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Leggi - I Cistercensi

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NOTIZIE<br />

CISTERCENSI<br />

4<br />

LUGLIO-AGOSTO<br />

1974<br />

ANNO VII<br />

Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - Gruppo IV


NOTIZIE CISTERCENSI<br />

Direttore:<br />

P. Goffredo Viti<br />

Redazione:<br />

PP. Certosa di Firenze<br />

Consiglio di Redazione: ,<br />

P. Placido Caputo<br />

P. Malachia Falletti<br />

P. Vittorino Zanni<br />

Responsabile:<br />

Agostino Carlomagno<br />

Conto corrente 5/7219<br />

Periodico bimestrale di vita cistercense<br />

Abbonamento annuo: Italia L. 3.000<br />

Abbonamento annuo: Estero L. 4.000<br />

Amministrazione: Certosa del Galluzzo - 50124 Firenze - teI. 055/28.92.26


I RAPPORTI TRA L'ABBAZIA DI CASAMARI E LA<br />

« BADIA GRANDE» DI SANTO SPIRITO IN AGRIGENTO<br />

P. Placido Caputo<br />

1. INFLUSSO DI CASAMARI NELL'ITALIA CENTRO-MERIDIO-<br />

NALE<br />

Verso la fine del secolo XIII ]'Abbazia di Casamari (Frosinone)<br />

occupava nella chiesa un posto preminente. Le sue numerose fondazioni<br />

nell'Italia centrale e meridionale le conferivano una posizione<br />

prestigiosa non solo nell'ambito dell'organismo monastico, ma anche<br />

in quello sociale, economico e politico.<br />

Casamari insieme a Fossanova contribuì in maniera determinante<br />

alla introduzione della vita cistercense in Sicilia, nella Calabria,<br />

nelle Puglie e nelle regioni del centro d'Italia.<br />

Nei secoli migliori della sua storia, Casamari poteva vantare alle<br />

sue dipendenze un numero considerevole di abbazie, priorati, feudi,<br />

grangie ecc. per cui si rese necessario costituire un Procuratore Generale<br />

che ne curasse gli interessi in Italia, nelle isole e nella Spagna 1.<br />

I beni che l'Abbazia di Casamari possedeva in Sicilia erano tanti<br />

che si rendeva difficilefarne la stima dei proventi. Infatti Niccolò IV nel<br />

1290 ordinava al Vescovo di Palestrina, Legato della Santa Sede nel<br />

Regno di Sicilia, di iniziare una inchiesta e quindi imporre una quota<br />

di decime corrispondente ai proventi che Casamari ricavava da quei<br />

possedimenti 2.<br />

La diffusione del monachesimo nel sud d'Italia e nelle isole per<br />

opera dei monaci di Casamari fu vasta. Tale fenomeno logicamente<br />

l Strumento di dotazione del monastero di Santo Spirito di Agrigento, rogato il 27<br />

agosto 1299 dal notaio Pietro de Renusio (o Vanesio?), pubblicato da Agostino Inveges<br />

in Cartagine Sicula, Lib. I, cap. VI e da Cassoni M. «Rivista Storica Benedettina »,<br />

n. 67, dicembre 1925, pp. 259-268.<br />

CASSONIMAURO,Cronotassi documentata dei Prepositi o Priori di Casamari, in «Riv.<br />

Storo Bened. », anno VI, fase. XXII, giugno 1911, pp. 10-11 e segg.<br />

2 Reg. Bull. Nic. IV, C. 741, fol. 267 - Langlois, Les Registres de Nicolas IV, recueil<br />

des Bulles de ce pape, Paris, Thorin, 1886, voI. I, p. 348, n. 1950. Reg. Vat. Nicol. IV,<br />

44, c. 5, fol. 2 - Reg. Vat. Nicol. IV, 46, C. 701, fol. 140.<br />

CASSONIMAURO,Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia, in «Riv. Storo<br />

Bened. », anno XVI, n. 67, 31 dicembre 1925, pp. 257-258.<br />

DE BENEDETTI LUIGI, I Regesti dei Romani Pontefici per l'Abbazia di Casamari, in<br />

Mise. di scritti vari in memoria di Alfonso Gallo, Leo S. Olschki Ed., Firenze, 1956,<br />

p. 344, n. 71. DE BENEDETTI 1., Vita Economica nell'Abbazia di Casamari dalle origini<br />

al sec. XIX, in Riv. Economica della Provincia di Frosinone, nn. 12, 13, 14, 15, dicembre<br />

1951-marzo 1952.<br />

- 129-


si presentava fecondo di molteplici effetti nel campo sociale, nel<br />

sistema economico feudale, nei rapporti di interdipendenza tra un'abbazia<br />

e l'altra e infine nell'attività artistica, con particolare riferimento<br />

al settore architettonico.<br />

A cominciare dalla seconda metà del secolo XIII l'espansione di<br />

Casamari assume un aspetto che non si riscontra nei secoli precedenti:<br />

l'organizzazione di comunità femminili sotto la Regola dell'Ordine<br />

Cistercense.<br />

Nel giro di cinquant'anni circa vengono fondati diversi monasteri di<br />

monache che per secoli rimangono sotto la giurisdizione dell'abate di<br />

Casamari 3:<br />

1. Santa Maria di Capo Grosso nell 'isola di Ustica, fondata nel 1257.<br />

2. Sant'Angelo in Prizzi (Palermo), fondata nel 1259 circa.<br />

3. Santa Lucia in Cesaraugusta, fondata nel 1289 circa.<br />

4. Santo Spirito di Agrigento, fondata tra il 1290 e il 1295.<br />

5. Santa Lucia di Agrigento, fondata verso il 1299.<br />

6. Santa Maria del Soccorso, fondata (?) in Licata (Agrigenro)'.<br />

Le date di fondazione e di soppressione di questi monasteri, una<br />

volta dipendenti da Casarnari, sono incerte o sconosciute. Alcune di<br />

queste abbazie furono fondate e costruite direttamente sotto il controllo<br />

dell'Abate di Casamari, altre invece ..già esistenti, accettarono la riforma.e<br />

la sua paternità immediata ponendosi sotto le leggi di Cistercio.<br />

Come i numerosi monasteri di monache cistercensi del nord-Italia<br />

si ispirarono alla figura e all'opera di Franca, la Santa Cistercense di<br />

Piacenza, così quelli della Sicilia, in qualche modo, fecero capo alla<br />

Badia Grande di Agrigento, protetta dalla potentissima famiglia dei<br />

Chiaramonte s.<br />

Le ingerenze dell'Abate di Casamari nell'ordinamento interno di<br />

Santo Spirito erano di carattere prettamente giuridico e cioè: diritto di<br />

visita, cura spirituale della comunità, diritto di presiedere personalmente<br />

3 VITI GOFFREDO,Le Abbazie dipendenti da Casamari nei secoli XI·XIII, Dissertazione<br />

per la laurea in Sacra Teologia, Roma 1969, p. 200.<br />

4 Questa filiale del Partenio di Agrigento risulta dalla Carta Yisuationis di D. Giusto<br />

BifIolati (anno 1566). L'originale si conserva nella Biblioteca Nazionale di Roma, ms.<br />

Sessoriano 567 e una copia fotostatica nell archivio di Casamari.<br />

S PENCO GREGORIO,Storia del monachesimo in Italia, dalle origini alla fine del medio<br />

evo, Roma 1961, pp. 266-267. NASALLIROCCAE., I monasteri femminili di Piacenza,<br />

in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, 1956, pp. 271-274.<br />

