<strong>it</strong>ata è <strong>una</strong> specie di gallina dalle uova d’oro, perché nelle casse papali entra<br />
più denaro di quello che entra dall’esportazione di grano di tutto il terr<strong>it</strong>orio: nel 1427<br />
entrano 6.500 fiorini d’oro, nel 1522 ducati d’oro 21.000, nel 1731 scudi 80.000 (fonti H.<br />
Desp<strong>la</strong>nques, c<strong>it</strong>., e G. Pullè, “La pastorizia transumante nell’Appennino umbromarchigiano”,<br />
riv. Universo, 1937 – vari dati del presente <strong>la</strong>voro sono presi dal<strong>la</strong> magistrale<br />
analisi di quest’ultimo).<br />
Nel 1452 vengono pubblicati gli Statuti del<strong>la</strong> Dogana del bestiami e dei pascoli, nei<br />
quali compare quel potente Doganiere dei pascoli che conta le pecore, riscuote le tasse,<br />
ecc…, nel 1462 Pio II interviene ancora a favore del<strong>la</strong> pastorizia e dei proprietari di pecore,<br />
mentre nel 1481 è Sisto IV a stabilire altre norme a vantaggio degli allevatori; le date<br />
quattrocentesche, a cominciare da quel<strong>la</strong> fondamentale del 1402, stanno a dimostrare che<br />
è questo il secolo in cui si creano per l’allevamento ovino le condizioni favorevoli ad uno<br />
dei suoi massimi sviluppi, quello verificatosi appunto nel 500.<br />
È in quest’ultimo secolo che lo Stato Pontificio, eliminati i liberi Comuni medievali<br />
(quello di Fossato nel 1540), diventa apertamente lo Stato dei nobili ed i più grandi<br />
proprietari di greggi, accanto a qualche cardinale, sono duchi, conti, marchesi, principi e<br />
così via; inoltre agricoltura e pastorizia già reputate arti nobili, con il peggioramento delle<br />
condizioni agricole vedono nel ’500 <strong>la</strong> pastorizia crescer d’importanza.<br />
Ciò non impedisce che i pastori ultime ruote del carro, quelli che con le pecore convivono<br />
realmente, siano esposti a tutti i soprusi e siano perfino impossibil<strong>it</strong>ati a chieder giustizia:<br />
rapinati in ogni modo legale e illegale da baroni, tassati da governatori o altri provved<strong>it</strong>ori<br />
dello Stato, oppressi dai pedaggi delle Comun<strong>it</strong>à, taglieggiati dalle tante milizie che<br />
infestano i terr<strong>it</strong>ori, ingoiano solo briciole ed amarezze.<br />
Tutti gli studiosi concordano con il forte sviluppo delle greggi nel ’500. L’allevamento<br />
transumante è in pieno sviluppo nel sec. XVI, epoca di forte cresc<strong>it</strong>a demografica per le<br />
montagne calcaree umbre, scrive Desp<strong>la</strong>nques c<strong>it</strong>., p. 697; e ancora: I grandi proprietari<br />
romani, specie a partire dal sec. XVI, avevano invest<strong>it</strong>o nell’allevamento, formando<br />
immense greggi; aiutati dall’autor<strong>it</strong>à del<strong>la</strong> Dogana… avevano fin<strong>it</strong>o per assumere quasi<br />
il monopolio dei pascoli di montagna (p. 702).<br />
LA PASTORIZIA IN CARTE<br />
FOSSATANE DEL ’500<br />
Anche l’Archivio Storico di Fossato testimonia<br />
per il ’500 <strong>una</strong> notevole presenza di<br />
pecore sul<strong>la</strong> montagna, sia fossatane, sia<br />
provenienti da Comuni confinanti, sia infine<br />
maremmane e cost<strong>it</strong>uenti le note masserie.<br />
Quelle fossatane sono rintracciabili nel<strong>la</strong> sezione atta civilia di un conservato registro<br />
di un semestre amministrativo del 1525, <strong>la</strong> dove compare un pastore che presso il Vicario<br />
del Castello, massima autor<strong>it</strong>à giudiziaria, rec<strong>la</strong>ma <strong>la</strong> partem casei (<strong>la</strong> quota di formaggio)<br />
che gli spetta, per aver tenuto certe pecudibus…ad custodiam (non sa precisare quanto<br />
formaggio gli spetti, perché i conti li tiene suo figlio); il che significa che le famiglie che<br />
affidavano le loro pecore al pastore del paese, lo pagavano in natura.
Possiamo considerare fossatane anche le 106 capre di un tale originario de Cantiana<br />
(Cantiano), al quale il Comune il 30 novembre 1536 aff<strong>it</strong>ta un proprio pascolo montano<br />
fino al 15 aprile 1537, per 5 fiorini e mezzo; nel 1539 si concede a costui il pascolo<br />
montano fino al 15 aprile 1540, per tutte le capre che voglia portarvi, in cambio di 6 fiorini<br />
e mezzo– quelli poi risultati pagati– ogni cento capre (Registro del Camerlengo, n. 33<br />
dell’ ASC di Fossato).<br />
Alle pecore di un tale del confinante Comune di Sigillo è aff<strong>it</strong>tato il 28 dicembre 1537<br />
l’erbatico del<strong>la</strong> montagna purel<strong>la</strong>na, per il periodo 1° aprile– festa di S. Michele di<br />
settembre, con l’avvertenza che dopo il 10 agosto nenguno possa pasturare ne falciare<br />
in dicto monte; il sigil<strong>la</strong>no si impegna a pagare 110 fiorini e a fare <strong>la</strong> Casciaia nel castello<br />
di Fossato (in via Campo dei Fiori c’è tuttora un locale chiamato “<strong>la</strong> caciera”) e a vendere<br />
el cascio a chi ne vorrà comparare et in esso castello comparare grano e altre robbe gli<br />
bisogneranno…, come per secoli hanno fatto anche i transumanti maremmani (registro<br />
n.33, c<strong>it</strong>.). Soltanto un fiorino invece paga un gualdese di S. Pellegrino, al quale è dal<br />
Comune di Fossato aff<strong>it</strong>tato un pascolo montano il 10 giugno 1537 per sei mesi: vi condurrà<br />
13 vaccine e due animali non specificati (registro n. 33, c<strong>it</strong>.).<br />
Questi anni che precedono quello dell’assoggettamento manu mil<strong>it</strong>ari dell’Umbria allo<br />
Stato Pontificio, conclusosi nel 1540, sono anni per il Comune di Fossato, ma anche per<br />
gli altri, di grande crisi e <strong>la</strong> montagna si conferma <strong>una</strong> delle principali risorse:<br />
– nell’intro<strong>it</strong>us generalis il camerarius comunis fossati, tale Matteus, annota di aver riscosso<br />
il dovuto da un sigil<strong>la</strong>no pro douana suarum pecudum presentis anni… pro affida suarum<br />
pecudum e da un gualdese pro pascuis montis (Reg. di semestre amm/vo del 1525, c<strong>it</strong>.).<br />
Nel<strong>la</strong> stessa fonte, sezione accusationes, un tale accusa che 630 pecore (cifra che nel<br />
testo è equivocabile con 6.300) di Oliverius Nagnis hanno danneggiato un suo terreno<br />
in voc. el piano de col magliano; il ragguardevole gregge fa pensare ad <strong>una</strong> masseria,<br />
ma purtroppo nel testo non è detto.<br />
– aff<strong>it</strong>to del pascolo montano com<strong>una</strong>le per cinque anni (71 fave bianche contro 8 nere,<br />
Arenga del 23 agosto 1528) per pagare i deb<strong>it</strong>i del Comune; allo scopo di pagare quelli<br />
contratti con il Comune di Gualdo, aff<strong>it</strong>to del pasculum montagne (zona intorno al<br />
Valico), deliberato con 69 fave contro 13 dall’Arenga del 2 ottobre 1530 (Reg. delle<br />
Arenghe, c<strong>it</strong>.).<br />
– vend<strong>it</strong>io herbatici dal 1° aprile al S. Angelo di settembre1532 nell’area di collis Taverni<br />
(colle di Taverno oggi corrotto in Contaverno) et Mutoli (Registro del Camerlengo del<br />
primo 30/nnio del’ 500, A S C di Fossato).<br />
– aff<strong>it</strong>to di pascolo montano in data 30 novembre1536, in cambio di 5 fiorini, a persone<br />
che vi porteranno bovini, ovini ed altro, non comunque mischiati tra loro, dal decembris<br />
proximi et duratura per totum mensem martii proximi futuri (Reg. n. 33, c<strong>it</strong>.); da dicembre<br />
a marzo è un pascolo esclusivamente invernale e <strong>la</strong> fame che avranno sofferto gli animali,<br />
