Leggi - I Cistercensi
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NOTIZIE<br />
CISTERCENSI<br />
4<br />
LUGLIO-AGOSTO<br />
1974<br />
ANNO VII<br />
Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - Gruppo IV
NOTIZIE CISTERCENSI<br />
Direttore:<br />
P. Goffredo Viti<br />
Redazione:<br />
PP. Certosa di Firenze<br />
Consiglio di Redazione: ,<br />
P. Placido Caputo<br />
P. Malachia Falletti<br />
P. Vittorino Zanni<br />
Responsabile:<br />
Agostino Carlomagno<br />
Conto corrente 5/7219<br />
Periodico bimestrale di vita cistercense<br />
Abbonamento annuo: Italia L. 3.000<br />
Abbonamento annuo: Estero L. 4.000<br />
Amministrazione: Certosa del Galluzzo - 50124 Firenze - teI. 055/28.92.26
I RAPPORTI TRA L'ABBAZIA DI CASAMARI E LA<br />
« BADIA GRANDE» DI SANTO SPIRITO IN AGRIGENTO<br />
P. Placido Caputo<br />
1. INFLUSSO DI CASAMARI NELL'ITALIA CENTRO-MERIDIO-<br />
NALE<br />
Verso la fine del secolo XIII ]'Abbazia di Casamari (Frosinone)<br />
occupava nella chiesa un posto preminente. Le sue numerose fondazioni<br />
nell'Italia centrale e meridionale le conferivano una posizione<br />
prestigiosa non solo nell'ambito dell'organismo monastico, ma anche<br />
in quello sociale, economico e politico.<br />
Casamari insieme a Fossanova contribuì in maniera determinante<br />
alla introduzione della vita cistercense in Sicilia, nella Calabria,<br />
nelle Puglie e nelle regioni del centro d'Italia.<br />
Nei secoli migliori della sua storia, Casamari poteva vantare alle<br />
sue dipendenze un numero considerevole di abbazie, priorati, feudi,<br />
grangie ecc. per cui si rese necessario costituire un Procuratore Generale<br />
che ne curasse gli interessi in Italia, nelle isole e nella Spagna 1.<br />
I beni che l'Abbazia di Casamari possedeva in Sicilia erano tanti<br />
che si rendeva difficilefarne la stima dei proventi. Infatti Niccolò IV nel<br />
1290 ordinava al Vescovo di Palestrina, Legato della Santa Sede nel<br />
Regno di Sicilia, di iniziare una inchiesta e quindi imporre una quota<br />
di decime corrispondente ai proventi che Casamari ricavava da quei<br />
possedimenti 2.<br />
La diffusione del monachesimo nel sud d'Italia e nelle isole per<br />
opera dei monaci di Casamari fu vasta. Tale fenomeno logicamente<br />
l Strumento di dotazione del monastero di Santo Spirito di Agrigento, rogato il 27<br />
agosto 1299 dal notaio Pietro de Renusio (o Vanesio?), pubblicato da Agostino Inveges<br />
in Cartagine Sicula, Lib. I, cap. VI e da Cassoni M. «Rivista Storica Benedettina »,<br />
n. 67, dicembre 1925, pp. 259-268.<br />
CASSONIMAURO,Cronotassi documentata dei Prepositi o Priori di Casamari, in «Riv.<br />
Storo Bened. », anno VI, fase. XXII, giugno 1911, pp. 10-11 e segg.<br />
2 Reg. Bull. Nic. IV, C. 741, fol. 267 - Langlois, Les Registres de Nicolas IV, recueil<br />
des Bulles de ce pape, Paris, Thorin, 1886, voI. I, p. 348, n. 1950. Reg. Vat. Nicol. IV,<br />
44, c. 5, fol. 2 - Reg. Vat. Nicol. IV, 46, C. 701, fol. 140.<br />
CASSONIMAURO,Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia, in «Riv. Storo<br />
Bened. », anno XVI, n. 67, 31 dicembre 1925, pp. 257-258.<br />
DE BENEDETTI LUIGI, I Regesti dei Romani Pontefici per l'Abbazia di Casamari, in<br />
Mise. di scritti vari in memoria di Alfonso Gallo, Leo S. Olschki Ed., Firenze, 1956,<br />
p. 344, n. 71. DE BENEDETTI 1., Vita Economica nell'Abbazia di Casamari dalle origini<br />
al sec. XIX, in Riv. Economica della Provincia di Frosinone, nn. 12, 13, 14, 15, dicembre<br />
1951-marzo 1952.<br />
- 129-
si presentava fecondo di molteplici effetti nel campo sociale, nel<br />
sistema economico feudale, nei rapporti di interdipendenza tra un'abbazia<br />
e l'altra e infine nell'attività artistica, con particolare riferimento<br />
al settore architettonico.<br />
A cominciare dalla seconda metà del secolo XIII l'espansione di<br />
Casamari assume un aspetto che non si riscontra nei secoli precedenti:<br />
l'organizzazione di comunità femminili sotto la Regola dell'Ordine<br />
Cistercense.<br />
Nel giro di cinquant'anni circa vengono fondati diversi monasteri di<br />
monache che per secoli rimangono sotto la giurisdizione dell'abate di<br />
Casamari 3:<br />
1. Santa Maria di Capo Grosso nell 'isola di Ustica, fondata nel 1257.<br />
2. Sant'Angelo in Prizzi (Palermo), fondata nel 1259 circa.<br />
3. Santa Lucia in Cesaraugusta, fondata nel 1289 circa.<br />
4. Santo Spirito di Agrigento, fondata tra il 1290 e il 1295.<br />
5. Santa Lucia di Agrigento, fondata verso il 1299.<br />
6. Santa Maria del Soccorso, fondata (?) in Licata (Agrigenro)'.<br />
Le date di fondazione e di soppressione di questi monasteri, una<br />
volta dipendenti da Casarnari, sono incerte o sconosciute. Alcune di<br />
queste abbazie furono fondate e costruite direttamente sotto il controllo<br />
dell'Abate di Casamari, altre invece ..già esistenti, accettarono la riforma.e<br />
la sua paternità immediata ponendosi sotto le leggi di Cistercio.<br />
Come i numerosi monasteri di monache cistercensi del nord-Italia<br />
si ispirarono alla figura e all'opera di Franca, la Santa Cistercense di<br />
Piacenza, così quelli della Sicilia, in qualche modo, fecero capo alla<br />
Badia Grande di Agrigento, protetta dalla potentissima famiglia dei<br />
Chiaramonte s.<br />
Le ingerenze dell'Abate di Casamari nell'ordinamento interno di<br />
Santo Spirito erano di carattere prettamente giuridico e cioè: diritto di<br />
visita, cura spirituale della comunità, diritto di presiedere personalmente<br />
3 VITI GOFFREDO,Le Abbazie dipendenti da Casamari nei secoli XI·XIII, Dissertazione<br />
per la laurea in Sacra Teologia, Roma 1969, p. 200.<br />
4 Questa filiale del Partenio di Agrigento risulta dalla Carta Yisuationis di D. Giusto<br />
BifIolati (anno 1566). L'originale si conserva nella Biblioteca Nazionale di Roma, ms.<br />
Sessoriano 567 e una copia fotostatica nell archivio di Casamari.<br />
S PENCO GREGORIO,Storia del monachesimo in Italia, dalle origini alla fine del medio<br />
evo, Roma 1961, pp. 266-267. NASALLIROCCAE., I monasteri femminili di Piacenza,<br />
in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, 1956, pp. 271-274.<br />
- 130-
o per mezzo di un delegato all'elezione dell'abbaressa e controllo SUl<br />
beni mediante un procuratore.<br />
I rapporti, dunque, con le abbazie femminili hanno avuto non lieve<br />
interesse nella vita plurisecolare di Casamari, ma dobbiamo segnalare,<br />
purtroppo, che gli storici del passato si sono occupati ben poco di questo<br />
aspetto così importante della sua attività.<br />
Tralasciando gli altri monasteri femminili, con la loro storia senz'altro<br />
interessante, qui ci occupiamo solamente della Badia Grande di Santo<br />
Spirito di Agrigento, unica in tutta la Sicilia, abitata tuttora dalle monache<br />
cistercensi.<br />
Gli abitanti di Agrigento chiamano questo monastero Badia Grande<br />
appunto per distinguerlo da qualche altro, meno importante, chiamato<br />
Badiola o Badietta.<br />
Difatti, tra le case religiose di questa città, il Partenio di Santo<br />
Spirito eccelle su tutte per la sua storia, per l'antichità e per l'arte.<br />
Tutta l'abbazia è opera insigne di architettura della seconda metà<br />
del secolo XIII, il più antico dei monumenti chiaramontani della<br />
Sicilia. La chiesa, annessa al monastero, è rinomata per gli stucchi,<br />
molto pregevoli, di Giacomo Serpotta.<br />
2. LA FONDAZIONE DEL PARTENIO DI SANTO SPIRITO<br />
La Badia di Santo Spirito fu fondata da Marchisia Prefoglio 6<br />
e da suo figlio Manfredi di Chiaromonte. Fin dall'inizio della sua esistenza,<br />
il monastero appartenne all'Ordine Cistercense, sotto la giurisdizione<br />
dell'Abate di Casamari.<br />
Finora non abbiamo nessun documento che ci indichi la data<br />
precisa della sua fondazione. Il Picone e il Cassoni e con loro la<br />
quasi totalità degli storici sostengono, erroneamente, che il monastero<br />
di Santo Spirito sia stato fondato nel 1299 7 , ma questa data si riferisce<br />
allo strumento di dotazione e non a quello di fondazione 8.<br />
6 Il nome della fondatrice dagli stOrICI viene riferito in diversi modi: Marchisia<br />
Prefoglio, Mardisia Proiolio, Mordisia Prejolio, ecc.<br />
7 PreONE GIUSEPPE, Memorie Storiche Agrigentine, Ed. Montes, Girgenti, 1866,<br />
Memoria Sesta, Doc. IV. CASSONIMAURO,Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia,<br />
in Rivista Sto. Bened., n. 67, dicembre 1925, p. 268.<br />
8 Strumento orig. di dotazione rogato il 27 agosto 1299 dal Not. Pietro de Renusio<br />
(o Vanesio?). Fu pubblicato da Agostino Inveges in Cartagine Sicula, Lib. I, Cap. VI e<br />
da Cassoni M. in Riv. Star. Ben., n. 67, dicembre 1925. Cfr. Bosco GIUSEPPE, Il Comune<br />
di Agrigento nel Medio Evo, Ed. Dioscuri, Agrigento, 1973, p. 187. CASSONIM., Breve<br />
Silloge storica di Casamari, Sora, 1927, p. 15.<br />
- 131
Difatti da certe espressioni di quel documento appare chiaro<br />
che l'Abbazia di Santo Spirito non solo già esisteva, ma era abitata<br />
dalle monache cistercensi. La Carta di dotazione dice testualmente:<br />
Cum fundaverimus seu fundari [ecerimus monasterium Sancti Spiritus<br />
nuncupatum, in quo quamplures mulieres moniales commorantur et<br />
ad salutem earum degunt ibidem ... 9.<br />
E allora, se il 1299 non è la data di fondazione, quando fu fondato<br />
il Partenio di Santo Spirito? Con certezza possiamo affermare che<br />
già nel 1295 il monastero esisteva ed era in piena efficienza. Si deduce<br />
da un atto rogato dal Notaio Pietro di Renusio (Vanesio?) il 23 gennaio<br />
1295 dal quale risulta che un certo Salvo e una tale Giovanna<br />
di Turano donarono all'Abbazia di Santo Spirito due case situate nel<br />
Borgo San Francesco lO.<br />
Per quanto riguarda i fondatori del monastero non vi sono dubbi.<br />
Lo strumento originale di dotazione lo afferma con evidenza: Nos<br />
Mordisia de Profolio cum de nostro patrimonio proprio fundaverimus<br />
seu fundari fecerimus 11.<br />
Inoltre il testo del transunto dell'atto di dotazione, redatto il<br />
19 dicembre 1321 asserisce che anche Manfredi di Chiaramonte fu<br />
fondatore dell'abbazia: ...donazione di terre, predi, animali, servi e<br />
di altri beni fatta al detto monastero dell'Ordine Cistercense di Casamari<br />
dalla magnifica ed egregia Signora Mardesia de Prejolio, madre<br />
del fu magnifico ed egregio Signore Afanfredi di Chiaramonte, Conte di<br />
Modica e Siniscalco (Prefetto) del regno di Sicilia, fondatore del<br />
monastero predetto ...12.<br />
Il Partenio di Santo Spirito, pertanto, è legato al nome dei Chiaramonte<br />
che in Agrigento, in vari centri della provincia e dell'isola,<br />
costruirono castelli e palazzi che restano tra gli esemplari più rappresentativi<br />
dell'architettura medioevale in Sicilia.<br />
Marchisia Prefoglio nacque in Agrigento dal « Miles » Giovanni,<br />
Signore di Ragusa.<br />
Federico Prefoglio, legittimo possessore del titolo nobiliare, morì<br />
nel 1286 senza lasciare eredi, per cui la sorella, Marchisia, ereditò<br />
dal fratello il titolo e le contee di Ragusa e di Càccamo (Palermo).<br />
9 Strumento originale di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
lO GIULIANO ALA]MO ALESSANDRO, La Chiesa di San Nicola dei <strong>Cistercensi</strong> in Agrigento,<br />
Palermo, 1954, p. 11.<br />
11 Strumento originale di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
12 Trasunto dell'atto di dotazione, rogato il 19 dicembre 1321 dal Notaio Leonardo<br />
de Amerda e riportato per intero dal Cassoni in Riv. Storo Bened., n. 67, dicembre 1925,<br />
p.259.<br />
~ • t j<br />
- 132-
La Prefoglio sposò un cavaliere della famiglia Chiaramonte di<br />
nome Federico I', Signore di Sutera, fratello di Atanasio, Patriarca di<br />
Alessandria e congiunto di Nicolò, monaco cistercense, elevato alla<br />
porpora cardinalizia nel 1219 .<br />
Federico I, devoto alla Sede Apostolica, nel 1220 ricevette<br />
l'investitura di cavaliere dal Pontefice Onorio III che per l'occasione<br />
gli donò alcune reliquie, custodite gelosamente dalla famiglia Chiaramonte.<br />
Dal matrimonio di Marchisia Prefoglio e di Federico I Chiaramonte<br />
nacquero tre figli: Manfredi I che fu l'esponente più prestigioso<br />
della famiglia chiaramontana e che intorno al 1300 tanta parte ebbe<br />
nelle vicende storiche della Sicilia. Il secondogenito fu Giovanni (detto<br />
il Vecchio) che si segnalò nella guerra del Vespro e infine Federico II,<br />
signore di Racalmuto e Siculiana 13.<br />
Federico I morì prima della sua sposa, Marchisia, e fu sepolto<br />
nella Cattedrale di Agrigento. La Prefoglio, rimasta vedova, trasformò<br />
il suo palazzo in monastero, incorporandolo nel complesso dell'attuale<br />
Partenio di Santo Spirito 14. Ciò non è improbabile poiché il documento<br />
di dotazione del 1299 non dice che la cessione si faceva per autorità<br />
del suo consorte, ormai deceduto) ma cum auctoritate carissimi filii<br />
nostri domini Manfredi de Claromonte IS.<br />
Ai lavori di costruzione del monastero la Carta del 1299 accenna<br />
in maniera generica quando afferma: ..Monasterii Sancti Spiritus per<br />
nos [andati, aedificati et dotati ... 16.<br />
Alcuni vorrebbero che Marchisia Prefoglio si fosse fatta monaca<br />
cistercense nel monastero di Santo Spirito. Però, se risulta con certezza<br />
che difatti espresse questo desidero, non ci risulta che lo abbia<br />
attuato 17.<br />
I motivi addotti dalla pia nobildonna nel fare la donazione sono<br />
gli stessi che si riscontrano in tanti altri documenti di questo genere:<br />
... a lode di Dio onnipotente e della Vergine gloriosa, sua Madre ...<br />
alla buona memoria delle anime dei parenti e a rimedio della nostra ...1 8 •<br />
Come compenso per la sua donazione, la Benefattrice chiedeva<br />
IJ Bosco GIUSEPPE, Il Comune di Agrigento nel Medio Evo, Ed. Dioscuri, Agrigento,<br />
1973, pp. 107-108.<br />
14 Bosco G., Il Comune di Agrigento ecc., p. 108.<br />
IS Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
16 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
17 Strumento origg. di dotazione del 1299 (ved. nota 8) in cui si dice: « ... in ipso<br />
(monasterio), si Deo placuerit, intendimus commorari ».<br />
18 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
- 133-
solamente ...che dopo la nostra morte l'abate e la comunità di Casamari<br />
sono tenuti a pregare per noi e fare la commemorazione dei donanti.<br />
Inoltre si abbia fede indubbia e memoria perpetua presso i posteri<br />
della donazione ... 19.<br />
Questo tributo di gratitudine verso i benefattori è stato sempre<br />
soddisfatto dalle comunità religiose. Gli archivi monastici ne fanno<br />
fede. Casamari conserva una Regala S.P.N. Benedicti del 1190, scritta<br />
su fogli pergamenacei e l'ultima pagina riporta appunto la Commemoratio<br />
pro benejactoribus con l'elenco di coloro che si erano resi benemeriti<br />
verso i monaci~.<br />
Non conosciamo nè il nome delI'abbadessa nè quello delle monache<br />
che formavano la prima comunità al tempo della fondazione. Invece<br />
ci sono pervenuti tutti i nomi delle monache esistenti in Santo Spirito<br />
nel 1321, circa trent'anni dopo la fondazione.<br />
In quell'anno, dunque, la comunità era composta di 16 membri<br />
con a capo l'Abbadessa, Donna Chiara. Le monache erano le seguenti:<br />
Sr. Agnese, Sr. Buonadonna, Sr. Francesca, Sr. Giovanna de Garesio,<br />
Sr. Agata, Sr. Buonadonna ..Sr. Maddalena, Sr. Contessa, Sr. Donnabella,<br />
Sr. Margherita, Sr. Chiara, S. Bastina, Sr. Grazia, Sr. Novella, Sr. Sicilia,<br />
Sr. Caterina 21.<br />
Se la fondazione di Santo Spirito avvenne tra il 1290 e il 1295,<br />
come sembra probabile, l'abate di Casamari in quel tempo era certamente<br />
Giovanni Bove. Egli infatti risulta nel governo di questa abbazia<br />
fin dal 1291. Il suo nome lo troviamo scolpito su una grande croce<br />
astile di argento dorato, eseguita proprio in quell'anno. Il prezioso<br />
cimelio, che un tempo appartenne a Casamari, attualmente si conserva<br />
nel Tesoro della Cattedrale di Veroli 22. Il nome dell'Abate Giovanni<br />
si rileva ancora da una lettera del 1297 diretta a lui da papa Bonificio<br />
VIII 2J e finalmente da un altro documento del 14 dicembre 1298 in<br />
19 Strumento orig. di dotazione<br />
20 Arch. di Casamari: «Regula<br />
del 1299) (ved. nota 8).<br />
S. P. N. Benedicti », antiqua circiter saeculorum sex.<br />
Scripta circa annum centesimum nonagesimum supra millesimum (1190). In monasterio<br />
Casaemarii vel Sambucinae tempore B. Lucae eiusdem monasterii Abatis celeberrimi.<br />
Cfr. CASSONI M., Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia, in Riv. Storo Ben.,<br />
n. 67, dicembre 1925, p. 266, Dota 1. MARCHESE GIUSEPPE, La Badia di Sambucina,<br />
Lecce, 1932, pp. 144-145.<br />
21 Transunto dell'atto di dotazione del 321 (ved. nota 12).<br />
22 RONDININI PHILIPPUS, Monasterii Sanctae Mariae et SS. [obannis et Pauli de<br />
Casaemario, breuis Historia, Romae, 1707, p. 67. DE PERSIIS LUIGI, La Badia o Trappa<br />
di Casamari, Roma, 1878, p. 153. SCACCIA-SCARAFONI CAMILLO, Il Tesoro del Duomo di<br />
Veroli ed i suoi simeli medioevali, in «L'Arte» di Adolfo Venturi, anno XVI, fase. IV,<br />
Roma, 1913, p. 29. CASSONI M., Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti, in Riv. Storo<br />
Ben., n. 67, dicembre 1925, pp. 268-269.<br />
23 RONDININI PH.} Monasterii ... de Casaemario, Romae, 1707, p. 130. POTTHAST A.)<br />
- 134-
cui questo Venerabilis Pater [obannes, abbas Monasterii Casaemarii<br />
conferma ad una famiglia di Bauco (Boville Ernica l'enfiteusi di alcuni<br />
fondi 24.<br />
L'Abbazia di Santo Spirito ebbe il periodo della sua prosperità<br />
per il fervore di vita monastica, per il numero delle vocazioni e per<br />
la consistenza dei beni materiali. Fu certamente in quest'epoca che la<br />
comunità di Santo Spirito poté fondare, a sua volta, nella città di<br />
Licata un monastero sotto il titolo di Santa Maria del Soccorso 25.<br />
Al periodo d'oro della storia di questa illustre Abbazia, succede<br />
l'epoca della decadenza, fino al punto che nel 1916 la comunità con<br />
tava appena quattro religiose!<br />
3. LA POSIZIONE GIURIDICA DEL PARTENIO ATTRAVERSO<br />
I SECOLI<br />
Fin dalle origini la Badia di Santo Spirito fu posta sotto la<br />
giurisdizione dell'Abate di Casamari che per tre secoli mantenne il<br />
titolo di Padre Immediato.<br />
Nella Carta di dotazione, stipulata il 27 agosto 1299, durante il<br />
regno di Federco III, si afferma espressamente che la donazione fatta<br />
in precedenza viene rinnovata e confermata in favore di Casamari.<br />
Regesta Romanorum Pontificum, Berolini, vol. II, p. 1966, n. 2457.3. DE PERSlIS L.,<br />
La Badia o Trappa di Casamari, Roma, 1878, pp. 71 e 153. CASSONIM., Il Partenio di<br />
Santo Spirito ecc. in Riv. Storo Ben., n. 67, dicembre 1925, p. 269. DE BENEDETTIL.,<br />
I Regesti dei Romani Pontefici per l'Abbazia di Casamari, in Miscellanea di scritti vari in<br />
memoria di Alfonso Gallo, Firenze, 1956, p. 346, n. 81.<br />
24 Cartarium Casaemarii - ms, in Arch. di Casamari, pp. 96-99. DE PERSIIS LUIGI,<br />
La Badia o Trappa di Casamari, Roma, 1878, p. 153. CASSONIM., Il Partenio di Santo<br />
Spirito ecc., in Riv. Storo Bened., n. 67, dicembre 1925, p. 269.<br />
25 Carta Visitationis redatta da D. Giusto Biffolati (anno 1566), Priore di Casamari,<br />
Procuratore e Visitatore Generale di tutti i monasteri nel Regno delle Due Sicilie. L'originale<br />
della Carta V isitationis si conserva nella Biblioteca Nazionale di Roma e una<br />
copia fotostatica nell'Archivio di Casamari. Per quanto riguarda il monastero di Santo Spirito<br />
e la sua filiale, Santa Maria del Soccorso il testo dice: «Nona vero filiatio (Casaemarii)<br />
est monasterium Agrigentinarum in Sicilia ubi babitant mulieres sanctae uitae eiusdem<br />
Ordinis Cisterciensis quae ciuitas a populis uulgariter nominata est {(Ilirgentum " et est<br />
sanctum monasterium, Abbazia Magna Sancii Spiritus, a quo monasterio processit altera<br />
Abbatia sanctarum monialium posita in civitate {(Alicate " sub titulo Sanctae Mariae de<br />
Succursu Mundi monasterium ordinis cisterciensis », ms. Sessoriano 567.<br />
Gailleroin Sinforiano, Status Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum, ecc., Brigantii,<br />
1891, p. 42, n. 129 dove si afferma: «Santa Maria de Succursu, [und, 1299, restitum<br />
1630. Olim in Alicata, nunc in Loeata (sic) in Sicilia », Inoltre riferisce che in quell'anno<br />
vi abitavano 16 monache e 5 converse, sotto la direzione dell'Abbadessa D. Maria<br />
Jesu Salso. Lo stesso autore, Gaillemin, nella seconda edizione del 1894 vi introduce<br />
qualche variante: «Succursus, [und. 1299 in Alicata, restitutum 1630 in Leoeata (sie),<br />
Via Badia, Licata, Provo di Siracusa. L'Abbadessa qui è chiamata D. Maria a Jesu Salto.<br />
- 135-
Le monache che vi dimoravano o che avrebbero dimorato in futuro dovevano<br />
sottostare alla Regola e alla giurisdizione dell'Ordine Cistercense.<br />
Inoltre, tra le tante disposizioni elencate nel documento, l'Abbazia di<br />
Santo Spirito viene dichiarata filiale di Casamari 26.<br />
Da questa dichiarazione scaturiscono, come vedremo subito, tutti<br />
quei diritti e doveri che esercitò l'Abate di Casamari nei secoli successivi<br />
sul monastero e sui beni di Santo Spirito.<br />
Negli statuti dell'Ordine Cistercense era già prevista la visita<br />
regolare da parte del Padre Immediato e ciò per diritto di fondazione.<br />
Il documento del 1299, in conformità a tale disposizione, stabilisce:<br />
Vogliamo e concediamo) con questa nostra donazione, che nel monastero<br />
di Santo Spirito si faccia sempre la visita e vi sia la pia cura dell'Abate<br />
di Casamari o di qualche altro monaco dello stesso Ordine Cistercense,<br />
avente piena autorità dall'Abate di Casamari, al quale sottomettiamo<br />
il monastero di Santo Spirito di Agrigento e abbia la direzione delle<br />
anime di tutte le religiose dimoranti nel suddetto monastero l7.<br />
La storia non ci ha tramandato notizie circa l'interruzione di<br />
questi rapporti tra Casamari e la Badia Grande, è certo però, che fino<br />
al 1566 le relazioni furono costanti 28.<br />
Ricordiamo per es. che il 2 gennaio 1468 l'Abate di Casamari,<br />
Giacomo di Trivigliano, si trovava ad Agrigento in qualità di Generalis<br />
Vistator di Santo Spirito 29.<br />
In quella occasione l'abate concedeva al Vescovo di Agrigento,<br />
Domenico Xart, dell'ordine cistercense, libera e piena facoltà di costituire<br />
dei procuratori in giudizio per esaminare i testi dello stesso<br />
monastero. Permetteva, inoltre, in caso di morte dell'abbadessa, di presiedere<br />
all'elezione della nuova, riservandosi il diritto di conferma 30.<br />
26 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
27 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
28 Carta Visitationis di D. Giusto Biffolati ecc., (ved. nota 25).<br />
29 Rocco PIRRO, Sicilia Sacra, tomo I, noto Agrigent, 'Eccles., p. 741. CASSONIM.,<br />
Il Partenio di Santo Spirito ecc. in Riv. Storo Ben., n. 67, dicembre 1925, p. 269.<br />
DE PERSIIS 1., La Badia ò Trappa di Casamari, Roma, 1878, p. 155.<br />
30 Decreto dell'Abate di Casamari diretto al Vescovo di Agrigento: «Anno 1468,<br />
die 2 [an. La indict. Ego Iacobus de Tribiliano, Abbas Monasterii Casaemaris <strong>Cistercensi</strong>s<br />
Ordinis Yerulan. Dioeces, ac Generalis Visitator monasterii S. Spiritus de Agrigenti, Summi<br />
Pontificis dispositione ad regimen monasterii Casemaris deputatus, Dominica Agrigentino<br />
Episcopo et Antonio Romeo, cioi agrigentino liberam et plenam facultatem concedo<br />
ut possit procuratores constituere in iudicio ad examinadum testes eiusdem monasterii,<br />
et praesertim S. Mariae de Sambuco! eidem praesuli permitto quod si abbatissa dicti monasterii<br />
obiret, in electione, quam moniales [aceret, locum suum obtineat, dummodo electam<br />
in abbatissam, pro confirmatione, ad me accederet. Datum Agrigenti ut supra ». Questo<br />
decreto è riportato per intero dal Cassoni: Il Partenio di Santo Spirito ecc., in Riv. Storo<br />
- 136-
Un secolo dopo, nel 1566, D. Giusto Biffolati, Priore di Casamari,<br />
lo troviamo ad Agrigento come Visitatore dell'Abbatia Magna Sancti<br />
Spiritus 31.<br />
Il cronista, Colombano Longòria 32, asserisce che Casamari continuò<br />
a dirigere e a visitare i monasteri dipendenti per circa un secolo<br />
dopo la morte del Priore D. Giusto Biffolati che sarebbe avvenuta<br />
verso il 1598. Questa notizia ci induce a credere che i rapporti tra<br />
Casamari e Santo Spirito si dovettero protrarre fino a verso Ia fine<br />
del 1600.<br />
In seguito non si ha più memoria di questa dipendenza, appunto<br />
per mancanza di documentazione.<br />
Per le diverse vicende politiche, la comunità cistercense di<br />
Agrigento rimase abbandonata a se stessa, per cui automaticamente<br />
passava sotto la giurisdizione diretta dell'ordinario del luogo che la<br />
esercita anche ai nostri giorni. In Sicilia Sacra del Pirro 33, stampata<br />
nel 1733, si legge: «Subiiciebatur initio (monosterium magnum Ord.<br />
Cisto in sede Sancii Spiritus) Abbati. Generali Coenobi Casamarii ... ».<br />
Da questa espressione si deduce con evidenza che in quel tempo l'abate<br />
di Casamari non esercitava più alcuna ingerenza neI Partenio di<br />
Santo Spirito.<br />
Nonostante tutto, in quell'epoca la comunità era molto fiorente e<br />
contava 50 monache 34.<br />
Verso la fine del secolo il numero delle monache scese a 15 35<br />
31 D. GIUSTO BIFFOLATI, Carta Visitationis... (ved. nota 25). Per ulteriori notizie<br />
sul Biffolati, già Priore di Casamari e poi Abate di Corazzo, cfr. BORRETTIMARIO,<br />
31 D. GIUSTO BIFFOLATI,Carta Visitationis, ms. p. 133t• (ved. nota 25). Per ulteriori<br />
notizie sul Biffolati, già Priore di Casamari e poi Abate di Corazzo, cfr. BORRETTIMARIO,<br />
L'Abbazia Cistercense di Santa Maria di Corazzo, in « Calabria Nobilissima », anno 1960-62,<br />
nn. 39, 44. MARCHESEGIUSEPPE, LA Badia di Sambucina, Lecce, 1932, pp. 194 e 226.<br />
32 LONGÒRIACoLOMBANO,Cronaca di Casamari dal 1005 al 1714, ms. in Arch. di<br />
Casamari, p. 51. CASSONIMAURO,Cronotassi dei Prepositi o Priori di Casamari, in Rivista<br />
Storica Benedettina, anno VI, fase. 22, aprile-giugno 1911.<br />
33 Rocco PIRRO, Sicilia Sacra, disquisitionibus et notitiis illustrata. Editio III emendata<br />
et continuatione aucta et studio Antonii Mongitore, accessere additiones et notitiae<br />
abbatiarum O. S. Benedicti, Cisterciensium et aliae quac desiderabantur, auctore Victorio<br />
Maria Amico, volI. 2 Panormi 1733, Tomo I, p. 733.<br />
34 Rocco PIRRO, Sicilia Sacra ecc. (ved. nota 33) in cui si legge: «Hanc D. Bernardi<br />
disciplinam moniales amplexas esse crediderim quod Agrigenti in antiquo S. Nicolai tempio,<br />