- 130-


o per mezzo di un delegato all'elezione dell'abbaressa e controllo SUl<br />

beni mediante un procuratore.<br />

I rapporti, dunque, con le abbazie femminili hanno avuto non lieve<br />

interesse nella vita plurisecolare di Casamari, ma dobbiamo segnalare,<br />

purtroppo, che gli storici del passato si sono occupati ben poco di questo<br />

aspetto così importante della sua attività.<br />

Tralasciando gli altri monasteri femminili, con la loro storia senz'altro<br />

interessante, qui ci occupiamo solamente della Badia Grande di Santo<br />

Spirito di Agrigento, unica in tutta la Sicilia, abitata tuttora dalle monache<br />

cistercensi.<br />

Gli abitanti di Agrigento chiamano questo monastero Badia Grande<br />

appunto per distinguerlo da qualche altro, meno importante, chiamato<br />

Badiola o Badietta.<br />

Difatti, tra le case religiose di questa città, il Partenio di Santo<br />

Spirito eccelle su tutte per la sua storia, per l'antichità e per l'arte.<br />

Tutta l'abbazia è opera insigne di architettura della seconda metà<br />

del secolo XIII, il più antico dei monumenti chiaramontani della<br />

Sicilia. La chiesa, annessa al monastero, è rinomata per gli stucchi,<br />

molto pregevoli, di Giacomo Serpotta.<br />

2. LA FONDAZIONE DEL PARTENIO DI SANTO SPIRITO<br />

La Badia di Santo Spirito fu fondata da Marchisia Prefoglio 6<br />

e da suo figlio Manfredi di Chiaromonte. Fin dall'inizio della sua esistenza,<br />

il monastero appartenne all'Ordine Cistercense, sotto la giurisdizione<br />

dell'Abate di Casamari.<br />

Finora non abbiamo nessun documento che ci indichi la data<br />

precisa della sua fondazione. Il Picone e il Cassoni e con loro la<br />

quasi totalità degli storici sostengono, erroneamente, che il monastero<br />

di Santo Spirito sia stato fondato nel 1299 7 , ma questa data si riferisce<br />

allo strumento di dotazione e non a quello di fondazione 8.<br />

6 Il nome della fondatrice dagli stOrICI viene riferito in diversi modi: Marchisia<br />

Prefoglio, Mardisia Proiolio, Mordisia Prejolio, ecc.<br />

7 PreONE GIUSEPPE, Memorie Storiche Agrigentine, Ed. Montes, Girgenti, 1866,<br />

Memoria Sesta, Doc. IV. CASSONIMAURO,Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia,<br />

in Rivista Sto. Bened., n. 67, dicembre 1925, p. 268.<br />

8 Strumento orig. di dotazione rogato il 27 agosto 1299 dal Not. Pietro de Renusio<br />

(o Vanesio?). Fu pubblicato da Agostino Inveges in Cartagine Sicula, Lib. I, Cap. VI e<br />

da Cassoni M. in Riv. Star. Ben., n. 67, dicembre 1925. Cfr. Bosco GIUSEPPE, Il Comune<br />

di Agrigento nel Medio Evo, Ed. Dioscuri, Agrigento, 1973, p. 187. CASSONIM., Breve<br />

Silloge storica di Casamari, Sora, 1927, p. 15.<br />

- 131


Difatti da certe espressioni di quel documento appare chiaro<br />

che l'Abbazia di Santo Spirito non solo già esisteva, ma era abitata<br />

dalle monache cistercensi. La Carta di dotazione dice testualmente:<br />

Cum fundaverimus seu fundari [ecerimus monasterium Sancti Spiritus<br />

nuncupatum, in quo quamplures mulieres moniales commorantur et<br />

ad salutem earum degunt ibidem ... 9.<br />

E allora, se il 1299 non è la data di fondazione, quando fu fondato<br />

il Partenio di Santo Spirito? Con certezza possiamo affermare che<br />

già nel 1295 il monastero esisteva ed era in piena efficienza. Si deduce<br />

da un atto rogato dal Notaio Pietro di Renusio (Vanesio?) il 23 gennaio<br />

1295 dal quale risulta che un certo Salvo e una tale Giovanna<br />

di Turano donarono all'Abbazia di Santo Spirito due case situate nel<br />

Borgo San Francesco lO.<br />

Per quanto riguarda i fondatori del monastero non vi sono dubbi.<br />

Lo strumento originale di dotazione lo afferma con evidenza: Nos<br />

Mordisia de Profolio cum de nostro patrimonio proprio fundaverimus<br />

seu fundari fecerimus 11.<br />

Inoltre il testo del transunto dell'atto di dotazione, redatto il<br />

19 dicembre 1321 asserisce che anche Manfredi di Chiaramonte fu<br />

fondatore dell'abbazia: ...donazione di terre, predi, animali, servi e<br />

di altri beni fatta al detto monastero dell'Ordine Cistercense di Casamari<br />

dalla magnifica ed egregia Signora Mardesia de Prejolio, madre<br />

del fu magnifico ed egregio Signore Afanfredi di Chiaramonte, Conte di<br />

Modica e Siniscalco (Prefetto) del regno di Sicilia, fondatore del<br />

monastero predetto ...12.<br />

Il Partenio di Santo Spirito, pertanto, è legato al nome dei Chiaramonte<br />

che in Agrigento, in vari centri della provincia e dell'isola,<br />

costruirono castelli e palazzi che restano tra gli esemplari più rappresentativi<br />

dell'architettura medioevale in Sicilia.<br />

Marchisia Prefoglio nacque in Agrigento dal « Miles » Giovanni,<br />

Signore di Ragusa.<br />

Federico Prefoglio, legittimo possessore del titolo nobiliare, morì<br />

nel 1286 senza lasciare eredi, per cui la sorella, Marchisia, ereditò<br />

dal fratello il titolo e le contee di Ragusa e di Càccamo (Palermo).<br />

9 Strumento originale di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

lO GIULIANO ALA]MO ALESSANDRO, La Chiesa di San Nicola dei <strong>Cistercensi</strong> in Agrigento,<br />

Palermo, 1954, p. 11.<br />

11 Strumento originale di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

12 Trasunto dell'atto di dotazione, rogato il 19 dicembre 1321 dal Notaio Leonardo<br />

de Amerda e riportato per intero dal Cassoni in Riv. Storo Bened., n. 67, dicembre 1925,<br />

p.259.<br />

~ • t j<br />

- 132-


La Prefoglio sposò un cavaliere della famiglia Chiaramonte di<br />

nome Federico I', Signore di Sutera, fratello di Atanasio, Patriarca di<br />

Alessandria e congiunto di Nicolò, monaco cistercense, elevato alla<br />

porpora cardinalizia nel 1219 .<br />

Federico I, devoto alla Sede Apostolica, nel 1220 ricevette<br />

l'investitura di cavaliere dal Pontefice Onorio III che per l'occasione<br />

gli donò alcune reliquie, custodite gelosamente dalla famiglia Chiaramonte.<br />

Dal matrimonio di Marchisia Prefoglio e di Federico I Chiaramonte<br />

nacquero tre figli: Manfredi I che fu l'esponente più prestigioso<br />

della famiglia chiaramontana e che intorno al 1300 tanta parte ebbe<br />

nelle vicende storiche della Sicilia. Il secondogenito fu Giovanni (detto<br />

il Vecchio) che si segnalò nella guerra del Vespro e infine Federico II,<br />

signore di Racalmuto e Siculiana 13.<br />

Federico I morì prima della sua sposa, Marchisia, e fu sepolto<br />

nella Cattedrale di Agrigento. La Prefoglio, rimasta vedova, trasformò<br />

il suo palazzo in monastero, incorporandolo nel complesso dell'attuale<br />

Partenio di Santo Spirito 14. Ciò non è improbabile poiché il documento<br />

di dotazione del 1299 non dice che la cessione si faceva per autorità<br />

del suo consorte, ormai deceduto) ma cum auctoritate carissimi filii<br />

nostri domini Manfredi de Claromonte IS.<br />

Ai lavori di costruzione del monastero la Carta del 1299 accenna<br />

in maniera generica quando afferma: ..Monasterii Sancti Spiritus per<br />

nos [andati, aedificati et dotati ... 16.<br />

Alcuni vorrebbero che Marchisia Prefoglio si fosse fatta monaca<br />

cistercense nel monastero di Santo Spirito. Però, se risulta con certezza<br />

che difatti espresse questo desidero, non ci risulta che lo abbia<br />

attuato 17.<br />

I motivi addotti dalla pia nobildonna nel fare la donazione sono<br />

gli stessi che si riscontrano in tanti altri documenti di questo genere:<br />

... a lode di Dio onnipotente e della Vergine gloriosa, sua Madre ...<br />

alla buona memoria delle anime dei parenti e a rimedio della nostra ...1 8 •<br />