soprattutto quelli di grande taglia, cercando sotto <strong>la</strong> neve qualcosa da mettere in bocca,<br />
possiamo solo immaginar<strong>la</strong>.<br />
LA TRANSUMANZA IN<br />
CARTE FOSSATANE DEL ’500<br />
E veniamo alle pecore maremmane sui<br />
registri fossatani del primo ’500, le pecore<br />
del<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong> al<strong>la</strong> quale è dedicato<br />
il presente <strong>la</strong>voro. Seguiamole breve-<br />
mente in ordine cronologico, dal 1510 che è anche l’anno dell’ultima Riformanza annessa<br />
agli Statuti Medievali di Fossato, al 1539 ultimo anno delle libertà com<strong>una</strong>li, prima del<strong>la</strong><br />
sottomissione al<strong>la</strong> Chiesa nel 1540.<br />
1) Dal Registro del Camerlengo del primo 30/nnio dal ’500, c<strong>it</strong>.<br />
– Anno 1510, c. 55 v: compare uno Johannes che è vergarus di un tale di castroToschanelle<br />
(<strong>la</strong> Toscanel<strong>la</strong> del ’500 e che compare anche nel<strong>la</strong> “V<strong>it</strong>a Prima” di S. Francesco, cap.<br />
XXIII, scr<strong>it</strong>ta nel 1228 da Tommaso da Ce<strong>la</strong>no, è l’odierna Tuscania in provincia di<br />
V<strong>it</strong>erbo). Paga al Camerlengo 37 fiorini pro herbatico erbe montis Collis castri fossati,<br />
7
8<br />
montagna di area purel<strong>la</strong>na; è un aff<strong>it</strong>to che va dal 1° aprile al S. Angelo di settembre<br />
e dunque oltre all’estate comprende anche <strong>la</strong> primavera. Il percorso fatto presumibilmente<br />
dal<strong>la</strong> masseria va da Tuscania a Montefiascone passando per V<strong>it</strong>erbo, oppure per<br />
scorciatoie, proseguendo poi per Orvieto, Todi (dopo aver superato il Tevere), Montefalco,<br />
Foligno (poi risalendo <strong>la</strong> conso<strong>la</strong>re F<strong>la</strong>minia fino ai nostri monti); è un percorso rifer<strong>it</strong>o<br />
per gli anni ’30 del sec. XX dal c<strong>it</strong>. Pullè per un gregge part<strong>it</strong>o però da un punto<br />
imprecisato del<strong>la</strong> provincia di V<strong>it</strong>erbo.<br />
– Anno 1521, c. 113 v: il 6 giugno S<strong>it</strong>ano Vergaro de castelloccio de civ<strong>it</strong>a castel<strong>la</strong>na<br />
ha pagato al camborlengho per <strong>la</strong> prima terzaria delerba del monte fiorini 25 de<br />
moneta da marca. Seguono nell’anno altri quattro pagamenti per 55 fiorini. L’anno<br />
seguente, 1522, per l’erba del monte del Colle e per il periodo dalle Kalendis maii<br />
usque ad festum s. ti angeli de mense sept…, pagherà de terzariam in terziariam.<br />
Sta<strong>volta</strong> il percorso è di certo e interamente sull’antica conso<strong>la</strong>re F<strong>la</strong>minia, essendo<br />
Civ<strong>it</strong>a Castel<strong>la</strong>na in provincia di V<strong>it</strong>erbo, ma vicinissima al<strong>la</strong> conso<strong>la</strong>re medesima,<br />
senz'altro <strong>la</strong> più frequentata dai transumanti. Dunque Civ<strong>it</strong>a Castel<strong>la</strong>na, Narni,<br />
Terni,Spoleto, Trevi, Foligno, Nocera, Gualdo, Fossato, ovviamente a piedi e percorrendo<br />
ad ogni tappa, secondo <strong>la</strong> consuetudine, non più di 15 chilometri, in 6–7 ore e dunque<br />
lentamente, tutta <strong>la</strong> com<strong>it</strong>iva preceduta da un cavallo con campanaccio che <strong>la</strong> tiene<br />
un<strong>it</strong>a durante <strong>la</strong> notte. Un r<strong>it</strong>uale che si è ripetuto per secoli, sulle strade costru<strong>it</strong>e da<br />
Roma e che i pecorai chiamano giustamente romane; <strong>la</strong> marcia è notturna o delle prime<br />
ore del<strong>la</strong> mattina o delle ultime del<strong>la</strong> sera, per ev<strong>it</strong>are calura. Sono anche le ore in cui<br />
sono più possibili i furti di capi di bestiame o di agguati al<strong>la</strong> carovana da parte di<br />
agricoltori che dal suo passaggio riportino qualche danno; gli aggressivi cani del<strong>la</strong><br />
masseria, pastori maremmani, pare che vogliano col<strong>la</strong>borare, perché durante le marce<br />
di trasferimento sono docili come agnelli.<br />
2) Dal Registro di atti giudiziari del 1527 (ASC di Fossato)<br />
– Il 7 agosto uno Spadaccia… de castro Sigilli fa causa ad un Sante vergarium in castro<br />
fossati, dal quale vuole 24 giuli dovutigli come suo sa<strong>la</strong>rio per due mesi di <strong>la</strong>voro,<br />
meno 4 giorni, passati ad custodiendum oves (“parare le pecore“cioè) del vergaro.<br />
Quest’ultimo poteva servirsi anche di pecorai locali, naturalmente.<br />
– Il 22 agosto ricompare il vergaro Sante coinvolto in <strong>una</strong> causa per danno dato: due<br />
donne testimoniano che mentre stavano andando al monte del nostro Comune a piede<br />
il pian del prato a vedere certo orzo di loro proprietà, videro anche nel orzo de Valerio…<br />
le Cavalle et le capre de’ pecorari de Massaria, et vi erano doi pastori cioè il Caval<strong>la</strong>ro<br />
et il Capraro che stavano a guard…Una delle due, diciassettenne, specifica che i due<br />
pastori non passavano ma stavano fermi a guardare le Cavalle et le capre in detto<br />
orzo. Anche il Caval<strong>la</strong>ro e il Capraro, come si vede, rientrano nel<strong>la</strong> più generale<br />
categoria dei pastori, in quanto componenti anch’essi del<strong>la</strong> Masseria, paro<strong>la</strong> che per<br />
<strong>la</strong> prima <strong>volta</strong> incontriamo in un atto del ’500.<br />
– Il 30 agosto è il fossatano Pelegrinus a chiedere che Longarutium vergarium gli dia<br />
10 coppe di grano per danno dato nei suoi grani in Voc. a piede del Ranchetto dalle<br />
bestie del vergaro (condannato dal giudice a pagare entro tre giorni).<br />
– Il 31 agosto è <strong>la</strong> Reverenda Camera Apostolica ad ordinare al Comune di Fossato (che<br />
sta rapidamente perdendo <strong>la</strong> sua antica libertà e <strong>la</strong> sua autonomia) di sequestare denari<br />
e cose di Spoletinus caprarius dicti vergarii (cioè del già visto Sante), sotto pena al<br />
Comune medesimo di 50 scudi. Il vergaro Sante, che come capo del<strong>la</strong> masseria risponde<br />
anche dei suoi dipendenti, dice che non ha proprio nul<strong>la</strong> del suo capraio e chiede di<br />
non essere molestato.<br />
– Il 1° settembre è il già visto Pelegrinus chiedere che al vergaro Longaruzio suo deb<strong>it</strong>ore,<br />
suspectum de fuga, sia pignorato qualcosa da non rest<strong>it</strong>uirgli finchè non avrà pagato<br />
il danno dato. È settembre e <strong>la</strong> fuga è da intendere come il vicino r<strong>it</strong>orno in Maremma<br />
di Longaruzio. Seguono altre denunce di danni dati da animali di vergari in beni di<br />
fossatani, tra cui a grani in voc. il faggeto (spia che i grani venivano coltivati anche
GLOSSARIO<br />
DELLA<br />
PASTORIZIA<br />
TRANSUMANTE<br />
Nonostante che al<strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione di questo glossario abbiano<br />
contribu<strong>it</strong>o numerosi materiali archivistici e librari, <strong>la</strong> residua<br />
memoria popo<strong>la</strong>re ed i miei personali ricordi, le poco più di<br />
cento parole in esso contenute non esauriscono tutta <strong>la</strong><br />
materia, essendo molto vario e fantasioso ogni gergo specialistico<br />
del passato.<br />
Ne consegue che sarà molto grad<strong>it</strong>a qualsiasi integrazione<br />
da chiunque provenga.<br />
Luigi Ga<strong>la</strong>ssi<br />
I
II<br />
Pecore che attraversano un fosso per <strong>la</strong>varsi.