atque non longe in aede S. M. de Palasio Adriano monachi buius instituti subiecti<br />
monasterio Casamario degebant. Hic stillae sanguinis lnnocentium in ampulla. Moniales<br />
50 cum une. 785.18 », CASSONIMAURO,Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia,<br />
in Rivista Storica Benedettina, n. 67, dicembre 1925, p. 272, nota 1.<br />
3S Gaillemin Synphorianus, Status Generalis Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum<br />
... Ord. Cist., anno 1894, Lerinae, 1894, p. 54. CASSONI M., Il Partenio di Santo<br />
Spirito ecc., in Riv. Storo Ben., n. 67, dicembre 1925, p. 272, nota 2. Il Cassoni nel riportare<br />
i dati statistici incorre in qualche errore.<br />
- ·137 -
e nell'anno 1916 le file si assottigliarono ancora riducendosi appena<br />
a quattro religiose 36.<br />
Nella seconda metà del secolo scorso, in forza delle leggi eversive<br />
del 7 luglio 1886, l'abbazia veniva soppressa, ma si permetteva alla comunità<br />
monastica di potervi dimorare. Il complesso monumentale con<br />
l'orto attiguo passava all'Amministrazione del Fondo per il Culto, che<br />
a sua volta, lo cedeva al Comune di Agrigento in data 15 settembre<br />
1916 37 •<br />
In questo strumento di cessione i beni rustici che il monastero<br />
possedeva un tempo, non vengono menzionati, molto probabilmente<br />
passarono ad altri proprietari durante le epoche di decadenza.<br />
Il documento del 1916 dice testualmente che tutta l'abbazia veniva<br />
destinata: « ... ad opera di pubblica utilità e di beneficenza, obbligandosi<br />
(il Comune) per ragioni umanitarie di lasciare e mantenere in<br />
una parte comoda e sufficiente dello stesso monastero, vita loro natural<br />
durante, l'uso di abitazione alle superstiti religiose, ora ridotte al<br />
numero di quattro, evitando in tal modo il loro concentramento in<br />
altro monastero ... » 38.<br />
Con Rescritto della S. Congregazione dei Religiosi del 6 dicembre<br />
1927 fu abolita la clausura papale per cui le monache emettevano<br />
solamente voti semplici 39. La clausura fu ripristinata nel gennaio del<br />
1964. L'Abbadessa viene eletta per tre anni.<br />
Dopo quasi tre secoli di vita monastica, avulsa dall'Ordine<br />
Cistercense, la Badia Grande riprende i primi contatti attraverso la<br />
Generalizia nell'anno 1952. I principali promotori di tale iniziativa<br />
furono: S. Ecc. Mons. Guido Luigi Bentivoglo, Arcivescovo di Catania,<br />
il Rev.mo P. Matteo Quatember, Abate Generale dell'Ordne Cistercense<br />
e il P. Alberico Paoletti, Priore di San Bernardo alle Terme.<br />
Quest'ultimo come relatore circa le monache cistercensi, nel Capitolo<br />
Generale dell'ordine tenuto nel 1953, faceva presente, tra l'altro, che<br />
durante una sua visita fatta nel dicembre del 1952 nel monastero di<br />
36 Archivio di Santo Spirito di Agrigento, Strumento di cessione dall'amministrazione<br />
del Fondo per il Culto al Comune di Agrigento, rogato dal notaio Oreste Sciascia il 15<br />
settembre 1916, n. 48 d'ordine e n. 936 del Repertorio. Tale strumento riporta i nomi<br />
delle quattro monache superstiti: Gennardi Giuseppa, Abbadessa, Alfonsa Tulumello,<br />
Carmela Dispensa, Agata Deluca.<br />
37 Arch. di Santo Spirito, Strumento di cessione del 1916 (ved. nota 36).<br />
38 Arch. di Santo Spirito, Strumento di cessione del 1916 (ved. nota 36).<br />
39 Catalogus Generalis Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum et personarum religiosarum<br />
utriusque sexus S. Ord. Cist., Roma, 1954, p. 424, vedo anche l'edizione del<br />
1964, p. 155.<br />
- 138-
Agrigento aveva constatato che le religiose desideravano, e difatti<br />
chiedevano, la protezione dell'Ordine 40.<br />
In seguito si decise di far venire dal monastero di Santa Caterina<br />
di San Severino Marche (Macerata) tre religiose che dessero un nuovo<br />
impulso alla piccola comunità. Tutto fu concluso regolarmente, e<br />
fatte le dovute pratiche presso la Santa Sede, furono mandate in<br />
Sicilia: Sr. M. Aleide Romagnoli, in qualità di Abbadessa, Sr. M.<br />
Mafalda Pascucci, come Maestra delle novizie e Sr. Matilde Cannillo<br />
come Priora.<br />
Attualmente La Badia di Santo Spirito, pur rimanendo sotto la<br />
giurisdizione del Vescovo di Agrigento, è quodammodo aggregata<br />
all'Ordine Cistercense e fa parte della Federazione dei monasteri in<br />
Italia.<br />
Nonostante le alterne vicende, la vita monastica in questa abbazia<br />
sembra che si sia conservata ininterrotta attraverso i secoli, dalla fondazione<br />
fino a oggi.<br />
4. IL SISTEMA ECONO~IICO DI SANTO SPIRITO NEL ME-<br />
DIOEVO<br />
Dal documento del 1299, più volte citato, si rileva con chiarezza<br />
che l'economia del monastero di Santo Spirito nel secolo XIII era<br />
basata sul sistema curtense, e cioè: Il proprietario, nel caso nostro il<br />
monastero, faceva lavorare le sue terre dai dipendenti, i quali dovevano<br />
corrispondere all'abbazia un censo annuo in natura, proporzionato alla<br />
produzione 41.<br />
I servi e i massari abitavano sulla terra loro affidata, sotto la pro-<br />
~ Acta Capitali Generalis extraordinarii S. Ord. Cist., die 7 maii et sequentibus,<br />
anni 1933, Romae in Domo Generali Ordinis celebrati. Nella sessione V del 9 maggio,<br />
p. 23, il Relatore P. Alberico Paoletti dice: «Mense decembri anni elapsi rejerens visitauit<br />
Asceterium nostrum Agrigenti in Sicilia, quod Ordinarius loci supprimere intendebat,<br />
Moniales illae pristinum statum, saltem clausuram minorem et vota solemnia redintegrare<br />
desiderane et protetionem Ordinis enixe petunt ».<br />
41 Il sistema curtense dell'Abbazia di Casamari, alla quale Santo Spirito era immediatamente<br />
soggetto si rileva dal Cartarium Casaemarii, Cronicon, p. 1, in cui si afferma che<br />
l'ab. Giovanni (1046-1066) « acquisiuit rusticos ad seruitia [acienda ». Infine dell'ab. Agostino<br />
si legge: « acquisiuit rusticos plures ad seroitium ecclesiae [aciendum, quibus dedit<br />
casas, terras, oineas, hortos, canapinas, cibaria: quos prius iuxta monasterium fecit habitare<br />
». DE BENEDETTI LUIGI, Vita economica nell'Abbazia di Casamari, dalle origini al<br />
sec. XIX, in Rivista Economica della Provincia di Frosinone, nn. 12, 13, 14, 15, dicembre<br />
1951-marzo 1952. Cfr. DoREN, Storia economica dell'Italia nel medioevo, traduz. Luz'<br />
zato, Padova, 1934.<br />
- 139-
tezione di un'arnmnistrazione ben consolidata. Una prova dell'esistenza<br />
di tali vassalli, alle dipendenze del Procuratore di Santo Spirito, la<br />
troviamo nell'atto di dotazione da parte della benefattrice Marchisia<br />
Prefoglio, la 'quale, dopo aver elencato le terre, le case, i casaleni, i<br />
molini, le concerie ecc. in favore del monastero, assegna anche dei<br />
servi saraceni e serve. Il documento ci ha tramandato anche alcuni<br />
nomi di essi: Maruhae, Barca: Baractel, Iunsuis e una serva che si<br />
chiamava Palomba 42.<br />
L'insieme di questa servitù sparsa nelle case situate sui diversi<br />
poderi e nelle masserie o raggruppata fino a formare dei veri e<br />
propri villaggi, era adibita nelle varie aziende che facevano capo<br />
all'abbazia. Le case consegnate ai servi assicuravano a numerose famiglie<br />
un dignitoso rifugio.<br />
Un esempio tipico di tali villaggi si riscontra nel pressi dell'Abbazia<br />
di Santo Spirito, alle dirette dipendenze del monastero. La donatrice<br />
tra gli altri beni, cede alle monache di Agrigento 108 case situate non<br />
lontane dal monastero, abitate da vassalli che pagavano un censo annuo<br />
al procuratore dell' abbazia 43.<br />
Questa gente che finora aveva servito la famiglia Chiaramonte,<br />
cui apparteneva la donatrice, in seguito passava al servizio della Badia<br />
di Agrigento.<br />
Oggi può fare meraviglia, date le nostre idee moderne di libertà<br />
e di democrazia, constatare che l'ordine monastico abbia accettato<br />
la servitù, cosi contraria allo spirito del Vangelo. .<br />
D'altra parte, durante il periodo feudale, il monachesimo si è<br />
trovato dinanzi ad un ordine sociale già costituito. È un fatto però che in<br />
alcune regioni la servitù fu resa più mite e talora gradatamente abolita,<br />
proprio dagli ordini monastici.<br />
Senza dubbio, in quei secoli le abbazie furono coinvolte nel sistema<br />
feudale e pur riuscendo ad addolcire le condizioni dei servi,<br />
non era certo il loro potere modificare in maniera essenziale gli ordinamenti<br />
sociali.<br />
Oltre alle terre, alle case e ai villaggi, la Badia Grande possedeva<br />
anche un patrimonio zootecnico abbastanza considerevole. Citiamo solo<br />
qualche cifra, certamente incompleta, ma sufficiente, per dimostrare<br />
la consistenza raggiunta nel 1299, a pochi anni dalla sua fondazione:<br />
42 Strumento originale di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
43 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8) nel quale si legge: « Item<br />
censum percipiendum ex oiginti octo domibus sitis et positis citra quoque monasterii Sancti<br />
Spiritus ... ».<br />
- ·140 -
«24 buoi di diverso pelo} 5 giumenti di diverso pelo} 200 scrofe}<br />
628 pecore di ambi i sessi» 44. Complessivamente 857 capi di bestiame.<br />
Tenendo presente che questi dati pervenuti fino a noi sono senz'altro<br />
incompleti, possiamo congettuare che l'ammontare complessivo doveva<br />
aggirarsi almeno sui mille capi.<br />
Nel settore delle industrie il monastero agrigentino era all'avanguardia.<br />
Lasciando da parte le attività a livello artigianale svolte<br />
dalle monache nell'ambito claustrale, mettiamo in risalto quelle che<br />
si svolgevano al di fuori della cerchia monastica e perciò a carattere<br />
sociale.<br />
Per la lavorazione del cuoio e delle pelli, il monastero possedeva<br />
una conceria situata tra le mura della città, sotto la porta della Platea:<br />
Per la moli tura delle olive e la macina tura del grano e degli altri cereali,<br />
l'abbazia aveva alcuni molini centimolum, uno dei quali si trovava<br />
nella stessa città di Agrigento, presso «i tenimenti di Federico<br />
Chiaramonte, di Bartolomeo di Montaperto e di Dolce Amore di Caltanisetta<br />
», mentre un altro era situato nel complesso degli edifici<br />
monastici di Santo Spirto.<br />
Infine, nel Borgo San Michele, ubicato fin da allora tra le mura<br />
della città, il monastero possedeva un'apoteca o fondaco, adibito a<br />
magazzino per il deposito del raccolto.<br />
Naturalmente non mancavano i beni terrieri che in quei tempi<br />
costituivano per tutti la fonte, quasi esclusiva, dell'economia locale.<br />
Un elenco dei vari appezzamenti rustici e delle case urbane ed<br />
extraurbane potrebbe sembrare superfluo, ma si presenta interessante<br />
almeno dal punto di vista della toponomastica di Agrigento.<br />
La Badia di Santo Spirito, dunque, verso la fine del secolo XIII<br />
possedeva:<br />
1. Un Casale che si chiamava Collaioragium situato nel territorio di<br />
Agrigento in contrada Fabaria.<br />
2. Un possesso di terre lavorative sito nello stesso territorio, in<br />
contrada PIaneta e confinante con le terre di Santa Maria dei<br />
Teutoni.<br />
3. Una vigna situata nello stesso territorio in contrada Minacha.<br />
4. Un pezzo di terra situato nello stesso territorio in contrada Minage<br />
confinante con le terre delle monache di Santa Maria de Mossa e<br />
con un tenimento della chiesa maggiore di Agrigento.<br />
44 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
- 141 -
5. Una casa situata nella città in ruge de Buyano presso le mura della<br />
città.<br />
6 .. Due case collaterali situate presso le mura dela città nel Borgo San<br />
Francesco, in contrada de tribus lapidibus.<br />
7. Un pezzetto di terreno libero posto in città verso la Porta del<br />
bagno nel Borgo San Michele.<br />
8. Un piccolo villaggio di 108 case ubicate al di qua del monastero<br />
di Santo Spirito 45.<br />
Come in tante altre abbazie d'Europa, anche in quella di Agrigento,<br />
l'asse patrimoniale, come abbiamo visto, si presenta frazionato<br />
e con beni distanti l'uno dall'altro.<br />
In una età ad economia naturale e a consumazione dei prodotti<br />
sul posto, si imponeva la distribuzione a coloni, impegnati a corrispondere<br />
al cenobio o prestazioni determinate dall'uso o canoni in<br />
natura o in denaro.<br />
Nell'atto di dotazione viene stabilito che tutti i beni elencati non<br />
dovranno essere alienati) ma dovranno usarsi esclusivamente come<br />
sostentamento delle monache di Santo Spirito.<br />
Da notare che, nonostante la donazione, la Benefattrice si riservava<br />
l'usufrutto, vita natural durante, di tutti i beni ceduti al monastero e<br />
come procuratore, nominava suo figlio, Manfredi di Chiaramonte.<br />
Dietro invito della Donatrice, l'Abate di Casamari, Giovanni Bove,<br />
procede alla designazione di un suo rappresentante per la presa di possesso<br />
dei beni. A questo ufficio venne incaricato il monaco di Casamari,<br />
Taddeo di Aversa, come risulta dallo strumento pubblico redatto<br />
il 28 settembre 1298 dal notaio Tommaso de Sillato, nello stesso<br />
cenobio di Casamari, davanti all'edificio dell'infermeria 46, Il monaco<br />
Taddeo, ricevuto il mandato di Commissario e di Procuratore Generale<br />
di tutti i beni di Casarnari in Sicilia, giunse ad Agrigento insieme a<br />
Roberto, abate di Santo Spirito di Palermo. La donazione di Marchisia<br />
Prefoglio veniva firmata il 27 agosto 1299 47 •<br />
Con questo atto pubblico l'Abbazia di Casamari entrava in pos-<br />
45 Tutti i beni descritti o elencati sono stati desunti dallo strumento di dotazione del<br />
1299 (ved. nota 8).<br />
46 Lo strumento rogato da Tommaso de Sillaro il 28 settembre 1298 non è pervenuto<br />
fino a noi, ma è riportato in. sintesi dal notaio Pietro de Vanesia nello strumento di Dotazione<br />
del 1299.<br />
47 Strumento di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />
- 142-
sesso dei beni ceduti in favore delle monache di Santo Sprito di<br />
Agrigento, dalla famiglia Charamontana.<br />
In merito agli sviluppi successivi nel settore economico non possiamo<br />
riferire altro. La storia del Partenio, per mancanza di documenti,<br />
è costellata di incertezze e di lacune. Solo compulsando gli archivi della<br />
Sicilia, si potrà fare più luce sul passato di questo cenobio.<br />
5. PROGRAMMA DI VITA MONASTICA: ORA ET LABORA<br />
Il Partenio di Agrigento, come nei secoli passati, così oggi, è un<br />
centro di intensa vita spirituale.<br />
La giornata delle monache cistercensi trascorre tra la preghiera e<br />
il lavoro, nell'osservanza fedele della Regola di San Benedetto e<br />
degli Statuti dell'Ordine.<br />
La liturgia curata con amore e l'ufficio divino cantato con le<br />
melodie del gregoriano, hanno un posto preminente nella vita delle<br />
<strong>Cistercensi</strong> di Santo Spirito.<br />
Da un documento molto importante del 1400, ritrovato e consultato<br />
dal Beccaria nell'Archivio di Stato di Palermo risulta che<br />
il Partenio fu un centro di cultura molto apprezzato in quel tempo.<br />
Vi si impartiva l'insegnamento di lettura e di abbaco per le figliole<br />
di gentili Homini et personi di abeni. Non solo le educande provenivano<br />
da famiglie benestanti del posto, ma a quanto sembra anche<br />
le vocazioni erano scelte di preferenza dalla nobiltà.<br />
Già al tempo della fondazione la nobildonna Marchisia Prefoglio,<br />
nell'atto di dotazione esprimeva il desiderio di potervi abitare. Nei<br />
secoli successivi si cerca di conservare tale indirizzo, come risulta da una<br />
lettera del 1410 rintracciata dallo studioso agrigentino Alessandro<br />
Giuliano Alajmo, dalla quale si rileva che una superiora dell'Ordine<br />
lamenta presso l'abbadessa che non tutte le monache sono patrizie e<br />
l'ammonisce a ricevere, da allora in poi, esclusivamente novizie di origine<br />
aristocratica.<br />
Le vicende di questo cenobio attraverso i secoli sono legate alle<br />
figure di molte abbadesse e di monache provenienti da casati illustri.<br />
Non mancano le leggende di principesse che avrebbero preso l'abito<br />
religioso o di nobildonne che si sarebbero ritirate nella solitudine e<br />
nel raccoglimento del Partenio cistercense.<br />
Nei secoli passati il monastero possedeva diverse proprietà in<br />
varie zone della città di Agrigento: case, orti, molini, giardini, ecc.<br />
- 143-
dove lavoravano anche gli schiavi venu ti dalle coste del nord Africa<br />
con le galere dei trafficanti o dei signorotti. Alcune schiave erano<br />
addette a lavori domestici all'interno della Badia e seguivano le monache<br />
nelle loro attività.<br />
Nei ricordi popolari ancora oggi sopravvivono storie antiche avvolte<br />
in un alone leggendario. Gli schiavi provenienti dall'altra sponda,<br />
naturalmente portavano con se usi e costumi che si sono conservati<br />
nei secoli. Fra i tanti, ricordiamo l'uso di preparare il famoso kuscus<br />
che era uno dei pasti preferito dagli schiavi. Con il tempo il kuscus<br />
è diventato un dolce di colore grigio-verde, contenente diversi ingredienti,<br />
debitamente confezionato: grano tenero, pistacchio, mandorle,<br />
zucchero, cioccolata, cannella, frutta, ecc. da cui si ottiene una specie<br />
di torta assai squisita.<br />
Altre specalità dolciarie delle <strong>Cistercensi</strong> di Agrigento sono: il<br />
dolce Napoli) Paste Nuove) Pasticciotti, Bocconcini di Dama) Agnello<br />
Pasquale) quest'ultimo preparato con pasta reale.<br />
Nessuno conosce i segreti delle ricette.<br />
La produzione dolciaria della Badia Grande non solo è conosciuta<br />
in provincia, ma viene esportata anche nel nord Italia: Milano, Venezia,<br />
Roma.<br />
In questi ultimi decenni furono prese varie iniziative, alcune<br />
delle quali sono state perfezionate, altre modificate, secondo le esigenze<br />
e le circostanze.<br />
Nei locali del monastero. situato nel cuore della città, le monache<br />
svolgono attività apostoliche, sostengono opere assistenziali, impartiscono<br />
l'istruzione ai fanciulli. Per le persone anziane le suore offrono<br />
una Casa di Riposo confortevole, agli orfani un rifugio e alle giovani<br />
studentesse un pensionato che in seguito si trasforma in semplice<br />
pensione con stanze ammobiliate decorosamente.<br />
Numerose allieve vengono preparate ai lavori di sartoria e di<br />
maglieria. L'arte del ricamo è stata tenuta sempre in onore dalle <strong>Cistercensi</strong><br />
di Agrigento e da quelle dell'Abbazia di Santa Maria del Soccorso<br />
(Licata), celebre nel secolo scorso per gli uccelli imbalsamati e per i<br />
fiori artificiali 48.<br />
L'attuale Abbadessa, Sr. Aleide Romagnoli, con tenacia e pazienza,<br />
sull'esempio delle altre badesse che l'hanno preceduta, continua le<br />
nobili tradizioni del cenobio.<br />
48 Gaillemin Synphorianus, Status Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum ecc., Brigantii,<br />
1891, pp. 65-66 e l'edizione del 1894, p. 104.<br />
- 144-
Per una definitiva sistemazione del monastero, molto resta ancora<br />
da fare, ma la Badia Grande che è riuscita a sopravvivere dopo tanti<br />
secoli con alterne vicende, saprà superare anche le difficoltà dei secoli<br />
futuri.<br />
- 145-
CRONACA<br />
CERTOSA DI FIRENZE<br />
1. INCONTRI GIOVANILI 1974<br />
Tra le attività culturali del Centro d'Incontro della Certosa di Firenze,<br />
promosse dall'Associazione «Amici della Certosa» e dai monaci<br />
cistercensi, ha avuto inizio quest'anno una serie di conversazioni dedicate<br />
a diversi aspetti della civiltà di Firenze e della Toscana.<br />
Le finalità del Centro convergono nella promozione di studi e<br />
ricerche nei settori delle scienze storiche, delle arti, della letteratura,<br />
dell'economia, della sociologia e del pensiero teologico e filosofico, con<br />
particolare riferimento all'apporto che la cultura di Firenze. nelle sue<br />
manifestazioni più alte ed universali, ha dato e continua a dare alla<br />
civiltà contemporanea. In conformità agli scopi istituzionali del Centro<br />
questo primo ciclo di Incontri Giovanili si è aperto con una serie di<br />
conversazioni sulla ARCHEOLOGIA IN TOSCANA.<br />
Successivamente sono stati esaminati, a parziale anticipazione del<br />
secondo ciclo che si terrà presumibilmente questo inverno, anche<br />
aspetti delle Arti figurative in Firenze nel Rinascimento. Questi incontri<br />
che si sono svolti dal 17 Aprile al 4 Giugno 1974, sono stati<br />
caratterizzati dagli interventi volontari di numerose personalità nel campo<br />
delle ricerche archeologiche ed artistiche.<br />
Altro fattore caratterizzante di questo ciclo è stato il discreto afflusso<br />
di partecipanti che ha raggiunto un massimo di 123 persone con una<br />
media per l'intero ciclo di 70 persone ad incontro. Mercoledì 17 aprile,<br />
serata inaugurale del ciclo, parlò il Soprintendente alle antichità d'Etruria<br />
Prof. Guglielmo Maetzke. Nella sua conversazione il prof. Maetzke<br />
analizzò tutti i problemi dell'archeologia in Italia dalla carenza di fondi<br />
alla inorganicità delle leggi, ai saccheggi clandestini, alle alterazioni indiscriminate<br />
del territorio, ai pericoli insiti nell'entusiasmo di quanti, pur<br />
animati da buone intenzioni, operano, senza alcuna preparazione, i cosiddetti<br />
« scavi domenicali ». Martedì 23 e 30 Aprile e martedì 7 Maggio<br />
ha parlato il dotto Curri ispettore onorario alle antichità dell'Etruria<br />
Settentrionale, abbracciando in una esposizione articolata ed esauriente,<br />
fitta di notizie inedite, tutto l'arco di storia e di civiltà verificatosi in<br />
Toscana dall'età del bronzo alla conquista Romana dell'Etruria.<br />
Questa storia degli Etruschi è stata volutamente inserita nel programma<br />
di incontri sperando che possa servire da base per ulteriori<br />
approfondimenti sulla materia specifica.<br />
Martedì 14 Maggio sono intervenuti i prof.ri Frankovich e Vannini<br />
- 146 -
dell'Università di Firenze e, gradita sorpresa, di nuovo il prof. Maetzke.<br />
Nel corso della loro esposizione i tre relatori hanno svelato il mondo<br />
recentemente scoperto, ed ancora poco apprezzato, della archeologia<br />
medievale che sta muovendo in Italia i primi, timidi passi in questi anni.<br />
Martedi 21 Maggio è stato nostro ospite il Prof. Schmiedt, uno dei pionieri<br />
europei della ricerca scientifica e soprattutto archeologica mediante l'ausilio<br />
della fotografia aerea.<br />
Nella sua esposizione del 21 Maggio, che doveva essere seguita da<br />
un'altra 1'11 Giugno a chiusura del ciclo, incontro non effettuato a<br />
causa di un grave incidente occorsogli, il prof. Schmiedt ha parlato dei<br />
nuovi orizzonti aperti alla scienza archeologica dalla ricerca fotografica<br />
aerea, o come amano chiamarla i Francesi, dalla archeologia aerea, addentrandosi<br />
in difficili questioni tecniche peraltro facilmente recepite dal<br />
pubblico presente data la brillantezza e la maestria con le quali il prof.<br />
Schmiedt faceva apparire ovvie le nozioni più ostiche. Martedì 28 Maggio<br />
è intervenuto un altro ospite di riguardo: l'architetto Morozzi ex-Soprintendente<br />
ai Monumenti, il quale ha parlato dei restauri da lui effettuati<br />
durante la sua lunga, eccezionale carriera a Firenze e nelle Pievi medievali<br />
del contado fiorentino soffermandosi in particolar modo su quella fantastica<br />
scoperta che è stata il ritrovamento della antica basilica di Santa<br />
Reparata sotto la cattedrale di Santa Maria del Fiore.<br />
Martedì 4 Giugno infine, ha parlato il prof. Tempestini del Kunsthistorisches<br />
Institut von Florenz, sulle cause e sulla dinamica della nascita<br />
dell'arte rinascimentale a Firenze.<br />
La sua esposizione è stata, per così dire, propedeutica al ciclo che<br />
speriamo di effettuare sul rinascimento.<br />
Questa prima iniziativa del Centro, pur fra carenze organizzati ve<br />
(del resto man mano attenuatesi) dovute a mancanza di esperienza, ha<br />
a nostro parere dimostrato una cosa importante: cioè che in tutta umiltà<br />
è possibile, senza porsi programmi ambiziosi, effettuare operazioni culturali<br />
di vasto respiro, che abbiano come unico obiettivo l'utilità per tutti.<br />
Una dimostrazione: nonostante annunci sul giornale e quelli letti<br />
alla radio, la sera dell'Il Giugno quando fummo costretti a chiudere<br />
anticipatamente il ciclo causa la indisponibilità del prof. Schmiedt, vennero<br />
ugualmente una ventina di persone ad informarsi sui nostri programmi<br />
futuri.<br />
Un'altra prova: un elenco di oltre 20 nominativi di persone disposte<br />
nel futuro a collaborare attivamente.<br />
Speriamo di avere la forza e la costanza di continuare.<br />
L'organizzazione degli Incontri giovanili<br />
- 147-
2. CONVEGNODI STUDI SU SAN BERNARDODI CHIARAVALLE<br />
Ricorrendo quest'anno l'ottavo centenario della canonizzazione<br />
di San Bernardo abate di Chiaravalle, il Centro d'Incontro della<br />
Certosa di Firenze, animato dai PP. <strong>Cistercensi</strong> e dal gruppo di laici<br />
detti «Amici della Certosa», ha creduto opportuno organizzare un<br />
convegno di studi.<br />
Dopo i primi contatti epistolari e telefonici, l'otto gennaio 1974,<br />
in una riunione svoltasi a Roma, presenti il Prof. Jean Leclercq, il<br />
Prof. Piero Zerbi, il Prof. Policarpo Zakar e il nostro P. Goffredo Viti,<br />
si concordò un programma di massima. Il giorno dopo a Firenze P.<br />
Policarpo e P. Goffredo chiesero ed ottennero al Prof. Claudio Leonardi<br />
la collaborazione alla organizzazione del Convegno e il Prof.<br />
Leonardi fu designato segretario del Convegno.<br />
Successivamente con una circolare si presero contatti coi professori<br />
che potevano essere interessati alle relazioni e alla fine di maggio,<br />
grazie all'adesione degli illustri professori, fu definitivamente fissato il<br />
programma, come segue.<br />
Il convegno durerà tre giorni, dal 6 al 9 novembre 1974 e si<br />
celebrerà alla Certosa di Firenze.<br />
Programma del Convegno:<br />
MERCOLEDÌ 6 NOVEMBRE:<br />
Ore 16,00 - 17,00 Prolusione - SIGHARDKLEINER- Abate Generale<br />
dei <strong>Cistercensi</strong><br />
Ore 17,00 - 18,00 Il culto di San Bernardo - Prof. ADRIAANBREDERO<br />
dell'Istituto Teologico di Tilburg<br />
Ore 18,00 - 19,00 Discussione<br />
Ore 19,00 - 19,30 (Comunicazione) L'edizione italiana delle opere di<br />
San Bernardo - Prof. FERRUCCIOGASTALDELLIdel<br />
Pontificio Ateneo Salesiano<br />
GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE:<br />
Ore 9,00 - 10,00 San Bernardo e il Concilio di Sens - Prof. PIERO<br />
ZERBIdell'Università Cattolica di Milano<br />
Ore 10,00 - Il,00 San Bernardo e Gilberto di Poitiers - Prof. NIKO-<br />
I~AUSHARINGdel Pontifical Institute of Medievai<br />
Studies di Toronto<br />
- 148-
Ore Il,00 - 12,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />
Ore 16,00 - 17,00 Cluny, Citeaux, La Chartreuse: San Bernardo<br />