Come compenso per la sua donazione, la Benefattrice chiedeva<br />

IJ Bosco GIUSEPPE, Il Comune di Agrigento nel Medio Evo, Ed. Dioscuri, Agrigento,<br />

1973, pp. 107-108.<br />

14 Bosco G., Il Comune di Agrigento ecc., p. 108.<br />

IS Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

16 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

17 Strumento origg. di dotazione del 1299 (ved. nota 8) in cui si dice: « ... in ipso<br />

(monasterio), si Deo placuerit, intendimus commorari ».<br />

18 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

- 133-


solamente ...che dopo la nostra morte l'abate e la comunità di Casamari<br />

sono tenuti a pregare per noi e fare la commemorazione dei donanti.<br />

Inoltre si abbia fede indubbia e memoria perpetua presso i posteri<br />

della donazione ... 19.<br />

Questo tributo di gratitudine verso i benefattori è stato sempre<br />

soddisfatto dalle comunità religiose. Gli archivi monastici ne fanno<br />

fede. Casamari conserva una Regala S.P.N. Benedicti del 1190, scritta<br />

su fogli pergamenacei e l'ultima pagina riporta appunto la Commemoratio<br />

pro benejactoribus con l'elenco di coloro che si erano resi benemeriti<br />

verso i monaci~.<br />

Non conosciamo nè il nome delI'abbadessa nè quello delle monache<br />

che formavano la prima comunità al tempo della fondazione. Invece<br />

ci sono pervenuti tutti i nomi delle monache esistenti in Santo Spirito<br />

nel 1321, circa trent'anni dopo la fondazione.<br />

In quell'anno, dunque, la comunità era composta di 16 membri<br />

con a capo l'Abbadessa, Donna Chiara. Le monache erano le seguenti:<br />

Sr. Agnese, Sr. Buonadonna, Sr. Francesca, Sr. Giovanna de Garesio,<br />

Sr. Agata, Sr. Buonadonna ..Sr. Maddalena, Sr. Contessa, Sr. Donnabella,<br />

Sr. Margherita, Sr. Chiara, S. Bastina, Sr. Grazia, Sr. Novella, Sr. Sicilia,<br />

Sr. Caterina 21.<br />

Se la fondazione di Santo Spirito avvenne tra il 1290 e il 1295,<br />

come sembra probabile, l'abate di Casamari in quel tempo era certamente<br />

Giovanni Bove. Egli infatti risulta nel governo di questa abbazia<br />

fin dal 1291. Il suo nome lo troviamo scolpito su una grande croce<br />

astile di argento dorato, eseguita proprio in quell'anno. Il prezioso<br />

cimelio, che un tempo appartenne a Casamari, attualmente si conserva<br />

nel Tesoro della Cattedrale di Veroli 22. Il nome dell'Abate Giovanni<br />

si rileva ancora da una lettera del 1297 diretta a lui da papa Bonificio<br />

VIII 2J e finalmente da un altro documento del 14 dicembre 1298 in<br />

19 Strumento orig. di dotazione<br />

20 Arch. di Casamari: «Regula<br />

del 1299) (ved. nota 8).<br />

S. P. N. Benedicti », antiqua circiter saeculorum sex.<br />

Scripta circa annum centesimum nonagesimum supra millesimum (1190). In monasterio<br />

Casaemarii vel Sambucinae tempore B. Lucae eiusdem monasterii Abatis celeberrimi.<br />

Cfr. CASSONI M., Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia, in Riv. Storo Ben.,<br />

n. 67, dicembre 1925, p. 266, Dota 1. MARCHESE GIUSEPPE, La Badia di Sambucina,<br />

Lecce, 1932, pp. 144-145.<br />

21 Transunto dell'atto di dotazione del 321 (ved. nota 12).<br />

22 RONDININI PHILIPPUS, Monasterii Sanctae Mariae et SS. [obannis et Pauli de<br />

Casaemario, breuis Historia, Romae, 1707, p. 67. DE PERSIIS LUIGI, La Badia o Trappa<br />

di Casamari, Roma, 1878, p. 153. SCACCIA-SCARAFONI CAMILLO, Il Tesoro del Duomo di<br />

Veroli ed i suoi simeli medioevali, in «L'Arte» di Adolfo Venturi, anno XVI, fase. IV,<br />

Roma, 1913, p. 29. CASSONI M., Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti, in Riv. Storo<br />

Ben., n. 67, dicembre 1925, pp. 268-269.<br />

23 RONDININI PH.} Monasterii ... de Casaemario, Romae, 1707, p. 130. POTTHAST A.)<br />

- 134-


cui questo Venerabilis Pater [obannes, abbas Monasterii Casaemarii<br />

conferma ad una famiglia di Bauco (Boville Ernica l'enfiteusi di alcuni<br />

fondi 24.<br />

L'Abbazia di Santo Spirito ebbe il periodo della sua prosperità<br />

per il fervore di vita monastica, per il numero delle vocazioni e per<br />

la consistenza dei beni materiali. Fu certamente in quest'epoca che la<br />

comunità di Santo Spirito poté fondare, a sua volta, nella città di<br />

Licata un monastero sotto il titolo di Santa Maria del Soccorso 25.<br />

Al periodo d'oro della storia di questa illustre Abbazia, succede<br />

l'epoca della decadenza, fino al punto che nel 1916 la comunità con<br />

tava appena quattro religiose!<br />

3. LA POSIZIONE GIURIDICA DEL PARTENIO ATTRAVERSO<br />

I SECOLI<br />

Fin dalle origini la Badia di Santo Spirito fu posta sotto la<br />

giurisdizione dell'Abate di Casamari che per tre secoli mantenne il<br />

titolo di Padre Immediato.<br />

Nella Carta di dotazione, stipulata il 27 agosto 1299, durante il<br />

regno di Federco III, si afferma espressamente che la donazione fatta<br />

in precedenza viene rinnovata e confermata in favore di Casamari.<br />

Regesta Romanorum Pontificum, Berolini, vol. II, p. 1966, n. 2457.3. DE PERSlIS L.,<br />

La Badia o Trappa di Casamari, Roma, 1878, pp. 71 e 153. CASSONIM., Il Partenio di<br />

Santo Spirito ecc. in Riv. Storo Ben., n. 67, dicembre 1925, p. 269. DE BENEDETTIL.,<br />

I Regesti dei Romani Pontefici per l'Abbazia di Casamari, in Miscellanea di scritti vari in<br />

memoria di Alfonso Gallo, Firenze, 1956, p. 346, n. 81.<br />

24 Cartarium Casaemarii - ms, in Arch. di Casamari, pp. 96-99. DE PERSIIS LUIGI,<br />

La Badia o Trappa di Casamari, Roma, 1878, p. 153. CASSONIM., Il Partenio di Santo<br />

Spirito ecc., in Riv. Storo Bened., n. 67, dicembre 1925, p. 269.<br />

25 Carta Visitationis redatta da D. Giusto Biffolati (anno 1566), Priore di Casamari,<br />

Procuratore e Visitatore Generale di tutti i monasteri nel Regno delle Due Sicilie. L'originale<br />

della Carta V isitationis si conserva nella Biblioteca Nazionale di Roma e una<br />

copia fotostatica nell'Archivio di Casamari. Per quanto riguarda il monastero di Santo Spirito<br />

e la sua filiale, Santa Maria del Soccorso il testo dice: «Nona vero filiatio (Casaemarii)<br />

est monasterium Agrigentinarum in Sicilia ubi babitant mulieres sanctae uitae eiusdem<br />