Abbacchio, l’agnello destinato al macello.<br />
Abbeverata, l’operazione con cui le pecore si dissetano giornalmente o anche ogni due<br />
giorni se l’acqua è lontana<br />
Acquacotta, il tipico piatto del pastore. È <strong>una</strong> zuppa di pane anche secco, messo in acqua<br />
bollente con un po’ di sale, olio, mentuccia o altre erbe aromatiche.<br />
Agnel<strong>la</strong>ro, il pastore addetto al<strong>la</strong> custodia degli agnelli.<br />
Agnello, l’ovino inferiore ad un anno di v<strong>it</strong>a.<br />
Ammeriggiarsi, il serrarsi delle pecore le une alle altre in un unico mucchio, possibilmente<br />
all’ombra di alberi o siepi, così da riparare <strong>la</strong> testa dal sole.<br />
Arretare, il sistemare <strong>la</strong> rete, detta mandra, intorno ai paletti dello stazzo, così che le<br />
pecore non possano uscirne.<br />
Arro<strong>la</strong>tore, chi acquista dai proprietari le erbe dei prati, per rivenderle ai transumanti<br />
durante il loro passaggio. Costui si accorda ogni <strong>volta</strong> con il vergaro per il passaggio<br />
successivo.<br />
Bardare, attrezzare un quadrupede ad un viaggio o ad un trasporto, applicandogli i dovuti<br />
elementi.<br />
Bardatura, l’insieme di corde, finimenti, cinture, morsi ed altro, per bardare un quadrupede.<br />
Basto, <strong>una</strong> partico<strong>la</strong>re sel<strong>la</strong> da trasporto (di botticelli d’acqua, di legna ecc…), per muli<br />
ed asini.<br />
Be<strong>la</strong>to, il beeeeh di pecore, agnelli e capre.<br />
Bestie da soma, quelle su cui si caricavano masserizie.<br />
Birro, nome locale del montone, il maschio del<strong>la</strong> pecora.<br />
Biscino, è uno degli ultimi nel<strong>la</strong> gerarchia pastorale. È un aiutante dei pecorai ed in genere<br />
è un giovane con incombenze accessorie. È detto anche pastoricchio.<br />
Bocca, è nel<strong>la</strong> Maremma <strong>una</strong> capanna di frasche lunga sui m. 4–5 e senza chiusura sul<br />
davanti e sul dietro, in cui venivano fatte entrare da un <strong>la</strong>to le pecore per esser munte,<br />
per poi esser fatte uscire dall’altro.<br />
Botticello, il recipiente di castagno o di quercia, rotondo o ovale, contenente in genere<br />
<strong>una</strong> trentina di l<strong>it</strong>ri.<br />
Branco, o morra, un gruppo di pecore del<strong>la</strong> masseria, in genere non superiore a 300 capi.<br />
Buttero, dal <strong>la</strong>tino “boum ductor”, conduttore di buoi, è colui che porta nei vari centri i<br />
prodotti dell’allevamento ovino: formaggio, ricotta, <strong>la</strong>na, pelli, agnelli. Non sempre è<br />
presente d’estate sui monti.<br />
Caciera, il luogo in cui si prepara il cacio o formaggio. A Fossato ce n’era <strong>una</strong> in via<br />
Campo dei Fiori.<br />
Caciere, il pastore addetto a formaggi e ricotte.<br />
Cacunzoli, gli escrementi degli ovini, a forma di palline.<br />
Caglio, sostanza acida animale che ha <strong>la</strong> proprietà di condensare il <strong>la</strong>tte e che è presente<br />
nel<strong>la</strong> materia <strong>la</strong>ttea contenuta nel ventricolo degli agnelli. In altre parole è lo stomaco<br />
dell’agnello con dentro il <strong>la</strong>tte succhiato dal<strong>la</strong> madre il giorno prima, preso in autunno<br />
al momento dell’uccisione di agnelli nati da <strong>una</strong> mesata e messo sub<strong>it</strong>o a seccare appeso<br />
in un angolo – con del sale sopra – per poi essere utilizzato, anche a distanza di mesi,<br />
nel modo seguente: se ne prende un po’, spezzettandolo (“preso”, localmente) e lo si<br />
mette nel caldaio con <strong>la</strong>tte che accanto a un po’ di brace abbia raggiunto i 34° – 37°.<br />
Il caglio, integrabile secondo alcuni con un po’ di olio e di prezzemolo, fa coagu<strong>la</strong>re<br />
<strong>la</strong> caseina ed il coagulo viene man mano rotto dal bastone detto mistico, per favorire<br />
<strong>la</strong> separazione del<strong>la</strong> parte liquida o siero, da quel<strong>la</strong> che si solidifica o formaggio, <strong>la</strong><br />
prima bevibile o trasformabile in ricotta, <strong>la</strong> seconda terminante, dopo sprem<strong>it</strong>ura sul<strong>la</strong><br />
tavolina per far uscire il residuo siero, entro quelle “forme” (o “cascine”) che danno<br />
il nome al prodotto finale.<br />
Caldaro, o caldaio di rame per le operazioni di cui al<strong>la</strong> voce caglio e per <strong>la</strong> preparazione<br />
dell’acquacotta.<br />
III
OGGETTI PASTORALI DEL “MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA“<br />
DI FOSSATO DI VICO (PG)<br />
Secchi di <strong>la</strong>tte per <strong>la</strong> mung<strong>it</strong>ura e <strong>una</strong> “forma” di coccio. “Mistico” terminante con <strong>la</strong> croce di fico.<br />
“Tavolina”.<br />
“Forme” o “cascine”.<br />
Borraccia di legno e “cucchiara” per raccogliere <strong>la</strong> ricotta. “Fuscelle” per <strong>la</strong> ricotta.<br />
Ombrello con le stecche di canna.<br />
Lettera A incisa nel legno per <strong>la</strong> “marcatura” delle pecore.<br />
IV V<br />
“Mazzo”.<br />
Rocca o canocchia, fuso e fi<strong>la</strong>toio.<br />
“Cosciali”di pelle.<br />
Forbici per <strong>la</strong> tosatura.
VI<br />
Campano, sta al collo di un montone detto guidarello, per farsi seguire nel pascolo dal<br />
suo gruppo di pecore.<br />
Cane da pastore, ovvero il pastore maremmano, il più prezioso col<strong>la</strong>boratore dei pastori.<br />
Capanna, detta in Maremma anche capanno o capannello, è l’alloggio montano del<br />
pastore, costru<strong>it</strong>o di erbe e frasche su leggerissima armatura di rami e paletti.<br />
È mobile ed è in genere accanto al recinto. In essa il pastore dorme, ma può anche<br />
dormire all’aperto, sdraiato su pelli.<br />
Capra, il ruminante che – in esiguo numero – poteva far parte del<strong>la</strong> masseria.<br />
Capraro, il pastore a cui è affidata <strong>la</strong> cura delle capre.<br />
Cascina, il cerchio rego<strong>la</strong>bile di faggio che fa da cintura al formaggio usc<strong>it</strong>o dal caldaio<br />
e poi spremuto sul<strong>la</strong> tavolina.<br />
Castrato, <strong>la</strong> pecora di sesso maschile, castrata 15 giorni dopo <strong>la</strong> nasc<strong>it</strong>a perché dia carne<br />
migliore.<br />
Caval<strong>la</strong>ro, il pastore a cui è affidata <strong>la</strong> cura dei cavalli.<br />
Cavallo, il quadrupede di cui ogni masseria possedeva qualche esemp<strong>la</strong>re.<br />
Ciavarra, <strong>la</strong> pecora maschio da uno a due anni.<br />
Conta, il conteggio delle pecore quando partono per i monti o dai monti quando ripartono<br />
per il piano, fatto a fini fiscali un po’ da tutti, padrone, agenti, Comune…<br />
Cosciali, di nuda pelle o di pelle con pelo (di agnello, pecora, montone, capra), s’indossano<br />
sopra i pantaloni fissandoli al<strong>la</strong> v<strong>it</strong>a con <strong>una</strong> cintura annessa e agli stinchi con <strong>la</strong>cci.<br />
Cordesco, l’agnello nato in febbraio.<br />
Cucchiara, è uno scolino più grande di un normale cucchiaio ed ovviamente bucherel<strong>la</strong>to,<br />
serve a raccogliere <strong>la</strong> caseina che grazie al caglio si condensa nel caldaio.<br />
“Dogana pecudum”, ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da Bonifacio IX nel 1402 – e sopravvissuta fino al 1828<br />
– per dare libero passaggio alle greggi transumanti sulle strade dello Stato Pontificio<br />
(dette di conseguenza “doganali”) e pascolo sui loro <strong>la</strong>ti, in cambio del pagamento di<br />
<strong>una</strong> tassa da parte dei proprietari di pecore.<br />
Estivaggio, è il pascolo estivo montano dei transumanti, che hanno svernato nel<strong>la</strong> Maremma<br />
toscana o <strong>la</strong>ziale.<br />
Fardelli, l’insieme degli utensili ed attrezzi usati dal personale del<strong>la</strong> masseria, ammucchiato<br />
accanto al recinto: selle, basti, bardature, caldai, sacchi del pane, ecc…<br />
Forma, il nome che si dà al rotondo di formaggio ottenuto nel<strong>la</strong> “cascina” ed anche il<br />
nome del<strong>la</strong> “cascina” medesima, nonché del<strong>la</strong> scodel<strong>la</strong> bucherel<strong>la</strong>ta – di coccio o altro<br />
– in cui si spreme <strong>la</strong> massa, così come sul<strong>la</strong> tavolina, usc<strong>it</strong>a dal caldaio.<br />
Formaggio, <strong>la</strong> massa a cui “forma” o “cascina” danno <strong>la</strong> tipica linea rotonda. Messa ad<br />
asciugare su tavole per almeno cento giorni – se non <strong>la</strong> si vuol mangiare fresca – e<br />
naturalmente sotto sale, ha <strong>una</strong> stagionatura di almeno otto mesi.<br />
Frutto, il <strong>la</strong>tte raccolto nel<strong>la</strong> mung<strong>it</strong>ura. Raccogliere il frutto nel gergo pastorale significa<br />
mungere.<br />
Fuscel<strong>la</strong>, il cestino di vimini intrecciati, a forma di profondo piatto, destinato a contenere<br />
<strong>la</strong> ricotta.<br />
Gambali, l’altro nome, poco usato, dei cosciali.<br />
Gennarino, o vernareccio, è l’agnello nato all’inizio dell’inverno.<br />
Gregge, l’insieme delle pecore.<br />
Guado, il breve corridoio tra corde od altro, che ad <strong>una</strong> ad <strong>una</strong> porta le pecore da <strong>una</strong><br />
recinzione al<strong>la</strong> “bocca” ove vengono munte, in Maremma.<br />
Guidarello, V. campano.<br />
Lana di concia, o macel<strong>la</strong>ta, quel<strong>la</strong> tratta da animali morti e quindi di minor pregio.<br />