di fronte alle varie esperienze monastiche del XII<br />
secolo - Prof. GILES CONSTABLE dell'Università di<br />
Harvard<br />
Ore 17,00 - 18,00 San Bernardo e l'elezione di York - Prof. DEREK<br />
BAKER dell'Università di Edimburgo<br />
Ore 18,00 - 19,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />
VENERDÌ 8 NOVEMBRE:<br />
Ore 9,00 - 10,00 San Bernardo e il « Transitus » dei monaci - Prof.<br />
GIORGIO PICAS so dell'Università Cattolica di Milano<br />
Ore 10,00 - Il,00 La conoscenza di Dio secondo San Bernardo -<br />
Prof. DENIS FARKASFALVY dell'Università di Dallas<br />
Ore Il,00 - 12,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />
Ore 16,00 - 17,00 Psicologia e santità in San Bernardo - Prof.<br />
JEAN LECLERCQ dell'Università Gregoriana<br />
Ore 17,00 - 18,00 San Bernardo e la religiosità popolare - Prof.<br />
RAOUL MANSELLI dell'Università di Roma<br />
Ore 18,00 - 19,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />
SABATO 9 NOVEMBRE:<br />
Ore 9,00 - 10,00 San Bernardo scrittore - Prof. ETTORE PARATORE<br />
dell'Università di Roma<br />
Ore 10,00 - II,00 Aspetti artistici e storici delle abbazie fondate<br />
da San Bernardo tn Italia - Prof.ssa ANGIOLA<br />
MARIA ROMANINI dell'Università di Roma<br />
Ore II,00 - 12,00 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />
Ore 12,00 - 13,00 Conclusione - Prof. POLICARPO ZAKAR del Pontificio<br />
Ateneo di Sant'Anselmo<br />
PS. Chi intendesse presentare delle comunicazioni è pregato di inviare<br />
tempestivamente alla Segreteria il titolo e il testo della medesima.<br />
NB. Gli organizzatori si riservano eventuali modifiche al presente<br />
programma solo per casi di forza maggiore.<br />
- 149-
ABBAZIA DI PIONA<br />
13-14 LUGLIO: CELEBRAZIONE DI SAN BENEDETTO<br />
PATRONO D'EUROPA E DI SAN BERNARDO, IN OCCASIONE<br />
DELL'VIII CENTENARIO DELLA CANONIZZAZIONE<br />
L'anno scorso all'Abbazia di Piona il 14 e 15 luglio fu introdotta<br />
la celebrazione della festa di San Benedetto Patrono d'Europa, in occasione<br />
dell'inaugurazione di un confortevole complesso ad uso foresteria,<br />
denominata «Oasi di San Benedetto », aperta anche ai laici per<br />
una parentesi distensiva e spiritualmente corroborante, come pure per<br />
ritiri ed esercizi spirituali propriamente detti, nonché per incontri e<br />
convegni a scopo pastorale.<br />
A distanza di un anno 1'« Oasi di San Benedetto» ha accolto oltre<br />
2000 presenze. Ciò dimostra l'opportunità di tale iniziativa e la<br />
sete con cui l'uomo moderno va in cerca di un momento di sosta, di riflessione,<br />
di introspezione.<br />
Anche quest'anno e precisamente il 13 e il 14 luglio si sono svolte<br />
delle celebrazioni organizzate dai monaci di Piona, dalla « Pro Loco » di<br />
Colico, con a capo il suo dinamico presidente, Giuseppe Franconi con la<br />
collaborazione dell'Ente Provinciale del Turismo di Como.<br />
Nell'ambito di queste celebrazioni è stata inserita anche la commemorazione<br />
di San Bernardo di Chiaravalle in occasione dell'VIII centenario<br />
della Canonizzazione.<br />
Alle ore 17 del 13 luglio solenne concelebrazione presieduta dall'abate<br />
di Chiaravalle di Milano, D. Giovanni Rosavini. Hanno concelebrato<br />
oltre il P. Abate Procuratore dell'Ordine Cistercense, P. Gregorio<br />
Battista, il Priore conventuale dell'Abbazia di Piona, P. Raffaele<br />
Scaccia, alcuni Padri di Piona, della Certosa di Pavia, di Firenze, e un<br />
parroco austriaco. Hanno partecipato alle funzioni numerosi fedeli e un<br />
gruppo di ragazzi austriaci, provenienti dalle vicinanze del monastero cistercense<br />
di Mehrerau, sul lago di Costanza. Nell'omelia il Rev.mo<br />
P. Abate Giovanni Rosavini si è soffermato ad illustrare il significato di<br />
San Benedetto, padre dell'Europa.<br />
Alle 21,30 c'è stato un concerto del complesso cameristico di Como<br />
con la partecipazione del tenore Carlo Menippo, del baritono Carlo Torreggiani<br />
e della soprano Maria Irene Varetto; l'orchestra è stata diretta<br />
dal maestro Riccardo Mulazzi. Il programma fu il seguente:<br />
- 150-
Introduzione<br />
P. ROMUALDOBIONDI(Cistercense) - Inno a San Bernardo (sopr. e coro).<br />
Prima Parte<br />
A. CORELLI(1653-1713) - Concerto grosso - op. VI - n. 2.<br />
G. BIZET (1838-1875) - Agnus Dei (tenore).<br />
IGNOTOFIAMMINGO(del XVI secolo) - Aria fiamminga (realizzazione di<br />
Renzo Bossi).<br />
C. GOUNOD(1818-1893) - Ave Maria (tenore).<br />
T. ALBINONI(1674-1745) - Sonata in la (grave-allegro-adagio-allegro).<br />
Seconda parte<br />
L. CHAILLY(vivente) - Toccata per archi.<br />
C. FRANK(1822-1890) - Panis angelicus (tenore).<br />
A. CORELLI(1653-1713) - Sarabanda e Giga.<br />
F. GIARDINI(1716-1796) - Rondò.<br />
N. PORPORA(1686-1768) - Gavotta<br />
W. A. MOZART(1756-1791) - Alleluia (soprano).<br />
Nell'intervallo tra la prima e seconda parte, S. Bernardo di Clairvaux<br />
(1090-1153), è stato commemorato dal Prof. Mons. Pietro Zerzi,<br />
Preside della Facoltà di Lettere dell'Università Cattolica « S. Cuore»<br />
di Milano. I cantori sono tutti della « Tampa » di Piacenza.<br />
Il 14 luglio alle ore 1O una solenne concelebrazione in onore di<br />
San Bernardo presieduta dall'Abate Procuratore Generale, P. Gregorio<br />
Battista con la partecipazione dei Padri di Piona e di Firenze. Nell'omelia<br />
il P. Abate Procuratore ha illustrato l'opera e la santià di Bernardo<br />
di Chiaravalle.<br />
ABBAZIA DI CASAMARI - lO Agosto<br />
Alle ore 17 del 10 agosto il nostro confratello P. Eugenio Romagnuolo,<br />
dopo aver terminato il corso di Sacra Teologia all'Angelicum<br />
- 151-
ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale dal Vescovo diocesano, nella basilica<br />
di Casamari.<br />
Il 17 agosto P. Eugenio ha cantato la prima Messa al paese natio,<br />
Cerignola (Foggia). Erano presenti alla funzione concelebrando 12confratelli<br />
sacerdoti provenienti da Casamari, Trisulti e Firenze e alcuni nostri<br />
studenti di filosofia.<br />
A P. Eugenio i più sinceri auguri di « Notizie <strong>Cistercensi</strong> », affinché<br />
il Signore gli conceda la forza necessaria per la sua missione sacerdotale<br />
e l'entusiasmo di questi giorni possa essere sempre vivo e operante<br />
in lui.<br />
- 152-
FLORILEGIO<br />
SAN BERNARDO, Apologia a Guglielmo, Abate di Saint Thierry<br />
RIMPROVERO CONTRO CHI GIUDICA E CALUNNIA IL TENO-<br />
RE DI VITA DEI CLUNIACENSI. vr.<br />
Ma - dicono - come osservan la Regola coloro che 'vestono<br />
pelliccie, si nutrono di carni e di grassi anche quando sono sani, ammettono<br />
tre o quattro cibi ogni giorno, contro la proibizione della<br />
Regola soe non fanno il lavoro manuale che la stessa Regola comanda 51<br />
e poi cambiano, aumentano, diminuiscono molte cose a loro piacere?<br />
Giusto. Queste cose non si possono negare. Ma guardate nella<br />
Regola di Dio, da cui certo non discordano le Regole di San Benedetto:<br />
vi si legge: «Il regno di Dio è dentro di voi» 52 cioè non nei vestiti<br />
o negli alimenti del corpo, ma nelle virtù dell'uomo interiore.<br />
Onde l'Apostolo scrive: «Il regno di Dio non è cibo o bevanda,<br />
ma giustizia, e pace e gioia nello Spirito Santo» 53 ed altrove. «il<br />
regno di Dio non consiste nelle parole, ma nella virtù» 54.<br />
Calunniate i fratelli circa le osservanze corporali, e lasciate la<br />
parte più importante della Regola, quella spirituale: colate il moscerino<br />
per trangugiare il cammello!<br />
Quale abuso! Si metta gran cura nel fare che il corpo sia vestito<br />
secondo le prescrizioni della Regola, e si lascia l'anima spoglia delle<br />
sue vesti, contro la Regola. Si procurano con tanto studio la tunica<br />
e la cocolla per il corpo, perché non si reputa monaco chi ne è sprovvisto:<br />
perché non si provvede ugualmente l'umiltà e la pietà, che sono<br />
gli indumenti dello spirito?<br />
Noi vestiti di tunica e superbi, aborriamo le pelliccie, quasi che<br />
non sia migliore l'umiltà ravvolta di pelliccie che la superbia rivestita di<br />
tunica; specialmente poi se consideriamo che Dio stesso ha fatto ai<br />
.so Reg. di San Benedetto cap. 39. È noto come questa regola impone quale norma generale<br />
l'astinenza perpetua dalle carni e dai cibi grassi. Le eccezioni riguardavano soltanto<br />
il caso di grave malattia. La consuetudine primitiva in uso a Cluny permetteva tutti i giorni<br />
l'uso del brodo di carne, ma solo come condimento dei legumi. Pietro il Venerabile,<br />
tra gli altri statuti di riforma, aveva ristretto anche questa consuetudine, proibendo anche<br />
i condimenti grassi tutti i venerdì dell'anno e tutti i giorni dell'Avvento, eccetto la prima<br />
domenica. (Mabillon).<br />
51 Regola cap. 48.<br />
52 Luca XVII, 21.<br />
53 Rom. XIV, 7.<br />
54 I Coro IV, 20.<br />
- 153-
primi uomini delle vesti di pelle 55 e Giovanni nel deserto si è cinto<br />
i fianchi con una cintura di pelle 56 e lo stesso istitutore delle tuniche<br />
non si vestì di tunica, nella sua solitudine, ma di pelli 57, Poi dopo<br />
esserci riempito il ventre di fave e la mente di superbia, condanniamo<br />
i cibi conditi di grasso! Quasi che non sia meglio usare un po'. di<br />
grasso nel cibo, che riempirsi di ventosi legumi fino a sazietà 58: specialmente<br />
quando si consideri che Esaù fu rimproverato non per aver<br />
mangiato carne, ma per le lenticchie S9 e Adamo fu condannato per<br />
aver mangiato un frutto, non della carne 60 come anche Gionata fu<br />
condannato a morte per aver mangiato del miele, non della carne 61<br />
mentre al contrario Elia poté mangiar carne senza alcun danno 62<br />
Abramo offri carne agli Angeli 63 e Dio stesso comandò che i sacrifici<br />
si facessero di carni 64,<br />
Ancora, è meglio usare un po' di vino a causa dell'infermità<br />
che riempirsi di molta acqua per avidità, poiché Paolo consigliò Timoteo<br />
a usare un po' di vino 65 e Gesù stesso ne bevve tanto da esser<br />
chiamato bevitore di vino 66, ne diede da bere agli apostoli, e col vino<br />
istituì il Sacramento del suo Sangue 67 mentre non permise che si bevesse<br />
acqua alle nozze di Cana 68 e castigò terribilmente il popolo<br />
che mormorava presso le acque di Maribà 69; Davide poi ebbe timore a<br />
bere l'acqua che aveva desiderato troppo 70 e gli uomini di Gedeone,<br />
che per avidità si eran gettati a bere nel fiume, non furono stimati<br />
degni di partecipare alla guerra 71,<br />
Perché poi vi gloriate del lavoro manuale, quando Marta che<br />
s'affaticava fu ripresa, e Maria che riposava fu lodata 72 e San Paolo<br />
.55 Gen. III, 21.<br />
56 Matt. III, 4.<br />
57 San Benedetto, che prescrisse per i suoi monaci la tunica, quando si ritirò sui<br />
monti di Subiaco, all'inizio della sua vita eremitica, si vestì di pelli (cfr. San Gregorio M.,<br />
i Dialoghi,!. II c. 1.0).<br />
58 «Usque ad rectum exsaturari... ».<br />
S9 Epist. agli Ebr. XII. 16; cfr. Gen. XXV, 27-34.<br />
60 Gen. III, 17.<br />
61 I Re XIV, 29.<br />
62 III Re XVII, 6.<br />
63 Gen. XVIII, 7.<br />
64 Esodo XXIX, 1.<br />
65 I Tim. V, 23.<br />
66 Matt. XI, 19.<br />
67 Matt. XXIV, 27.<br />
68 Giov. II, 8-9.<br />
69 Quando mormoravano contro Mosè per la mancanza di acqua nel deserto. Numeri,<br />
c. XX.<br />
70 II Re XXIII, 16.<br />
71 Giudici VII, 5-7.<br />
72 Luca X, 41.<br />
- 154-
dice esplicitamente: «Il lavoro del corpo vale poco, la pietà è utile<br />
a tu tto »? 73.<br />
Ottima cosa il lavoro, di cui dice il Profeta: «Ho faticato gemendo<br />
» 74 e di cui si legge altrove: «Mi sono ricordato di Dio e ne<br />
ho goduto, ed ho lavorato ». Ma perché intenda che non parla solo di<br />
lavoro corporale, subito dopo si legge: «ed il mio spirito venne<br />
meno» 75. Dove è lo spirito, non il corpo, che si stanca, si parla senza<br />
dubbio di opere spirituali.<br />
L'ESERCITAZIONE SPIRITUALE È PIÙ UTILE DI QUELLA<br />
CORPORALE. VIro<br />
E che? mi dirai. Tu lodi tanto l'operazione spirituale da condannare<br />
quella corporale che prescrive la Regola?<br />
No! Ma bisogna far l'una e non tralasciare l'altra. Se poi fosse<br />
necessario lasciare una delle due, è meglio omettere quella corporale<br />
che l'altra.<br />
Quanto è migliore lo spirito del corpo, tanto è più fruttuosa<br />
l'esercitazione spirituale che quella corporale. Tu, mentre ti insuperbisci<br />
perché fai quest'ultima e biasimi coloro che non la fanno, non<br />
ti dimostri forse più trasgressore della Regola, di cui osservi - sì -<br />
alcune minime prescrizioni, ma non fai le migliori, di cui dice<br />
l'Apostolo: «Aspirate ai doni migliori »? 76.<br />
Mentre sparli dei fratelli, perdi l'umiltà in ciò di cui ti vanti,<br />
e perdi la carità in ciò di cui lo critichi: e questi sono certo doni migliori<br />
Tu stanchi il tuo corpo con molte, troppe fatiche, e mortifichi le tue<br />
membra che sono sulla terra con le penitenze di regola. Ben fatto.<br />
Ma che dirai se colui che tu giudichi come se non lavorasse,<br />
avrà meno di quest'esercitazione corporale, che utile a 'poco, e avrà<br />
invece più di te di quella pietà che è utile a tutto?<br />
Chi di voi - domando .- osserva meglio la Regola? Non è forse<br />
colui che è migliore? E chi è migliore: chi è più umile o chi è più<br />
stanco? Non è forse migliore chi ha imparato dal Divin Maestro ad<br />
73 I Tim. IV, 8.<br />
74 Ps. 6, 7.<br />
75 Ps. 76, 4.<br />
76 I Coro XII, 31.<br />
- 155-
esser mite ed umile di cuore 77, ed ha scelto insieme a Maria la parte<br />
ottima che non gli verrà tolta in eterno? 78.<br />
Se poi tu pensi che la Regola si debba osservare alla lettera da<br />
tutti coloro che "l'hanno professata, da non ammetter nessuna dispensa,<br />
io dico che non l'hai osservata né tu né quell'altro.<br />
Perché sebbene egli la trasgredisca in molte cose riguardo alle<br />
prescrizioni corporali, è impossibile che anche tu non la trasgredisca<br />
almeno in un punto. E tu sai che chi manca in una cosa, manca in tutte.<br />
Se poi mi concedi che si possa, con una dispensa, cambiar qualche<br />
cosa, senza dubbio la osservate e tu, e quell'altro, benché in modo disuguale:<br />
tu più strettamente, l'altro forse più largamente.<br />
Non dico questo perché siano da trascurarsi le prescrizioni esteriori,<br />
o perché se uno non si esercita in esse, subito diventi spirituale, mentre<br />
al contrario la vita spirituale (sebbene più eccellente) si acquista a<br />
mala pena o non si acquista per nulla, se non si passa attraverso a queste<br />
cose materiali, come sta scritto: «Non c'è prima quello che è spirituale,<br />
ma ciò che è animale, e poi ciò che è spirituale» 79. Come<br />
Giacobbe non meritò i desiderati amplessi di Rachele se non dopo<br />
aver conosciuto Lia so.<br />
Perciò leggiamo ancora nel Salmo: «Intonate un salmo e suonate<br />
il timpano» 81 che è come dire: fate un'azione spirituale, ma cominciate<br />
con una materiale. La cosa migliore la fa colui che opera l'una e<br />
l'altra cosa in modo giusto e conveniente 82.<br />
La lettera, perché rimanesse lettera, bisognava finirla quando<br />
avevo, con la mia penna, abbastanza rimproverato i nostri (dei quali<br />
voi, Padre, vi siete lamentato che sparlavano del vostro Ordine) ed<br />
avevo anche purgato me stesso - per quanto lo potevo - da un<br />
simile falso sospetto.<br />
Ma poiché, mentre non risparmio i nostri, sembra ch'io sia troppo<br />
d'accordo con voi su alcuni punti, nei quali non è lecito esserlo,<br />
credo necessario aggiungere alcune cosette che conosco quanto vi<br />
77 Matt. XI, 29.<br />
78 Luca X, 42.<br />
79 I Coro XV, 46.<br />
IlO Secondo un simbolismo comune ai Padri, Lia rappresenta la vita attiva, Rachele la<br />
contemplativa.<br />
81 Salmo 80, 8.<br />
82 Considerando la grave moderazione del Santo, in pieno accordo con la dottrina e<br />
con la prassi della Chiesa riguardo ad altri punti di disciplina, che non dimentica mai la<br />
debolezza dell'uomo, anche di fronte agli obblighi solenni della professione religiosa, e<br />
che tiene conto più dello spirito interiore che dell'abito e del contegno esteriore, si comprenderà<br />
meglio la santa libertà e la rettitudine dell'autore nello stendere questo scritto.<br />
- 156-
dispiacciano, e non dubito debbano essere evitate da tutti i buoni, le<br />
quali miserie, benché si vedano succedere nell'Ordine, non voglio certo<br />
dire che siano proprie dell'Ordine.<br />
Nessun'Ordine può avere in sè cose disordinate: ciò che è disordinato<br />
non può essere ordine.<br />
Perciò non si deve pensare che io parli contro l'Ordine, ma<br />
piuttosto in suo favore, dal momento che non biasimo l'Ordine negli<br />
uomini, ma i vizi de'gli uomini.<br />
E non temo di recar dispiacere, in questa materia, a coloro che<br />
amano l'Ordine: anzi son sicuro che tornerà loro gradito il sentir<br />
biasimare ciò che anch'essi disapprovano. Se poi dispiace a qualcuno, si<br />
vede che costui non ama l'Ordine perché non vuoI condannare la<br />
corruzione, cioè gli abusi. A costoro rispondo con San Gregorio Magno:<br />
«è meglio susci tare uno scandalo che tacere la verità» 83.<br />
RIMPROVERO DEI VIZI DEI CLUNIACENSI NASCOSTI SOTTO<br />
IL NOME DI VIRTÙ. VII!".<br />
Si dice - e si può credere -- che quella vita si stata istituita<br />
da uomini santi e che essi, per poter salvare maggior numero di uomini,<br />
abbiano temperato il rigore della Regola fino a considerarli quasi come<br />
malati, ma non si può dire che abbiano distrutto la regola.<br />
Non crederò mai, però, che essi abbiano comandato o permesso<br />
tante cose vane e superflue, che si vedono in molti monasteri.<br />
Mi meraviglio come abbia potuto infiltrarsi tra monaci tanta internperanza<br />
nel cibo e nelle bevande, nei letti e nelle vesti, nelle cavalcature<br />
e nelle costruzioni, tanto che ove queste cose si fanno con maggior cura,<br />
con maggior sfarzo, con maggior spesa si dice che si osserva meglio<br />
la Regola, si crede che vi sia più spirito religioso. La povertà si crede<br />
avarizia, la sobrietà austerità, il silenzio tristezza.<br />
Al contrario la rilassatezza si dice discrezione, la prodigalità liberalità,<br />
la loquacità affabilità, la smoderata allegrezza giocondità, la mollezza<br />
delle vesti ed il fasto della cavalcatura si crede decenza, la superflua<br />
cura nei letti, pulizia. Quando poi usiamo l'uno o l'altro di questi<br />
riguardi si dice carità.<br />
Questa carità distrugge la carità, questa discrezione confonde la<br />
- 157-
discrezione. Una tale misericordia è piena di crudeltà, perché è così<br />
benevola verso il corpo da soffocare l'anima.<br />
Che carità è amar la carne e trascurare lo spirito? Quale discrezione<br />
è dar tutto al corpo e niente all'anima? Qual misericordia è nutrir<br />
la serva ed uccidere la padrona? Nessuno si illuda di ricevere, per una<br />
tale falsa misericordia, quella misericordia che il Vangelo promette<br />
ai misericordiosi, secondo le parole della Bocca della Verità: «Beati<br />
i misericordiosi perché troveranno misericordia» 84. Si aspetti piuttosto<br />
un castigo, quello, - per dir così - che ad uno di questi falsi<br />
misericordiosi impreca il santo Giobbe, più per profezia che per sentimento<br />
vero: «Non sia ricordato, ma venga disprezato come un<br />
albero infruttuoso» e subito aggiunge il motivo di una tale degna<br />
pena: «infatti ha nutrito la sterile e colei che non partorisce, e non<br />
ha beneficato la vedova» 85.<br />
V era e falsa carità<br />
È una misericordia disordinata e irragionevole vigilare per adempire<br />
i desideri della carne sterile ed infruttuosa, che secondo le parole<br />
del Signore, non giova a nulla 86, e, secondo l'Apostolo non possederà<br />
il regno di Di0 87 , trascurando d'altra parte il consiglio saluberrimo del<br />
sapiente circa la cura dell'anima, che dice: «Abbi pietà dell'anima<br />
tua col render ti grato a Dio» 88.<br />
È ottima misericordia l'aver pietà dell'anima tua, e non può meritar<br />
misericordia, dal momento che cerca di renderti grato a Dio.<br />
Altrimenti non è misericordia - come già ho detto - ma crudeltà,<br />
non carità ma iniquità, non discrezione, ma confusione, il nutrire la<br />
sterile che non partorisce, cioè il servire alle inutili concupiscenze della<br />
carne e non far alcun bene alla vedova, cioè non dar opera a coltivare<br />
le virtù per adornarne l'anima. Essa - sebbene per ora sia vedovata<br />
dello sposo celeste - non tralascia di concepire e di partorire, per<br />
opera dello Spirito Santo, dci sentimenti immortali, capaci, cioè, della<br />
celeste ed incorruttibile eredità, se c'è chi li coltiva con cura e con<br />
pietà.<br />
84 Matt. V, 7.<br />
85 Giob. XXIV, 20-2l.<br />
86 Giov. VI, 64.<br />
87 I Cor. XV, 56.<br />
88 Eccli. XXX, 24 ..<br />
- 158-
Per questo abuso ormai quasi dovunque simili cose si retengono<br />
per ordine, e si osservano quasi da tutti - benché in modo diverso -<br />
senza discussioni o riprensioni.<br />
Alcuni usano di tutte queste cose come se non ne usassero, e<br />
perciò senza alcuna offesa o con minima offesa alla Regola.<br />
Alcuni fanno questo per semplicità, altri per carità, altri per necessità.<br />
Difatti certuni tengono queste superfluità perché sono loro comandate,<br />
pronti ad agire altrimenti se altro venisse comandato. Altri lo<br />
fanno per non vivere in modo diverso da coloro coi quali abitano,<br />
seguendo in ciò non la propria sfrenatezza, ma l'altrui pace. Altri<br />
ancora poi perché non sono capaci a resistere alla moltitudine di quelli<br />
che loro contraddicono e che difendono queste osservanze credendo di<br />
difender l'ordine, ed ogni volta che gli altri cercan di restringere o<br />
di cambiare qualcosa secondo la ragione consiglia, subito vi si oppongono<br />
con tutta la loro autorità.<br />
PARAGONE FRA L'INTEMPERANZA DEI CLUNIACENSI E<br />
L'ASTINENZA DEGLI ANTICHI MONACI. IXO.<br />
Chi avrebbe creduto, agli inizi dell'Ordine monastico, che si<br />
sarebbe giunti a tanta rilassatezza di monaci? Oh! Quanto siamo<br />
distanti dai monaci dei tempi di Antonio! Costoro, visitandosi di<br />
tempo in tempo, per carità, ricevevano con tanta avidità - a vicenda<br />
il pane dello spirito, che - dimenticando totalmente il cibo corporale<br />
- passavano il giorno intero digiuni nel corpo, ma non nello spirito.<br />
Quello era un ordine giusto, perché prima si serviva alla parte più<br />
degna; quella era discrezione somma, perché riceveva di più la parte<br />
maggiore; quella era vera carità, perché con tanta sollecitudine si<br />
nutrivano le anime per amore delle quali Cristo morì.<br />
« Quando noi ci raduniamo - per usare le parole dell'Apostolo<br />
- non è già per mangiare la cena del Signore» 89. Non c'è nessuno<br />
che cerchi. il pane celeste, non c'è nessuno che lo distribuisca. Non<br />
si tratta delle Scritture o della salute delle anime, ma si lanciano al<br />
vento sciocchezze, e risa, e chiacchere.<br />
Mentre si mangia, tanto si riempie la bocca di cibo, quanto le<br />
89 I Coro XI, 20.<br />
- 159-
orecchie di chiasso, cosicché, stando intenti m questo SI dimentica la<br />
moderazione nel cibo.<br />
Intemperanza della mensa<br />
Intanto le pietanze si succedono alle pietanze e al posto delle<br />
sole carni di cui si astengono, si raddoppiano le grosse porzioni di pesce.<br />
Quando sei sazio dei primi assaggi i secondi, ti sembrerà di non<br />
aver ancora toccato i primi. Tutto è preparato con tanta cura, con<br />
tanta arte dai cuochi che, dopo aver divorato quattro o cinque piatti, i<br />
primi non impediscono gli ultimi e la sazietà non diminuisce l'appetito.<br />
Il palato, sempre sedotto da nuovi condimenti, a poco a poco<br />
dimentica i sapori conosciuti, e per mezzo di sughi peregrini gli<br />
vengono avidamente rinnovati i desideri. Il ventre senza saperlo si<br />
riempie, ma la varietà dei cibi non lascia sentire il fastidio.<br />
Ci stanchiamo dei cibi come la natura li ha creati, e li mescoliamo<br />
in molti modi gli uni agli altri; così si disprezzano i sapori naturali<br />
che Dio ha dato alle cose, e si va a provocar la gola con sapori artificiali;<br />
però si passa il limite della necessità e non si aumenta la misura<br />
del piacere.<br />
Chi potrebbe dire in quanti modi (per tacere d'altro) le sole uova<br />
si preparano e si lavorano, con quanto studio si rompono, si sbattono,<br />
si cuociono liquide, o solide, o rapprese e si servono ora fritte, ora<br />
bollite, ora nel sugo, ora miste ad altro, ora da sole? Perché tutto questo,<br />
se non per evitare il fastidio?<br />
Non basta, ma si cura anche l'apparenza esterna dei cibi, di modo<br />
che l'aspetto non rallegri meno del gusto, e quando lo stomaco con<br />
frequenti rutti 90 indica d'esser già pieno, la curiosità non sia ancor<br />
sazia.<br />
Ma mentre gli occhi sono attratti dai colori, il palato dai sapori,<br />
povero stomaco, a cui né i colori luccicano, né i sapori solleticano,<br />
ma è costretto a riaver tutto, e - più che ristorato - viene oppresso<br />
e soffocato! Cosa devo dire poi del bere acqua. quando a nessun patto<br />
si vuoI ammettere il vino annacquato? Tutti. da quando siamo monaci,<br />
abbiamo lo stomaco malato, e giustamente non dimentichiamo il tanto<br />
necessario consiglio dell' Apostolo, di usar del vino, tralasciando però<br />
- non so per qual motivo - quel « poco » che egli aveva premesso 91.<br />
90 Mi si perdoni l'espressione, è di San Bernardo.<br />
91 I Tim. V, 28.<br />
- 160-
E volesse il cielo che si fosse contenti di una sola qualità, specialmente<br />
quando è puro! Mi vergogno a dirlo (ma c'è da vergognarsi di<br />
più a farlo, e - se fa vergogna l'udirlo - non ci si vergogni ad<br />
emendarlo). Vedresti in un sol pranzo riempire a metà il bicchiere<br />
tre o quattro volte, di modo che - dopo aver piuttosto odorati che<br />
bevuti i vari vini e appena toccati più che assaggiati, - si possa<br />
scegliere, dopo una sapiente prova ed una breve conoscenza, il più<br />
generoso.<br />
Che dire poi di quello che in alcuni monasteri si dice farsi per<br />
usanza, cioè bere, nelle grandi feste, vino misto a miele e delicatamente<br />
profumato? 92. Forse si potrà dire che anche questo si fa per I'infermità<br />
dello stomaco? lo invece dico che non giova ad altro, se non a far bere<br />
di più e con maggior gusto.<br />
Ma quando le vene saranno ingurgitate di vino e martelleranno per<br />
tutta la testa, alzandosi da tavola, che si può far di meglio che dormire?<br />
Se poi vorrai costringere uno che non ha digerito ad alzarsi per la veglia,<br />
ne ricaverai pianto, piuttosto che canto! E tornando a letto piango<br />
per l'incomodo che ho dovuto subire; non per il peccato d'intemperanza,<br />
ma perché non posso più mangiare.<br />
Simulazione di malattie per dispensarsi dall'astinenza<br />
È ridicolo poi (se è vero) ciò che mi fu raccontato da molti, i<br />
quali dicevano di saperlo con certezza, per cui non credo di doverlo<br />