Ordinis Cisterciensis quae ciuitas a populis uulgariter nominata est {(Ilirgentum " et est<br />

sanctum monasterium, Abbazia Magna Sancii Spiritus, a quo monasterio processit altera<br />

Abbatia sanctarum monialium posita in civitate {(Alicate " sub titulo Sanctae Mariae de<br />

Succursu Mundi monasterium ordinis cisterciensis », ms. Sessoriano 567.<br />

Gailleroin Sinforiano, Status Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum, ecc., Brigantii,<br />

1891, p. 42, n. 129 dove si afferma: «Santa Maria de Succursu, [und, 1299, restitum<br />

1630. Olim in Alicata, nunc in Loeata (sic) in Sicilia », Inoltre riferisce che in quell'anno<br />

vi abitavano 16 monache e 5 converse, sotto la direzione dell'Abbadessa D. Maria<br />

Jesu Salso. Lo stesso autore, Gaillemin, nella seconda edizione del 1894 vi introduce<br />

qualche variante: «Succursus, [und. 1299 in Alicata, restitutum 1630 in Leoeata (sie),<br />

Via Badia, Licata, Provo di Siracusa. L'Abbadessa qui è chiamata D. Maria a Jesu Salto.<br />

- 135-


Le monache che vi dimoravano o che avrebbero dimorato in futuro dovevano<br />

sottostare alla Regola e alla giurisdizione dell'Ordine Cistercense.<br />

Inoltre, tra le tante disposizioni elencate nel documento, l'Abbazia di<br />

Santo Spirito viene dichiarata filiale di Casamari 26.<br />

Da questa dichiarazione scaturiscono, come vedremo subito, tutti<br />

quei diritti e doveri che esercitò l'Abate di Casamari nei secoli successivi<br />

sul monastero e sui beni di Santo Spirito.<br />

Negli statuti dell'Ordine Cistercense era già prevista la visita<br />

regolare da parte del Padre Immediato e ciò per diritto di fondazione.<br />

Il documento del 1299, in conformità a tale disposizione, stabilisce:<br />

Vogliamo e concediamo) con questa nostra donazione, che nel monastero<br />

di Santo Spirito si faccia sempre la visita e vi sia la pia cura dell'Abate<br />

di Casamari o di qualche altro monaco dello stesso Ordine Cistercense,<br />

avente piena autorità dall'Abate di Casamari, al quale sottomettiamo<br />

il monastero di Santo Spirito di Agrigento e abbia la direzione delle<br />

anime di tutte le religiose dimoranti nel suddetto monastero l7.<br />

La storia non ci ha tramandato notizie circa l'interruzione di<br />

questi rapporti tra Casamari e la Badia Grande, è certo però, che fino<br />

al 1566 le relazioni furono costanti 28.<br />

Ricordiamo per es. che il 2 gennaio 1468 l'Abate di Casamari,<br />

Giacomo di Trivigliano, si trovava ad Agrigento in qualità di Generalis<br />

Vistator di Santo Spirito 29.<br />

In quella occasione l'abate concedeva al Vescovo di Agrigento,<br />

Domenico Xart, dell'ordine cistercense, libera e piena facoltà di costituire<br />

dei procuratori in giudizio per esaminare i testi dello stesso<br />

monastero. Permetteva, inoltre, in caso di morte dell'abbadessa, di presiedere<br />

all'elezione della nuova, riservandosi il diritto di conferma 30.<br />

26 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

27 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

28 Carta Visitationis di D. Giusto Biffolati ecc., (ved. nota 25).<br />

29 Rocco PIRRO, Sicilia Sacra, tomo I, noto Agrigent, 'Eccles., p. 741. CASSONIM.,<br />

Il Partenio di Santo Spirito ecc. in Riv. Storo Ben., n. 67, dicembre 1925, p. 269.<br />

DE PERSIIS 1., La Badia ò Trappa di Casamari, Roma, 1878, p. 155.<br />

30 Decreto dell'Abate di Casamari diretto al Vescovo di Agrigento: «Anno 1468,<br />

die 2 [an. La indict. Ego Iacobus de Tribiliano, Abbas Monasterii Casaemaris <strong>Cistercensi</strong>s<br />

Ordinis Yerulan. Dioeces, ac Generalis Visitator monasterii S. Spiritus de Agrigenti, Summi<br />

Pontificis dispositione ad regimen monasterii Casemaris deputatus, Dominica Agrigentino<br />

Episcopo et Antonio Romeo, cioi agrigentino liberam et plenam facultatem concedo<br />

ut possit procuratores constituere in iudicio ad examinadum testes eiusdem monasterii,<br />

et praesertim S. Mariae de Sambuco! eidem praesuli permitto quod si abbatissa dicti monasterii<br />

obiret, in electione, quam moniales [aceret, locum suum obtineat, dummodo electam<br />

in abbatissam, pro confirmatione, ad me accederet. Datum Agrigenti ut supra ». Questo<br />

decreto è riportato per intero dal Cassoni: Il Partenio di Santo Spirito ecc., in Riv. Storo<br />

- 136-


Un secolo dopo, nel 1566, D. Giusto Biffolati, Priore di Casamari,<br />

lo troviamo ad Agrigento come Visitatore dell'Abbatia Magna Sancti<br />

Spiritus 31.<br />

Il cronista, Colombano Longòria 32, asserisce che Casamari continuò<br />

a dirigere e a visitare i monasteri dipendenti per circa un secolo<br />

dopo la morte del Priore D. Giusto Biffolati che sarebbe avvenuta<br />

verso il 1598. Questa notizia ci induce a credere che i rapporti tra<br />

Casamari e Santo Spirito si dovettero protrarre fino a verso Ia fine<br />

del 1600.<br />

In seguito non si ha più memoria di questa dipendenza, appunto<br />

per mancanza di documentazione.<br />

Per le diverse vicende politiche, la comunità cistercense di<br />

Agrigento rimase abbandonata a se stessa, per cui automaticamente<br />

passava sotto la giurisdizione diretta dell'ordinario del luogo che la<br />

esercita anche ai nostri giorni. In Sicilia Sacra del Pirro 33, stampata<br />

nel 1733, si legge: «Subiiciebatur initio (monosterium magnum Ord.<br />

Cisto in sede Sancii Spiritus) Abbati. Generali Coenobi Casamarii ... ».<br />

Da questa espressione si deduce con evidenza che in quel tempo l'abate<br />

di Casamari non esercitava più alcuna ingerenza neI Partenio di<br />

Santo Spirito.<br />

Nonostante tutto, in quell'epoca la comunità era molto fiorente e<br />

contava 50 monache 34.<br />

Verso la fine del secolo il numero delle monache scese a 15 35<br />

31 D. GIUSTO BIFFOLATI, Carta Visitationis... (ved. nota 25). Per ulteriori notizie<br />

sul Biffolati, già Priore di Casamari e poi Abate di Corazzo, cfr. BORRETTIMARIO,<br />

31 D. GIUSTO BIFFOLATI,Carta Visitationis, ms. p. 133t• (ved. nota 25). Per ulteriori<br />

notizie sul Biffolati, già Priore di Casamari e poi Abate di Corazzo, cfr. BORRETTIMARIO,<br />

L'Abbazia Cistercense di Santa Maria di Corazzo, in « Calabria Nobilissima », anno 1960-62,<br />

nn. 39, 44. MARCHESEGIUSEPPE, LA Badia di Sambucina, Lecce, 1932, pp. 194 e 226.<br />