Lana di masseria, o naturale, quel<strong>la</strong> tratta dal<strong>la</strong> tosatura <strong>una</strong> <strong>volta</strong> all’anno, prima del
caldo estivo.<br />
Lana greggia, o sudicia, quel<strong>la</strong> appena tosata dalle pecore e non ancora <strong>la</strong>vata.<br />
Lana saltata, quel<strong>la</strong> tratta da pecore fatte saltare prima nell’acqua di qualche fosso per<br />
pulirle.<br />
Mandra, uno dei principali attrezzi del<strong>la</strong> masseria: <strong>la</strong> rete che circonda lo stazzo del riposo<br />
notturno delle pecore.<br />
Manta, o mantello, è <strong>una</strong> coperta di <strong>la</strong>na usata soprattutto per coprirsi durante il sonno.<br />
Del semplice corredo del pastore fanno parte anche il giubbone di panno o pelle, il<br />
cappello a <strong>la</strong>rghe tese, l’ampio ombrello.<br />
Manzo, è l’altro nome, poco usato, del guidarello.<br />
Marcatura, o marchiatura (“merca” in Maremma, ove anche “marcare” è variato in<br />
“mercare” frequentemente), è l’impressione annuale di un segno di riconoscimento<br />
del<strong>la</strong> proprietà, sul<strong>la</strong> pecora dopo <strong>la</strong> tosatura, così che sia visibile anche sul<strong>la</strong> <strong>la</strong>na che<br />
ricrescerà; è fatta con <strong>una</strong> specie di timbro scolp<strong>it</strong>o nel legno – può essere per esempio<br />
l’iniziale del nome del proprietario – intinto in colori naturali, dilu<strong>it</strong>i con olio di lino.<br />
Maremma, l’area geografica comprendente <strong>la</strong> bassa Toscana e l’alto Lazio, in cui pastori<br />
e pecore stanno nei lunghi mesi non estivi.<br />
Masseria, l’insieme di gregge ed animali, uomini e cose ad esso connessi.<br />
Matricina, <strong>la</strong> pecora dai tre anni in su, destinata al<strong>la</strong> riproduzione.<br />
Mazzo, il martello cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un unico pezzo di legno dal<strong>la</strong> testa ricurva, <strong>la</strong> cui concava<br />
parte interna picchia sui paletti da piantare nel prato per <strong>la</strong> costruzione dello stazzo.<br />
Meriggiare, V. ammeriggiarsi.<br />
Mezzareccio, l’agnello nato tra dicembre e marzo, macel<strong>la</strong>to in genere dopo un mese e<br />
mezzo.<br />
Mistico, il bastone di cui si dice al<strong>la</strong> voce caglio, terminante con due legnetti di fico<br />
formanti <strong>una</strong> picco<strong>la</strong> croce destinata a rompere nel caldaio il coagulo del<strong>la</strong> cagliata.<br />
Montificazione, il trasferimento dal piano ai monti, dal<strong>la</strong> Maremma agli Appennini.<br />
Montonaro, il pastore addetto al<strong>la</strong> cura dei montoni o arieti.<br />
Montone, o ariete, o serrone, è il maschio dai due anni in su, destinato al<strong>la</strong> riproduzione.<br />
Morra, o branco, è un gruppo di pecore del<strong>la</strong> masseria, in genere non superiore, come<br />
già detto, a 300 capi.<br />
Moscetti, i piccoli proprietari di greggi (dai 50 ai 500 capi).<br />
Mu<strong>la</strong>ro, il pastore addetto al<strong>la</strong> cura dei muli.<br />
Mulo, l’ibrido nato dall’incrocio di un asino con <strong>una</strong> caval<strong>la</strong>.<br />
Mung<strong>it</strong>ura, raccolta del <strong>la</strong>tte in un secchio <strong>una</strong> cui metà è più alta dell’altra.<br />
Pascolo, <strong>la</strong> zona a prato destinata ad esser brucata dalle pecore.<br />
Pastore maremmano, non è l’uomo, ma il cane di cui si dice al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva voce.<br />
Pastoricchio, è l’altra definizione del biscino.<br />
Pastura, ha sia il significato di pascolo, che di tipo di pascolo (più o meno buono, più o<br />
meno abbondante, ecc…).<br />
Pecora, il mammifero ruminante che nel<strong>la</strong> Maremma <strong>la</strong>ziale – e dunque sui nostri appennini<br />
– è di razza vissana e sopravvissana.<br />
Pecoraio, o pecoraro, è il custode del gregge, pagato soprattutto in natura (pane, sale, olio<br />
e talora ricotta). Sol<strong>it</strong>ario e silenzioso come <strong>la</strong> sua v<strong>it</strong>a, ha un forte legame con <strong>la</strong> sua<br />
interior<strong>it</strong>à e con <strong>la</strong> natura.<br />
Posta, è l’accappamento montano, in un avval<strong>la</strong>mento riparato.<br />
Preso, V. al<strong>la</strong> voce caglio.<br />
Primareccio, l’agnello nato in ottobre, macel<strong>la</strong>to in genere dopo un mese e mezzo.<br />
Procoi, accento fonico sul<strong>la</strong> seconda o. Altra definizione dei pastori fino all’Ottocento,<br />
dal toscano “proquojo”. Ma “precoio” nel<strong>la</strong> campagna romana era il cascinale iso<strong>la</strong>to<br />
ove si <strong>la</strong>vorava il <strong>la</strong>tte.<br />
VII
VIII<br />
Recchiarel<strong>la</strong>, <strong>la</strong> pecora feconda, ma che non ha ancora partor<strong>it</strong>o.<br />
Recinto, lo spazio quadrango<strong>la</strong>re o circo<strong>la</strong>re, nei pressi del<strong>la</strong> capanna e all interno di <strong>una</strong><br />
siepe di frasche per riparare dal vento il fuoco acceso per fare il formaggio e <strong>la</strong> ricotta<br />
e per cuocere i pasti.<br />
Ricotta, è il femminile sostantivato di ricotto, vale a dire che ha sub<strong>it</strong>o due cotture. Infatti<br />
è ricavata per boll<strong>it</strong>ura dal siero del <strong>la</strong>tte rimasto dopo <strong>la</strong> coagu<strong>la</strong>zione a caldo del<br />
formaggio; il fuoco sotto il siero fa venire a gal<strong>la</strong> i residui <strong>la</strong>ttei in esso contenuti, li<br />
si raccoglie e li si mette a sco<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> fuscel<strong>la</strong>.<br />
Sale pastorizio, è il normale sale, portato dal pastore nel tascapane e sparso ogni giorno<br />
per le pecore su pietre lisce o in vaschette di legno. Diceva un proverbio: pecora sa<strong>la</strong>ta,<br />
pecora sanata.<br />
Scortarel<strong>la</strong>ro, il pastore addetto al<strong>la</strong> cura delle pecore prossime al parto.<br />
Sementino, l’agnello maschio.<br />
Siero, V. caglio. Qui si può aggiungere che è di color gial<strong>la</strong>stro.<br />
Soda, <strong>la</strong> pecora sterile.<br />
Sogliardi, o bagaglioni, sono i pastori addetti ai vari bagagli e che giornalmente devono<br />
anche provvedere ad acqua, legna, ecc…<br />
Somaro, presente nel<strong>la</strong> masseria, come il mulo, essenzialmente per trasporto di carichi.<br />
Non va dimenticato che <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> significa portatore di some.<br />
Smontificazione, il contrario di montificazione e dunque il trasferimento dai monti al<br />
piano, dagli Appennini al<strong>la</strong> Maremma.<br />
Stabbiatura, il letame <strong>la</strong>sciato dalle pecore, necessario al<strong>la</strong> concimazione del terreno.<br />
Stazzo, dal <strong>la</strong>tino “statio”, è il recinto quadrato di pernottamento delle pecore, chiuso da<br />
<strong>una</strong> rete di corda che fa il giro dei quattro <strong>la</strong>ti e che è detta mandra, fissata a paletti<br />
conficcati nel terreno. E un recinto mobile per concimare quanto più prato possibile,<br />
spostabile anche nel<strong>la</strong> medesima giornata.<br />
Sterpata, <strong>la</strong> pecora che non da <strong>la</strong>tte.<br />
Strade doganali, V. “Dogana pecudum”. Qui si può aggiungere che si trattava per lo più<br />
di antiche strade romane, a cominciare dal<strong>la</strong> conso<strong>la</strong>re F<strong>la</strong>minia che è stata senza dubbio<br />
<strong>la</strong> più trans<strong>it</strong>ata dai transumanti.<br />
Tascapane, <strong>la</strong> borsa che il pastore porta a tracol<strong>la</strong>, contenente sale pastorizio e all’occorrenza<br />
altro.<br />
Tavolina, è <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> dai bordi rialzati, eccetto che sul <strong>la</strong>to tagliato ad imbuto, di<br />
cui si dice al<strong>la</strong> voce caglio.<br />
Tosatura, è il taglio del vello dell’ovino, dopo che questo abbia compiuto un anno e prima<br />
dell’estivaggio. Avviene con le caratteristiche forbici cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e da un unico pezzo di<br />
<strong>la</strong>miera, le cui estrem<strong>it</strong>à sono le <strong>la</strong>me da taglio.<br />
Transumanza, <strong>la</strong> migrazione annuale dal pascolo di pianura a quello di montagna e<br />
viceversa.<br />
Trocchi, lo scavo in tronchi d’albero o in vasche di cemento, presso sorgenti, ove l’acqua<br />
è raccolta per portarvi le pecore e gli altri animali a dissetarsi.<br />
Uncino, il legno biforcuto ca<strong>la</strong>to sul collo del<strong>la</strong> pecora a tener<strong>la</strong> ferma durante <strong>la</strong> mung<strong>it</strong>ura<br />
nel<strong>la</strong> capanna chiamata bocca.<br />
Vergaro, anticamente colui che guidava al pascolo il bestiame con <strong>la</strong> verga, modernamente<br />
il capo di tutto il personale e di tutte le operazioni del<strong>la</strong> masseria, nominato e stipendiato<br />
dal proprietario del<strong>la</strong> medesima.<br />
Vernareccio, o gennarino, l’agnello nato all’inizio dell’inverno.<br />
Vissana, e sopravvissana, è <strong>la</strong> razza di pecore diffusa nel Lazio ed è quindi <strong>la</strong> razza che<br />
fa l’estivaggio sugli Appennini; prende il nome dal fatto di provenire da Visso e dall’alta<br />
Valnerina.