tacere. Dicono che dei monaci giovani e sani, sogliono lasciare il<br />
monastero per andare nell'infermeria - pur non essendo malati -<br />
per soddisfare il desiderio insano della carne mangiando quella carne<br />
che la discrezione della Regola 93 concede appena agli ammalati ed ai<br />
deboli per ripararne le forze.<br />
Domando, qual sicurezza è questa, fra i bagliori delle lancie dei<br />
nemici che da ogni parte fremono e fra le frecce che volano, gettar le<br />
armi come se la guerra fosse finita ed il nemico ormai vinto, e trattenersi<br />
in pranzi prolungati, o avvoltolarsi pigramente su di un morbido letto?<br />
Che significa questa ignavia, o buoni soldati? Mentre i vostri<br />
92 Pietro il Venerabile aveva proibito l'uso di queste droghe nel vino, eccetto per il<br />
giovedì santo (Mabillon).<br />
93 Regola di San Benedetto, cap. 31-39. Anche questo abuso era stato corretto dagli<br />
statuti di Pietro il Venerabile, che lo condanna in alcune lettere ai priori dell'Ordine con<br />
le parole ancora più veementi e severe di quelle di San Bernardo.<br />
- 161-
compagni stanno combattendo e morendo, voi vi nutrite di cibi delicati<br />
e di sonni mattutini?<br />
Gli altri cercano di riscattare il tempo, notte e giorno con cura<br />
e vigilanza, perché i giorni son cattivi e voi passate le lunghe notti nel<br />
sonno e perdete le giornate nell'ozio, chiaccherando?<br />
Dite « pace» e non c'è pace! 94. Perché almeno, non vi vergognate<br />
ai rimproveri dell'Apostolo sdegnato? «Non avete ancora resistito fino<br />
al sangue» egli dice 95. Perché non vi risvegliate al terribile tuono delle<br />
sue minacce? «Quando avranno detto: pace e sicurezza - dice egli<br />
- piomberà su di loro, come il dolore del parto, improvvisa la morte,<br />
e non potranno sfuggire» 96.<br />
È troppo delicata medicina fasciarsi prima di esser feriti, piangere<br />
per un membro non colpito, portar la mano dove non si è ancora<br />
ricevuto il colpo, usar l'unguento sulla parte che non duole, metter<br />
l'impiastro dove non c'è alcun taglio.<br />
Per distinguere i sani dai malati, si comanda ai malati di portare in<br />
mano un bastone che è davvero necessario: almeno così il bastone<br />
potrà falsamente mostrar la malattia che nè il pallore né la magrezza<br />
della faccia non indicano. Dovrò ridere o piangere per simili sciocchezze?<br />
Ha vissuto così Macario? Ha insegnato così Basilio? È questa<br />
la regola di Antonio? Hanno vissuto così i Padri dell'Egitto? Hanno<br />
fatto così, o hanno pensato doversi far così i santi Oddone, Maiolo,<br />
Odilone, Ugo, che questi tali, si gloriano d'aver per principi e maestri<br />
del loro Ordine?<br />
Tutti costoro, se furono santi, anzi proprio perché furono santi,<br />
non discordavano dall'insegnamento dell'Apostolo, che dice: «Quando<br />
abbiamo da mangiare e da vestirei, siamo contenti »97. Noi invece abbiamo<br />
al posto del cibo la sazietà, e invece di cercare il vestito cerchiamo<br />
l'ornamento.<br />
(continua)<br />
94 «Pax:» è il motto dello stamma Benedettino, e sta ad indicare tutta l'opera benefica<br />
che nei secoli, specialmente nell'alto medioevo, hanno svolto i figli di questo Ordine<br />
glorioso. San Bernardo applicando quella parola in senso allegorico, dice: la vera<br />
pace non si può né ottenere né conservare con la ricerca di quella che è l'arma più sicura<br />
e più efficace del demonio, sempre in lotta con noi. Non accontentiamoci del nome, ma<br />
badiamo alla realtà.<br />
95 Ebrei XII, 8.<br />
96 I Tess. V, 3.<br />
97 I Tim. VI, 8.<br />
- 162-
Jean de la Croix Bouton, O.C.S.O.<br />
STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />
(diciottesima puntata)<br />
CITEAUX E LE CROCIATE<br />
Le Crociate sono le spedizioni intraprese nei secoli XI, XII e<br />
XIII dagli occidentali per liberare Gerusalemme e la tomba di Cristo<br />
cadute in mano dei mussulmani. Ordinariamente si distinguono otto<br />
principali crociate. A noi interessano in questo momento le prime tre.<br />
La prima crociata (1096-1099)<br />
Citeaux nacque all'epoca della prima crociata, ed è forse un'eco<br />
dell'entusiasmo cavalleresco di allora quello che noi sentiamo nell'appellativo<br />
che i fondatori mettono in testa al loro primo documento:<br />
Nos pauperes Christi milites. Ma, per la verità, non sembra che i fondatori<br />
del Nuovo Monastero intendessero un giorno, vicino o lontano,<br />
condurre i loro discepoli verso il tumulto delle crociate. Se San Bernardo<br />
indica ai suoi monaci Gerusalemme, è la Gerusalemme celeste<br />
che egli intende, e la strada che vi conduce non è la lunga cavalcata<br />
attraverso l'Asia Minore, ma la solitudine e la penitenza del chiostro.<br />
Senza dubbio Alberico e Stefano non mancarono di incitare i monaci<br />
a pregare per i benefattori partiti, e forse caduti in Terra Santa. Il duca<br />
di Borgogna Eudes s'era messo in marcia nella primavera del 1101 ed<br />
era perito nel corso dell'anno seguente. Il suo corpo fu portato indietro<br />
e ricevette la sepoltura a Citeaux. Se la prima crociata non ebbe,<br />
sembra, altre ripercussioni a Citeaux, tutt'altro fu della seconda, che<br />
alcuni hanno chiamato perfino « la crociata cistercense ».<br />
La seconda crociata (1146-1149)<br />
Fu cistercense di fatto, la crociata voluta da un Papa cistercense<br />
- Eugenio III - predicata da un cistercense - San Bernardo - e<br />
che contò tra i suoi capi due vescovi cistercensi - Goffredo di<br />
Langres e Otone di Frisinga. E a parte il ruolo personale di San Ber-<br />
- 163-
nardo, fu tutto l'Ordine a prendervi parte, se non alla spedizione,<br />
almeno alla preparazione.<br />
Il successo di San Bernardo a Vézelay ed altrove ebbe il risultato<br />
che lo invitarono da ogni parte a predicare la crociata. Non potendo<br />
soddisfare da solo a tutte le richieste, si fece aiutare da qualcuno dei<br />
suoi, ed è così che diversi cistercensi parteciparono a questa vasta<br />
campagna di propaganda. L'indomani dell'assemblea di Vézelay, San<br />
Bernardo dettò al suo segretario Nicola uno schema da redigersi in un<br />
numero considerevole di esemplari che variavano secondo i destinatari.<br />
Nicola fu incaricato di curarne le differenti redazioni. Otto di questi<br />
testi son pervenuti fino a noi, indirizzati al conte di Bretagna ed ai suoi<br />
vassalli, a Manfredo vescovo di Brixen, al clero di Franconia e Baviera,<br />
ai popoli di Sassonia e di Moravia, ecc. D'altra parte, su richiesta<br />
espressa da San Bernardo .. qualche abate si dedicò a un'attività più<br />
spettacolare. Così l'abate di Morimond, Rainaldo, nella festa dell'Ascensione,<br />
convocò nella sua abbazia i principali signori del Bressigny. Il<br />
discorso che egli rivolse loro portò i suoi frutti: la maggior parte di<br />
essi decise di prendere la croce. È ancora su domanda di San Bernardo<br />
che all'inizio del 1147, l'abate Adamo di Ebrach predicò la crociata<br />
a Ratisbona, e l'abate Gerlach di Rein in Stiria e Carinzia. Nel frattempo<br />
le cose si erano complicate per l'iniziativa intempestiva nel<br />
nord della Francia di un monaco cistercense di nome RodoIfo, il quale<br />
senza alcuna autorizzazione si era messo in cammino a predicare la<br />
crociata. La sua predicazione riportò un successo fulmineo, che si<br />
rivolse contro i giudei, dichiarati «nemici della religione ». San<br />
Bernardo dovette intervenite. Lo fece dapprima per lettera (ep. 365),<br />
e poi siccome questa lettera non otteneva il risultato desiderato, si<br />
recò egli stesso sul posto accompagnato da due monaci ed intimò a<br />
Rodolfo di ritirarsi a Clairvaux (per i dettagli di questo episodio vedi<br />
D. EUGÈNE WILLEMS, Clteaux et la seconde croisade, in Rev. Rist.<br />
eccl., Lovanio, 1954, XLIX, n. 1, pp. 116-151). Dopo la dieta di<br />
Francoforte (13 marzo 1147) che regolò gli ultimi dettagli della spedizione,<br />
San Bernardo rientrò a Clairvaux. La sua missione esteriore<br />
era compiuta, bisognava ora pregare e far pregare i monaci per il successo.<br />
Una cosa ci sorprende: durante la spedizione, non troviamo alcun<br />
monaco cistercense particolarmente delegato dall'abate di Clairvaux<br />
per rappresentarlo al fianco di Corrado III e di Luigi VII. Soltanto i<br />
due vescovi Goffredo di Langres e atone di Frisinga accompagnarono<br />
l'esercito, l'uno come consigliere di Luigi VII, l'altro come vero capo<br />
di truppe. Una lettera di San Bernardo (la cui autenticità non è ben<br />
- 164-
dimostrata) indirizzata a tutti gli abati, proibiva di lasciar partire un<br />
monaco o un converso « per la spedizione» (testo pubblicato da D. J.<br />
LECLERcQ, Etudes sur Saint Bernard, Analecta SOC, 1953, IX, pp.<br />
142-143). Si registra però la presenza di diversi monaci di Morirnond,<br />
autorizzati dal loro abate Rainaldo a recarsi in Terra Santa al seguito<br />
dei crociati. Ma forse si trattava soltanto di studiare le possibilità di una<br />
fondazione, che di fatto fu realizzata dieci anni più tardi.<br />
Volentieri sottoscriviamo le conclusioni di D.E. Willems al termine<br />
dello studio sopra citato: «Cosa concludere al termine di questo<br />
studio? che Citeaux ha avuto una parte preponderante nella preparazione<br />
della seconda crociata, ed una parte molto inferiore nella sua<br />
realizzazione; che l'Ordine non ha mancato alla sua vocazione essenziale<br />
di contemplazione interessandosi alla guerra santa, perché San<br />
Bernardo e i suoi coadiuva tori non hanno fatto che obbedire al<br />
capo supremo della Chiesa, il quale aveva il diritto di chiedere loro<br />
questa parte di azione per una causa «cattolica»; che il fallimento<br />
della crociata non è imputabile a coloro che l'hanno predicata, bensì<br />
all'incapacità dei capi militari e soprattutto al disaccordo che regnava<br />
tra Latini e Greci; che i contemporanei non ne sono rimasti ingannati,<br />
perché hanno continuato a rispettare i <strong>Cistercensi</strong>, gratificandoli come<br />
in passato dei loro favori; che l'Ordine ha conservato intatto lo spirito<br />
che lo ha caratterizzato fin dalle origini. L'ultima parola - e la migliore<br />
- che si può dire per riassumere l'atteggiamento dell'Ordine di fronte<br />
alla crociata è ancora quella di San Bernardo: «Lo scopo che ci<br />
proponiamo in religione non è di arrivare alla Gerusalemme terrestre<br />
ma a quella celeste; oppure, è attraverso l'amore e non attraverso il<br />
vagabondaggio che si arriva a quest'ultima» (op. cit., p. 151).<br />
La terza crociata (1188-1192)<br />
Nonostante tutto, più di qualche monaco o converso mal resistiva<br />
all'attrattiva dei Luoghi Santi e conservava una nostalgia della Gerusalemme<br />
terrestre. Ci fu bisogno di un decreto formale del Capitolo<br />
Generale (1157): «Coloro che escono dal monastero per recarsi a<br />
Gerusalemme o per int.raprendere un pellegrinaggio verso un altro<br />
santuario siano, senza eccezione di persone, mandati in un'altra casa<br />
dell'Ordine, senza alcuna speranza di ritorno ». Ma l'idea di crociata<br />
rimaneva nell'aria. Durante il suo breve pontificato di cinquantasette<br />
giorni, Gregorio VIII trovò il tempo per lanciare un appello alla guerra<br />
santa, dopo la presa di Gerusalemme ad opera di Saladino (1 ottobre<br />
- 165-
1187). L'idea prese corpo con Clemente III. La crociata fu predicata dal<br />
vescovo di Tyr e dal cardinale-arcivescovo di Albano, che era Enrico di<br />
Marcy, ex-abate di Clairvaux. La lettera di quest'ultimo indirizzata a<br />
tutti i prelati della Chiesa insiste sulla riforma dei costumi come preparazione<br />
necessaria alla spedizione in Terra Santa. In Germania, la<br />
predicazione del cardinale di Albano ebbe un'azione efficace. È noto<br />
come l'imperatore Federico Barbarossa organizzò una potente armata<br />
che si lanciò all'attacco l'Ll maggio 1189 e seminò il terrore tra le<br />
file musulmane, fin quando la morte accidentale di Federico ( lO<br />
giugno 1190) gettò l'armata tedesca nello smarrimento e nella desolazione.<br />
In Inghilterra fu tenuto un sinodo nell'abbazia cistercense di<br />
Pipewell sotto la presidenza di Balduino, arcivescovo di Canterbury,<br />
ex-abate di Ford. Balduino predicò la crociata e prese anch'egli la<br />
croce per accompagnare il suo sovrano, Riccardo Cuor di Leone.<br />
Il Re d'Inghilterra si raccomandò alle preghiere dei monaci di Citeaux<br />
e fece dono della chiesa di Scarborough con dipendenze ed introiti allo<br />
scopo di contribuire alle spese del Capitolo Generale. L'Ordine rispose<br />
alla generosità reale prescrivendo preghiere e opere penitenziali per la<br />
crociata e stabili un anniversario perpetuo per Re Riccardo (1190).<br />
In Francia la crociata fu predicata da Garniero abate di Clirvaux,<br />
come è testimoniato dalla lettera che gli scrisse Riccardo Cuor di<br />
Leone dall'Oriente. Prima di imbarcarsi, Filippo Augusto fece chiamare<br />
l'abate di Citeaux, Guido. e si raccomandò alle sue preghiere e a quelle<br />
dell'Ordine, Il Re di Francia rientrò in patria dopo la presa di San<br />
Giovanni d'Acri (12 luglio 1191), mentre il Re d'Inghilterra continuò<br />
a guerreggiare in Terra Santa. Lui stesso ha raccontato le sue imprese<br />
- che non tutte gli fanno onore - in una lettera indirizzata all'abate<br />
di Clairvaux. Gli diceva tra l'altro: Siamo vincitori di Saladino, ma<br />
siamo a corto di risorse. Non potremo durare oltre la prossima<br />
Pasqua. E supplicava l'abate di riprendere le sue predicazioni allo<br />
scopo di ottenere nuovi crociati e nuovi contributi. La lettera è del 1<br />
ottobre 1191. Dal 20 dello stesso mese incominciava una politica di<br />
riavvicinamento tra il Re d'Inghilterra e Saladino. Doveva terminare<br />
con la pace generale del 2 settembre 1192, pace in tutto simile a una<br />
«liquidazione generale della crociata». Ma non tutto era ancora<br />
finito per il Re. Dall'Inghilterra gli erano pervenute notizie allarmanti,<br />
ed egli aveva fretta di abbandonare la Siria. Durante il viaggio di ritorno,<br />
a dispetto dell'immunità garantita ai crociati, fu fatto prigioniero<br />
dal duca d'Austria, Leopoldo V, e tenuto chiuso in una cittadella sul<br />
166 -
Danubbio. Verso la Pasqua del 1193, il duca cedeva il prigioniero<br />
all'imperatore Enrico VI per la somma di 20.000 marchi di argento.<br />
Le esortazioni e le minacce di Clemente III furono inutili. Due abati<br />
cistercensi inglesi, di Boxley e di Roberts Bridge, furono delegati dai<br />
baroni inglesi per visitare l'illustre prigioniero e negoziare il suo<br />
riscatto. Riccardo riebbe la libertà soltanto nel febbraio 1194, pagando<br />
un riscatto di 150.000 marchi d'argento e riconoscendo la supremazia<br />
dell'imperatore. Rientrato nella sua terra, il Re pensò innanzi tutto<br />
a far fronte agli enormi debiti che pesavano su di lui. Allo scopo fece<br />
ancora appello alla bontà dei suoi amici cistercensi. Come pegno di<br />
amicizia, racconta il cronista, Guglielmo, il sovrano prese tutta la<br />
produzione di lana dell'annata, principale ricchezza delle Abbazie inglesi.<br />
Incoraggiato dalla docilità dei suoi amici di tenere anche la produzione<br />
di lana dell'anno seguente. Avendo già versata la decima saladina,<br />
i monaci calcolarono che questa seconda imposta era dieci volte<br />
superiore alla prima e cominciarono a trovare 'l'amicizia del Re costosa.<br />
Fu versata la nuova tassa? Non lo sappiamo. In ogni modo, quello<br />
stesso anno 1194 quattro abati cistercensi furono delegati presso il<br />
Re a recargli lettere deI Capitolo Generale (di cui ignoriamo il contenuto,<br />
ma che è facile indovinare). Segue un fatto abbastanza curioso, a<br />
cui gli Statuti dei nostri Capitoli Generali non fanno allusione ma<br />
che è riferito da Baronio all'anno 1197: l'imperatore Enrico VI offd al<br />
Capitolo Generale di Citeauv 3000 marchi d'argento, presi dal riscatto<br />
del Re Riccardo, per far fare in tutto l'Ordine incensieri d'argento.<br />
Ma gli abati, tam ipsum Imperatorem quam donum eius detestantes,<br />
rifiutarono quel denaro male acquisito.<br />
CITEAUX E GLI SCIS,MJ<br />
Nel secolo XII la Cristianità ebbe a deplorare due scismi, quello<br />
di Anacleto II e quello di Vittore III. I <strong>Cistercensi</strong> furono naturalmente<br />
indotti a prender partito. Il prestigio di San Bernardo al momento<br />
dello scisma di Anacleto, la potenza dell'Ordine al momento dello<br />
scisma di Vittore, assicurarono in entrambe le circostanze il trionfo del<br />
Papa legittimo.<br />
Lo scisma di Anacleto II<br />
I numerosi lavori apparsi su San Bernardo in occasione dell'ottavo<br />
centenario nel 1953 hanno già trattato il ruolo tenuto dall'abate<br />
di Clairvaux in questa faccenda. Sarà sufficiente un semplice richiamo<br />
167 -
dei fatti. Alla morte di Onotio II (1130) due grandi famiglie romane,<br />
i Pierleoni e i Frangipane pretesero imporre al Sacro Collegio un<br />
candidato di loro scelta. Aimerico, Cancelliere del Papa defunto fece<br />
eleggere il cardinale Gregorio, protetto dai Frangipane, che prese il<br />
nome di Innocenzo II. I PierIeoni da parte loro fecero acclamare il<br />
cardinale Pier dei Leoni da una frazione del Sacro Collegio. Si chiamò<br />
Anacleto II. Siccome aveva dalla sua la forza e il denaro, Roma restò<br />
nelle sue mani. Innocenzo II, cacciato dall'Italia, si appellò alla Chiesa<br />
universale. Erano a suo favore la priorità dell'elezione e la superiorità<br />
della virtù nei confronti di un avversario poco raccomandabile. Trovò<br />
un campione eloquente nell'abate di Clairvaux che riuscì a mettere dalla<br />
sua parte il re di Francia Luigi VI nell'assemblea di Etampes, poi il<br />
re di Inghilterra, Enrico I e l'imperatore Lotario II.<br />
Lo scisma di Vittore IV<br />
Iniziò nel 1159 e durò diciasette anni. La causa prossima fu una<br />
ripresa del conflitto rimasto latente tra il Papato e l'imperatore germanico<br />
che, impotente a piegare i turbolenti feudatari tedeschi, si<br />
rivolgeva all'Italia in nome dei rinnovati diritti dell'antichità (il « sacro<br />
romano impero germanico» ). L'imperatore urtava inevitabilmente<br />
contro il Papa che non poteva né rinunciare a Roma né riconoscersi<br />
vassallo dell'imperatore. Tuttavia, in occasione di un primo viaggio in<br />
Italia (1154), Federico Barbarossa rese un servizio al Papato liberando<br />
Roma dai ribelli romani e da Arnaldo da Brescia, e fu coronato imperatore<br />
da Adriano IV. Ma quando venne una seconda volta, alla dieta<br />
di Roncaglia, Federico senza preamboli soppresse l'organizzazione comunale<br />
delle città lombarde - il che ledeva diversi vescovati - e<br />
pretese di esercitare la sua autorità sulla Corsica, territorio pontificio.<br />
Alle proteste del Papa rispose intendendosela con i democratici romani.<br />
Nel frattempo Adriano IV moriva (1 settembre 1159). I voti degli elettori,<br />
il 7 settembre, furono in maggioranza per il Cancelliere Rolando<br />
Bandinelli, che prese il nome di Alessandro III. Ma alcuni cardinali<br />
favorevoli all'imperatore elessero il cardinale Ottaviano, che prese il<br />
nome di Vittore IV, indossò le insegne pontificali che s'era fatte<br />
confezionare, e con l'aiuto di bande armate si installò sulla cattedra<br />
pontificia. La validità dell'elezione di Alessandro era ben solida perché<br />
egli aveva ottenuto una forte maggioranza (la cifra di ventiquattro su<br />
ventisette, data da cardinali che erano per Alessandro, non è assolutamente<br />
certa) e nessuna legge richiedeva allora per l'elezione del<br />
- 168-
Ponteficie i due-terzi dei voti (fu proprio Alssandro III a far decretare<br />
questa norma dal Concilio Lateranense del 1179). Il Papa legittimo rese<br />
nota la sua elezione con una serie di missive, ma Federico fece sentire<br />
la sua influenza presso i re di Francia e di Inghilterra a favore del<br />
« suo Papa» e convocò tutti i prelati dell'Impero a un sinodo che si<br />
apri a Pavia il 5 febbraio 1160. Come era da aspettarsi, Vittore fu<br />
riconosciuto il solo Papa e Alessandro fu anatematizzato. Dalla parte<br />
Alessandro, i legati Enrico e Odo ne protestarono contro le procedure<br />
di Pavia e riaffermarono che l'unica elezione valida era quella di Rolando<br />
Bandinelli. Da parte sua, il Papa scomunicò l'imperatore (24<br />
marzo 1160). In queste condizioni, si comprende facilmente lo sbandamento<br />
del clero e del popolo e l'imbarazzo dei sovrani, male informati<br />
o sollecitati dai due partiti avversi. Gli stessi Ordini religiosi erano<br />
divisi. L'abate di Cluny, Ugo III, s'era messo dalla parte di Vittore IV<br />
(ne diede spiegazione in una lettera al vescovo di Londra, Gilberto:<br />
« Noi siamo ai confini del regno e dell'impero. E la Germania, l'Ungheria"<br />
la Lorena, la Borgogna al di là della Senna, la Provenza, la maggior<br />
parte dell'Italia e la Lionese obbediscono con l'imperatore al signor<br />
Ottaviano»), ma la maggior parte delle abbazie cluniacensi di Francia<br />
non lo seguirono su questa via. L'abate Pons di Vézelay, che difendeva<br />
ardentemente Alessandro III, ne approfittò per distaccarsi dall'orbita<br />
di Cluny. I Promostratesi erano divisi, essendo i Promostratesi di Germania<br />
per Vittore IV. Al contrario, i Certosini erano in blocco dalla<br />
parte di Alessandro. Cosa dovevano fare i <strong>Cistercensi</strong>?<br />
-I <strong>Cistercensi</strong> e Alessandro III<br />
Si è creduto per molto tempo, prestando fede a diversi cronisn,<br />
che i <strong>Cistercensi</strong> si erano messi immediatamente e all'unanimità dalla<br />
parte di Alessandro. B. Mahn cita più testi a suffragare questa<br />
opinione (L'Ordre Cistercien et son gouuernement, Les Cisterciens et<br />
l'exemption, soprattutto le pp. 140-142). Di fatti, una lettera scritta<br />
dal celebre abate Filippo di I'Aumòne ad Alessandro III verso la fine<br />
del 1159 mostra che egli aveva personalmente auspicato la sua elezione<br />
e che non appena aveva ricevuto la notizia del tumulto del 7 settembre<br />
si era adoperato a farlo riconoscere dai re di Francia e di Inghilterra<br />
(facendo pervenire al Re e al clero di Inghilterra le missive con cui<br />
Alessandro annunciava la sua elezione). Gli abati di. Citeaux e di<br />
Clairvaux si erano recati all'assemblea di Pavia, ma ci è permesso pensare<br />
che i due abati cistercensi dovettero abbandonare rapidamente<br />
- 169-
l'assemblea su cui l'imperatore faceva sentire fortemente la sua autorità,<br />
perché più tardi, lo stesso abate di Clairvaux Fastredo, in una lettera<br />
al vescovo di Verona, dimostra la fondatezza della causa alessandrina<br />
portando come argomento principale la nullità del consilio di Pavia,<br />
composto di soli 44 vescovi (e non di 153, come pretendeva Federico)<br />
la cui decisione finale era stata presa per timore di rappresaglie da<br />
parte dell'imperatore. Il partito dell'imperatore, aggiungeva Fastredo,<br />
era stato preso prima dell'elezione. Enrico di Francia, vescovo di<br />
Beauvais, uno dei due legati che dopo il sinodo di Pavia si adoperarono<br />
perché fosse riconosciuto Alessandro, era un cistercense. Fu lui a pubblicare<br />
in collaborazione con un altro cistercense, Filippo di I'Aumòne,<br />
un manifesto in risposta a quello di Pavia. Da parte sua, Pietro di<br />
Tarantasia predicava per Alessandro nelle valli alpine.<br />
Tuttavia, un testo inedito pubblicato da Dom J. Leclercq suggerisce<br />
che alcuni abati inglesi avevano preso partito contro Alessandro.<br />
Si tratta di un brano, scritto nello stile della Curia, che si trova di<br />
seguito alla lettera Aeterna et incommutabilis indirizzata a Teobaldo,<br />
arcivescovo di Canterbury. Eccone il tenore nella sua crudezza originale:<br />
Cisterciensium tunicas sub quibus sanctae religionis putabatur latere<br />
sinceritas, contra nos et unitatem ecclesiae [urere ditius quam oportuerit<br />
hucusque patientia nostra tolerauit. Cum enim in claustris sua et<br />
aliorum peccata deberent deflere et pro pace ecclesiae Deum iugiter<br />
exorare, ipsi uelut filii saeculi et discordiae amatores, uarias deceptionis<br />
species assumentes, ultra omnes mortales tamquam vagabundi huc<br />
atque illuc coeperunt discurrere, et scbismaticorum erroribus [ormita<br />
praestantes, pacem ecclesiae conati sunt omnimodis peruertere, altare<br />
contra altare constituere. Quia igitur apostolica dignitas et imperialis<br />
eminentia praedictorum monacborum coeca intentione olJenditur et<br />
eorum mali ti oso studio pax utriusque quotidie impeditur atque turbatur,<br />
necesse est duplici contritione conterantur, ut saltem beati Benedicti<br />
regulam quam superbiae spiritu ... (manca il seguito) (D J. LECLERcQ,<br />
Epitres d'Alexandre III sur les Cisterciens, in Reuue Bénédictine,<br />
LXIV, 1954, n. 1-2, pp. 68-69). È noto inoltre che in Germania alcuni<br />
abati eminenti, come Adamo d'Ebrach, all'inizio mostrarono qualche<br />
riserva nei riguardi di Alessandro (v. D. R. BAUERREISS, Kircbengeschichte<br />
Bayerns, III, Saint-Ottilien, p. 79). Secondo Fr. Winter,<br />
qualche abbazia cistercense della Germania del Nord ricevette delle<br />
bolle da Vittore IV, ma è certo che l'Ordine nell'insieme non meritava<br />
accuse gravi come quelle del testo Cisterciensium tunicas. Del resto<br />
questo testo dovette essere soppresso, perché non lo si trova nelle altre<br />
- 170-
spedizioni della stessa lettera - a meno che non fu aggiunto a un solo<br />
esemplare, precisamente quello inviato al primate di Inghilterra. In<br />
un suo sermone De oneribus, S. Elredo, dopo aver parlato dello scisma,<br />
constatava che gli spiriti non si erano ancora calmati nel suo paese.<br />
A poco a poco però si riunirono ad Alessandro. Il clero inglese, quello<br />
francese, Luigi VII, Enrico II riconobbero il Papa legittimo che,<br />
davanti alla minaccia imperiale lasciò Roma e si rifugiò in Francia dove<br />
soggiornò due anni (1163-1165). Vittore IV mori nel 1164 ma il<br />
cancelliere Rainaldo di Dassel fece eleggere un altro antipapa, che fu<br />
riconosciuto alla dieta di Wurzbourg (1165). Il Capitolo Generale di<br />
Citeaux nel 1161 si era pronunziato a favore di Alessandro, il che<br />
comportava l'adesione al Papa legittimo di 365 monasteri, ma rendeva<br />
difficile la posizione degli abati cistercensi tedeschi dipendenti dall'imperatore.<br />
All'inizio questi ultimi sembra conservassero una prudente<br />
neutralità, ma il Cesare, dice Elmondo nella Chronica Slauorum, diede<br />
loro questa alternativa: o aderiscono a Vittore o vanno via. E il cronista<br />
aggiunge: è difficile dire quanti padri, quante comunità dovettero<br />
rifugiarsi in Francia. Le regioni soggette a Federico, senza i territori<br />
di Welfo di Baviera e di Enrico Leone e le terre imperiali di lingua<br />