32 LONGÒRIACoLOMBANO,Cronaca di Casamari dal 1005 al 1714, ms. in Arch. di<br />

Casamari, p. 51. CASSONIMAURO,Cronotassi dei Prepositi o Priori di Casamari, in Rivista<br />

Storica Benedettina, anno VI, fase. 22, aprile-giugno 1911.<br />

33 Rocco PIRRO, Sicilia Sacra, disquisitionibus et notitiis illustrata. Editio III emendata<br />

et continuatione aucta et studio Antonii Mongitore, accessere additiones et notitiae<br />

abbatiarum O. S. Benedicti, Cisterciensium et aliae quac desiderabantur, auctore Victorio<br />

Maria Amico, volI. 2 Panormi 1733, Tomo I, p. 733.<br />

34 Rocco PIRRO, Sicilia Sacra ecc. (ved. nota 33) in cui si legge: «Hanc D. Bernardi<br />

disciplinam moniales amplexas esse crediderim quod Agrigenti in antiquo S. Nicolai tempio,<br />

atque non longe in aede S. M. de Palasio Adriano monachi buius instituti subiecti<br />

monasterio Casamario degebant. Hic stillae sanguinis lnnocentium in ampulla. Moniales<br />

50 cum une. 785.18 », CASSONIMAURO,Il Partenio di Santo Spirito di Girgenti in Sicilia,<br />

in Rivista Storica Benedettina, n. 67, dicembre 1925, p. 272, nota 1.<br />

3S Gaillemin Synphorianus, Status Generalis Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum<br />

... Ord. Cist., anno 1894, Lerinae, 1894, p. 54. CASSONI M., Il Partenio di Santo<br />

Spirito ecc., in Riv. Storo Ben., n. 67, dicembre 1925, p. 272, nota 2. Il Cassoni nel riportare<br />

i dati statistici incorre in qualche errore.<br />

- ·137 -


e nell'anno 1916 le file si assottigliarono ancora riducendosi appena<br />

a quattro religiose 36.<br />

Nella seconda metà del secolo scorso, in forza delle leggi eversive<br />

del 7 luglio 1886, l'abbazia veniva soppressa, ma si permetteva alla comunità<br />

monastica di potervi dimorare. Il complesso monumentale con<br />

l'orto attiguo passava all'Amministrazione del Fondo per il Culto, che<br />

a sua volta, lo cedeva al Comune di Agrigento in data 15 settembre<br />

1916 37 •<br />

In questo strumento di cessione i beni rustici che il monastero<br />

possedeva un tempo, non vengono menzionati, molto probabilmente<br />

passarono ad altri proprietari durante le epoche di decadenza.<br />

Il documento del 1916 dice testualmente che tutta l'abbazia veniva<br />

destinata: « ... ad opera di pubblica utilità e di beneficenza, obbligandosi<br />

(il Comune) per ragioni umanitarie di lasciare e mantenere in<br />

una parte comoda e sufficiente dello stesso monastero, vita loro natural<br />

durante, l'uso di abitazione alle superstiti religiose, ora ridotte al<br />

numero di quattro, evitando in tal modo il loro concentramento in<br />

altro monastero ... » 38.<br />

Con Rescritto della S. Congregazione dei Religiosi del 6 dicembre<br />

1927 fu abolita la clausura papale per cui le monache emettevano<br />

solamente voti semplici 39. La clausura fu ripristinata nel gennaio del<br />

1964. L'Abbadessa viene eletta per tre anni.<br />

Dopo quasi tre secoli di vita monastica, avulsa dall'Ordine<br />

Cistercense, la Badia Grande riprende i primi contatti attraverso la<br />

Generalizia nell'anno 1952. I principali promotori di tale iniziativa<br />

furono: S. Ecc. Mons. Guido Luigi Bentivoglo, Arcivescovo di Catania,<br />

il Rev.mo P. Matteo Quatember, Abate Generale dell'Ordne Cistercense<br />

e il P. Alberico Paoletti, Priore di San Bernardo alle Terme.<br />

Quest'ultimo come relatore circa le monache cistercensi, nel Capitolo<br />

Generale dell'ordine tenuto nel 1953, faceva presente, tra l'altro, che<br />

durante una sua visita fatta nel dicembre del 1952 nel monastero di<br />

36 Archivio di Santo Spirito di Agrigento, Strumento di cessione dall'amministrazione<br />

del Fondo per il Culto al Comune di Agrigento, rogato dal notaio Oreste Sciascia il 15<br />

settembre 1916, n. 48 d'ordine e n. 936 del Repertorio. Tale strumento riporta i nomi<br />

delle quattro monache superstiti: Gennardi Giuseppa, Abbadessa, Alfonsa Tulumello,<br />

Carmela Dispensa, Agata Deluca.<br />

37 Arch. di Santo Spirito, Strumento di cessione del 1916 (ved. nota 36).<br />

38 Arch. di Santo Spirito, Strumento di cessione del 1916 (ved. nota 36).<br />

39 Catalogus Generalis Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum et personarum religiosarum<br />

utriusque sexus S. Ord. Cist., Roma, 1954, p. 424, vedo anche l'edizione del<br />

1964, p. 155.<br />

- 138-


Agrigento aveva constatato che le religiose desideravano, e difatti<br />

chiedevano, la protezione dell'Ordine 40.<br />

In seguito si decise di far venire dal monastero di Santa Caterina<br />

di San Severino Marche (Macerata) tre religiose che dessero un nuovo<br />

impulso alla piccola comunità. Tutto fu concluso regolarmente, e<br />

fatte le dovute pratiche presso la Santa Sede, furono mandate in<br />

Sicilia: Sr. M. Aleide Romagnoli, in qualità di Abbadessa, Sr. M.<br />

Mafalda Pascucci, come Maestra delle novizie e Sr. Matilde Cannillo<br />

come Priora.<br />

Attualmente La Badia di Santo Spirito, pur rimanendo sotto la<br />

giurisdizione del Vescovo di Agrigento, è quodammodo aggregata<br />

all'Ordine Cistercense e fa parte della Federazione dei monasteri in<br />

Italia.<br />

Nonostante le alterne vicende, la vita monastica in questa abbazia<br />

sembra che si sia conservata ininterrotta attraverso i secoli, dalla fondazione<br />

fino a oggi.<br />

4. IL SISTEMA ECONO~IICO DI SANTO SPIRITO NEL ME-<br />

DIOEVO<br />

Dal documento del 1299, più volte citato, si rileva con chiarezza<br />

che l'economia del monastero di Santo Spirito nel secolo XIII era<br />

basata sul sistema curtense, e cioè: Il proprietario, nel caso nostro il<br />

monastero, faceva lavorare le sue terre dai dipendenti, i quali dovevano<br />

corrispondere all'abbazia un censo annuo in natura, proporzionato alla<br />

produzione 41.<br />

I servi e i massari abitavano sulla terra loro affidata, sotto la pro-<br />

~ Acta Capitali Generalis extraordinarii S. Ord. Cist., die 7 maii et sequentibus,<br />

anni 1933, Romae in Domo Generali Ordinis celebrati. Nella sessione V del 9 maggio,<br />

p. 23, il Relatore P. Alberico Paoletti dice: «Mense decembri anni elapsi rejerens visitauit<br />

Asceterium nostrum Agrigenti in Sicilia, quod Ordinarius loci supprimere intendebat,<br />

Moniales illae pristinum statum, saltem clausuram minorem et vota solemnia redintegrare<br />

desiderane et protetionem Ordinis enixe petunt ».<br />

41 Il sistema curtense dell'Abbazia di Casamari, alla quale Santo Spirito era immediatamente<br />

soggetto si rileva dal Cartarium Casaemarii, Cronicon, p. 1, in cui si afferma che<br />

l'ab. Giovanni (1046-1066) « acquisiuit rusticos ad seruitia [acienda ». Infine dell'ab. Agostino<br />

si legge: « acquisiuit rusticos plures ad seroitium ecclesiae [aciendum, quibus dedit<br />

casas, terras, oineas, hortos, canapinas, cibaria: quos prius iuxta monasterium fecit habitare<br />