vicino ai mille metri dove crescono i faggi); condannati a pagare dal giudice, i vergari<br />
pagano. Il dato più interessante è <strong>la</strong> contemporanea presenza di almeno due vergari,<br />
Sante e Longaruzio, come dire di almeno due masserie sugli spaziosi pascoli dell’Appennino<br />
fossatano<br />
3) Dal Registro di un semestre amministrativo del 1537, c<strong>it</strong>.<br />
– Nel<strong>la</strong> sezione inquis<strong>it</strong>iones compaiono un Andreonus che fa el buttaro e Johannes che<br />
è un suo pecorarius.<br />
– Nel<strong>la</strong> sezione intro<strong>it</strong>us generalis s’incontra un vergaro che paga 20 fiorini come quota<br />
dell’erbatico e successivamente lo si vede pagarne 36. Un altro vergaro paga 13 fiorini<br />
per pascolo del monte de <strong>la</strong>nno passato. Anche in questa data coesistono almeno due<br />
vergari e due masserie.<br />
4) Dal Registro n. 33, C<strong>it</strong>.<br />
– Il 24 Febbraio 1539 il Comune loca l’erbatico del monte a un sigil<strong>la</strong>no che accetta a<br />
nome di bastiani fani de Toscanel<strong>la</strong>, miglior offerente con i suoi 208 fiorini. Pascolo<br />
dal 1 aprile al S. Angelo di settembre, durante il quale il sigil<strong>la</strong>no s’impegna a fare <strong>la</strong><br />
casciaram nel castello di Fossato. I maremmani dunque si servivano anche di persone<br />
locali per le proprie attiv<strong>it</strong>à, come già visto per il 1527. Anche soltanto spulciando su<br />
quattro residui registri fossatani del primo 40/ nnio del 500, sono evidenti l’ampiezza<br />
dell’allevamento transumante in questo secolo e l’osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à che ad esso hanno dato le<br />
montagne fossatane e altre del<strong>la</strong> catena appenninica,a cominciare da quelle di Norcia<br />
che da sempre sono state tra le più frequentate dai transumanti.<br />
LA TRANSUMANZA<br />
NEL ’600 E ’700<br />
Gli affari sono prosperi per gli allevatori <strong>la</strong>ziali anche<br />
nel ’ 600; nel 1647 un bando pontificio concede a<br />
pecore e pecorai di sostare per tre giorni in qualsiasi<br />
terr<strong>it</strong>orio attraversato (ridotti a due in epoca post–na-<br />
poleonica), senza pagare pedaggio o gabelle di sorta, ma naturalmente continuando a<br />
pagare allo Stato <strong>la</strong> Dogana pecudum, tassa da cui era esente solo chi avesse avuto dai 12<br />
figli in su; nel 1673 i proprietari di pecore nell’Agro romano sono 252 e ben nove decimi<br />
dell’Agro con Innocenzo XI (1676–89) sono a pascolo.<br />
Sul finire del ’600 c’ imbattiamo negli interessanti Cap<strong>it</strong>oli diversi del<strong>la</strong> Comun<strong>it</strong>à di<br />
Fossato (A.S.C. di Fossato). Sono datati 1698, ma hanno integrazioni settecentesche; tra<br />
i vari Cap<strong>it</strong>oli c’è anche quello dedicato al Conduttor del<strong>la</strong> Montagna, cioè al transumante<br />
che <strong>la</strong> prende in aff<strong>it</strong>to.<br />
Vi si legge che costui può pasco<strong>la</strong>rvi dui Branchi di Capre di numero di dui cento per<br />
Branco, ma un’aggiunta postuma sul medesimo manoscr<strong>it</strong>to riferisce che dal<strong>la</strong> montagna<br />
sono escluse le Massarie di capre dal Consiglio tenuto li 19 giugno 1791; <strong>la</strong> ragione è<br />
probabilmente nel fatto che le capre sono sterminatrici di vegetazione.<br />
Ma soprattutto vi si possono leggere regole praticate per secoli. Ad esempio il Conduttore<br />
– non possi metter le bestie nel<strong>la</strong> Selve Band<strong>it</strong>e, cioè protette da bando.<br />
– sia obligato ferrare tutte le bestie del suo Armento dentro Fossato (l’armento non è da<br />
confondere con il gregge,in quanto comprende solo quadrupedi di grossa taglia, come<br />
cavalli, muli, ecc).<br />
– far <strong>la</strong> Casciera dentro Fossato…<br />
– sia obligato comprare il pane dello Spaccio Publico di questo luoco…(chi ha almeno<br />
mezzo secolo ricorda il pane che in grossi sacchi gli uomini del<strong>la</strong> masseria venivano a<br />
prelevare con i muli nel negozio di Fossato, allora ubicato sul<strong>la</strong> Piazza centrale, per<br />
portarlo in montagna e cucinarlo anche raffermo nell’“acquacotta”)<br />
– non possi metter le bestie che conduce a pascere nelli Prati sino dopo li 20 agosto,si<br />
non fossero falciati sino a quel tempo,sotto pena del Danno,<br />
– non possi uscir dalle finate (NdA– ben delim<strong>it</strong>ate zone a fieno) sotto pena d’un fiorino<br />
per Branco per ciasched<strong>una</strong> <strong>volta</strong>.<br />
– sia obligato per il giorno di S. Pietro 29 giugno dare per <strong>la</strong> residenza delli SS. Priori<br />
9
10<br />
lib: 25 formaggio et altre lib: 25 per <strong>la</strong> festa di S. Rocco 16 agosto… (25 libre, o libbre,<br />
sono circa 8 kg, essendo nel contado perugino <strong>una</strong> libbra gr. 337 si tratta di regalie alle<br />
autor<strong>it</strong>à introdotte dallo Stato Pontificio ed ostaco<strong>la</strong>te invece dal libero Comune Medievale<br />
che le puniva severamente, come si può leggere negli Statuti di Fossato).<br />
– inoltre è tenuto vendere <strong>la</strong> Ricotta a minuto al<strong>la</strong> ragione di quatrini otto <strong>la</strong> libra (le<br />
ricotte le può anche spezzare e vendere a mezze libre).<br />
Si apprendono dal punto XIII del bel manoscr<strong>it</strong>to alcune modifiche successive, ma<br />
precedenti il 1791: r<strong>it</strong>enendosi in questa nostra Montagna due Massarie di bestie, ciovè<br />
<strong>una</strong> di Pecore e l’altra di Capre, o che siano Massarie intiere o di quant<strong>it</strong>à minore, o in<br />
qual<strong>it</strong>à d’Aff<strong>it</strong>tuari, o di Conduttori separati, un<strong>it</strong>i, o l’uno Aff<strong>it</strong>tuario effettivo e l’altro<br />
Sopraffidato o dall’aff<strong>it</strong>tuario di questa Montagna, o pure da questa Comun<strong>it</strong>à, o in<br />
qualunque forma vi saranno…, dovranno dare ogni anno 100 libbre di formaggio sia per<br />
S. Pietro che per S. Rocco – e non più le precedenti 25 libbre – privilegiando Capo Priore<br />
e Segretario rispetto alli Priori inferiori e contemporaneamente dovranno vendere il<br />
formaggio alli Paesani, sì al ingrosso, che a minuto, senza spezzare le forme e per un<br />
quatrino meno di quello che lo venderanno a Perugia, formaggio che dev’essere buono,<br />
recepiente e asciutto, sotto pena di scudi dui; <strong>la</strong> commercializzazione dei prodotti, dunque<br />
si estendeva a tutto il contado.<br />
ASPETTI DELLA TRANSUMANZA<br />
NELL’OTTOCENTO<br />
Agli inizi dell’Ottocento ci sono<br />
nel Lazio 2.000.000 di pecore,<br />
l’estivaggio delle quali avviene<br />
sui pascoli dell’Appennino um-<br />
bro–marchigiano, dal gruppo del Catria ai Sibillini: centri di <strong>transumanza</strong> sono Cagli, area<br />
di M. Cucco, Fossato, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Fiuminata e Laverino nel camerinese,<br />
area del Subasio, area del<strong>la</strong> Valnerina. Le masserie vanno dai 1.000 ai 5.000 capi ed il<br />
periodo di estivaggio dall’8 maggio al 29 settembre (secondo Desp<strong>la</strong>nques, c<strong>it</strong>., p. 699).<br />
La tradizione fossatana del<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong> è confermata in quest’epoca, per l’esattezza<br />
nel 1802, dal Segretario Priorale di Fossato, nonché notaio, Pietro Bruschi, quando riferisce<br />
in un suo manoscr<strong>it</strong>to che il Comune possiede nelli alpesti frigidi monti Appennini terra<br />
del<strong>la</strong> quale se ne aff<strong>it</strong>ta <strong>una</strong> porzione per uso dei Procoi (= pastori – accento fonico sul<strong>la</strong><br />
seconda o), ma il Vergaro conduttore non può trattenervi le sue bestie che dal S. Angelo<br />
di maggio al S. Angelo di settembre, e nel tempo intermedio hanno gli ab<strong>it</strong>anti il dir<strong>it</strong>to<br />
di pascere.<br />
L’arrivo dei transumanti con tutto il loro mondo appresso, cost<strong>it</strong>uiva dovunque un<br />
evento. Questo insieme di v<strong>it</strong>a che ne incontrava un altro, non generava soltanto rapporti<br />
economici, ma visto che <strong>la</strong> masseria aveva proprie tradizioni, costumi, folklore (Desp<strong>la</strong>nques,<br />
c<strong>it</strong>., p. 699) – naturalmente anche vasti rapporti umani, perfino sui più innocui dei quali<br />
eserc<strong>it</strong>ava <strong>la</strong> sua vigi<strong>la</strong>nza il prete del luogo, allo stesso tempo espressione del potere e<br />
v<strong>it</strong>tima del<strong>la</strong> sua educazione sessuofobica. Su un Libro delle Ammonizioni dell’ASP<br />
(Archivio Storico Plebanale) di Fossato, si può leggere come il 3 agosto 1825 esso<br />
ammonisca Lucia Porchetti a non trattare il Biscino dei Pecorari (i biscini sono il personale<br />
giovane del<strong>la</strong> masseria), con inv<strong>it</strong>o anche al<strong>la</strong> madre di Lucia ad attivarsi in tal senso e<br />
come l’11 settembre 1847 l’ammonizione sia ri<strong>volta</strong> ad <strong>una</strong> tal Maria: che non tratti il<br />
vergaro e non vada nel<strong>la</strong> casciera dove usa il medesimo.<br />
Sono pesanti interferenze nel<strong>la</strong> v<strong>it</strong>a privata che nello Stato Pontificio appartenevano<br />
al<strong>la</strong> quotidian<strong>it</strong>à e che probabilmente per molte ragazze avranno significato scomparsa di<br />
prospettive matrimoniali; non trattare nel linguaggio ottocentesco significa non poter<br />
par<strong>la</strong>re, non poter incontrarsi.