francese, contavano almeno una trentina di abbazie. Fortunatamente<br />
il decreto di espulsione non sembra fosse applicato dappertutto con lo<br />
stesso rigore. Cesare di Heisterbach racconta che la comunità di<br />
Himmerod si preparava a partire quando un messaggero imperiale<br />
venne ad annunciare che la decisione era stata revocata. Ma in altri<br />
casi purtroppo bisognò partire, almeno momentaneamente. Rivolgendosi<br />
ai <strong>Cistercensi</strong> nel 1169, Alessandro III poté giustamente ricordare il<br />
loro coraggio di fronte ai pericoli ed alle minacce.<br />
Nonostante tutto, durante questi anni turbolenti, vi furono tre<br />
fondazioni in territorio imperiale: Riffenstein (1162), Werschweiler<br />
(1172,) Arnsburg (1174). A cominciare dal 1176, su Federico si<br />
abbatterono dei rovesci che lo costrinsero a trattare col Papa. Il 24<br />
luglio 1177 tra i due avversari ci fu un incontro. L'imperatore diede<br />
copiose testimonianze di rispetto verso il Pontefice, e questi lo ammise<br />
al bacio di pace. Nel settembre dello stesso anno, al Capitolo Generale<br />
di Citeaux giunsero due lettere. L'una, di Alessandro, rendeva grazie<br />
a- Dio per la pace ormai ristabilita tra il sacerdozio e l'impero, riconoscendo<br />
che i principali artefici di questa riconciliazione erano i due<br />
cistercensi, Pons vescovo di Clermont e S. Ugo, abate di Bonnevaux.<br />
L'altra era di Federico, che richiamava il prestigio dell'illustre cistercense<br />
Otone di Frisinga, suo zio, e manifestava la sua gioia per l'unità<br />
- 171 -
istabilirà e per la pace così abilmente ottenuta da due uomiru di<br />
grande virtù e di grande prudenza: Pons di Clermont e Ugo di<br />
Bonnevaux.<br />
Fini tutto bene, come nei romanzi...<br />
CISTERCENSI, BENEDETTINI E CANONICI REGOLARI<br />
Abbiamo esposto più sopra le grandi linee del conflitto Citeaux-<br />
Cluny sforzandoci di rimetterlo in una prospettiva imparziale. Nel<br />
frattempo, a quelli già esposti, si sono aggiunti due nuovi studi:<br />
P. A. DIMIER, Un Témoin tardi] connu du conflit entre Cisterciens<br />
et Clunistes, in Petrus Venerabilis 1156-1956. Studies and texts commemorating<br />
the eight Centenary 01 his death. Roma, Studia Anselmiana<br />
40, 1956, pp. 81-94, e G. CONSTABLE,The vision 01 a Cistercian nouice,<br />
ibid. pp. 95-98. Dom .J. LEcLERcQ ha appena scoperto una Nouvelle<br />
Réponse de l'Ancien Monachisme aux critiques des Cisterciens, di<br />
cui pubblica il testo nella Revue Bénédictine, 1957, LXVII, n. 1-2, pp.<br />
77-94, con diversi altri riferimenti.<br />
Dopo aver esaminato il tenore di questa «Nouvelle Reponse»,<br />
tra monasteri e con il diritto in uso nel XII secolo riguardo al<br />
passaggio da un Ordine all'altro torneremo a un clima un po' più sereno<br />
con le Associazioni spirituali.<br />
Il punto di vista del monachesimo tradizionale<br />
La « Nouvelle Reponse» (Oxford, Bodleian Library, Laud, Mise.<br />
232), di cui si ignora l'autore e il destinatario, comprende due parti.<br />
La prima è una difesa contro i « detrattori» appartenenti a un'osservanza<br />
nuova e separata tnouitas separatae institutionis, aliquorum<br />
divisa religio), il che ci fa orientare verso i <strong>Cistercensi</strong>. Di fatto, le<br />
obiezioni dalle quali si difende l'autore sono tra quelle di San<br />
Bernardo e dei <strong>Cistercensi</strong> contro i Benedettini. I «detrattori» mettevano<br />
i monaci del tempo in contrasto con i Padri della vita monastica.<br />
Rimproveravano 'loro inoltre di non dedicarsi più al lavoro<br />
manuale. La seconda parte della «Nouvelle Reponse» è una tesi<br />
in cui l'autore dimostra che si può avere fiducia nel monachesimo<br />
contemporaneo. Pone la vocazione monastica nell'insieme e nella<br />
varietà delle vocazioni cristiane, nell'unità diversificata della Chiesa.<br />
Richiama la distinzione tra precetti e consigli (che si trovava sotto<br />
- 172-
la penna di Pietro il Venerabile) e insiste sul primato della carità e<br />
sull'idea che il lavoro manuale è una concessione alle esigenze temporali<br />
di certe epoche, di certe situazioni in cui i monaci possono<br />
trovarsi, ma non fa parte del Joro ideale nella stessa misura della<br />
preghiera. Insomma, secondo l'autore della «Nouvelle Reponse »,<br />
l'osservanza monastica nella linea tradizionale, con tutti i lunghi<br />
uffici divini, è più contemplativa di quella dei <strong>Cistercensi</strong>. Era il<br />
punto di vista dei Cluniacensi, e non quello di Citeaux (vedi il<br />
Dialogus inter Cluniacensem et Cisterciensem monachum).<br />
Associazioni di preghiere<br />
Le divergenze di punti di vista, alle quali si aggiunsero, come<br />
abbiamo visto, conflitti di interesse materiale, non impedirono che ci<br />
fossero rapporti di simpatia. Ne è la prova non soltanto il passaggio<br />
dal « nero» al « bianco» di numerosi monaci ed abati benedettini, ma<br />
soprattutto le associazioni di preghiere che unirono tra loro abbazie<br />
cistercensi e benedettine. La tradizione risale ai primi anni, poiché le<br />
miniature di Citeaux conservano il ricordo tangibile e artistico dell'associazione<br />
tra l'abbazia di Saint-Waast d'Arras e la comunità di<br />
Citeaux (manoscritto del Commentario di San Girolamo su Geremia<br />
copiato dal monaco Osberto da Saint-Waast per Santo Stefano<br />
Harding). Il Martirologio di Citeaux dà alla data del 20 novembre<br />
la lista delle abbazie associate all'Ordine. Potendo la lettura di questa<br />
lista diventare fastidiosa col passar del tempo, il Capitolo Generale del<br />
1196 decise che soltanto i nomi delle prime sei comunità sarebbero<br />
state lette: le altre sarebbero state indicate con questa espressione:<br />
Et aliorum plurimorum quorum in praesenti pagina nomina continentur.<br />
I sei nomi indicati nel ms Digione 633 (378) f 142 sono i<br />
seguenti: Commemoratio... monacborum Molismensium, et Cluniacensium,<br />
et Cartusiensium, et canonicorum premonstratensium, et<br />
cabilonensium, et sanctimonialium Fontis Ebraldi, che rappresentano<br />
i principali Ordini allora conosciuti: molismensi, cluniacensi, certosini,<br />
premostratesi, agostiniani, monache di Fontevrault. Dom J.<br />
Leclercq ha pubblicato recentemente due liste di associazioni, quella<br />
dell'abbazia di Alcobaça (Les manuscrits cisterciens du Portugal, in<br />
Analecta SOC, 1950, VI, pp. 133-135), e quella di Herrera tRecberches<br />
sur les manuscrits cisterciens d'Espagne, ibid. 1949, V, p.l10).<br />
A sua volta, C. H. TALBOT ha pubblicato altre tre liste, quella di<br />
- 173-
Clairvaux, quella di Clairmarais e quella di Ter Doest, in Clteaux in<br />
de Nederlanden, 1954, V, pp. 233-24.5). Queste liste sono su per giù<br />
identiche. C. H. Talbot suggerisce che ci può essere stata all'inizio<br />
una lista-tipo, che si atteneva all'accentuata tendenza verso l'uniformità<br />
e all'imposizione di un calendario unico. Su questa lista-tipo<br />
alcuni nomi sarebbero stati aggiunti dall'autorità del Capitolo Generale,<br />
altri invece da ciascuna abbazia per ragioni particolari. Ci sembra<br />
questo, il caso di S. Martino di Magonza, di San Mansueto di Toul,<br />
di Santo Stefano di Toul, e di San Castore di Treviri, associati a<br />
Clairvaux, quando si tien conto dei viaggi di San Bernardo in questa<br />
regione. In molti casi il Capitolo Generale accettò e generalizzò<br />
associazioni già esistenti con particolari abbazie<br />
Se non possiamo concludere a delle relazioni intime tra i nomi<br />
compresi nella lista delle associazioni, è però interessante constatare<br />
la fitta rete di preghiere e di suffragi che legavano tra loro monasteri<br />
di benedettini, <strong>Cistercensi</strong> e di Canonici Regolari attraverso la cristianità.<br />
Cambiamenti di monastero e cambiamenti di Ordine<br />
La promessa di stabilità esigita da San Benedetto non ha distrutto<br />
il fondo girovago che è assopito in ogni essere umano, anche se<br />
votato al servizio di Dio. Imaginatio locorum et mutatio multos<br />
[ejellit, dice l'autore dell'Imitazione (Lib. I, cap. IX). La Chiesa è<br />
stata dunque costretta a legiferare molto per tempo su questo punto.<br />
Conosciamo le prescrizioni formali di San Benedetto (Reg.) cap. LXI).<br />
Già prima, un canone del sinodo di Agde (506) si esprimeva<br />
in questi termini: Monachum n/si abbatis sui aut permissu aut<br />
uoluntste, ad alterum monasterium commigrantem nullus ab.bas suscipere<br />
aut retinere praesumat (canone 27). La stessa proibizione è<br />
stata ripresa nei sinodi di Orléans 511, di Autun 670, di Hereford<br />
673. Un canone del sinodo di Tribur (895) esigeva in più il consenso<br />
del vescovo e quello della comunità. Questo divieto fatto a un religioso<br />
di abbandonare il suo monastero senza il permesso dell'abate<br />
e dei fratelli si ritrova in un gran numero di testi pontifici del<br />
XII secolo (vedi lo studio ben documentato di P. A. DIMIER, Saint<br />
Bernard et le droit en matière de transitus, in Revue Mabillon, XLIII,<br />
- 174-
aprile-giugno 1953, n. 172, pp. 48-82, a cui ci riferiremo in tutto<br />
questo articolo). Ai permessi richiesti si aggiungeva la proibizione<br />
agli abati di ricevere il fuggitivo. Se il monaco o il canonico voleva<br />
abbracciare una vita più perfetta, doveva presentare delle lettere di<br />
raccomandazione del suo superiore. Nel 1142, tra <strong>Cistercensi</strong> e Premostratesi<br />
fu concluso un accordo. Fu deciso, e detto espressamente,<br />
che nessun membro dei due Ordini, monaco, canonico, novizio o<br />
converso, poteva esser ricevuto nell'altro senza il mutuo consenso.<br />
Questo era il diritto. Ma non fu questo l'atteggiamento di San<br />
Bernardo, che in molti casi ricevette a Clairvaux monaci estranei senza il<br />
permesso dei loro superiori, o addirittura contro la loro volontà (il<br />
monaco di San Germer de Flay, il monaco di San Nicaise, di Anchin, di<br />
Saint-Bertin, di Chézy, i canonici di Eaucourt, i premostratesi di Bonne-<br />
Espérance), D'altra parte non possiamo supporre che il santo ignorasse<br />
questo punto del diritto comunemente accettato. Non poteva non conoscere<br />
le grandi correnti del pensiero, in diritto come in teologia e in tutto<br />
il resto. In particolare San Bernardo non poteva ignorare un privilegio<br />
di Innocenzo II a favore dei Premostratesi, inviato a tutti gli arcivescovi,<br />
vescovi, abati e priori, che proibiva di ricevere qualsiasi canonico<br />
o converso dell'Ordine Premostratese senza il permesso del loro Superiore.<br />
Nel caso si fosse presentato un fuggitivo, avrebbero dovuto<br />
rinviarlo al suo abate (29 dicembre 1138).<br />
Il P. A. Dimier risponde a questa difficoltà facendo innanzi tutto<br />
notare che San Bernardo non accoglieva senza distinzione tutti i<br />
religiosi che si presentavano a Clairvaux. Alla lista di quelli che accettò<br />
potrebbe opporsi la lista di quelli che rifiutò. Possiamo anche ricordare<br />
la risposta che diede a un chierico regolare che lo importunava per<br />
entrare a Clairvaux: «Se ho buona memoria, quel che ho raccomandato<br />
in tutti i miei libri è la correzione dei costumi e non il cambiamento di<br />
luogo ». L'amore che Bernardo aveva per il suo monastero e per<br />
l'Ordine non lo accecava fino al punto da volervi portare più soggetti<br />
possibile senza distinzione. Ma, almeno due volte, nel trattato Del<br />
Precetto e della Dispensa e nella lettera ai canonici di Eaucourt, difese<br />
lo spirito di libertà -la libertà dei figli di Dio - di cui un religioso può<br />
sempre usarsi, di abbandonare il suo Ordine per passare a un altro più<br />
perfetto. Un decreto di Urbano II a proposito dei chierici secolari<br />
che volevano entrare in un monastero sembrava favorire questo modo<br />
di vedere, poiché stabiliva una distinzione tra la legge pubblica e la<br />
- 175-
legge privata (PL) 151, coll. 535). Chiunque è condotto dallo Spirito<br />
Santo, vada liberamente; ha la nostra autorizzazione, anche se il vescovo<br />
si oppone. Allo stesso modo San Bernardo rivendica a un religioso mosso<br />
dallo Spirito il diritto di passare da un Ordine a un altro più perfetto<br />
senza il permesso del suo Superiore. Ora, per San Bernardo l'Ordine<br />
monastico è quanto vi è di più perfetto, e nell'Ordine monastico la<br />
vita Cistercense è qualcosa di unico nel suo genere. È certo che nel<br />
XII secolo l'Ordine era in tutto il suo vigore e stava vivendo uno sviluppo<br />
che aveva del prodigioso. San Bernardo si credeva dunque autorizzato<br />
ad accogliere monaci provenienti da altri monasteri, col pretesto<br />
che questo cambiamento era l'equivalente di una nuova conversione.<br />
È curioso constatare che la distinzione che l'abate di Clairvaux<br />
non cessò mai di fare tra il cambiamento di monastero per spirito di<br />
leggerezza e il cambiamento fatto per abbracciare una vita più perfetta,<br />
questa distinzione che il diritto dell'epoca si rifiutava di riconoscere,<br />
cominciò a fare la sua apparizione nei documenti emanati dalla<br />
Santa Sede circa venti anni dopo la morte di San Bernardo. La si trova<br />
per la prima volta in una bolla di Alessandro III inviata al Vescovo di<br />
Amiens (2 O dicembre l l 70-11 71 ). Il testo dice che un canonico regolare<br />
può divenire monaco, se trova in questo cambiamento una vita<br />
più perfetta. Un privilegio dello stesso Papa a favore dell'abbazia di<br />
Andres dice che un monaco non può abbandonare il suo monastero, se<br />
non per abbracciare una religione più stretta (25 febbraio 1173).<br />
Formule dello stesso genere si ritrovano in un gran numero di bolle.<br />
Cosi, a poco a poco la dottrina formulata da San Bernardo si propagava,<br />
per prendere subito forza di legge. Si vedrà presto un benedettino,<br />
Pietro di Celle ,incoraggiare tre monaci di Grandmont a perseverare<br />
nell'Ordine di Citeaux: lungi dal rompere i loro primi voti, li hanno<br />
rafforzati. Per Stefano di Tournai, questo passaggio dei Grandmontani<br />
a Citeaux era paragonabile alI'ascensione «dal Tabernacolo di Silo a<br />
Gerusalemme ». E Stefano faceva un magnifico elogio di Citeaux, simile,<br />
diceva, a un lume posto sopra la montagna che occupa il primo posto<br />
nella Chiesa di Dio (ep. LXXI, PL. 211, col. 362).<br />
La dottrina formulata da San Bernardo fu sanzionata dal Concilio<br />
di Trento, che proibì a un religioso soltanto il passaggio ad un Ordinemeno<br />
severo. Ma fin dal 1624 furono apportate alcune restrizioni a<br />
questa norma, definitivamente abrogate dal nuovo Codice di Diritto<br />
canonico pubblicato nel 1917. Da allora è richiesta l'autorizzazione<br />
della Santa Sede per qualsiasi passaggio a un'altra religione.<br />
- 176-
CITEAUX E I PRINCIPI<br />
Nessuno studio completo è stato fatto sulle relazioni dell'Ordine<br />
con i Principi, re o grandi feodali. Tale studio sarebbe possibile, se si<br />
andasse a sfogliare un certo numero di cartulari e di documenti, soprattutto<br />
del XII secolo, per rilevare i diversi privilegi concessi dai principi<br />
(donazioni di terre, di rendite, conferme di beni, lettere di salvaguardia<br />
o di protezione, esenzioni) e per caratterizzare il posto occupato dalle<br />
abbazie nell'organizzazione feodale. Il libro di Dom Jean Mazé, Souuerains<br />
et Monastères (ed. di Fontanelle, 1945) è soltanto una serie di<br />
monografie reali. L'autore ricorda dapprima tanti re che avevano fatto<br />
ritiri spirituali in molti monasteri della Cristianità, come il re d'Inghilterra<br />
Enrico II che prendeva parte alla vita regolare, nel coro come nel<br />
refettorio, con i monaci di Mont-Saint-Miche]. Altri si sono definitivamente<br />
e in modo spontaneo ritirati in un monastero, alla ricerca del<br />
raccoglimento. Molti vollero riposare, dopo la morte, all'ombra di<br />
un'abbazia per beneficiarvi delle preghiere dei monaci, che avevano<br />
chieste per testamento. Nel suo bel libro Louis et Citeaux (Parigi,<br />
Letouzey, 1954), il P. Anselme Dimier ha dedicato un capitolo alle<br />
relazioni degli antenati paterni e materni del santo re con l'Ordine. Noi<br />
richiameremo dapprima qualche tratto delle affinità spirituali di Citeaux<br />
con la famiglia reale di Francia.<br />
Citeaux e la famiglia reale di Francia.<br />
Non appena il nome di Citeaux si rese un pò noto, i principi gli<br />
testimoniarono il loro favore. Volendo fondare un'abbazia in cui si<br />
pregasse per l'anima di suo cugino Carlo il Buono, assassinato a Bruges<br />
nel 1127, Luigi VI fece appello ai <strong>Cistercensi</strong> di Pontigny perché<br />
abitassero l'abbazia di Chaalis. Fu lui pure a mandare San Bernardo<br />
al sinodo di Etampes che doveva decidere del Papa legittimo e por fine<br />
allo scisma. Sfortunatamente Luigi VI si oppose all'introduzione dei<br />
Canonici di San Vittore al Capitolo della Chiesa di Parigi, il che causò<br />
un conflitto tra il re e il vescovo di Parigi, protettore di San Vittore.<br />
Vedendo la sua vita in pericolo, il vescovo si rifugiò allora a Citeaux<br />
dove si teneva il Capitolo Generale. Su suggerimento di San Bernardo,<br />
il Capitolo scrisse al re una lettera rispettosa ma energica in cui gli<br />
veniva ricordato che il Dio che egli oltraggiava era il padrone della vita<br />
e della morte (il re ne aveva una conferma subito dopo con la perdita<br />
del figlio Filippo appena incoronato) e lo si supplicava in nome dell'as-<br />
- 177-
socrazione di preghiere che lo univa all'Ordine di por fine alle sue<br />
violenze (ep. 45): «Il Re del Cielo e della Terra che vi ha dato un<br />
regno quaggiù ve ne darà uno nel Cielo se mettete tutto il vostro impegno<br />
a governare con giustizia e saggezza quello che da Lui avete sulla<br />
terra ». San Bernardo scrisse ancora a Luigi VI per dissuaderlo dall'impedire<br />
ai vescovi del regno di recarsi al concilio di Pisa (ep. 255).<br />
Quell'anno stesso (11.35), con un atto scritto da Parigi, Luigi VI autorizzato<br />
dalla moglie Adelaide e dal figlio Luigi (il futuro Luigi VII) esentò<br />
le case dell'Ordine cistercente, soprattutto Citeaux, Pontigny e Clairvaux<br />
dal pedaggio e da altre tassazioni (Cbartes de Citeaux, ed. Marilier,<br />
n. 105). Con un altro atto la cui data è incerta egli aveva già esentato<br />
i <strong>Cistercensi</strong> da ogni imposta sulle merci vendute o comprate entro i confini<br />
delle sue terre (ibid., n. 104).<br />
Una lettera di San Bernardo alla regina Adelaide chiedeva la grazia<br />
per un certo Guicciardo e raccomandava il latore della lettera, l'abate<br />
di Beaulieu (lettera pubblicata da Hiiffer). Dei figli di Luigi VI e di<br />
Adelaide, Enrico, durante un viaggio a Clairvaux nel 1146, rimase tanto<br />
edificato dalla vita menata dai religiosi che prese la risoluzione di<br />
rinunciare ai suoi benefici e alla vita del secolo per abbracciare la disciplina<br />
di Clairvaux. La decisione fu tanto ferma e irremovibile quanto<br />
era stata improvvisa e imprevista. Fu veramente contro sua voglia che<br />
il monaco Enrico più tardi dovette accettare il vescovado di Beauvais.<br />
Luigi VII, succedito a suo padre, non mostrò meno attaccamento<br />
all'Ordine. Si vede perfino San Pernardo intervenire negli affari della<br />
famiglia reale (la faccenda Raoul di Vermandois). I rapporti tra il re e<br />
l'abate di Clairvaux al momento della crociata sono ben noti. È interessante<br />
vedere anche lo studio penetrante di E. R. Labande sulla regina<br />
Eleonora di Aquitania, Pour une image oéridique d'Aliénor d'Aquitaine,<br />
in Bull. Soc. Antiq. de l'Ouest, Poitiers, 1952, terzo trim., pp. 175-234.<br />
Si conoscono diverse lettere di San Bernardo a Luigi VII (ep. 170,<br />
282, 303, 304, 449, ecc.). Dovrebbero essere esaminate da vicino. Dal<br />
canto suo, Luigi VII dimostrò molta stima nei riguardi dei <strong>Cistercensi</strong>.<br />
Sostenne a sue spese la fondazione di Noirlac (ep. 378 di San Bernardo).<br />
Gli archivi di molte abbazie conservano i privilegi concessi da Luigi<br />
VII. Ed è nell'abbazia di Barbeaux, da lui fondata presso Melun, che<br />
scelse la sua sepoltura, mentre tutti i suoi antenati (ad eccezione di<br />
Filippo I) erano inumati nella celebre abbazia di Saint-Denis. Diversi<br />
testi dei Capitoli Generali (nel 1183 n. 1, 1187 n. 9, 1190 n. 5)<br />
richiamano la sepoltura del re a Barbeaux e l'anniversario celebrato<br />
per lui.<br />
- 178-
« Quanto a Filippo Augusto, la sua nascita si deve alle preghiere<br />
dei <strong>Cistercensi</strong>. Luigi VII, che dai suoi due primi matrimoni aveva<br />
avuto soltanto figlie, si unì in terze nozze verso la fine del 1160 con<br />
Alice di Champagna, figlia del conte Teobaldo il Grande. Nel 1164<br />
la terza regina, nonostante le continue preghiere ed elemosine che<br />
ella faceva per piegare il cielo, non aveva ancora dato figli al re.<br />
Ormai disperato, Luigi VII si recò al Capitolo Generale di Citeaux nel<br />
settembre di quell'anno, e là si prostrò dinanzi agli abati in assemblea,<br />
supplicandoli di pregare per lui. E nonostante le proteste dei prelati,<br />
non volle rialzarsi fin quando non lo avessero rassicurato che avrebbe<br />
avuto subito un figlio. Questo figlio tanto desiderato arrivò presto.<br />
Nacque nella notte tra il sabato e la domenica 22 agosto 1165, ottava<br />
dell'Assunzione» (P. A. DIMIER) Saint Louis et Citeaux. Traditions<br />
de [amille, p. 8). Questo figlio la cui nascita fu accolta dal popolo<br />
francese con una gioia delirante, non poteva non essere molto attaccato<br />
ai monaci bianchi. Lo si vede raccomandare ai suoi prevosti di vegliare<br />
sui beni delle abbazie cistercensi come se fossero suoi, fondare l'abbazia<br />
di Cercanceaux in diocesi di Sens e moltiplicare privilegi e favori. Si<br />
racconta che quando salpò per la Terra Santa, una violenta tempesta<br />
si abbatté sulla flotta reale. Dopo la mezzanotte avevano già gettato<br />
in mare mercanzie e viveri; tutto sembrava ormai perduto, quando il<br />
re gridò: «Non temete più, Dio sta per visitarci e calmare la tempesta.<br />
È l'ora in cui i monaci di Citeaux si alzano per cantare il mattutino. Essi<br />
non ci dimenticano, e le loro preghiere stanno per renderei Cristo propizio<br />
». La tempesta si calmò di fatto, il vento dileguò le nubi, e presto<br />
la luna e le stelle tornarono a brillare nel firmamento.<br />
Citeaux e i sovrani di Europa<br />
La stessa stima per i monaci cistercensi si ritrova presso tutn l<br />
sovrani di Europa, anche presso quelli che erano in difficoltà con la<br />
Chiesa. A proposito degli imperatori di Germania, dei re di Inghilterra,<br />
di Scozia, di Castiglia e del Leon, come pure di grandi feudatari, quali i<br />
conti di Champagna, i duchi di Borgogna, i conti di Savoia, ecc. si potrebbe<br />
rifare la storia di amicizie ispirate a rispetto e benevolenza.<br />
Sarebbe come rifare la storia delle fondazioni cistercensi: quelle della<br />
penisola iberica che devono molto ad Alfonso VII (t 1157) e Alfonso<br />
VIII di Castiglia (1158-1214), quelle dell'Aragona con Alfonso II<br />
(t 1196) di cui un successore si farà cistercense a Poblet (Giacomo I),<br />
quelle di Ungheria i cui re Bela II (1141) e Bela III (1196) furono gran-<br />
- 179-
di propagatori dell'Ordine. Lo stesso, in Boemia, Scozia, Portogallo. I<br />
sovrani non si limitavano a favorire le abbazie dei loro territori, ma<br />
estendevano i loro favori anche alle abbazie-madri. Citeaux, Morimond,<br />
Clairvaux soprattutto, i cui archivi conservano tanti privilegi concessi<br />
da sovrani stranineri, come Enrico II di Inghilterra, Leopoldo V duca<br />
d'Austria, Balduino conte di Fiandra, Simone duca di Lorena, Corrado<br />
conte palatino del Reno, ecc. L'editore del Chartrier ancien de Fontmorigny,<br />
(Bourges, 1936), ha studiato con cura la provenienza degli atti<br />
ed ha steso l'elenco di quelli provenienti dai re di Francia, dagli officiali<br />
reali, dai grandi feudatari della Corona, tra cui Eleonora divenuta<br />
regina di Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone, qualche grande signore<br />
e un buon numero di rappresentanti del feudalesimo locale. La storia<br />
di molte abbazie è legata a quella di una famiglia principesca o signorile<br />
che si distinse in genere per la sua generosità. Più tardi, nota giustamente<br />
l'editore del Recueil des pancartes de l'abbaye de la Ferté, (Aix,<br />
1953), « gli eredi degli antichi benefattori dell'abbazia furono talvolta<br />
costretti dalle difficoltà economiche a contestare i diritti dei religiosi<br />
sui vecchi allodi della loro famiglia» (p, 14). Donde le innumerevoli<br />
contestazioni e processi che a cominciare dal XIII secolo segnano la<br />
storia di tante abbazie.<br />
Donazioni e favori<br />
La fondazione e lo sviluppo delle abbazie ebbero luogo quasi<br />
dappertutto allo stesso modo. Un principe o un signore concedeva una<br />
proprietà - generalmente incolta - autorizzando i religiosi ad acquisire<br />
tutti i diritti fondiari e tutte le prerogative di cui neppure lui disponeva<br />
liberamente. I vassalli di questo signore approvavano la donazione<br />
del loro sovrano e vi aggiungevano quelche pezzo di terra o qualche<br />
diritto. A sua volta il fondatore rinunciava a qualche diritto e ingrandiva<br />
la proprietà primitiva. I pezzi di terra erano spesso campicelli<br />
sparsi che i religiosi si sforzavano di riunire sollecitando altre elemosine<br />
dai proprietari vicini. Di qui i numerosi scambi, cessioni e concessioni,<br />
poiché nei primi sessanta anni del XII secolo i <strong>Cistercensi</strong> non vollero<br />
estendere le loro proprietà col denaro. Accadeva spesso che la carta<br />
« di fondazione» veniva redatta molto più tardi ed enumerava quindi le<br />
donazioni successive che si erano venute ad aggiungere a quella iniziale.<br />
La prima carta del Cartulaire de Perseigne è particolarmente suggestiva<br />
e interessante. Non è datata, ma la consacrazione della chiesa che essa<br />
ricorda è del 9 ottobre 1145. Il fondatore, Guglielmo III conte di<br />
- 180-
Ponthieu, riconosce di aver fondato un'abbazia in onore della Beata<br />
Vergine Maria, col consenso dei figli Guido e Giovanni, e di aver<br />
concesso dapprima il luogo nettamente delimitato su cui è costruita<br />
l'abbazia, poi un certo numero di tenute, di grangie e di vigne, enumerate<br />
con le rispettive dipendenze. Un signore vicino e i monaci di<br />
Saint Martin di Séez vi aggiungono due grangie e dipendenze. Il fondatore<br />
approva tutto. La carta ricorda in seguito la dedicazione della chiesa<br />
(dai due vescovi di Mans e di Séez), che fu occasione di nuove donazioni<br />
- tra cui una terra con gli uomini che la abitano e il diritto di<br />
pesca nel fiume Sarthe per tutta la lunghezza delle sponde nei loro<br />
possedimenti. Queste donazioni vengono confermate dal fondatore che<br />