». DE BENEDETTI LUIGI, Vita economica nell'Abbazia di Casamari, dalle origini al<br />

sec. XIX, in Rivista Economica della Provincia di Frosinone, nn. 12, 13, 14, 15, dicembre<br />

1951-marzo 1952. Cfr. DoREN, Storia economica dell'Italia nel medioevo, traduz. Luz'<br />

zato, Padova, 1934.<br />

- 139-


tezione di un'arnmnistrazione ben consolidata. Una prova dell'esistenza<br />

di tali vassalli, alle dipendenze del Procuratore di Santo Spirito, la<br />

troviamo nell'atto di dotazione da parte della benefattrice Marchisia<br />

Prefoglio, la 'quale, dopo aver elencato le terre, le case, i casaleni, i<br />

molini, le concerie ecc. in favore del monastero, assegna anche dei<br />

servi saraceni e serve. Il documento ci ha tramandato anche alcuni<br />

nomi di essi: Maruhae, Barca: Baractel, Iunsuis e una serva che si<br />

chiamava Palomba 42.<br />

L'insieme di questa servitù sparsa nelle case situate sui diversi<br />

poderi e nelle masserie o raggruppata fino a formare dei veri e<br />

propri villaggi, era adibita nelle varie aziende che facevano capo<br />

all'abbazia. Le case consegnate ai servi assicuravano a numerose famiglie<br />

un dignitoso rifugio.<br />

Un esempio tipico di tali villaggi si riscontra nel pressi dell'Abbazia<br />

di Santo Spirito, alle dirette dipendenze del monastero. La donatrice<br />

tra gli altri beni, cede alle monache di Agrigento 108 case situate non<br />

lontane dal monastero, abitate da vassalli che pagavano un censo annuo<br />

al procuratore dell' abbazia 43.<br />

Questa gente che finora aveva servito la famiglia Chiaramonte,<br />

cui apparteneva la donatrice, in seguito passava al servizio della Badia<br />

di Agrigento.<br />

Oggi può fare meraviglia, date le nostre idee moderne di libertà<br />

e di democrazia, constatare che l'ordine monastico abbia accettato<br />

la servitù, cosi contraria allo spirito del Vangelo. .<br />

D'altra parte, durante il periodo feudale, il monachesimo si è<br />

trovato dinanzi ad un ordine sociale già costituito. È un fatto però che in<br />

alcune regioni la servitù fu resa più mite e talora gradatamente abolita,<br />

proprio dagli ordini monastici.<br />

Senza dubbio, in quei secoli le abbazie furono coinvolte nel sistema<br />

feudale e pur riuscendo ad addolcire le condizioni dei servi,<br />

non era certo il loro potere modificare in maniera essenziale gli ordinamenti<br />

sociali.<br />

Oltre alle terre, alle case e ai villaggi, la Badia Grande possedeva<br />

anche un patrimonio zootecnico abbastanza considerevole. Citiamo solo<br />

qualche cifra, certamente incompleta, ma sufficiente, per dimostrare<br />

la consistenza raggiunta nel 1299, a pochi anni dalla sua fondazione:<br />

42 Strumento originale di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

43 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8) nel quale si legge: « Item<br />

censum percipiendum ex oiginti octo domibus sitis et positis citra quoque monasterii Sancti<br />

Spiritus ... ».<br />

- ·140 -


«24 buoi di diverso pelo} 5 giumenti di diverso pelo} 200 scrofe}<br />

628 pecore di ambi i sessi» 44. Complessivamente 857 capi di bestiame.<br />

Tenendo presente che questi dati pervenuti fino a noi sono senz'altro<br />

incompleti, possiamo congettuare che l'ammontare complessivo doveva<br />

aggirarsi almeno sui mille capi.<br />

Nel settore delle industrie il monastero agrigentino era all'avanguardia.<br />

Lasciando da parte le attività a livello artigianale svolte<br />

dalle monache nell'ambito claustrale, mettiamo in risalto quelle che<br />

si svolgevano al di fuori della cerchia monastica e perciò a carattere<br />

sociale.<br />

Per la lavorazione del cuoio e delle pelli, il monastero possedeva<br />

una conceria situata tra le mura della città, sotto la porta della Platea:<br />

Per la moli tura delle olive e la macina tura del grano e degli altri cereali,<br />

l'abbazia aveva alcuni molini centimolum, uno dei quali si trovava<br />

nella stessa città di Agrigento, presso «i tenimenti di Federico<br />

Chiaramonte, di Bartolomeo di Montaperto e di Dolce Amore di Caltanisetta<br />

», mentre un altro era situato nel complesso degli edifici<br />

monastici di Santo Spirto.<br />

Infine, nel Borgo San Michele, ubicato fin da allora tra le mura<br />

della città, il monastero possedeva un'apoteca o fondaco, adibito a<br />

magazzino per il deposito del raccolto.<br />

Naturalmente non mancavano i beni terrieri che in quei tempi<br />

costituivano per tutti la fonte, quasi esclusiva, dell'economia locale.<br />

Un elenco dei vari appezzamenti rustici e delle case urbane ed<br />

extraurbane potrebbe sembrare superfluo, ma si presenta interessante<br />

almeno dal punto di vista della toponomastica di Agrigento.<br />

La Badia di Santo Spirito, dunque, verso la fine del secolo XIII<br />

possedeva:<br />

1. Un Casale che si chiamava Collaioragium situato nel territorio di<br />

Agrigento in contrada Fabaria.<br />

2. Un possesso di terre lavorative sito nello stesso territorio, in<br />

contrada PIaneta e confinante con le terre di Santa Maria dei<br />

Teutoni.<br />

3. Una vigna situata nello stesso territorio in contrada Minacha.<br />

4. Un pezzo di terra situato nello stesso territorio in contrada Minage<br />

confinante con le terre delle monache di Santa Maria de Mossa e<br />

con un tenimento della chiesa maggiore di Agrigento.<br />

44 Strumento orig. di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

- 141 -


5. Una casa situata nella città in ruge de Buyano presso le mura della<br />

città.<br />

6 .. Due case collaterali situate presso le mura dela città nel Borgo San<br />

Francesco, in contrada de tribus lapidibus.<br />

7. Un pezzetto di terreno libero posto in città verso la Porta del<br />

bagno nel Borgo San Michele.<br />

8. Un piccolo villaggio di 108 case ubicate al di qua del monastero<br />

di Santo Spirito 45.<br />

Come in tante altre abbazie d'Europa, anche in quella di Agrigento,<br />

l'asse patrimoniale, come abbiamo visto, si presenta frazionato<br />

e con beni distanti l'uno dall'altro.<br />

In una età ad economia naturale e a consumazione dei prodotti<br />

sul posto, si imponeva la distribuzione a coloni, impegnati a corrispondere<br />

al cenobio o prestazioni determinate dall'uso o canoni in<br />

natura o in denaro.<br />

Nell'atto di dotazione viene stabilito che tutti i beni elencati non<br />

dovranno essere alienati) ma dovranno usarsi esclusivamente come<br />

sostentamento delle monache di Santo Spirito.<br />

Da notare che, nonostante la donazione, la Benefattrice si riservava<br />

l'usufrutto, vita natural durante, di tutti i beni ceduti al monastero e<br />

come procuratore, nominava suo figlio, Manfredi di Chiaramonte.<br />

Dietro invito della Donatrice, l'Abate di Casamari, Giovanni Bove,<br />

procede alla designazione di un suo rappresentante per la presa di possesso<br />