IL ’900 E LA FINE<br />
DELLA TRANSUMANZA<br />
Quando tra ’800 e ’900 fanno capolino nell’ex<br />
Stato Pontificio, ormai terr<strong>it</strong>orio nazionale, le<br />
prime e piccole forme d’industria, nessuno<br />
sospetta che per il millenario ed immobile<br />
mondo pastorale esse rappresentano l’inizio del<strong>la</strong> fine; i poeti continuano a cantarlo (…<br />
di caprine pelli / l’anche ravvolto / come i fauni antichi…, scrive del pastore nel 1876<br />
Carducci nel<strong>la</strong> sua “ Alle fonti del Cl<strong>it</strong>unno”) e le corse dei butteri a cavallo continuano<br />
a mandare in visibilio i romani a Piazza del Popolo.<br />
Ma le pecore che nel 1911 risultano essere in Umbria 483.000, sono 380.000 nel 1954<br />
e soltanto 147.000 nel 1964, dieci anni dopo; nel<strong>la</strong> zona di Norcia le pecore transumanti<br />
passano da 34.000 nel 1922 a 11.380 nel 1964. A questo calo vertiginoso segue il tracollo<br />
e sui monti di Fossato l’ultimo pastore transumante, Bravetti Alfiero di Montalto di Castro<br />
(V<strong>it</strong>erbo), porta un piccolo gregge e senza più folklore di sorta, fino ai primi anni ’80;<br />
prima di lui aveva cessato l’attiv<strong>it</strong>à transumante nel 1969 Olivieri Pietro, che sui monti<br />
fossatani arrivava a piedi con <strong>la</strong> sua masseria di circa 350 pecore e 5 pastori da Civ<strong>it</strong>avecchia<br />
in 15 giorni negli anni ’30 e ’40, passando per V<strong>it</strong>erbo, Orte, Narni e poi su su lungo <strong>la</strong><br />
F<strong>la</strong>minia fino a Fossato, salvo servirsi di treno o camion negli anni ’50 e ’60 (fonte: sua<br />
figlia Silvana).<br />
Un conservato Cap<strong>it</strong>o<strong>la</strong>to per l’aff<strong>it</strong>to dei pascoli estivi nei beni del monte (ASC)<br />
prodotto dal Comune di Fossato e re<strong>la</strong>tivo al sessennio 1929–34, permette di fare il punto<br />
sul<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong> al<strong>la</strong> vigilia del<strong>la</strong> sua scomparsa:<br />
– grandezza del<strong>la</strong> masseria: da 1.200 a 3.000 pecore, con un numero di equini adeguato<br />
alle esigenze di servizio del<strong>la</strong> masseria medesima (sono escluse le capre). All’entrata e<br />
all’usc<strong>it</strong>a dal terr<strong>it</strong>orio com<strong>una</strong>le, il bestiame è sottoposto a vis<strong>it</strong>a san<strong>it</strong>aria e conteggio<br />
a spese dell’aff<strong>it</strong>tuario dei pascoli.<br />
– periodo di pascolo: ha inizio con il 15 giugno e termina con il 30 settembre di ogni anno,<br />
con proroga di 10 giorni per l’usc<strong>it</strong>a totale o parziale del bestiame dal terr<strong>it</strong>orio.<br />
– zona di pascolo: tutta <strong>la</strong> montagna dai suoi confini con Gualdo a quelli con Sigillo. Gli<br />
oronimi sono dettagliatamente indicati e in uno di questi – contrada detta <strong>la</strong> Band<strong>it</strong>a,<br />
anche del<strong>la</strong> quale vengono indicati i confini – il Comune provvederà acchè dal giorno<br />
8 maggio al giorno 30 settembre non sia permesso ad alcuno di introdurre nel<strong>la</strong> Band<strong>it</strong>a<br />
stessa bestiame, ad eccezione di quello destinato al trasporto dei fieni e del<strong>la</strong> legna<br />
nell’epoca dei re<strong>la</strong>tivi tagli, vietandone <strong>la</strong> pernottazione.<br />
– abbeveratoi disponibili per l’aff<strong>it</strong>tuario nel<strong>la</strong> suddetta zona:<br />
• local<strong>it</strong>à Mutole–Troscione (di nuova costruzione);<br />
• local<strong>it</strong>à Castel<strong>la</strong>ro, ove sono trogoli, cioè vasche di cemento o scavate in tronchi di<br />
albero, come in tutte le local<strong>it</strong>à successive;<br />
• local<strong>it</strong>à Valcelli;<br />
• local<strong>it</strong>à Sodo di Intassaie o Col di Tetto (ma in difetto d’acqua all’abbeveratoio di Col<br />
di Tetto è permesso il passaggio del gregge al Fosso di Valtorta);<br />
• local<strong>it</strong>à Band<strong>it</strong>a;<br />
Inoltre per i bisogni del<strong>la</strong> masseria il Comune concederà all’aff<strong>it</strong>tuario del pascolo <strong>una</strong><br />
sufficiente parte del bosco soggetto al taglio: il Comune si riserva pieno dir<strong>it</strong>to di<br />
cost<strong>it</strong>uire parti a fieno, per l’utenza civica, in qualsiasi parte del<strong>la</strong> zona aff<strong>it</strong>tata.<br />
– pagamenti dell’aff<strong>it</strong>tuario: il canone annuo è da versare in due rate uguali scadenti al<br />
20 luglio e 20 settembre. È vietato il sub–aff<strong>it</strong>to anche per parziale del pascolo senza<br />
permesso del Comune; in caso di sub–aff<strong>it</strong>to è sempre l’aff<strong>it</strong>tuario ad essere responsabile<br />
di fronte al Comune del rispetto del contratto.<br />
– <strong>la</strong> cacidia dovrà stabilirsi all’interno di Fossato/castello; è scomparso l’obbligo per<br />
l’aff<strong>it</strong>tuario di servizi di botteghe di Fossato, oltre che, naturalmente, quello dei regali<br />
alle autor<strong>it</strong>à. Il neologismo cacidia al posto dei vecchi casciaia, casciara, casciera, è<br />
coniato dal Comune per ragioni sconosciute (in lingua <strong>it</strong>aliana esistono caciaia e <strong>la</strong> sua<br />
variante regionale caciara).<br />
11
12<br />
Inoltre il Comune fornirà gratu<strong>it</strong>amente all’aff<strong>it</strong>tuario due locali ad uso di stal<strong>la</strong> e fienile;<br />
erano i seminterrati dell’edificio com<strong>una</strong>le, in via Ruga, poi ristrutturati per adibirli<br />
all’attuale funzione di archivio (da ragazzi vi entravano indisturbati a spiare i cavalli,<br />
restandone affascinati).<br />
– aff<strong>it</strong>tuario dei pascoli diventa il concorrente che vince l’asta fatta col sistema di estinzione<br />
di cande<strong>la</strong> vergine, come disposto da Regio Decreto n.827, del 1924; base d’asta, £<br />
5.500 di canone annuo.<br />
LA MASSERIA<br />
PARTE PER I MONTI<br />
Erano tempi in cui le masserie venivano su ancora a<br />
piedi dal<strong>la</strong> Maremma e <strong>la</strong> lunga carovana di uomini,<br />
pecore (e talora capre), cani, cavalli, muli, asini,<br />
carretti, bagagli, ecc…, costringeva ad ammirar<strong>la</strong><br />
chiunque in essa si fosse imbattuto. La sera prima di partire per i monti, i pastori chiudevano<br />
le capanne in cui avevano alloggiato per mesi, il padrone delle pecore faceva <strong>la</strong> conta, il<br />
vergaro le marcava con l’iniziale padronale intagliata nel legno ed intinta in colori naturali;<br />
le pecore erano poi raggruppate in branchi, le masserizie caricate su carretti o su bestie<br />
da soma e <strong>la</strong> carovana era pronta per il suo viaggio di giorni e giorni, qualunque tempo<br />
facesse.<br />
Nelle soste si scaricavano i bagagli, si faceva lo stazzo e ci si mettevano le pecore, si<br />
raccoglieva il frutto (il <strong>la</strong>tte) con cui si facevano formaggio e ricotta; poi si continuava a<br />
camminare, con i branchi di pecore, detti anche morre, che si seguivano a breve distanza<br />
l’uno dall’altro, ognuno col suo pastore e i suoi cani e ognuno non superiore in genere a<br />
300 capi.<br />
Fin<strong>it</strong>i i privilegi dell’antica Dogana pecudum, durante il viaggio pasco<strong>la</strong>vano dove<br />
potevano, boschi, greppi, sponde di fiumi, oppure campi lungo le strade dopo averne<br />
comprata l’erba in precedenza, pagata con il formaggio e <strong>la</strong> ricotta fatti con il <strong>la</strong>tte munto<br />
durante <strong>la</strong> sosta e con l’ancor più preziosa stabbiatura.<br />
L’ACCAMPAMENTO<br />
MONTANO DELLA MASSERIA<br />
Arrivati a destinazione, per gli animali<br />
c’erano il controllo san<strong>it</strong>ario del<br />
veterinario e <strong>la</strong> loro conta da parte<br />
del<strong>la</strong> guardia com<strong>una</strong>le; sub<strong>it</strong>o dopo<br />
salivano ai pascoli appenninici e aveva inizio l’estivaggio nelle desiderate condizioni di<br />
aria, luce, moto, foraggi sostanziosi e aromatici, acqua (ma talora sorgenti o conserve<br />
erano lontane).<br />
La masseria si fermava in <strong>una</strong> valletta riparata dai venti – a Fossato su “Col del Lavorato”,<br />
ma anche nei pressi del Valico, in local<strong>it</strong>à “Monastíe” – ed il suo centro era l’accampamento<br />
o posta, ove i pastori ponevano le loro capanne mobili costru<strong>it</strong>e con leggerissima armatura<br />
di rami e paletti, talora cost<strong>it</strong>uenti dei giacigli a castello e sempre rivest<strong>it</strong>e di erbe e frasche<br />
che le rendevano protettive, accoglienti e profumate; lì dentro dormivano i pastori, quando<br />
non si accontentavano di sdraiarsi tra le pelli, coprendosi del<strong>la</strong> manta o di qualcos’altro.<br />
In vicinanze delle capanne sistemavano quindi il recinto,uno spazio quadrango<strong>la</strong>re o<br />
circo<strong>la</strong>re all’interno di <strong>una</strong> siepe di frasche che doveva riparare dal vento il fuoco acceso<br />
per fare il formaggio e <strong>la</strong> ricotta e per cuocere i pasti; in assenza di siepe, andava bene<br />
qualunque altro riparo.<br />
Accanto al recinto mettevano poi i fardelli, cioè selle, basti,bardature,sacchi del pane,<br />
legna per il fuoco,utensili vari, pochi, questi ultimi,e per lo più costru<strong>it</strong>i dai pastori stessi…:<br />
panchetti di legno, tavo<strong>la</strong> per <strong>la</strong>vorare il formaggio, secchi per <strong>la</strong> mung<strong>it</strong>ura, caldai di rame<br />
e loro catena per <strong>la</strong>vorare il <strong>la</strong>tte, il bastone di legno con <strong>la</strong> croce di fico in cima per<br />
smuovere il <strong>la</strong>tte e rompere <strong>la</strong> cagliata (detto mistico perchè “misticava”, mischiava), forme<br />
in legno di faggio per il formaggio, fuscelle in vimini per <strong>la</strong> ricotta, recipienti per siero e<br />
acqua, martelli di legno dal<strong>la</strong> testa ricurva per piantare i paletti dello stazzo (mazzi), scodelle<br />
per l’acquacotta, botticelli, cosciali, ombrelli con le stecche di canna.