aggiunge numerosissimi diritti: l'autorizzazione di costruire una o più<br />
gualchiere con l'obbligo per i manenti del vicinato di portarvi i loro tessuti,<br />
creazione di un « borghese» nella città di Alençon per trattare gli<br />
affari dell'abbazia, concessione di censi e rendite su tutte le donazioni fatte<br />
dal conte Guglielmo e dai suoi sudditi, baroni, soldati e borghesi, diritto<br />
di uso di tutti i boschi, diritto di recinzion,e diritto di apporre croci<br />
su tutte le case dipendenti dall'abbazia, esenzione da ogni tassa di trasporto<br />
merci, di passaggio, di pedaggio, potatura, servizio gratuito, posteggio,<br />
scavi, disboscamenti, riparazioni di strade, ponti, città e castelli,<br />
esenzione da ogni diritto di sequestro di uomini, animali, raccolti, vini<br />
ed altri beni ecc., ecc. Il conte Guglielmo terminava la carta in presenza<br />
di numerosi testimoni, mettendo l'abbazia sotto la protezione del Dio-<br />
Onnipotente, della gloriosa Vergine Maria, di San Pietro e di tutti i<br />
santi.<br />
CITEAUX E GLI ORDINI RELIGIOSI MILITARI<br />
La fondazione di Ordini religiosi militari è una delle grandi originalità<br />
del XII secolo. «Ordine religioso militare, scrive G. Cohen,<br />
l'unione delle parole è strana, l'unione delle nozioni lo è ancor più.<br />
È l'unione nella stessa persona e sulla stessa persona della spada e della<br />
croce che la sormonta, della pace e della guerra, delle armi per la battaglia<br />
e degli indumenti liturgici del sacerdote, della corazza, o del giaco,<br />
e della stola che li ricopre» (Histoire de la Cbeualiere en France au<br />
Moyen-Age, Parigi, ed. Richard-Masse, 1949, cap. III, p. 23). Il primo<br />
tentativo di questi Ordini che mirava a combinare le esigenze della vita<br />
monastica con la vita militare, fu quello dei Templari. Si possono consultare<br />
in senso diverso gli studi pubblicati nelle Mélanges Saint Bernard:<br />
- 181 -
G. DE VALOUS, Quelques observations sur la toute prtmtttue observance<br />
des Templiers, pp. 32-40, e DOM PATRICE COUSIN, Les débuts<br />
de l'Ordre des Templiers et saint Bernard, pp. 41-52.<br />
I Templari<br />
G. de Valous sembra aver ragione quando scrive: «Se San<br />
Bernardo a cui i contemporanei e la storia hanno attribuito la parte<br />
più importante nella promulgazione della regola latina del Tempio,<br />
ha innegabilmente conferito a questa nuova forma di monachesimo<br />
tutto il prestigio della sua personalità senza pari nella Cristianità, se<br />
il grande sviluppo che ne è risultato per l'Ordine è quasi interamente<br />
suo, resta però un fatto che la parte veramente sua nella redazione<br />
di detta regola è stata esagerata, anche dagli storici più recenti ».<br />
(op. cit., p. 37). La Regula pauperum commilitonum Christi Templi<br />
Salomonici fu sì redatta da San Bernardo nel sinodo di Troyes (13<br />
gennaio 1128), ma codificava e sanzionava un certo numero di usi già in<br />
vigore fin dagli inizi (circa 1120). Guglielmo di Tiro ci fa sapere che<br />
i primi cavalieri prestarono giuramento di obbedienza al patriarca di<br />
Gerusalemme e fecero in sua presenza i tre voti di castità, povertà<br />
e obbedienza secondo la regola di Sant'Agostino. I cavalieri assistevano<br />
all'ufficio nell'oratorio dei Canonici Regolari e prestavano servizio<br />
nel palazzo reale detto Tempio di Salomone. In campagna, sostituivano<br />
il Mattutino con la recita di tredici Pater, le Ore Minori con<br />
sette Pater, il Vespro con nove Pater. I pasti erano in comune, la carne<br />
era autorizzata tre volte la settimana, salvo in certi periodi. Il silenzio<br />
era obbligatorio dopo Compieta, il riposo si prendeva vestiti.<br />
Era insomma una «comunità religiosa ancora minuscola, posta sotto<br />
la diretta dipendenza del patriarca di Gerusalemme, votata soltanto<br />
alla difesa dei pellegrini: era dunque gendarmeria, ma non ancora<br />
armata, senza grandi pretese nè forza di attrazione, costretta a causa<br />
della sua esiguità a militare in un campo limitato che non oltrepassava<br />
le immediate vicinanze di Gerusalemme. La piccola truppa aveva<br />
perciò bisogno di un patronato potente che le fosse di appoggio e le<br />
permettesse di trasformarsi in gruppo bellico permanente, capace di<br />
svolgere opera veramente militare, vale a dire, di supplire nella lotta<br />
contro i saraceni... ai crociati venuti ad aiutare i principi latini di<br />
Palestina e Siria» (op. cit., p. 37). Il compito di San Bernardo non<br />
fu quello di comporre una Regola - le cui linee essenziali sono<br />
anteriori al concilio di Troyes, e che fu rimaneggiata nel 1131 dal<br />
- 182-
patriarca Stefano - bensì quello di dare al nuovo Istituto tutto l'appoggio<br />
di un prestigio che non farà altro che accrescersi. Ugo di<br />
Payns, il fondatore --- parente dell'abate di Clairvaux, ha dimostrato<br />
M. Jean Richard - gli chiese di mettere la sua influenza al servizio<br />
del nuovo Ordine; fu così che San Bernardo redasse verso il 1135<br />
l'elogio della Nuova Milizia, De laude novae militiae, che doveva<br />
far conoscere ed accettare definitivamente dalla Chiesa e dalla società<br />
feodale questa istituzione insolita. Ecclesia abhorret a sanguine, tale<br />
era il principio universalmente accettato. Il De laude nouae Militiae<br />
era non solo un elogio e un programma, ma anche un'apologia e<br />
contemporaneamente una critica della cavalleria del secolo. Il fine<br />
della nuova cavalleria non era tanto fare la guerra, quanto proteggere i<br />
cristiani della Terra Santa e i pellegrini di Occidente dai maltrattamenti<br />
e dalle sevizie dei pagani. Chi avrebbe espletato quest'opera<br />
salutare? I cavalieri del secolo erano troppo effeminati nella loro<br />
galanteria e nel lusso. C'era bisogno di cavalieri di Cristo, di cui San<br />
Bernardo tracciava con fervore la figura ideale. Gli intrighi che caratterizzarono<br />
in seguito la seconda Crociata dimostrarono che le critiche<br />
di San Bernardo non erano infondate.<br />
L'anno 1128 che vide l'istituzione definitiva dei Templari vide<br />
anche, a Gerusalemme, gli inizi degli Ospedalieri di Santa Maria, istituiti<br />
da un ricco crociato tedesco su modello dei già esistenti Ospedalieri<br />
di San Giovanni di Gerusalemme. Questa istituzione unicamente caritativa<br />
all'inizio, divenne subito un vero Ordine militare la cui regola<br />
fu in parte improntata a quella del Tempio. Nei combattimenti si<br />
coprirono di gloria sotto il nome di Cavalieri Teutonici. Più avanti li<br />
incontreremo di nuovo.<br />
La Cavalleria spagnola<br />
Sugli Ordini militari spagnoli e portoghesi l'influsso di Citeaux<br />
fu molto più diretto. Un cistercense fu l'iniziatore, i cavalieri furono<br />
ricevuti nell'Ordine come veri fratelli e l'abbazia di Morimond fu designata<br />
loro casa-madre. Questi avvenimenti sono stati ricordati in una<br />
recente opera (FRANCISGUTTON,L'Ordre de Calatraua, Parigi, Lethielleux,<br />
1955). Quanto alle relazioni dell'Ordine di Calatrava con l'Ordine<br />
di Citeaux sono state appena trattate in una tesi magistrale approvata<br />
dalla Fordham University di New York (di J. F. O'CALLAGHAN,1957).<br />
Ricorderemo qui soltanto i fatti più importanti.<br />
Nel 1158 la fortezza di Calatrava, posizione-chiave della porta<br />
- 183-
della Castiglia, era sul punto di cadere nelle mani di innumerevoli<br />
armate musulmane. I Templari, troppo pochi, non osavano organizzare<br />
la difesa. Invano il re Sancio III faceva appello ai suoi baroni<br />
più valenti e offriva il possesso della regione calatravese a ogni cavaliere<br />
o rico hombre che si fosse impegnato a difendere il posto. L'abate<br />
di Fitero, Raimondo, si trovava allora a Toledo con un monaco, Diego<br />
Velasquez, ex-cavaliere di Alfonso VII. Stupito del silenzio che accoglieva<br />
la domanda del re ripetuta per la terza volta, Fra' Diego suggerl:<br />
« Partiamo per la guerra contro i Mori», mentre una voce interiore<br />
si faceva sentire a Raimondo: «Accetta l'offerta del re. Vai a stabilirti<br />
a Calatrava. Sii il difensore della Cristianità e salvala ». Deciso a<br />
seguire ciò che gli sembrava un'ispirazione del cielo, l'abate Raimondo<br />
chiese al re l'onore di difendere Calatrava, benché gli sembrasse cosa<br />
fuori della vocazione di un religioso. Confidando nella Provvidenza, il<br />
re accettò la domanda dell' abate e fece dono della fortezza di Calatrave<br />
«all'Ordine di Citeaux e a Dom Raimondo abate di Fitero» (carta<br />
del gennaio 1158 emanata ad Almazan in Navarra) nominando quest'ultimo<br />
Capitano generalè della fortezza. Immediatamente, in un'esplosione<br />
di energia, volontari accorsero da ogni parte. Si rinforzarono<br />
le muraglie, si organizzò la difesa, si fece perfino qualche incursione<br />
in campo nemico. L'abate-Capitano generale chiamò famiglie di coloni<br />
per far coltivare i campi all'intorno e fece venire anche la maggior parte<br />
dei monaci di Fitero. I musulmani, vedendo i cristiani decisi a rimanere<br />
a Calatrava e a difendersi energicamente, rinunciarono alla progettata<br />
spedizione. Calatrava prese l'andamento di una fondazione cistercense<br />
in regola - approvata dal Capitolo Generale, su richiesta di<br />
Sancio III, di Luigi VII e del duca di Borgogna, secondo un « vecchio<br />
documento» di Fitero trascritto nel Bullarium Ordinis Militiae de<br />
Calatrava. La primissima organizzazione è mal conosciuta, e non durò<br />
molto. La comunità di Calatrava sembra comprendesse i vecchi monaci<br />
di Fitero e nuove reclute; indossavano l'abito cistercense, ma erano<br />
organizzati militarmente, alla maniera dei Templari. Raimondo nel<br />
1161 si ritirò a Ciruelos, dove morl, e un nuovo abate (Guglielmo) fu<br />
eletto a Fitero, mentre un certo Rodolfo prendeva la direzione di<br />
Calatrava. Non aveva né la personalità né il prestigio di Raimondo<br />
ed era in fondo soltanto il superiore dei monaci. I cavalieri desideravano<br />
per Maestro uno di loro. È cosi forse che si spiega il trasferimento<br />
dei monaci a Ciruelos dal 1163 e l'elezione di Don Garcia a<br />
Maestro di Calatrava. Ma benché decidessero di chiamare in casa loro<br />
dei preti secolari in qualità di cappellani, i cavalieri non intendevano<br />
~ 184-
affatto rompere con l'Ordine di Citeaux, di cui portavano l'abito e<br />
seguivano le osservanze compatibili col loro genere di vita. Don<br />
Garcia si recò perciò al Capitolo Generale di Citeaux del 1164, che<br />
accolse i cavalieri non ut [amiliares sed ut vere [ratres, e regolò il<br />
loro genere di vita (Prima regula et forma uiuendi data venerabili<br />
Fratri Garda Magistro... a Capitulo Generali Cisterciensi die 14<br />
septembris 1164). Tale regolamento di vita era pressappoco quello<br />
dei templari quanto al vestito e al nutrimento. Nelle abbazie dell'Ordine,<br />
però, i cavalieri non venivano ricevuti in conventu ma nella<br />
foresteria. Più tardi, ne] 1187, su richiesta del Maestro Nufio Perez<br />
appoggiata da re Alfonso VIII, i rapporti con Citeaux furono consolidati.<br />
Calatrava divenne una vera congregazione cistercense della<br />
filiazione di Morimond. Il Maestro era assistito nel suo governo da<br />
due monaci nominati dall'abate di Morirnond, e questi era il superiore<br />
maggiore dell'Ordine di Calatrava. È a lui che spettava il diritto di<br />
confermare l'elezione del Maestro e di fare la visita regolare, come nelle<br />
altre case della filiazione di Morimond. Il Maestro era assistito nel<br />
suo governo da due monaci nominati dall'abate di Morimond i quali<br />
portavano il titolo di priore e vice-priore di Calatrava. Il Maestro e<br />
il Priore dovevano partecipare al Capitolo Generale di Citeaux. I cavalieri<br />
fecero di tutto per ottenere l'uguaglianza completa con i monaci<br />
dell'Ordine, cosa che fu realizzata nel 1222.<br />
Contemporaneamente, e sul modello di Calatrava, altri Ordini<br />
militari si organizzarono nella penisola. Il primo in ordine di tempo<br />
sembra quello di San [ulian del Pereiro, trasferito ad Alcantara nel<br />
1218. Altri nello stesso periodo si incorporarono all'Ordine di Calatrava,<br />
come i cavalieri di Evora in Portogallo, i cavalieri di Montefrago.<br />
La milizia di Turgel fu posta dal Capitolo Generale del 1190 sotto la<br />
giurisdizione dell'abate di Moreruela. Più tardi furono fondati gli<br />
Ordini di Avis, di Montesa e di Cbrist che riconobbero, almeno<br />
teoricamente, la supremazia di Morimond, Gli abati di Citeaux, fino<br />
alla fine del Vecchio Regime, quando ormai deponevano i loro titoli,<br />
avevano cura di far notare che erano capi supremi di cinque milizie,<br />
di Calatrava, di Alcantara, di Montesa, di Avis e di Christ.<br />
Vedremo nel secolo XIII abati cistercensi di Pomerania tentare<br />
di istituire delle milizie cavalleresche sul modello di Calatrava (cavalieri<br />
di Dorbzin), ma esse furono subito assorbite dai Cavalieri Teutonici.<br />
(Traduzione dal francese di P. IGINOVONA,O. Cist.)<br />
- 185-
I<br />
. 1r5( .<br />
/
ASSOCIATIO SANCTI BENEDICTI EVROPAE PATRONI<br />
ATTI<br />
DELLA PRIMA MANIFESTAZIONE<br />
DEL GRUPPO ROMANO<br />
Nel Palazzo della CANCELLERIA APOSTOLICA in ROMA<br />
29 Marzo 1974<br />
Sede del Gruppo Romano dell'Associazione in Roma:<br />
Piazza del Tempio di Diana n. 14 - TeI. 573.694
ATTI DELLA PRIMA MANIFESTAZIONE<br />
DEL GRUPPO ROMANO<br />
DELL'ASSOCIATIO S. BENEDICTI EUROPAE PATRONI<br />
CELEBRAZIONE BENEDETTINA A ROMA<br />
Abbiamo l'onore di riportare nella nostra rivista gli ATTI della<br />
manifestazione sul tema: «S. BENEDETTO e l'EUROPA », che ebbe<br />
luogo per inviti nella «Sala dei Cento Giorni» al Palazzo della<br />
Cancelleria Apostolica in Roma, dalle ore 17 alle 19,30 di venerdì<br />
29 marzo 1974, secondo il seguente programma:<br />
1. Apertura della cerimonia al canto dell'inno ufficiale della «ASSO-<br />
CIATIO SANCTI BENEDICTI EUROPAE PATRONI» Ore<br />
Romano, presentato per la prima volta, su testo latino - ode saffica<br />
minore - composto dal notissimo innografo liturgico, e membro<br />
dell'Associazione, P. D. Anselmo Lentini O. S. B., nell'esecuzione,<br />
a 4 voci dispari, del Coro « VOCES LATINAE » di Rovereto, diretto<br />
dal Maestro, compositore boemo, Jan Novàk, autore della musica.<br />
Lettura prosodica della saffica latina, con la corrispettiva traduzione<br />
italiana ritmica, in « saflica anarima»; e breve presentazione<br />
storico-estetica.<br />
2. Parole di saluto e di introduzione da parte dell'Avv. Prof. Sebastiano<br />
Ferlito, Presidente del1a Sezione romana dell'Associazione.<br />
3. Orazione ufficiale di S. Eminenza il Sig. Cardinale Pietro Palazzini.<br />
4. Conferenza del Prof. Dom Philippe Rouillard o. S. B. docente<br />
nell'ateneo di San Anselmo in Roma.<br />
5. Discorso conclusivo dell'Ecc/mo Abate Generale dell'Ordine Cistercense<br />
Dom Sighard Kleiner, Presidente onorario della Sezione Romana<br />
e Vice-Presidente internazionale dell'ASSOCIATIO «SAN-<br />
CTUS BENEDICTUS EUROPAE PATRONUS ».<br />
La manifestazione - inquadrata nelle celebrazioni del « DECEN-<br />
NALE» delle «Litterae Apostolicae PACIS NUNTIVS », sub anulo<br />
Piscatoris datae die XXIV mensis Octobris anno MCMLXIV, in<br />
occasione della riconsacrazione della Basilica di Monte Cassino ad<br />
opera del regnante Pontefice PAOLO VI (dal quale documento ebbe<br />
poi origine l'istituzione della stessa «ASSOCIATIO») - faceva<br />
immediato seguito alla prima rievocazione del fausto avvenimento,<br />
che il Papa stesso aveva voluto ricordare pochi giorni prima, nell'affollata<br />
Piazza di San Pietro, dopo la recita dell'ANGELUS, domenica<br />
- 188-
17 marzo 1974 (Cfr. Osserul Romano, An. CXIV, n. 65 di Lunedì-<br />
Martedì 18-19 Marzo 1974, in centro alla prima pagina).<br />
La riunione al Palazzo della Cancelleria, organizzata dalla Sezione<br />
Romana della stessa «ASSOCIATIO» in forma espressamente celebrativa,<br />
ebbe il più lusinghiero successo di pubblico e di risonanza nel<br />
mondo benedettino; con la presenza di illustri rappresentanti della<br />
Chiesa: Porporati, Vescovi, Arcivescovi, Generali di Ordini Religiosi,<br />
membri della Curia Romana e della stessa Segreteria di Stato Vaticana<br />
-anche il Sostituto di S. S. Mons. Giovanni Benelli, Tit. di Tusuro,<br />
aveva inviato un suo particolare rappresentante - nonché personalità<br />
importanti del mondo politico e culturale romano.<br />
PAROLE DI PRESENTAZIONE DELL'INNO E DEL SUO<br />
AUTORE<br />
(Dalla registrazione magnetica)<br />
L'inno poli fonico - a 4 voci dispari - di cui avete ascoltato<br />
alcune strofe, venne richiesto all'Autore - il monaco Cassinese<br />
P. D. Anselmo Lentini, nostro Socio (che dovrebbe essere presente), -<br />
da una Delegazione della « ASSOCIATIO » (composta dal Prof. Ferlito,<br />
da Mons. Del Ton e da chi vi parla), nel corso di una devota<br />
peregrinatio alla tomba di San Benedetto in Montecassino, 1'11<br />
luglio dello scorso anno. La bellissima ode latina ci venne fatta pervenire<br />
qualche settimana dopo.<br />
La realizzazione musicale venne da me espressamente richiesta al<br />
Maestro e compositore fecondissimo Janos Novàk, artista esimio e<br />
latinista appassionato, mio ottimo amico, durante il lavoro organizzativo,<br />
a me affidato del «BIDUUM LATlNUM », il Congresso intercontinentale<br />
a Roma dei più famosi latinisti, che ebbe luogo nei giorni<br />
lO e Il Novembre 1973, presieduto (per beneplacito del Santo Padre)<br />
da S. Em/za il Sig. Peride Felici, valido latinista e già Segretario del<br />
Concilio Vaticano Secondo. Vi si celebrò il primo ventennio di attività<br />
della rivista « LATINITAS », che esce dal Vaticano, fondata nel 1953<br />
con l'alto favore dell'allora Sostituto alla Segreteria di Stato Mons.<br />
G. Battista Montini, oggi Papa Paolo VI. Consegnai il testo latino<br />
dell'ode al Maestro Novàk lunedì 8 ottobre; ed esattamente un mese<br />
dopo - musica, spartiti, istruzione del coro ed impeccabile esecuzione<br />
sotto la direzione dello stesso autore - erano accolti dal fragoroso<br />
- 189-
applauso dei congressisti, perché volli che quella eccezionale manifestazione<br />
religioso-artistica-culturale fosse inaugurata proprio dal nostro<br />
inno: appunto per il fatto che, nelle prime 3 strofe che avete ascoltato<br />
nella registrazione, esalta il merito della «lingua di Roma» (« ore<br />
Romano») che, sulla bocca dei pionieri monaci di San Benedetto,<br />
fu l'idioma essenziale per la trasmissione della civiltà romano-cristiana<br />
nell'Europa di allora, entro ed oltre gli stessi confini dell'Impero<br />
Romano, ed anche in altri paesi, dove non era mai risuonato il passo<br />
delle legioni di Roma.<br />
(Segue la lettura prosodica dell'ODE e la traduzione ritmica estemporanea strofa per<br />
strofa, vedo pago 00).<br />
Dopo queste brevi parole sulla genesi dell'inno, e dopo averlo<br />
letto e tradotto strofa per strofa, credo che il mio compito di presentarvelo<br />
ufficialmente sia stato espletato.<br />
Valore dell'inno<br />
Vorrei solo mettere in evidenza come ogni verso, ogni espressione<br />
di questa religiosissima lirica, vibra di laboriosa mistica armonia,<br />
di alta spiritualità orante. S'inquadra cioè perfettamente in quel caratteristico<br />
binario dell'« ORA ET LABORA» che sintetizza la vita<br />
attiva del monachesimo occidentale, distinguendolo dalla vita essenzialmente<br />
contemplativa dell'eremitismo Basiliano (Anche se quel<br />
binomio abusatissimo, «ORA ET LABORA », non è stato mai pronunziato<br />
da San Benedetto e non si trova, così esplicito, in alcun<br />
capitolo della «REGULA MONACHORUM »!).<br />
La personalità dell'autore-poeta.<br />
E poiché vedo che il caro P. Lentini non è presente - ma è presente<br />
l'eccellentissimo Abate-Vescovo di Montecassino, Mons. D.<br />
Martino Matronola O. S. B., suo superiore (che confido vorrà riportare<br />
al suo monaco l'entusiastica gratitudine della «Associatio») - mi<br />
prendo l'ardire di far due parole su questo generoso poeta, senza recar<br />
impaccio alla sua abituale modestia.<br />
Nel pindarico volo attraverso l'epopea degli albori benedettini,<br />
e dei successivi 15 secoli fino a noi, concettoso e possente, con una<br />
ineguagliabile fluidità di verso magistrale, l'aedo di Montecassino traccia<br />
- 190-
una gigantografia lirico-ascetica del grande Patriarca, visualizzandolo<br />
alla nostra ammirata devozione in un alone quasi di leggenda; facendo<br />
sprizzare scintille di abbacinante luminosità dal ferro incandescente<br />
del suo monastico ardore, come esperto artigiano, aduso a forgiare gli<br />
inni sacri della liturgia romana nella fucina inesauribile della sua<br />
cella solitaria. E lo ascoltiamo qui in saffici armoniosi, politi e freschi,<br />
risuonanti ancor oggi l'eco melliflua della divina Saffo, «dal crin di<br />
viola », che tumidi spumeggiavano di ellenica salsedine, a specchio<br />
dell'Omerico brizzolato mare.<br />
Ed io lo veggo: ritto alla «buris » del suo aratro monastico,<br />
l'occhio fisso alla bitraversa Croce col monogramma PAX, nel seno<br />
fecondo della grande Madre Terra affonda il vomere adunco, exarando<br />
diritto il solco fumido, ed in esso inseminando la bionda lucida cariosside<br />
del triticum latino. Vi si rizzeranno a messidoro ardite ariste di<br />
grano precoce, sussurranti l'eco di antiquissime istorie agiografiche al<br />
vento meridiano della «montagna di Benedetto»: angeliche soavi<br />
melodie che hanno su noi il potere magico di scuotere le fibre più<br />
intime dell'anima e di far sussultare in preghiera la parte migliore di<br />
noi stessi.<br />
È questa la potenza imaginifica del «Vate» - Ò 'JtOt,'Y}'t1)t; -<br />
per cui egli, come già disse il Tasso, «diviene partecipe della divina<br />
facoltà creatrice»! Ché in tutta l'ode sentiamo alitare «la celeste<br />
nuova luce inviata dal Cielo ai terrestri» - « missa de Caelis alitura<br />
terram Lux nova Caelis» - come un amato mistico che si unisce e<br />
salda nel pathos lirico, altisono e vibrante del verso.<br />
Solenne s'innalza il P., come falco audace in tarde ruote tra le<br />
pendici rocciose del fatidico monte, nell'umido crepuscolo antelucano<br />
di matutina orazione, ad ali spiegate in quell'etra di limpido azzurro ...;<br />
e - come un giorno il Patriarca mori turo dalla finestrella della sua<br />
torre vigile, «instans uigiliis, adbuc quiescentibus [ratribus » Cfr. S.<br />
Greg. Magni Dialogi, II, cap. 35) - mira anche egli « tutto il mondo<br />
davanti al suo occhio, quasi raccolto in un unico raggio di sole»:<br />
« omnts mundus, veluti sub uno solis radio, collectus est ante oculos<br />
etus ».<br />
Bruno Balestrieri Socio della A.S.B.E.P.<br />
- 191
ORE ROMANO<br />
INNO dell'ASSOCIATIO SANCTI BENEDICTI EUROPAE PATRONI<br />
Parole di P. D. Anselmo Lentini O.S.B.<br />
Musica del Maestro Jan Novàk<br />
(a 4 voci dispari)<br />
D~g:QOMAN(> .<br />
'".i.<br />
!-!lncet lnU8 -<br />
- 192-
1)<br />
HYMNVS<br />
ASSOCIATIONIS<br />
SANCTI BENEDICTI<br />
EVROPAE PATRONI<br />
Ore Romano canimus libentes<br />
quotquot Europae populis vetustis<br />
scimus immenso micuisse celsam<br />
lumine Romam.<br />
2)<br />
Graeciae quicquid sapientis artes<br />
quicquid et Musae tulerant decoris,<br />
innovans sumpsit, dedit atque saeclis<br />
Roma perenne.<br />
3)<br />
Hinc et invasit per amoena rura,<br />
nobiles urbes celebresque portus<br />
missa de caelis, alitura caelis<br />
lux nova terram.<br />
4)<br />
Huius o praestans, Benedicte, praeco,<br />
iarn redi, dicens precibus laborem<br />
intimo nexu socium, fovere<br />
prospera vitae.<br />
5)<br />
Tu, Pater dulcis, pius et Patronus,<br />
tu probos mores nitidumque mentis<br />
promove cultum studiumque verax<br />
ordinis aequi.<br />
6)<br />
Largus et gentes tuearis ornnes,<br />
ut fides vivax homines et una<br />
caritas Christi solident sacrato<br />
foedere Pacis.<br />
(P. D. Anselmus Lentini O.S.B.)<br />
1)<br />
L'INNO UFFICIALE<br />
deU'ASSOCIAZIONE<br />
« SAN BENEDETTO<br />
PATRONO D'EUROPA»<br />
Nel romano idioma - su! - cantiamo,<br />
noi che sappiamo quante antiche genti<br />
d'Europa accese a civiltà l'eccelso<br />
sole di Roma.<br />
2)<br />
Tutto l'ingegno de la Grecia e l'arte,<br />
e l'onor de le Muse che raccolse,<br />
rinnovando assorbì Roma e trasjuse<br />
sempre nei tempi.<br />
3)<br />
E quinci invase per ameni campi,<br />
per città nobili, celebri porti<br />
luce novella a dar dai cieli in terra<br />
vita pei cieli.<br />
4)<br />
Di questa luce, o Benedetto, araldo,<br />
torna a insegnarci che il lavoro umano,<br />
congiunto a la preghiera, giova a viver<br />
prospera vita.<br />
5)<br />
Tu, dolce Padre, tu, Patrono pio,<br />
tu l'onesto costume, il culto puro<br />
promuovi de la mente, e d'eque leggi<br />
studio uerace.<br />
6)<br />
193 -<br />
Sii generoso Protettor di tutti,<br />
perché vivida Fede e il solo Amore<br />
di Cristo saldi gli uomini in un sacro<br />
patto di Pace.<br />
(Trad. B. Balestrieri)
Roma, 29 marzo 1974<br />
Sala dei Cento Giorni - Palazzo della Cancelleria<br />
Eminenze, Eccellenze, Autorità, Signore e Signori,<br />
quale Presidente del Gruppo di Roma della Associatio Sancti Benedicti<br />
Patroni Europae, ho l'onore - devoto e gradito - di rivolgere il<br />
saluto dell'Associazione a tutti coloro che, con la loro autorevole e<br />
significativa presenza, dimostrano - oltre il riconoscimento delle<br />
benemerenze del Monachesimo Benedettino - anche una apprezzabile<br />
ed incitante simpatia verso questa nostra Associatio, la quale ha la<br />
ambiziosa speranza, germogliata nella fede, di volere apportare i suoi<br />
sforzi più validi, anche in esplicitazione dell'apostolato laico, per la<br />
continuazione dell'opera di San Benedetto e dei Monaci nella costruzione<br />
di una Europa saldamente unita per il mantenimento della pace.<br />
«San Benedetto e l'Europa» è il tema della presente manifestazione,<br />
la cui illustrazione è affidata alla parola, elevata ed ispirata,<br />
di Sua Em.za Rev.ma il Cardinale Palazzini; alla relazione storicovivificatrice<br />
del Rev. Prof. Dom Rouillard; e alla conclusione dell'Abate<br />
Generale Ecc.za Dom Sighard Kleiner, autorevolissimo rappresentante<br />
e Vice Presidente centrale dell'Associatio.<br />
A me sia consentita la modesta parte di parlare della Associatio,<br />
di San Benedetto e l'Europa; suo contenuto finalistico, sue azioni,<br />
suo programma.<br />
Lo Statuto dell'Associatio riassunto nel volantino (che è in distribuzione),<br />
dà il senso profondo della sua natura, che si incentra<br />
nella missione della fermezza della fede cattolica e della propulsione<br />
di opere cristianamente sociali, nella visione ispiratrice Benedettina<br />
di «ORA ET LABORA ».<br />
L'opera di San Benedetto e dei Monaci già è servita al suo<br />