dei beni. A questo ufficio venne incaricato il monaco di Casamari,<br />

Taddeo di Aversa, come risulta dallo strumento pubblico redatto<br />

il 28 settembre 1298 dal notaio Tommaso de Sillato, nello stesso<br />

cenobio di Casamari, davanti all'edificio dell'infermeria 46, Il monaco<br />

Taddeo, ricevuto il mandato di Commissario e di Procuratore Generale<br />

di tutti i beni di Casarnari in Sicilia, giunse ad Agrigento insieme a<br />

Roberto, abate di Santo Spirito di Palermo. La donazione di Marchisia<br />

Prefoglio veniva firmata il 27 agosto 1299 47 •<br />

Con questo atto pubblico l'Abbazia di Casamari entrava in pos-<br />

45 Tutti i beni descritti o elencati sono stati desunti dallo strumento di dotazione del<br />

1299 (ved. nota 8).<br />

46 Lo strumento rogato da Tommaso de Sillaro il 28 settembre 1298 non è pervenuto<br />

fino a noi, ma è riportato in. sintesi dal notaio Pietro de Vanesia nello strumento di Dotazione<br />

del 1299.<br />

47 Strumento di dotazione del 1299 (ved. nota 8).<br />

- 142-


sesso dei beni ceduti in favore delle monache di Santo Sprito di<br />

Agrigento, dalla famiglia Charamontana.<br />

In merito agli sviluppi successivi nel settore economico non possiamo<br />

riferire altro. La storia del Partenio, per mancanza di documenti,<br />

è costellata di incertezze e di lacune. Solo compulsando gli archivi della<br />

Sicilia, si potrà fare più luce sul passato di questo cenobio.<br />

5. PROGRAMMA DI VITA MONASTICA: ORA ET LABORA<br />

Il Partenio di Agrigento, come nei secoli passati, così oggi, è un<br />

centro di intensa vita spirituale.<br />

La giornata delle monache cistercensi trascorre tra la preghiera e<br />

il lavoro, nell'osservanza fedele della Regola di San Benedetto e<br />

degli Statuti dell'Ordine.<br />

La liturgia curata con amore e l'ufficio divino cantato con le<br />

melodie del gregoriano, hanno un posto preminente nella vita delle<br />

<strong>Cistercensi</strong> di Santo Spirito.<br />

Da un documento molto importante del 1400, ritrovato e consultato<br />

dal Beccaria nell'Archivio di Stato di Palermo risulta che<br />

il Partenio fu un centro di cultura molto apprezzato in quel tempo.<br />

Vi si impartiva l'insegnamento di lettura e di abbaco per le figliole<br />

di gentili Homini et personi di abeni. Non solo le educande provenivano<br />

da famiglie benestanti del posto, ma a quanto sembra anche<br />

le vocazioni erano scelte di preferenza dalla nobiltà.<br />

Già al tempo della fondazione la nobildonna Marchisia Prefoglio,<br />

nell'atto di dotazione esprimeva il desiderio di potervi abitare. Nei<br />

secoli successivi si cerca di conservare tale indirizzo, come risulta da una<br />

lettera del 1410 rintracciata dallo studioso agrigentino Alessandro<br />

Giuliano Alajmo, dalla quale si rileva che una superiora dell'Ordine<br />

lamenta presso l'abbadessa che non tutte le monache sono patrizie e<br />

l'ammonisce a ricevere, da allora in poi, esclusivamente novizie di origine<br />

aristocratica.<br />

Le vicende di questo cenobio attraverso i secoli sono legate alle<br />

figure di molte abbadesse e di monache provenienti da casati illustri.<br />

Non mancano le leggende di principesse che avrebbero preso l'abito<br />

religioso o di nobildonne che si sarebbero ritirate nella solitudine e<br />

nel raccoglimento del Partenio cistercense.<br />

Nei secoli passati il monastero possedeva diverse proprietà in<br />

varie zone della città di Agrigento: case, orti, molini, giardini, ecc.<br />

- 143-


dove lavoravano anche gli schiavi venu ti dalle coste del nord Africa<br />

con le galere dei trafficanti o dei signorotti. Alcune schiave erano<br />

addette a lavori domestici all'interno della Badia e seguivano le monache<br />

nelle loro attività.<br />

Nei ricordi popolari ancora oggi sopravvivono storie antiche avvolte<br />

in un alone leggendario. Gli schiavi provenienti dall'altra sponda,<br />

naturalmente portavano con se usi e costumi che si sono conservati<br />

nei secoli. Fra i tanti, ricordiamo l'uso di preparare il famoso kuscus<br />

che era uno dei pasti preferito dagli schiavi. Con il tempo il kuscus<br />

è diventato un dolce di colore grigio-verde, contenente diversi ingredienti,<br />

debitamente confezionato: grano tenero, pistacchio, mandorle,<br />

zucchero, cioccolata, cannella, frutta, ecc. da cui si ottiene una specie<br />

di torta assai squisita.<br />

Altre specalità dolciarie delle <strong>Cistercensi</strong> di Agrigento sono: il<br />

dolce Napoli) Paste Nuove) Pasticciotti, Bocconcini di Dama) Agnello<br />

Pasquale) quest'ultimo preparato con pasta reale.<br />

Nessuno conosce i segreti delle ricette.<br />

La produzione dolciaria della Badia Grande non solo è conosciuta<br />

in provincia, ma viene esportata anche nel nord Italia: Milano, Venezia,<br />

Roma.<br />

In questi ultimi decenni furono prese varie iniziative, alcune<br />

delle quali sono state perfezionate, altre modificate, secondo le esigenze<br />

e le circostanze.<br />

Nei locali del monastero. situato nel cuore della città, le monache<br />

svolgono attività apostoliche, sostengono opere assistenziali, impartiscono<br />

l'istruzione ai fanciulli. Per le persone anziane le suore offrono<br />

una Casa di Riposo confortevole, agli orfani un rifugio e alle giovani<br />

studentesse un pensionato che in seguito si trasforma in semplice<br />

pensione con stanze ammobiliate decorosamente.<br />

Numerose allieve vengono preparate ai lavori di sartoria e di<br />

maglieria. L'arte del ricamo è stata tenuta sempre in onore dalle <strong>Cistercensi</strong><br />

di Agrigento e da quelle dell'Abbazia di Santa Maria del Soccorso<br />

(Licata), celebre nel secolo scorso per gli uccelli imbalsamati e per i<br />

fiori artificiali 48.<br />

L'attuale Abbadessa, Sr. Aleide Romagnoli, con tenacia e pazienza,<br />

sull'esempio delle altre badesse che l'hanno preceduta, continua le<br />

nobili tradizioni del cenobio.<br />

48 Gaillemin Synphorianus, Status Abbatiarum, Prioratuum, Monasteriorum ecc., Brigantii,<br />

1891, pp. 65-66 e l'edizione del 1894, p. 104.<br />

- 144-


Per una definitiva sistemazione del monastero, molto resta ancora<br />

da fare, ma la Badia Grande che è riuscita a sopravvivere dopo tanti<br />

secoli con alterne vicende, saprà superare anche le difficoltà dei secoli<br />

futuri.<br />

- 145-


CRONACA<br />

CERTOSA DI FIRENZE<br />

1. INCONTRI GIOVANILI 1974<br />

Tra le attività culturali del Centro d'Incontro della Certosa di Firenze,<br />

promosse dall'Associazione «Amici della Certosa» e dai monaci<br />

cistercensi, ha avuto inizio quest'anno una serie di conversazioni dedicate<br />

a diversi aspetti della civiltà di Firenze e della Toscana.<br />

Le finalità del Centro convergono nella promozione di studi e<br />

ricerche nei settori delle scienze storiche, delle arti, della letteratura,<br />

dell'economia, della sociologia e del pensiero teologico e filosofico, con<br />

particolare riferimento all'apporto che la cultura di Firenze. nelle sue<br />

manifestazioni più alte ed universali, ha dato e continua a dare alla<br />

civiltà contemporanea. In conformità agli scopi istituzionali del Centro<br />

questo primo ciclo di Incontri Giovanili si è aperto con una serie di<br />

conversazioni sulla ARCHEOLOGIA IN TOSCANA.<br />

Successivamente sono stati esaminati, a parziale anticipazione del<br />

secondo ciclo che si terrà presumibilmente questo inverno, anche<br />

aspetti delle Arti figurative in Firenze nel Rinascimento. Questi incontri<br />

che si sono svolti dal 17 Aprile al 4 Giugno 1974, sono stati<br />

caratterizzati dagli interventi volontari di numerose personalità nel campo<br />

delle ricerche archeologiche ed artistiche.<br />

Altro fattore caratterizzante di questo ciclo è stato il discreto afflusso<br />

di partecipanti che ha raggiunto un massimo di 123 persone con una<br />

media per l'intero ciclo di 70 persone ad incontro. Mercoledì 17 aprile,<br />

serata inaugurale del ciclo, parlò il Soprintendente alle antichità d'Etruria<br />