L’ultimo grande elemento dell’accampamento è lo stazzo; si fanno più stazzi se le<br />
pecore sono tante e sono recinti quadrati di pernottamento delle pecore medesime, dati<br />
da paletti conficcati nel terreno che tenevano tesa <strong>la</strong> rete di corda, mandra, che li circondava.<br />
Lo stazzo era spostato ogni giorno, per concimare più terreno possibile.<br />
IL PIATTO<br />
DEL PASTORE<br />
E come le pecore ogni giorno mangiavano erba, così il<br />
pastore ogni giorno mangiava acquacotta. È il piatto tipico<br />
del pastore transumante, nonché il più celebre piatto tosco –<br />
maremmano e come tale oggi variamente offerto e manipo<strong>la</strong>to<br />
dall’industria turistica. Si chiamava così perché di cotto c’era solo l’acqua: quando bolliva<br />
in un tegame ci si metteva un po’ di sale, del pane, anche secco e successivamente bagnato<br />
da un goccio d’olio, <strong>una</strong> cipol<strong>la</strong> insieme ad erbe selvatiche appallotto<strong>la</strong>te con le mani. Per<br />
Pullè, c<strong>it</strong>., finivano nell’acqua bollente pane raffermo – poi mangiato con qualche goccio<br />
d’olio–sale, aglio, mentuccia e altre erbe aromatiche. Sugli Appennini di Fossato l’acquacotta<br />
<strong>la</strong> facevano mettendo a bollire nell’acqua di un caldaio foglie di mentuccia ed un pezzo<br />
di baccalà comprato al negozio del paese, dopo di che con questa boll<strong>it</strong>ura si bagnavano<br />
fette di pane, anche raffermo<br />
Contrariamente a quanto si può credere, i pastori non mangiavano anche quello che<br />
producevano, se non nei ristretti lim<strong>it</strong>i imposti da sempre dal<strong>la</strong> tradizione padronale; si<br />
pensi solo che il pecoraio veniva pagato con pochissime lire e con <strong>una</strong> certa quant<strong>it</strong>à di<br />
sale, olio, pane, e – ma non sempre – ricotta, con esclusione dunque del formaggio (Silvana<br />
Olivieri, figlia del Pietro penultimo transumante presente a Fossato, aggiunge all’elenco<br />
<strong>la</strong> pecora morta, non commercializzabile e che secondo arcaiche concezioni i pastori<br />
potevano mangiare).<br />
LE PECORE<br />
SUI MONTI<br />
Abbiamo visto come veniva sistemato l’ accampamento montano<br />
all’inizio dell’ estivaggio. Le pecore intanto, sorto il sole del<br />
nuovo giorno venivano munte ed era l’unica mung<strong>it</strong>ura quotidiana<br />
permessa dal<strong>la</strong> loro gravidanza; essa veniva smessa del tutto sul<br />
finire di giugno, durava dai primi di novembre (dunque sugli otto mesi di <strong>la</strong>ttazione), era<br />
fatta mattina e sera, produceva giornalmente da un quarto ad un terzo di l<strong>it</strong>ro a pecora,<br />
13
14<br />
con <strong>una</strong> media di un quintale di formaggio e 30 Kg di ricotta ogni 10 pecore.<br />
Dopo di che venivano portate al pascolo, divise in branchi preceduti dal guidarello –<br />
un ariete o montone con campano, tosato talora in modo partico<strong>la</strong>re per essere riconoscibile<br />
– e dal pastore con il suo lungo bastone. Pasco<strong>la</strong>vano spostandosi continuamente fin verso<br />
le ore 10, poi si riunivano serrandosi le une alle altre per riparare <strong>la</strong> testa dal sole ed iniziava<br />
così il loro meriggiare possibilmente all’ombra di alberi o siepi; anche il pastore in questo<br />
frattempo si riposava ed i cani vigi<strong>la</strong>vano accucciati presso il branco. Diminu<strong>it</strong>a <strong>la</strong> calura,<br />
le pecore riprendevano il loro vagare fino al tramonto; ogni giorno ad esse veniva dato il<br />
salutare sale pastorizio che il pastore portava in un tascapane e che spargeva su qualche<br />
pietra liscia o in piccole vasche di legno, mentre l’abbeverata, se le sorgenti erano lontane,<br />
poteva avvenire anche ogni due giorni, nelle vasche di cemento o negli antichi trocchi<br />
scavati in tronchi d’ albero dei quali si è già detto.<br />
IL PASTORE E<br />
LA MONTAGNA<br />
La monotonia delle giornate veniva rotta dai pastori con<br />
piccoli <strong>la</strong>vori, come ricavare utensili di cucina da acero o<br />
faggio, decorare con incisioni i bastoni, riassestare con<br />
ago e filo i propri indumenti, come <strong>la</strong> manta o coperta di<br />
<strong>la</strong>na per coprirsi, il giubbone di panno o pelle, il cappello nero a <strong>la</strong>rghe tese, i cosciali di<br />
pelle e così via.<br />
La v<strong>it</strong>a sol<strong>it</strong>aria e lontana dal<strong>la</strong> modern<strong>it</strong>à, condivisa con gli animali in mezzo al<strong>la</strong><br />
natura, lungi dall’ inselvatichire il pastore lo ingentiliva: silenzioso e riflessivo, considerava<br />
l’ esistenza sotto un aspetto sereno e tranquillo– come ha sottolineato anche Pullè – traendo<br />
da semplici sensazioni i suoi piaceri. In quest’ uomo dall’ esistenza nomade e prim<strong>it</strong>iva,<br />
albergavano i più gentili sentimenti.<br />
Chi scrive testimonia con nostalgia – se è consent<strong>it</strong>o un dato personale, d’altronde<br />
comune ad altra gente – <strong>la</strong> grande osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à con cui da adolescente è stato trattato in ogni<br />
occasione dai pastori transumanti, che talora andava a trovare nel fossatano Col del<br />
Lavorato, sub<strong>it</strong>o alle spalle dei 910 metri di Cima Costiccio<strong>la</strong>: ti facevano gustare il piacere<br />
di appiso<strong>la</strong>rti nelle loro capanne, mentre fuori ur<strong>la</strong>va il vento, e di prendere confidenza<br />
con le loro povere cose, il piacere di accompagnarli a dorso di mulo ed attraverso il sentiero<br />
nel bosco ai Trocchi del Castel<strong>la</strong>no a riempire botticelli d’acqua, il piacere di salire in
groppa a muli e cavalli e di cavalcarli sui prati, il piacere di bere in giugno il gial<strong>la</strong>stro<br />
siero delle operazioni mattutine e per il quale si era disposti a saltar giù di buon’ora dal<br />
letto, il piacere di usare par<strong>la</strong>ndo solo le parole che servivano… Erano a loro agio sul<strong>la</strong><br />
montagna i pecorai transumanti, anche perché erano a loro <strong>volta</strong> originari quasi sempre<br />
di paesi montani ed in questi avevano <strong>una</strong> famiglia con cui potevano stare solo nei<br />
tradizionali 15 giorni di licenza estiva.<br />
LA GERARCHIA<br />
PASTORALE<br />
Il vergaro da cui dipendevano insieme a tutta <strong>la</strong> masseria,<br />
poteva invece provenire da dovunque ed era l’unico ad<br />
avere uno stipendio e ad avere dir<strong>it</strong>to ad un’ab<strong>it</strong>azione,<br />
oltre che al v<strong>it</strong>to e al rimborso delle spese minute; <strong>la</strong> sua<br />
era <strong>una</strong> carica amb<strong>it</strong>a e lucrosa, di norma avvantaggiata dallo scarso controllo, specie<br />
durante l’estivaggio, che su di esso eserc<strong>it</strong>ava il proprietario del<strong>la</strong> masseria.<br />
Biscini o pastoricchi erano gli aiutanti dei pastori ed erano i giovani dell’azienda, con<br />
incombenze accessorie. C’erano infine il caciere addetto al<strong>la</strong> preparazione di formaggio<br />
e ricotta, il buttero incaricato del<strong>la</strong> distribuzione dei prodotti dell’allevamento, pelli<br />
comprese, il mu<strong>la</strong>ro (ma nel<strong>la</strong> Fossato del ’500 abbiamo anche visto il caval<strong>la</strong>ro e il<br />
capraro) e i bagaglioni ai quali competevano carriaggi e salmerie, cioè equini e carri per<br />
il trasporto di corredo, coperte, caldai, attrezzi ed utensili vari (ogni giorno provvedevano<br />
anche ad acqua e legna).<br />
Il personale utilizzato era ovviamente proporzionale al<strong>la</strong><br />
LE PECORE<br />
masseria, che più era grande, più ne aveva; grande,<br />
DELLA MASSERIA<br />
significava dai 1000 ai 5000 e più capi, media dai 500 ai<br />
1000, picco<strong>la</strong> dai 50 ai 500 capi.<br />
Quest’ultima, detta anche dei moscetti o piccoli proprietari, si fondava molto sul<strong>la</strong><br />