sorgere a cementare, nel nome del Signore, l'unità spirituale d'Europa,<br />
facendo avvertire che popoli divisi sul piano linguistico, etnico e<br />
culturale, costituivano l'unico popolo di Dio. Il contenuto finalistico<br />
dell'Associatio è quello di continuare, nelle forme moderne ma sempre<br />
strettamente collegate alle sante e salutari tradizioni, quella promozione<br />
missionaria che ha fatto di San Benedetto il «Celeste Patrono Principale<br />
dell'intera Europa », come ebbe a solennizzarlo il Santo Padre<br />
Paolo VI il 24 ottobre 1964 nell'occasione della riconsacrazione del<br />
glorioso Monastero di Montecassino, faro di cristianità e cultura su<br />
tu tto il mondo.<br />
- 194-
Ancora oggl, m cui i popoli d'Europa presentano altri diversi<br />
problemi di divisione e di composizione (nel campo politico ed ideologico<br />
e nelle espressioni economiche, commerciali, e finanziarie), lo<br />
spirito Benedettino si manifesta in tutta la sua forza, come elevazione<br />
spirituale in cui ogni contrasto trova la sentimentale e ragionevole<br />
soluzione, nel nome del Signore. San Benedetto, la sua Regola i suoi<br />
Monaci, sono stati precursori di quelli che noi oggi consideriamo i<br />
grandi e gravi problemi della civiltà industriale; è solo una questione<br />
di dimensioni. L'attività economica trova un posto di rilievo nella<br />
Regola di San Benedetto: coltivare, dissodare, disboscare, risanare<br />
paludi conquistando terreni abbandonati e deserti, «perché sono veri<br />
monaci appunto quando vivono col lavoro delle loro mani, come i<br />
nostri padri e gli Apostoli» (è quanto sta scritto al Cap. 48 della<br />
Regola di San Benedetto). L'accademico francese Goyan ha individuato<br />
che per merito dei monaci si iniziò nella Svezia il commercio del grano,<br />
nella Borgogna la fecondazione artificiale del pesce, nell'Irlanda la<br />
pesca del salmone, nel parmense l'industria del formaggio; in agricoltura,<br />
in particolare, è stata promossa la coltivazione della vite, piantando<br />
i più rinomati vigneti nella Borgogna, sul Reno, in Alvernia,<br />
in Inghilterra e in molti altri paesi.<br />
Nella occasione del III Congresso dell'Associatio, nell'ottobre<br />
1971 a Langwaden, in Germania, insigni oratori - come il Cardinale<br />
Jean Daniélou e il Prof. Edrnond Giscard d'Estaing - hanno evidenziato<br />
gli encomiabili sforzi di questo secolo da parte degli Stati d'Europa<br />
verso una Europa Unita, come l'unione doganale, il Consiglio<br />
d'Europa, il M.E.C. etc., concludendo con la frase altamente incisiva:<br />
«unità dell'Europa nelle sue diversità »; ma aggiungendovi responsabilmente<br />
che bisogna lavorare per eliminare tutto ciò che si oppone<br />
al concetto unitario, perché è una questione vitale anche per la civilizzazione,<br />
perché siamo rsponsabili della «civitas» terrena, e per fare<br />
ciò bisogna porre le premesse spirituali; perché se i fondamenti della<br />
fede svanissero, si lavorerebbe contro l'Europa.<br />
Questa è l'opera dell'Associatio Sancti Benedicti Patroni Europae.<br />
Fondata nel 1968, dopo il primo tempo di organizzazione, già nel 1970<br />
è stata riunita la seconda Assemblea a Roma; nel 1971 segui il<br />
terzo Congresso a Langwaden, come sopra si è detto. Nel 1972 il<br />
quarto Congresso è stato tenuto a Sion, sviluppato sul tema vitalissimo<br />
della cultura e delle Università, fari luminosi di tutte le scienze.<br />
L'anno scorso 1973, nel mese di ottobre, il quinto Congresso si è svolto<br />
a Madrid su un tema di grande attualità: «La Contemplazione e<br />
- 195-
la società industriale », in cui la contemplazione non è solo fatto ascetico,<br />
ma è principalmente la attenta e migliore considerazione dei fatti,<br />
ed ora della moderna società industriale, per trarne adeguati programmi<br />
e metodi di vita cristiana.<br />
Nel 1974 i Soci dell'Associatio si riuniranno a Salisburgo per il<br />
sesto Congresso; sarà poi a Roma la destinazione del settimo Congresso<br />
nel 1975, in coincidenza dell'Anno Santo. Noi del Gruppo di<br />
Roma consideriamo questo un avvenimento importante, al quale dobbiamo<br />
degnamente prepararci, con impegno e devozione.<br />
Concludendo, rivolgo il pensiero - a nome di tutti - a San<br />
Benedetto, perché egli « nobile araldo », - come lo chiama il Rev.do<br />
Don Anselmo Lentini O.S.B. nell'inno in suo onore scritto per la<br />
nostra Associatio e (continuando con le stesse parole) - ci ispiri ad<br />
insegnare che « a la preghiera unito/sia l'umano lavor perché la vita]<br />
scorra felice », che le menti delle genti e la condotta degli Stati tutti,<br />
e di quelli di Europa in particolare, siano indirizzate «allo onesto<br />
costume) al culto puro/e allo studio uerace d'eque leggi », e perché<br />
- infine - « Fede e Amore di Cristo Iunisca e saldi gli uomini in un<br />
sacro/ patto di PACE ».<br />
Sebastiano Ferlito tPres. della Sez. Romana A.S.B.E.P.)<br />
- 196-
SAN BENEDETTO PADRE DELL'EUROPA<br />
di Pietro Card. Palazzini<br />
Sono molti oggi ad insistere sull'urgenza dell'unità europea, come<br />
unica via di salvezza per tutte le sue componenti, e ciò proprio mentre<br />
più pressanti sembrano farsi le forze centrifughe degli egoismi nazionali.<br />
Chi non vede come fra i due blocchi compatti, uno ad oriente<br />
e l'altro all'occidente, un'Europa divisa, e peggio discorde, ha in sé il<br />
germe fatale della debolezza e della finale rovina? Solo, quindi, se<br />
tutte le nazioni di Europa si uniranno saldamente in un organismo<br />
superiore di coordinazione economica e politica, che insieme le faccia<br />
muovere ed operare, l'Europa può non solo sopravvivere, ma anche<br />
conservare il ruolo provvidenziale di maestra di civiltà, mantenuto<br />
per secoli.<br />
Certo l'unione a cui pensiamo oggi è diversa da quella verificatasi<br />
nel passato e possiamo raggiungerla solo per altre vie, e questo<br />
perché ogni periodo storico ha il suo proprio volto e le sue proprie<br />
esigenze. Ciò però non toglie che ricordare le diverse forme assunte<br />
dall'unità d'Europa attraverso i secoli giovi non poco a vincere le<br />
difficoltà e a trovare la via giusta e sicura per raggiungere l'unione<br />
oggi tanto ricercata. Il cemento di unità dell'Europa nei secoli, il suo<br />
filone d'oro è stato il cristianesimo, senza di cui non ha senso una<br />
civiltà europea. A lavorare in questo filone d'oro la Provvidenza ha<br />
chiamato molti uomini nel variare dell'età; ma uno soprattutto ne<br />
va ricordato, che ha punteggiato l'Europa di avamposti di evangelizzazione,<br />
che sono stati nello stesso tempo fortilizi della civiltà: Benedetto<br />
di Norcia, giustamente salutato Padre dell'Europa. L'esperienza<br />
storica legata al nome prestigioso di San Benedetto ha da dire qualche<br />
cosa anche oggi alle nazioni d'Europa, perché sappiano trovare un<br />
cemento alla loro unione, che non sia solo unione negli interessi economici<br />
e nelle direttive politiche, ma anche unità negli indirizzi spirituali.<br />
Un rinnovato slancio ecumenico della civiltà cristiana in Europa,<br />
è forse solo un sogno? Direi che è un impegno, tanto alto e nobile,<br />
anche se difficile, che l'Associatio internationalis benedictina fa suo,<br />
perché sente che è un ideale per cui vale la pena di spender la vita,<br />
come l'ha spesa per primo colui dal quale l'Associatio prende il nome.<br />
Il suo ricordo, la rievocazione sia pure sommaria e imperfetta della<br />
sua opera, è diretta a stimolarci in questo grande ideale.<br />
- 197-
Benedetto da Norcia<br />
Chi cerca - com'è legittimo - nella storia dei grandi, le<br />
date, i riferimenti, le circostanze precise, il logico svolgimento dei fatti,<br />
rimane, nel caso di San Benedetto, inesorabilmente deluso. Nulla<br />
sappiamo con certezza dei suoi lineamenti corporei. Il racconto degli<br />
atti di San Benedetto, nell'unica fonte di cui disponiamo - il libro<br />
dei Dialoghi di San Gregorio (fonte preziosa perché scritta a una<br />
cinquantina d'anni appena dalla morte del Santo e fondata sui vivi<br />
ricordi degli immediati suoi successori in Subiaco e in Montecassino)<br />
- è un racconto composto a scopo di edificazione, senza nessun logico<br />
svolgimento dei fatti, senza date e riferimenti precisi. Eppure,<br />
come è già stato osservato, dopo la lettura dei Dialoghi (L II, PL<br />
66, 125 ss.) non si prova quel tormento di curiosità inappagata, di cui<br />
siamo soliti soffrire COSt spesso dinanzi alle grandi figure della storia,<br />
quando, nonostante ogni sforzo, sembra che ci sfugga la profonda<br />
sostanza dell'uomo.<br />
Se qualcuno, a distanza di secoli, rifacesse la domanda bonaria<br />
del diacono Pietro, ]'interlocutore dei Dialoghi: «Ma dimmi, in<br />
linguaggio comune, che uomo era questo Benedetto? » anche noi non<br />
sapremmo rispondere meglio che con le parole di San Gregorio<br />
Magno: «Era un santo », o Pietro. Non c'era caso che gli uscisse di<br />
bocca parola, anche la più comune, che non fosse pensata e pesata ».<br />
« ... Del resto, chi vuol farsi un'idea più esatta della vita e dei<br />
costumi del santo, non ha che da richiamare i singoli punti della sua<br />
Regola per riconoscervi tutti gli atti del suo magistero; perché Benedetto<br />
non poteva affatto insegnare se non la vita da lui vissuta»<br />
(Cfr. Greg. Dial. 1. II. cap. 36).<br />
Il tramonto dell'impero romano avrebbe potuto segnare una catastrofe<br />
di proporzioni apocalittiche per l'avvenire della umanità, della<br />
cultura e della civiltà.<br />
Se non lo fu, se anzi quel drammatico, apocalittico trapasso segnò<br />
una svolta, che fu quella che diede origine alla media aetas, la cui<br />
civiltà ha avuto come campo di diffusione l'Europa, lo si deve alla<br />
continuità che la chiesa di Roma, assicurò con le sue istituzioni, con<br />
le sue diocesi ed i suoi monasteri, che in quel periodo si modellarono<br />
in Occidente sulla Regola di San Benedetto. Le invasioni barbariche)<br />
dilaganti nell'impero, pur togliendo di mano alle popolazioni occupate<br />
tutto quello che potevano, non potettero togliere loro (anzi li costrinsero<br />
a più accanirsi nella difesa) quei beni spirituali di religione e di<br />
- 198-
cultura, di cui la Chiesa di Roma attraverso le scuole cattedrali e<br />
soprattutto monastiche, divenne, nella tormenta generale, la vigile<br />
custode. Questa Chiesa si trovò allora davanti al compito immane di<br />
pacificare i germani vincitori con i vinti romani, e di agevolarne la<br />
fusione in un popolo solo, per avviare gli uomini verso una più vasta<br />
unità, quella della fratellanza cristiana.<br />
E mentre in passato la Chiesa aveva avuto il suo campo di<br />
azione nel mondo greco-romano: cristianesimo contro paganesimo di<br />
cui aveva trionfato, ora il campo di lavoro si era spostato al mondo<br />
romano-germanico, cioè al mondo europeo. E tre furono le componenti<br />
in contrasto da avvicinare fra loro non solo in una collaborazione<br />
d'intenti, ma in una fusione di sentimenti e di costume: la tradizione<br />
giuridica romana, il giovane dinamismo germanico, la fede e l'etica<br />
cristiana. Fu lungo e paziente il lavoro della Chiesa, ma tenace e coronato<br />
da successo.<br />
Anche allora, come sempre, nella sua missione profetica, la Chiesa<br />
lungi dal garantire il sistema sociale costituito, che veniva sgretolandosi<br />
sotto i colpi di maglio delle invasioni barbariche, mentre dell'antica<br />
civiltà cercò di salvare i valori eterni, affrontò i nuovi conquistatori<br />
non con le armi di ferro, che non ha, ma con quelle dello spirito;<br />
li interrogò, li provocò ad un esame severo, ad una coraggiosa riforma<br />
della vita, ad un profondo radicale rinnovamento, ad una conversione<br />
interiore, sovvertendo così, nei migliori di loro, i fondamenti dell'egoismo<br />
col fermento dell'amore. Coscienza critica del mondo e della storia,<br />
che solo la Chiesa sa essere e ]0 fu per quanto il mondo romano aveva<br />
di decrepito e per quanto quello germanico aveva di violento.<br />
Quello che la Chiesa ha fatto nel campo universale, Benedetto con<br />
la sua Regola lo ha fatto nel particolare campo del monachesimo;<br />
ma, affiancando mirabilmente, qualche volta, sostenendo quasi integralmente<br />
l'opera della Chiesa, fino ad essere, in certi momenti, la<br />
principale forza portante della Chiesa stessa.<br />
Eppure la prima reazione di Benedetto di fronte al mondo in cui<br />
si trovò a vivere, esperiti appena i compiti giovanili di studio, nell'orientamento<br />
da prendere per la vita, era stata quella di fuggire dal<br />
mondo. L'eremitismo fu la prima vocazione o tentazione, che dir si<br />
voglia di Benedetto nel suo ritiro di Affile, nella sua fuga sui colli vicini<br />
fino ai tre anni di isolamento nello speco di Subiaco.<br />
Ma quando la Provvidenza gli fece comprendere manifestamente<br />
che lo voleva maestro e guida di uomini, avvertl che quel prendere le<br />
debite distanze da un mondo in rovina, era da intendersi nel senso non<br />
- 199-
di rinnegare tutto, ma anzi di riaffermare, per salvare, i più alti valori<br />
della civiltà, per creare tra le tempeste l'isola di pace, dove annidasse<br />
la fede, la carità fraterna; dove l'uomo potesse elevare gli occhi al Cielo<br />
senza avvilimento, e la vita, liberata da ogni gravezza, assumersi un suo<br />
ritmo alto, operoso, sereno, dove fossero sacri la meditazione e il lavoro,<br />
la purezza del costume e la carità fraterna. Sorse così il monumento<br />
della Regola; regola per eccellenza, aperta a chiunque volesse militare<br />
alla costruzione dell'ideale vangelico.<br />
«A te ora il mio discorso si rivolge, chiunque tu sia, che<br />
rinunciando ai propri voleri, cingi le fortissime e splendide armi<br />
dell'obbedienza per militare sotto il vero re,' Cristo Signore », Con<br />
questa grande apertura egli presentava la sua Regola, nella quale, la<br />
coscienza di un'alta missione si leva sul tumulto dei tempi e racchiude<br />
in poche, ma immortali pagine tutta una esperienza e un magistero<br />
di secoli.<br />
Tutti potevano entrare a far parte della comunità di Benedetto<br />
da Norcia; il servo e il libero, il Goto e il Romano, purché se ne<br />
mostrassero degni nell'anno di noviziato e si obbligassero con voto<br />
solenne.<br />
Una famiglia fatta così di diverse componenti, non consente<br />
dispersioni o diserzioni: chi ha pronunciato il voto, si è vincolato alla<br />
perpetua « stabilità », salvo casi eccezionali. La legge che governa questa<br />
convivenza è una sola, semplicissima e quasi irraggiungibile nella<br />
sua compiutezza: l'amore, tutto l'amore, escluso l'amore di sé: amore<br />
di Dio che sale in alto come incenso di preghiera (ora); amore del<br />
prossimo, avviato al lavoro ed accolto con estrema bontà come mendico<br />
e come ospite.<br />
Dalla lettura delle cose divine, riposo del monaco, si sviluppò la<br />
scienza; dal lavoro manuale monastico (labora) la coltura economica<br />
del Medio Evo raccolse i suoi frutti più abbondanti. La tradizione della<br />
coltivazione agraria dei Romani e dell'amministrazione della proprietà,<br />
l'abilità degli operai romani e il patrimonio dell'arte antica si trasmisero<br />
ai germani per mezzo dei monaci.<br />
All'interno della vita monastica, Benedetto impresse nel monachesimo<br />
orientale lo spirito romano, rendendolo così più accessibile agli<br />
stessi Germani. Le sue idee suI contenuto essenziale del monachesimo<br />
non sono originali, ma ciò che lo fa patriarca dei monaci di occidente<br />
sono tratti fondamentali del suo carattere di occidentale e di romano.<br />
Di una dottrina della vita contemplativa egli ha fatto il codice di una<br />
società stretta per vocazione al servizio divino; una scuola di progresso<br />
- 200-
morale, una vita di azione. Salvò così e rese vitali per l'Occidente<br />
i grandi, profondi ed eterni pensieri dell'Oriente. In ciò sta l'importanza<br />
della opera di Benedetto: essere stato il legislatore della vita<br />
monastica, che ha proliferato in tutto l'Occidente per secoli. Se è opera<br />
di genio l'arricchire il mondo con nuovi e profondi pensieri, è anche<br />
meritoria funzione, per quanto più modesta, il costruire dalle rovine<br />
monumentali di antiche norme di diritto un edificio stabile, dove<br />
custodire e salvare i valori ed i pensieri più nobili dalle tempeste del<br />
tempo. San Benedetto ha fatto ciò strutturando il monachesimo<br />
occidentale durante la trasmigrazione dei Germani: quel monachesimo<br />
che raccoglierà il patrimonio ricchissimo del mondo che era prima di<br />
loro per offrido alla posterità in una forma adatta anche ai secoli<br />
posteriori più poveri.<br />
Il simbolismo dell'incontro di Totila con San Benedetto va oltre<br />
l'episodio storico e riveste la figura di ciò che egli inconsciamente<br />
stava preparando con la sua regola: la costruzione di un mondo nuovo,<br />
della civiltà, che si chiamerà europea. In ogni parte dell'Occidente,<br />
appena conquistato alla fede, la Regola e l'istituto benedettino<br />
penetrarono e furono baluardo della romanità, strumento di più alte<br />
conquiste. Montecassino rigermogliò prodigiosamente a Bobbio, a<br />
Farfa, a Corbie, a Bee, a San Gallo, a Reichenau, A Westminster e<br />
a Malmesbury.<br />
Andando oltre la coscienza del fondatore, e contro il suo stesso<br />
intendimento, il monastero, poiché rispondeva ad una profonda, generale<br />
esigenza, s'incorporò nel mondo e svolse una formidabile azione<br />
economica, sociale, culturale, che fece dei Benedettini i maestri e gli<br />
agricoltori d'Europa; diventò per larghissima cerchia di gente: banca,<br />
laboratorio, azienda agricola, scuola, biblioteca. Perenne nei suoi ideali<br />
e non servo dei tempi, il monastero fu per la Chiesa la riserva delle<br />
buone energie nelle ore di smarrimento e di battaglia. Discepoli di<br />
Benedetto: Agostino, Vilfrido di York, San Bonifacio, portarono il<br />
messaggio alla Frisia alla Sassonia, all'Inghilterra.<br />
La sovranità popolare germanica dovrà un giorno ricondurre<br />
ad un nuovo impero, che pur ispirandosi all'impero romano, proteggerà<br />
la Chiesa con la spada tedesca. Maestri di tale elevazione dovevano essere<br />
i discepoli di Benedetto: dal1a civiltà, tramandata dalla Regola<br />
benedettina sorse il medioevo cristiano-germanico.<br />
Nella basilica di San Pietro, la notte del Natale dell'BOO, nasceva<br />
così una prefigurazione dell'Europa futura ed un pontefice romano la<br />
teneva a battesimo, posando la corona sul capo del nepote di Carlo<br />
- 201-
Martello. Ma ancor prima, sotto le bandiere di questo ultimo i campioni<br />
cristiani, che avevano infranto a Poitiers (723) l'avanzata Uno allora<br />
irrefrenabile, mussulmana, si erano riconosciuti per la prima volta<br />
europei.<br />
Non pochi abati o monaci benedettini avevano preparato quegli<br />
avvenimenti, non con programmi politici, che non erano di loro competenza<br />
(anche se qualcuno di essi poteva essere più o meno infeudato<br />
al carro franco e imperiale); ma con le loro fondazioni ed il fiorire<br />
di queste alla luce della Regola per eccellenza.<br />
E credo non sia temerario, come ipotesi storica, pensare che rivestisse<br />
la cocolla benedettina anche quell'anonimo continuatore della<br />
cronaca di Isidoro di Siviglia, contemporaneo degli avvenimenti di<br />
Poitiers, il quale non ravvisa in quei guerrieri affratellati dalla comune<br />
fede cristiana né Germani né Franchi, ma Europei: « europeenses ».<br />
Due secoli neppure di vita della «Regola» di San Benedetto;<br />
diecine, centinaia di abbazie, sparse nei territori, che allora per la prima<br />
volta si chiamano « europei », centinaia, migliaia di monaci, chini<br />
sugli incunaboli, o sulle terre aride o paludose oppure salmeggianti<br />
nel coro di Lodi al Re dell'eterna gloria, avevano operato il miracolo<br />
di una «pentecoste europea ».<br />
San Benedetto si ergeva fin d'allora non solo padre di quelle<br />
schiere di monaci, ma padre della nascente Europa.<br />
L'esperienza carolingia fu il fiore di una primavera, ben presto<br />
sfiorita per l'egoismo e gli interessi personali dei discendenti di Carlo<br />
Magno e per la tendenza degli Ottoni, volta piuttosto alla risurrezione<br />
del grande impero di Roma sotto il segno dell'unità mediterranea,<br />
anziché di quella europea. Tuttavia quell'esperienza si rivelerà come<br />
la più concreta; si rivelerà come il momento centrale di una storia<br />
della civiltà, che ormai non potrà non essere se non « europea », cioè<br />
indirizzata verso gli sviluppi della romanità, abbinata al cristianesimo,<br />
verso l'Europa continentale. sviata, almeno parzialmente, dalle direttrici<br />
mediterranee (africana, balcanica e asiatica).<br />
I barbari, che assieme ai cittadini romani avevano abitato e<br />
stavano abitando gli stessi monasteri, ed osservavano la stessa Regola,<br />
senza limitarsi a vivere del capitale ereditato dalla civiltà romano-cristiana<br />
da essi saccheggiata, avevano ben imparato a cooperare con essa<br />
in un'attività sociale creatrice nuova. E più tardi, quando la Chiesa,<br />
irretita dal feudo, incatenata alla terra, parve immemore della sua<br />
missione universale, dai grandi abati cluniacensi mosse il salutare richiamo,<br />
ripreso poi dai benedettini Pier Damiani ed Ildebrando che da pon-<br />
- 202-
tefice darà il nome alla riforma gregoriana. E quando tra Investiture<br />
e Crociate - sforzo torbido di liberazione, slancio dell'Europa cristiana<br />
alla conquista guerriera del sepolcro di Cristo - colse gli spiriti<br />
un'ansia rinnovata di purezza e di dedizione, e alla Roma gerarchica<br />
occorse un esercito inquadrato e disciplinato, al magistero della Regola<br />
si richiamarono con eroica fermezza Roberto di Molesme e Bernardo<br />
di Chiaravalle per l'instaurazione cistercense.<br />
Tutto questo appartiene solo alla storia? Lo spirito di Benedetto<br />
da Norcia, questo spirito di armoniso compenso tra la forza e la<br />
mitezza, tra la legge e la libertà, tra la natura e la grazia, tra la norma<br />
oggettiva e la vita individule; questo spirito di unione della virtus<br />
romana con la charitas cbristiana deve restare solo una visione che si<br />
dilegui nelle sabbie del passato?<br />
È a tutti chiaro che né l'economia né la politica possono in pieno<br />
garantire l'unità d'Europa, giacché gli interessi e la politica sono fatti<br />
per dividere e non per unire, mentre tale garanzia può essere data solo<br />
dalle forti e vaste correnti di pensiero e profonde convinzioni che<br />
hanno sempre costituita la civiltà europea. Infatti, sul piano economico<br />
il processo di unificazione europea si è rallentato e sul piano politico<br />
ogni tanto si nota l'insorgere qua e là dello spirito nazionalista contro<br />
il potere sovranazionale, che non riesce a prendere piede. A leggere<br />
oggi gli articoli di certi giornali, specie francesi, c'è persino da scoraggiarsi<br />
che l'Unione europea riesca a realizzarsi. «La conferenza di<br />
Washington Waterloo dell'Europa », ecco un recente titolo di Le<br />
monde; «La Comunità ormai avviata ad una lunga ibernazione»<br />
ecco un altro titolo di un recente articolo di l'Aurore: titoli che riflettono<br />
un stato d'animo abbastanza diffuso specie in Francia dopo le<br />
conferenze, non certo molto promettenti di Parigi, di Kopenaghen e<br />
di Washington.<br />
All'unità di Europa si arriverà assai più facilmente richiamandosi<br />
a principi superiori che, essendo già patrimonio comune da secoli,<br />
dettano a tutti quello spirito di sacrificio e quelle rinunzie, le quali<br />
sono indispensabili ogni volta che gli uomini e più ancora gli Stati<br />
vogliono dall'isolamento individuale passare ad una qualsiasi forma<br />
associativa.<br />
Quali sono precisamente questi motivi? Hanno un solo nome:<br />
civiltà cristiana. E accanto a questo nome astratto un nome concreto:<br />
Benedetto da Norcia.<br />
- 203-<br />
-
SAINT BENOIT ET LA CJVILISATION OCCIDENTALE<br />
di Philippe Rouillard, O.S.B.<br />
Beaucoup d'hornrnes pourraient prétendre au titre de patron<br />
de I'Europe, ou du moins beaucoup d'hommes pourraient à juste<br />
titre faire partie d'un Conseil des ministres de l'Europe, qui rassemblerait<br />
des hommes de tous les siècles. Ce conseil serait constitué d'hommes<br />
qui ont été les pédagogues et Ies ministres, c'est-à-dire Ies serviteurs de<br />
l'humanité; d'hommes dont l'action et l'oeuvre ne s'est pas limitée<br />
à un seuI pays, mays s'est diffusée à travers l'Europe entiére; d'hommes<br />
qui ont ainsi rapproché les peupies entre eux et ont contribué au<br />
développement et au progrès de la civilisation occidentale. Dans ce<br />
Conseil des ministres européen, on verrait: de l'Italie, Dante, Michel-<br />
Ange, Leonard de Vinci; de France, Pascal et Descartes; d'Allemagne,<br />
Goethe et Bethoven; d'Autriche, Mozart; d'Angleterre, Shakspeare;<br />
d'Espagne, Cervantès. Mais à còté des écrivains et des artistes, il y<br />
aurait ausi des saints: au moins saint Benoit, saint François d'Assise,<br />
saint Dorninique, saint Ignace de LoyoIa. Et beaucoup d'autres<br />
candidats encore pourraient briguer un siège au Conseil permanent des<br />
ministres de l'Europe, ~ la Chambre permanente de la civilisation<br />
occidentale.<br />
Et pourtant, au milieu de tous ces hommes de génie, au milieu<br />
de ces saints qui ont donné le jour à des familles si nombreuses et si<br />
actives, c'est saint Benoit qui a été reconnu comme père de la civilisation<br />
occidentale. L'homme qui a donné naissance à la civilisation de l'Occident<br />
est ce moine silencieux, méditatif, qui n'a écrit qu'un tout petit<br />
livre, appelé Règle; cet homme qui a vécu hors du monde, et dont<br />
l'itinéraire est allé seulement de Norcia à Rome, de Rome à Subiaco,<br />
et de Subiaco au Mont-Cassin. Ce moine, dont ne savons finalement<br />
que peu de choses, a planté sur la colline du Cassin un grain de<br />
sénevé qui, selon la parabole évangélique, est devenu un grand arbre<br />
dont les branches ont couvert l'Europe entière et y ont répandu la<br />
civilisation chrétienne. Comment donc expliquer cette aventure, cette<br />
carrière européenne de saint Benoit? Et quel peut ètre le message<br />
apporté aujourd'hui par ce moine silencieux et discret à ceux qui,<br />
d'une manière ou d'une autre, veuIent ètre les serviteurs et Ies<br />
rninistres de la civilisation occidentale?<br />
Les pages qui suivent traiteront brièvement de l'expérience personnelle<br />
de Saint Benoit, du ròle du monachisme en Europe dans le passé,<br />
enfin du message de Saint Benoit aux hommes de notre temps.<br />
- 204-
1. LJexpérience personnelle de saint Benoit<br />