conduzione familiare. Le pecore che arrivavano sui nostri Appennini, come d’altronde<br />
tutte quelle <strong>la</strong>ziali, erano del<strong>la</strong> razza vissana e sopravvissana, perché originarie di Visso,<br />
nell’alta Valnerina: taglia elevata – il suo peso va dai 35 ai 40 kg– grossa testa senza corna,<br />
collo forte, gambe robuste con artico<strong>la</strong>zioni fortissime e zoccoli ad unghia dura che danno<br />
al<strong>la</strong> pecora <strong>la</strong> nota resistenza ai lunghi percorsi del<strong>la</strong> <strong>transumanza</strong>,vello a bioccoli aperti<br />
e bianchi ricoprente tutto il corpo, eccetto <strong>la</strong> faccia e le estrem<strong>it</strong>à delle gambe.<br />
La sua trip<strong>la</strong> produzione (<strong>la</strong>tte, carne, <strong>la</strong>na) ne fa uno degli animali più redd<strong>it</strong>izi; in<br />
carne rende dai 18 ai 22 kg. (gli agnelli di un mese rendono dai 4 ai 6 kg), in <strong>la</strong>na, tosata<br />
verso maggio con le caratteristiche forbici, dopo <strong>la</strong> <strong>la</strong>vatura rende dai 2 ai 2,4 kg. (l’ariete<br />
fornisce invece dai 3 ai 3,5 kg).<br />
I pastori distinguevano le pecore in:<br />
– recchiarelle, quelle fecondate, ma che non avevano ancora partor<strong>it</strong>o;<br />
– matricine, quelle dai tre anni in su, destinate al<strong>la</strong> riproduzione (sono <strong>la</strong> grande maggioranza);<br />
– sterpate, quelle che non davano <strong>la</strong>tte;<br />
– sode, quelle sterili.<br />
I maschi erano invece così distinti:<br />
– sementini, quelli al di sotto di un anno (e dunque gli agnelli).<br />
– ciavarri, quelli da uno a due anni.<br />
– montani o arieti o serroni, quelli dai due anni in su e destinati al<strong>la</strong> riproduzione.<br />
– manzi o guidarelli, quelli castrati e che mun<strong>it</strong>i di un campano guidavano il branco.<br />
Neanche agnelli e agnelle, cioè gli ovini inferiori a un anno, sfuggivano a c<strong>la</strong>ssificazioni:<br />
– primarecci, se nati nell’ottobre.<br />
– vernarecci o gennarini, se nati all’inizio dell’inverno (per Pullè, da luglio a ottobre).<br />
– mezzarecci, se nati da dicembre a marzo (cordeschi, se nati in febbraio).<br />
– abbacchi, quelli destinati al macello.<br />
Non vanno dimenticati i migliori col<strong>la</strong>boratori dei pastori, i cani; sono manco a dirlo<br />
pastori maremmani che riportano al gruppo le pecore sbandate, che portano le pecore<br />
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all’abbeverata, che le fanno entrare ed uscire dallo stazzo, che le difendono da eventuali<br />
lupi(a questo scopo portano talora un col<strong>la</strong>re di cuoio con grossi aculei metallici).Un <strong>la</strong>voro<br />
almeno pari a quello dei pastori, ricompensato solo da <strong>una</strong> carezza e da un tozzo di pane.<br />
Questo ed altro è stata <strong>la</strong> civiltà transumante che ha rappresentato così grande parte del<strong>la</strong><br />
nostra storia e che <strong>la</strong> presente ricerca ha inteso nei suoi lim<strong>it</strong>i riportare al<strong>la</strong> memoria di<br />
chi l’ha conosciuta e presentare a chi questa fort<strong>una</strong> non ha avuto.<br />
MAREMMA<br />
AMARA<br />
Si è par<strong>la</strong>to di Maremma, m<strong>it</strong>ico luogo del<strong>la</strong> memoria –per le<br />
genti d’Appennino– da cui arrivavano quassù i transumanti per<br />
passarvi l’estate, <strong>la</strong>sciando ogni <strong>volta</strong> ricordi di cui si par<strong>la</strong>va a<br />
lungo. È opportuno concludere ricordando che <strong>la</strong> Maremma era<br />
anche un concreto e lontano luogo geografico,verso cui si è diretta per lungo tempo <strong>una</strong><br />
migrazione di appenninici in cerca di sopravvivenza, così come a lungo e per le medesime<br />
ragioni si è diretta nel<strong>la</strong> più vicina campagna perugina. Uomini e donne che armati di<br />
buona volontà e di falce fienaia partivano a piedi per andarvi a <strong>la</strong>vorare (stagione da<br />
novembre a marzo) ed in partico<strong>la</strong>re sul taglio dei fieni (maggio–giugno); tal<strong>volta</strong> <strong>la</strong><br />
stagione era tutta <strong>una</strong> tirata da novembre a giugno.<br />
Laggiù mangiavano focacce di granturco, bevevano acquatello e spesso non tornavano<br />
perché vi morivano di ma<strong>la</strong>ria. Se tornavano e dopo aver attraversato zone infestate da<br />
briganti che potevano spogliarli di tutto, poteva succedere che si vedessero affibbiare<br />
formali arresti domiciliari dall’ autor<strong>it</strong>à ecclesiastica locale, per essere andati a <strong>la</strong>vorare<br />
senza chiedergli permesso, come si può leggere in documenti dell’Archivio Storico<br />
Plebanale (ASP) di Fossato. Riportiamone uno per tutti:<br />
D’Ordine di Monsignore Illustrissimo e Reverendissimo Vescovo di Nocera.<br />
Si fa precetto, ordina ed espressamente si comanda a voi Rosa del fu Antonio Pantalissi<br />
di Fossato che visto e ricevuto il presente in qualunque modo esegu<strong>it</strong>o, dobbiate r<strong>it</strong>irarvi<br />
nel<strong>la</strong> vostra casa di ab<strong>it</strong>azione, che r<strong>it</strong>errete in luoco di Carcere per lo spazio di otto giorni<br />
continuati, né avrete ardire di sortirne sotto qualunque pretesto e ques<strong>it</strong>o colore, se non<br />
per andare ad ascoltare <strong>la</strong> Santa Messa nei dì festivi…, poiché tanto mer<strong>it</strong>a <strong>la</strong> vostra<br />
insubordinazione e l’arb<strong>it</strong>rio da voi preso di andare capricciosamente a mietere nelle<br />
Campagne di Perugia…Dato in Fossato questo dì primo Settembre 1826. Francesco<br />
Bruschi Vicario Foraneo.<br />
Essendo <strong>la</strong> fame da sempre più forte di qualsiasi vescovo,non si fatica ad immaginare,<br />
magari “capricciosamente”, il segu<strong>it</strong>o del<strong>la</strong> storia…<br />
Fossato di Vico, Gennaio 2002<br />
Luigi Ga<strong>la</strong>ssi<br />
L’autore ringrazia:<br />
• OLIVIERI Silvana, per aver messo a disposizione foto del suo album familiare.<br />
• AMONI Daniele, per aver concesso le foto pastorali da lui scattate nei nostri terr<strong>it</strong>ori e l’uso di quelle<br />
estratte dal libro fotografico “UMBRIA: gente, <strong>la</strong>voro e tradizioni delle sue campagne”, C<strong>it</strong>tà di<br />
Castello 1998, da lui curato.<br />
• BELLUCCI Alfredo, per le foto degli oggetti pastorali da lui scattate nel “Museo del<strong>la</strong> civiltà contadina”<br />
di Fossato.<br />
• FABBRI Adriano, per aver messo a disposizione <strong>la</strong> foto di Fabbri Giovanni.<br />
• FABRIZI Ermenegildo, per <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione nel<strong>la</strong> ricerca delle foto.
Pietro Olivieri – penultimo transumante<br />
sui monti di Fossato – accanto<br />
ad uno “stazzo” con pecore, a Fiuminata<br />
(Mc) sua c<strong>it</strong>tà di origine, nonché<br />
uno dei centri di <strong>transumanza</strong>. Ben<br />
evidente è <strong>la</strong> “mandra”, ossia <strong>la</strong> rete<br />
fissata su paletti a recingere lo<br />
“stazzo”.<br />
Cucina e pasto all’aperto degli Olivieri<br />
con amici venuti a trovarli, in<br />
loc. Sterpeto, Comune di Civ<strong>it</strong>avecchia.<br />
Sul<strong>la</strong> destra si vede <strong>la</strong><br />
“capanna” di frasche sorretta da paletti,<br />
alloggio dei pastori, e di fronte<br />
ad essa <strong>la</strong> “bocca” per <strong>la</strong> mung<strong>it</strong>ura.<br />
Siamo intorno a metà ’900 e sugli Appennini di Fossato, ove Pietro Olivieri<br />
ha portato il proprio gregge per l’estivaggio. Nelle immagini sono presenti<br />
suoi familiari e suoi pastori, il prezioso cane “pastore maremmano”, <strong>una</strong><br />
parte del “recinto” di frasche all’interno del quale si accendeva il fuoco<br />
per i vari usi e in un lontano fondovalle, vista da quasi 1000 m di altezza,<br />
<strong>la</strong> strada che sale al valico di Fossato.
Stampato nel mese di marzo in Gubbio dal<strong>la</strong> Tipografia G. Donati