Saint Benoit n'est pas né à Rome, mais dans la petite ville de<br />
Norcia, en Ombrie. Il nait vers 480, et à l'age de seize ans il est<br />
envoyé à Rome pour y faire ses études. Au premier contact, le jeune<br />
provincial est sans doute séduit par la splendeur de la capitale du monde.<br />
Mais bien vite le regard perspicace de l'étudiant découvre la précarité<br />
et la superficialité de cette splendeur. A cette époque, le pouvoir<br />
politique dans la péninsule est entre les mains d'un barbare, Théodoric,<br />
roi des Ostrogoths. Le pouvoir ne tient que par la force. Dans<br />
l'Eglise de Rome, la situation n'est guère plus brillante: le pape<br />
d'alors, Anastase II, se fai t taxer d'hérésie par une partie de son<br />
clergé, ce qui lui vaudra d'ètre relégué en enfer par Dante, et à sa<br />
mort (498) deux candida ts se dispu teron t le siège de saint Pierre; le<br />
pape Simmaque et l'antipape Laurent.<br />
Dans ce monde politique et religieux OÙ règnent la violence,<br />
la division, l'ambition, dans cette civilisation sans idéal et sans transcendance,<br />
le jeune Benoit se sent ma] à l'aise, frustré, déçu. Il n'y a<br />
rien à attendre de cette société pour un homme qui veut donner un<br />
sens à sa vie, pour un homme qui cherche à avoir une vie intérieure, une<br />
vie spirituelle, une vie ouverte à Dieu. Alors le jeune étudiant rompt<br />
avec cette sociéte, avec cette civilisation vieille, avec ce monde décevant.<br />
Com me l'écrit son biographe, le pape sant Grégoire le Grand, «il<br />
retire le pied qu'il a posé à l'entrée du monde », et il cherche l'accès à<br />
un autre monde, à un monde spirituel où, comme le dit eneo re saint<br />
Grégoire, « sous le regard de Dieu, il habite avec lui-mème ».<br />
L'expérience di Saint Benoit se déroule en deux temps: dans une<br />
premier temps, il vit à Subiaco dans une solitude complète, dans une<br />
ruprure totale avec la société humaine, au point que des bergers qui<br />
l'aperçoiven t dans sa grotte du Sacro Speco le prennent pour une<br />
bete sauvage, ce qui est assenz paradoxal pour un futur père de la<br />
civilisation occidentale. Dans un second temps, Saint Benoit vit au<br />
Mont-Cassin avec des disciples séduits par son idéal, et il renoue des<br />
liens avec les autres hommes, puisque son monastère reçoit de nombreux<br />
hòtes,<br />
Il semble que l'expérience fondamentale de Saint Benoit, expérience<br />
qui inspirera tout le monachisme ultérieur, soit celle-ci: d'une<br />
part, le refus et la condamnation d'une société don t le projet est<br />
seulement horizontal et qui ne propose à I'homme aucun idéal transcendant;<br />
et d'autre part, l'ébauche et la construction d'une petite communauté<br />
humaine dont le projet est vertical, communauté dans laquelle<br />
- 205-
l'hornme retrouve la vérité de ses relations avec Dieu et avec les autres<br />
hommes et, par le fait mème, la plénitude de son ètre humain et chrétien.<br />
Cette orientation ou cette déterrnination fondamentale donne à<br />
Saint Benoit une grande assurance et une grande sérénité au milieu<br />
des vicissitudes, voire des scismes de son temps. Quelques épisodes<br />
significatifs de la vie un peu légendaire écrite par le pape Saint Grégoire<br />
illustrent ce calme: Benoit reçoit un jour la visite du roi goth<br />
Totila, qui a voulu se jouer de lui, mais le moine garde toute sa paix<br />
et c'est le roi goth qui finalement se prosterne davant lui. Un autre<br />
jour, un autre barbare amène à Benoit un paysan ligoté, et lui réclame<br />
avec violence l'argent que ce paysan lui aurait confié; ici encore, le<br />
moine conserve tout son calme, ne se lève mème pas de son siege,<br />
délivre le paysan de ses liens et dompte le barbare qui, lui aussi, se<br />
prosterne davant l'homme de Dieu. Ces anecdotes sont sans doute<br />
Iégendaires, mais Saint Grégoire y a vu le symbole de la victoire de la<br />
puissance spirituelle sur la force barbare.<br />
2. Le ràle du monacbisme en Europe dans le passé<br />
Saint Benoit n'a pas vouIu fonder un Ordre religieux, il n'a<br />
eu aucun projet européen, mais peu à peu sa Règle s'est répandue<br />
et imposée dans tout l'Occident, et les monastères bénédictins se sont<br />
multipliés. À la question de savoir quelle a été l'oeuvre de ces<br />
monastères au service de I'Europe, on peut répondre qu'elle a été tout<br />
ensemble une oeuvre de christianisation et une oeuvre d'humanisation,<br />
une oeuvre de spiritualisation et un oeuvre de civilisation.<br />
Il est certain que le moine est avant tout un homme de Dieu,<br />
un homme de prière, mais le moine attentif à Dieu est aussi attentif<br />
aux hommes ses frères. Le moine veut aider ses frères à vivre en<br />
chrétiens, mais il doit d'abord les aider à vivre en hommes, à mener<br />
une vie vraiment humaine. La fonction du monachisme en Europe à<br />
travers les siècles a été une pédagogie et une éducation. Les moines ont<br />
été les éducateurs de l'Europeo<br />
Et ceci se vérifie à plusieurs niveaux. D'abord au niveau fondamental,<br />
qui est celui de l'économie. Une des causes du déclin de la<br />
civilisation romaine avait été l'abandon et le mépris du travail.<br />
Travailler, et surtout travailler de ses mains, était une occupation<br />
réservée aux esclaves, à Iaquelle un homme libre ne pouvait s'abaisser.<br />
Saint Benoit au contraire enseigne la dignité et la nécessité du travail.<br />
Dans sa Règle, il impose à tous ses mornes un vrai travail quotidien.<br />
206 -
Et mèrne le dimanche, si un moine est incapable de lire, mieux vaut<br />
pour lui travailler manuellement que se livrer au «farniente ». «La<br />
eonception bénédictine de la tàche quotidienne se trouve à l'origine de<br />
l'importance prise par l'idée du travail dans la civilisation moderne,<br />
aussi bien qu'à la racine de la philosophie et de la morale de I'éconornie<br />
contemporaine » (Ph. SCHMITZ, Histoire de l'Ordre de Saint Benoit,<br />
voI. II, p. 7). Il serait facile de décrire le ròle joué par les moines dans<br />
le défrichement des forèts, dans la diffusion et l'amélioration des<br />
cultures, dans le développement des métiers. Mentionnons au moins<br />
l'importance de la culture de la vigne. Les moines avaient besoin de<br />
vin pour la célébration de la messe, d'autant que juspu'au X siècle<br />
tous les chrétiens communiaient sous les deux espèces. Les moines ont<br />
donc répandu dans toute l'Europe la culture de la vigne, mème dans<br />
des pays peu ensoleillés comme la Belgique et l'Angleterre. Nul ne<br />
peut nier l'importance de la vigne dans la civilisation occidentale, et<br />
chacun sait que le Champagne a· été inventé par un bénédictin, Dom<br />
Prignon.<br />
Si les moines ont joué un ròle important dans le développement<br />
de l'agrieulture, ils ont joué un ròle plus important encore dans la<br />
transmission et la diffusion de la culture intellectuelle.<br />
Saint Benoit, dans sa Règle, recommandait aux moines de lire<br />
quatre heures par jour! Qui parmi nous lit quatre heures par jour?<br />
Les moines bénédictins devaient avant tout lire la Bible, mais aussi<br />
le grands écrivains chrétiens et les grands écrivains humains. Or pour<br />
lire, il faut des livres, ou tout au moins des manuscrits. Touts les<br />
monastères eurent done des ateliers de copistes, qui remplirent les<br />
bibliothèques, en attendant que l'invention de l'imprimerie vienne<br />
totalement transformer la diffusion de la culture. Un inventaire des<br />
bibliothèques des monastères au moyen age montre qu'elles contiennent<br />
environ trois quarts de livres religeux et un quart de livres profanes:<br />
auteurs classiques, livres de science et de médicine. Dans la biblioteque<br />
de Cluny, au XII siècle, le catalogue des auteurs classiques recense<br />
aussi bien les poètes illustres: Virgile, Juvénal, Horace, Térence,<br />
Ovide, etc, que les grands prosateurs: Cicéron, Sénèque, Tite-Live,<br />
Suétone, Salluste. On peut affirmer sans exagération que presque<br />
tout ce que nous avons conservé des lettres classiques a été sauvé par<br />
les bibliothèques des monastères. La littérature classique nous a été<br />
transmise par le travail des copistes, ce travail pénible dont l'un d'eux<br />
disait à la dernière page de son manuscrit: « Tros doigts seulement<br />
écrivent, mais c'est tout le corps qui se fatique ». En mème temps les<br />
- 207-
monastères, centres de vie intellectuelle, ouvraient des écoles et favorisaient<br />
la difIusion d'un véritable humanisme chrétien. Il convient<br />
d'ailleurs de remarquer que cette activité intellectuelle impliquait de<br />
nombreux échanges d'un monastère à l'autre, sans limitation de frontière<br />
et sans difficulté de langue, puisque tout le monde écrivait et<br />
enseignait en latin: le moyen age a connu un vrai marché commun de<br />
la librairie et de la théologie.<br />
Travail manuel, travail intellecteul, mais aussi travail artistique.<br />
Les moines ont stimulé et favorisé la création artistique sous toutes<br />
ses formes: architecture, peinture, sculpture, enluminure, chant et<br />
musique. Le langage de l'art est un langage normal pour cet homme<br />
contemplatif et silencieux que veut ètre le moine. Sa contemplation de<br />
Dieu, méditation de l'Ancien et du Nouveau Testament, sa célébration<br />
quotidienne de la liturgie, le conduisent à créer un cadre spatial,<br />
monumental et musical qui exprime cette contemplation, cette harrnonie,<br />
cette joie de vivre avec Dieu et pour Dieu. Tous les pays d'Europe,<br />
à commencer par I'Italie, possèdent des dizaines ou des centaines de<br />
monastères qui, rnème inhabités demeurent des hauts-lieux de beauté,<br />
de paix, de spiritualité. Des monuments comme le cloltre de Saint-<br />
Paul-hors-les-Murs à Rome, le cloitre de Monreale en Sicile ou l'abbaye<br />
du Mont-Saint-Michel en Normandie sont vraiment des chefs-d'oeuvre<br />
de la civilisation occidentale.<br />
Enfin, les fils de Saint Benoit ont été les éducateurs de l'Europe<br />
par leur oeuvre spécifique, qui est la célébration de la liturgie. Venir six<br />
ou sept fois par jour devant Dieu pour le chanter et le louer, voilà<br />
qui transforme peu à peu un homme, voilà qui forme un type d'homme.<br />
La prière liturgique enseigne à I'hornme OÙ réside la véritable efficacité,<br />
ou plutòt elle enseigne que le but de la vie humaine n'est pas l'efficacité,<br />
mais une activité gratuite, une recherche spirituelle qui est sans valeur<br />
économique, mais qui confère un sens et un contenu à I'existance de<br />
l'homme. Les moines, et tout les chrétiens qui pendant des siècles ont<br />
partecipé à leurs célébrations liturgiques, ont ainsi fait l'expérience de<br />
I'unique réalité, de l'unique Etre qui peut combler le désir de l'homme.<br />
Gràce à la liturgie, I'homrne européen a appris à tourner son regard<br />
vers le ciel.<br />
3. Le message de Saint Benoit aux hommes de notre temps<br />
Le monachisme bénédictin a rempli dans les siècles passés une<br />
fonction éducatrice à l'égard de l'Europeo Il a élaboré et diffusé ce que<br />
- 208-
nous appelons la civilisation occidentale. Mais cette pédagogie n'est pas<br />
achevée. Saint Benoit n'a pas été proclamé par Paul VI patron de<br />
I'Europe d'hier mais patron de l'Europe d'aujourd'hui et de demain.<br />
Nous devons donc nous demander, en cette dernière partie, quel message<br />
Saint Benoit adresse aux hommes de la seconde moitié du XX siècle,<br />
quel peut et doit ètre le ròle du monachisme dans le monde et l'Egli se<br />
d'aujord'hui.<br />
En premier lieu, disons que Saint Benoit, aujourd'hui comme au<br />
V siècle, proclame la grandeur, la transcendance, la souvraneté de<br />
Dieu. Dans un monde très matériel, Saint Benoit et ses fils sont les<br />
hérauts de la primauté du spirituel. Dans une Eglise qui connait la<br />
tentation de l'horizontalisme, Saint Benoit et ses fils ont le courage et<br />
l'audace de la verticalité. Ils croient en Dieu qui habite au ce, et qui<br />
doit ètre cherché au del, et non pas seulement sur la terre. Dans une<br />
Eglise où des théologiens parlent de la mort de Dieu, Saint Benoit<br />
et ses fìls veulent ètre les témoins du Dieu vivant. Dans un monde<br />
où les hommes cherchent avidement le pouvoir ou le plaisir, Saint<br />
Benoit et ses fils cherchent Dieu, et pensent qu'aucune autre recherche<br />
ne vaut celle-là, et que la soif de I'homme ne peut ètre rassasiée que<br />
par cette recherche-là. Dans l'Europe d'aujourd'hui, les monastères<br />
doivent demeurer des lieux de la présence de Dieu et de la recontre avec<br />
Dieu. L'Eglise et le monde seraient menacés d'asphyxie si les monastères<br />
fermaient leurs portes.<br />
En second lieu, disons que la fonction du monachisme dans le<br />
monde et dans I'Eglise d'aujourd'hui est de communiquer cette experience<br />
du Dieu vivant. Saint Benoit dans sa Règle avait prévu que les<br />
hòtes ne manqueraient jamais au monastère. Ceci est plus vrai que<br />
jamais. Combien d'hommes, combient de jeunes en quète de Dieu,<br />
ou simplement en quète de spiritueI, viennent frapper à la porte<br />
des monastères! Ils demandent un homme, ou une communauté, qui<br />
sache parler de Dieu, ou témoigner de Dieu. Et s'ils ne trouvent aucun<br />
rnaitre spirituel, aucun homme de Dieu, en Occident, ils iront jusqu'en<br />
Inde pour le chercher et peut-ètre le trouver. Il y a là une responsabilité<br />
immense et redoutable pour le monachisme de notre temps, selon qu'il<br />
sera ou non capable de répondre à ce cri: « Fais-nous connaitre Dieu ».<br />
Et la civilisation européenne, si elle ne retrouve pas ce souffie et cette<br />
inspiration, risque de rendre bientòt son dernier soupir.<br />
En troisième Iieu, on peut dire qu'une des leçons majeures<br />
adressées par Saint Benoit à l'Europe contemporaine est le respect de<br />
l'homme. L'auteur de la Règle bénédictine commande à ses moines<br />
- 209-
d'honorer tous les hommes: honorare omnes homines. Et ailleurs il<br />
recommande de ne pas faire de diflérence entre l'homme libre et l'esclave,<br />
de ne pas accueillir le riche et le puissant mieux que le pauvre. Il en<br />
donne la raison en expliquant qu'en tout homme nous rencontrons<br />
et nous vénérons la personne du Christ. Cette leçon de respect chrétien<br />
et surnaturel envers tous les hommes, quelles que soient leur couleur,<br />
leur race, leur nationalité, leur culture, est extrèmernnt actuelle dans<br />
une Europe qui, mème si elle ne pratique par la ségrégation raciale<br />
officielle, connait pourtant divers types de discrimination économique,<br />
sociale et humaine.<br />
En conclusion, pour reprendre notre parabole initiale du conseil<br />
des ministres, nous proposerions qu'à saint Benoit patron d'Europe,<br />
à saint Benoit père de la civilisation occidentale, soient confiés deux<br />
portefeullis: le portefeuilIe de la tradition et le portefeuille de la construction.<br />
Le portefeuille de la tradition, parce que Saint Benoit, avec<br />
une expérience de quinze siècIes, connait les valeurs qui font l'homme,<br />
l'homme vrai, l'homme libre; et ces valeurs sont le travail, le culture,<br />
l'art et la prière. Mais aussi le portefeuille de la construction, parce que<br />
le monachisme bénédictin, qui au long des siècles s'est adapté à tant de<br />
mentalités diverses, reste ouvert, sereinement ouvert à toute évolution<br />
et à toute expression des mèmes valeurs dans des formes nouvelles et<br />
dans un langage nouveau.<br />
Le concilie de Vatican II, de façon assez prophétique, a demandé<br />
gue les monastères soient des «seminario aedificationis populi cbristiani<br />
», ce qui doit se traduire «des lieux de germination et de<br />
construction du peuple chrétien» et de la civilisation chrétienne.<br />
Souhaitons que les fils de saint Benoit, aujourd'hui comme hier,<br />
soient capables de répondre à cette attente des hommes et à cette<br />
espérance de l'Eglise.<br />
PAROLE CONCLUSIVE DEL VICE PRESIDENTE CENTRALE<br />
DELLA «ASSOCIATIO» P. DOM SIGHARD KLEINER, ABATE<br />
GENERALE DEI CISTERCENSI<br />
Fabbisogni della moderna società europea e piena attualità degli ideali<br />
della nostra «ASSOCIArlO ».<br />
Signori e Signore, amici tutti della nostra «Associatio »,<br />
desidero innanzi tutto ringraziare ciascuno dei presenti del loro interesse<br />
alla nostra Associazione, alle sue aspirazioni ed agli obiettivi che si<br />
- 210-
propone di raggiungere con le sue iniziative. In modo particolare<br />
ringrazio l'Eminentissimo Signor Cardinale Pietro Palazzini di aver<br />
accettato di parlarci di San Benedetto quale Patrono dell'Europa. La<br />
sua parola dotta e convincente ci ha aiutato a capire meglio la figura<br />
sublime e dominante dell'Uomo che Pio XII non esitò a chiamare<br />
« Padre dell'Europa »: paternità spirituale incontrastata, che il nostro<br />
amato Sommo Ponteficie felicemente regnante ha riaffermato proclamandolo<br />
dieci anni fa « Patrono dell'Europa» proprio nella sua Montecassino.<br />
La mia viva gratitudine anche al Reverendo P. Philippe Rouillard,<br />
che ci ha presentato un quadro bellissimo della personalità di San<br />
Benedetto.<br />
Dopo questi discorsi pronunciati da oratori tanto autorevoli, non<br />
oso aggiungere altro. Mi sia soltanto concesso di dire qualche parola<br />
sull' «ASSOCIATIO s. BENEDICTI PATRONI EUROPAE»). Dico questo<br />
titolo in latino, per significare quanto questa lingua ci è cara.<br />
Era uno dei principali veicoli della cultura e conserva anche oggi una<br />
grande forza di irradiazione di alto umanesimo cristiano).<br />
La nostra « Associatio » vuoI essere prima di tutto una devota<br />
risposta alle sollecitudini del Santo Padre Polo VI. Essa vuoI concretizzare<br />
il suo provvido pensiero di mettere in rilievo l'unità spirituale<br />
dell'Europa, le basi comuni ai vari Paesi di questa nostra Europa,<br />
oggi tanto minacciata nei suoi più alti valori dell'intelligenza, della<br />
fede, del costume, della sanità morale, psichica e fisca dei suoi popoli.<br />
Come il dépliant offerto alla vostra attenzione ben lo mostra, i<br />
grandi scopi dell'Associatio si fondono con quelli della Chiesa. Ma vi si<br />
aggiunge una modalità di grande portata, che illustra meglio i suoi<br />
principi e dona efficacia alla sua azione. Cioè gli associati vedono<br />
l'Europa e il suo salvataggio nello specchio di un imponente personaggio<br />
della storia, che con la sua istituzione ha esercitato un profondo<br />
influsso nel divenire di un'Europa unita nella cultura cristiana: San<br />
Benedetto di Norcia, del quale speriamo di celebrare nel 1980 il XV<br />
centenario della nascita.<br />
San Benedetto Padre e Protettore dell'Europa. «Protettore» -<br />
e spero di interpretare bene il pensiero del Santo Padre - non soltanto<br />
perché intercessore presso il trono di Dio, ma anche perché le sue idee<br />
umanissime ben assimilate, sono una difesa forte, una diga fermissima<br />
contro tutto ciò che turba l'equilibrio spirituale dell'uomo europo di<br />
oggI.<br />
L'equilibrio è uno degli aspetti più attraenti dell'umanità di<br />
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San Benedetto. Non c'è bisogno, qui, di insistere oltre su questa caratteristica<br />
della sua vita e del sue insegnamento. Interessa piuttosto il<br />
sue accostamento. alla condizione dell'uomo occidentale, bisognoso di<br />
una profonda rettifica.<br />
È evidente che il nostre mondo attuale è turbato proprie da<br />
squilibri morali, condizionati in buona parte dagli squilibri ecologici<br />
dell'urbanesimo. eccessivo, della corsa alla produzione, del consumo.<br />
indisciplinate delle risorse naturali, e dell'Inquinamento. Senza cadere<br />
nell'errore che l'ambiente soltanto determina e perfino manipola l'uomo,<br />
non sfuggono. le profonde piaghe che gli accennati squilibri stanno<br />
causando. nell'uomo di oggi. Le statistiche sull'aumento dei casi patologici,<br />
della criminalità e aggressività, dei suicidi e dell'immoralità,<br />
dimostrane infatti che l'uomo occidentale si trova in una crisi condizionata<br />
largamente da fattori ecologici ed economici, che agiscono sfavorevolrnente<br />
sul sue atteggiamento religioso, morale ed intellettuale.<br />
Non mancano certamente tra gli economisti quelli che fanno eccessive<br />
affidamento. sull'autoregolazione dei processi economici che, seconde<br />
loro, eserciterebbero. una benefica retroazione sull'atteggiamento umane<br />
globale. Ma conoscendo, alla luce della fede, l'uomo oberato. dal<br />
peccato originale e, quindi, fragile nel sue equilibrio. morale, non possiamo.<br />
condividere tale ottimismo. Per superare la crisi attuale ci vuole<br />
qualcosa di più dei processi economici favorevoli. È necessaria la<br />
disciplina, è necessaria 1'« austerity ». Ci vuole, insomma, l'educazione<br />
dell'uomo ad un equlibrio sano in tutte le manifestazioni della<br />
sua vita. L'uomo deve vivere secondo le leggi che il Creatore ha<br />
impresse nella sua natura, come nella creazione intera; perciò, parlando.<br />
in termni pratici, deve imporsi la giusta misura in tutte.<br />
A queste proposito, I'organizzazione data da San Benedette al<br />
sue monastero ci da molto da riflettere. Certamente non tutti possono<br />
fissare la loro dimora sulla rocca di Montecassino, ma i responsabili<br />
possono prendere da essa espirazione per una sana politica ecologica.<br />
Infatti l'uomo ha bisogno di aria, di cibi sani, di spazio vitale.<br />
L'uomo, inoltre, ha bisegno. di un ritmo ben dosato tra lavoro e<br />
riposo, tra impegno e divertimento, tra sferzo di ascesi e distensione;<br />
ha bi segno di alternanza tra comunicazione e silenzio, tra compagnia<br />
e solitudine; ha bisegno. di comunità senza promiscuità, di rispetto della<br />
sua intimità e, nelle stesse tempo, di inserimento nell'andamento della<br />
vita sociale; ha bisegno. di un tempo. di lettura, di riflessione, di preghiera;<br />
deve poter vivere in un'atmosfera di fede, di buon costume,<br />
di mutua fiducia e di pace. Ma, affinché l'uomo conduca una vita con-<br />
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forme ai suoi destini terreni ed eterni, questi elementi, tutti necessari<br />
come sono, devono trovarsi in armonia tra loro. Occorre ricercare e<br />
stabilire l'equilibrio, nell'individuo, tra le sue tendenze e bisogni, e<br />
nella società, tra diritti e doveri, servizi e vantaggi, piaceri e oneri,<br />
partendo dal riconoscimento delle giuste esigenze del prossimo. Senza<br />
giustizia non vi può essere pace nella società umana e, per conseguenza,<br />
nemmeno carità. Per questo la Giustizia è appunto rappresentata con la<br />
bilancia in mano, segno di equilibrio.<br />
L'uomo occidentale di oggi, sospinto da tanti influssi avversi, ha<br />
perduto o è in pericolo di perdere questa necessaria armonia, perciò<br />
ha urgente bisogno di un pedagogo che lo conduca fuori dal suo smarrimento<br />
alla conquista di un sano equilibrio di vita. Ha bisogno allora<br />
di San Benedetto che è uno dei più grandi maestri della discrezione,<br />
della misura, della giustizia, della prudenza, in una parola, del-<br />
1'« aequitas », e quindi della serenità, della pace e della gioia.<br />
Certo, il modello di vita proposto da San Benedetto nella sua Regola<br />
non può applicarsi a tutti senza sfumature; ma deve essere adattato<br />
alle esigenze particolari, ai diversi stati di vita, alle condizioni economiche<br />
e sociali degli uomini. Ma il principio dell'equilibrio rimane e non<br />
può essere violato impunemente, se non a danno dell'uomo stesso, della<br />
società in cui vive e, perfino, della sua discendenza. Senza dubbio,<br />
la Regola di San Benedetto ha esercitato un influsso che oltrepassa,<br />
oggi come nel passato, i recinti dei monasteri, perché contiene un<br />
programma completo, benché sobrio) di nobile umanesimo.<br />
Il Santo Padre, nell'indimenticabile discorso pronunciato a Montecassino<br />
il 24 ottobre del 1964, dopo aver rilevato come «l'eccitazione,<br />
il frastuono, la febbrilità, l'esteriorità, la moltitudine» minacciano<br />
l'equilibrio dell'uomo moderno, affermava nel suo stile pensoso<br />
che la Chiesa e il mondo hanno bisogno dell'insegnamento che ci<br />
prodiga San Benedetto. Dunque « San Benedetto ritorni per aiutarci a<br />
ricuperare la vita personale: quella vita personale, di cui oggi abbiamo<br />
brama ed affanno, e che lo sviluppo della vita moderna, a cui si deve<br />
il desiderio esasperato dell'essere noi stessi, soffoca mentre lo risveglia,<br />
delude mentre lo fa cosciente ». E se Paolo VI continuava dicendo che<br />
S. Benedetto ci offre il quadro «di una piccola società ideale», ciò<br />
non significa altro che il modello proposto da San Benedetto al mondo<br />
è, nei suoi principi fondamentali e assimilabili, atto ad essere applicato in<br />
modo analogo nella vita di tutti. Perciò, senza voler in alcun modo Imitare<br />
la paternità spirituale sull'Europa al solo San Benedetto, dobbiamo riconoscergli<br />
in tutta verità il titolo di « Padre dell'Europa ».<br />
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Le parole che Paolo VI ha pronunciato all'occasione dell'Angelus<br />
della Domenica 17 Marzo non fanno altro che confermare il suo pensiero<br />
su questa grande figura che fu San Benedetto. Il Santo Padre ha infatti<br />
detto che San Benedetto fu « annunciatore di pace, promotore di unità,<br />
maestro di civiltà, e sopra tutto araldo della religione cristiana ..., tessendo<br />
così fra i popoli eredi dell'iniranta e imperfetta compagine politica dell'Impero<br />
romano una rete di vincoli morali e culturali, che diede all'Europa<br />
nome e coscienza di cristianità e di civiltà».<br />
L'ASSOCIATIO s. BENEDICTUS PATRONUS EUROPAE» intende mettere<br />
in rilievo queste verità così fortemente sottolineate da Paolo VI<br />
e che sono, senza dubbio, piene di luce e di speranza per la nostra Europa<br />
che si trova attualmente in una situazione di declino innegabile, ma non<br />
priva di segni di un risveglio e di un avvenire più sano. Il Signore rimane<br />
il padrone anche dei nostri tempi. Questa realtà trascendentale ci dia<br />
fiducia, aiuto a sperare e disponibilità di ascolto delle voci profetiche,<br />
delle quali una delle più potenti è quella del vecchio e pur sempre giovane<br />
San Benedetto.<br />
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SOMMARIO<br />
P. PLACIDO CAPUTO, I rapporti tra l'abbazia di Casamari<br />
e la « Badia grande» di S. Spirito in Agrigento. Pago 129<br />
CRONACA » 146<br />
FLORILEGIO, S. Bernardo, Apologia a Guglielmo di<br />
Saint Thierry » 153<br />
J. DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />
(XVIII puntata) » 163<br />
AA. VV., Atti della prima manifestazione del gruppo romano<br />
della «Associatio Sancti Benedicti Europae<br />
Patroni» » 187