Prof. Guglielmo Maetzke. Nella sua conversazione il prof. Maetzke<br />

analizzò tutti i problemi dell'archeologia in Italia dalla carenza di fondi<br />

alla inorganicità delle leggi, ai saccheggi clandestini, alle alterazioni indiscriminate<br />

del territorio, ai pericoli insiti nell'entusiasmo di quanti, pur<br />

animati da buone intenzioni, operano, senza alcuna preparazione, i cosiddetti<br />

« scavi domenicali ». Martedì 23 e 30 Aprile e martedì 7 Maggio<br />

ha parlato il dotto Curri ispettore onorario alle antichità dell'Etruria<br />

Settentrionale, abbracciando in una esposizione articolata ed esauriente,<br />

fitta di notizie inedite, tutto l'arco di storia e di civiltà verificatosi in<br />

Toscana dall'età del bronzo alla conquista Romana dell'Etruria.<br />

Questa storia degli Etruschi è stata volutamente inserita nel programma<br />

di incontri sperando che possa servire da base per ulteriori<br />

approfondimenti sulla materia specifica.<br />

Martedì 14 Maggio sono intervenuti i prof.ri Frankovich e Vannini<br />

- 146 -


dell'Università di Firenze e, gradita sorpresa, di nuovo il prof. Maetzke.<br />

Nel corso della loro esposizione i tre relatori hanno svelato il mondo<br />

recentemente scoperto, ed ancora poco apprezzato, della archeologia<br />

medievale che sta muovendo in Italia i primi, timidi passi in questi anni.<br />

Martedi 21 Maggio è stato nostro ospite il Prof. Schmiedt, uno dei pionieri<br />

europei della ricerca scientifica e soprattutto archeologica mediante l'ausilio<br />

della fotografia aerea.<br />

Nella sua esposizione del 21 Maggio, che doveva essere seguita da<br />

un'altra 1'11 Giugno a chiusura del ciclo, incontro non effettuato a<br />

causa di un grave incidente occorsogli, il prof. Schmiedt ha parlato dei<br />

nuovi orizzonti aperti alla scienza archeologica dalla ricerca fotografica<br />

aerea, o come amano chiamarla i Francesi, dalla archeologia aerea, addentrandosi<br />

in difficili questioni tecniche peraltro facilmente recepite dal<br />

pubblico presente data la brillantezza e la maestria con le quali il prof.<br />

Schmiedt faceva apparire ovvie le nozioni più ostiche. Martedì 28 Maggio<br />

è intervenuto un altro ospite di riguardo: l'architetto Morozzi ex-Soprintendente<br />

ai Monumenti, il quale ha parlato dei restauri da lui effettuati<br />

durante la sua lunga, eccezionale carriera a Firenze e nelle Pievi medievali<br />

del contado fiorentino soffermandosi in particolar modo su quella fantastica<br />

scoperta che è stata il ritrovamento della antica basilica di Santa<br />

Reparata sotto la cattedrale di Santa Maria del Fiore.<br />

Martedì 4 Giugno infine, ha parlato il prof. Tempestini del Kunsthistorisches<br />

Institut von Florenz, sulle cause e sulla dinamica della nascita<br />

dell'arte rinascimentale a Firenze.<br />

La sua esposizione è stata, per così dire, propedeutica al ciclo che<br />

speriamo di effettuare sul rinascimento.<br />

Questa prima iniziativa del Centro, pur fra carenze organizzati ve<br />

(del resto man mano attenuatesi) dovute a mancanza di esperienza, ha<br />

a nostro parere dimostrato una cosa importante: cioè che in tutta umiltà<br />

è possibile, senza porsi programmi ambiziosi, effettuare operazioni culturali<br />

di vasto respiro, che abbiano come unico obiettivo l'utilità per tutti.<br />

Una dimostrazione: nonostante annunci sul giornale e quelli letti<br />

alla radio, la sera dell'Il Giugno quando fummo costretti a chiudere<br />

anticipatamente il ciclo causa la indisponibilità del prof. Schmiedt, vennero<br />

ugualmente una ventina di persone ad informarsi sui nostri programmi<br />

futuri.<br />

Un'altra prova: un elenco di oltre 20 nominativi di persone disposte<br />

nel futuro a collaborare attivamente.<br />

Speriamo di avere la forza e la costanza di continuare.<br />

L'organizzazione degli Incontri giovanili<br />

- 147-


2. CONVEGNODI STUDI SU SAN BERNARDODI CHIARAVALLE<br />

Ricorrendo quest'anno l'ottavo centenario della canonizzazione<br />

di San Bernardo abate di Chiaravalle, il Centro d'Incontro della<br />

Certosa di Firenze, animato dai PP. <strong>Cistercensi</strong> e dal gruppo di laici<br />

detti «Amici della Certosa», ha creduto opportuno organizzare un<br />

convegno di studi.<br />

Dopo i primi contatti epistolari e telefonici, l'otto gennaio 1974,<br />

in una riunione svoltasi a Roma, presenti il Prof. Jean Leclercq, il<br />

Prof. Piero Zerbi, il Prof. Policarpo Zakar e il nostro P. Goffredo Viti,<br />

si concordò un programma di massima. Il giorno dopo a Firenze P.<br />

Policarpo e P. Goffredo chiesero ed ottennero al Prof. Claudio Leonardi<br />

la collaborazione alla organizzazione del Convegno e il Prof.<br />

Leonardi fu designato segretario del Convegno.<br />

Successivamente con una circolare si presero contatti coi professori<br />

che potevano essere interessati alle relazioni e alla fine di maggio,<br />

grazie all'adesione degli illustri professori, fu definitivamente fissato il<br />

programma, come segue.<br />

Il convegno durerà tre giorni, dal 6 al 9 novembre 1974 e si<br />

celebrerà alla Certosa di Firenze.<br />

Programma del Convegno:<br />

MERCOLEDÌ 6 NOVEMBRE:<br />

Ore 16,00 - 17,00 Prolusione - SIGHARDKLEINER- Abate Generale<br />

dei <strong>Cistercensi</strong><br />

Ore 17,00 - 18,00 Il culto di San Bernardo - Prof. ADRIAANBREDERO<br />

dell'Istituto Teologico di Tilburg<br />

Ore 18,00 - 19,00 Discussione<br />

Ore 19,00 - 19,30 (Comunicazione) L'edizione italiana delle opere di<br />

San Bernardo - Prof. FERRUCCIOGASTALDELLIdel<br />

Pontificio Ateneo Salesiano<br />

GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE:<br />

Ore 9,00 - 10,00 San Bernardo e il Concilio di Sens - Prof. PIERO<br />

ZERBIdell'Università Cattolica di Milano<br />

Ore 10,00 - Il,00 San Bernardo e Gilberto di Poitiers - Prof. NIKO-<br />

I~AUSHARINGdel Pontifical Institute of Medievai<br />

Studies di Toronto<br />

- 148-


Ore Il,00 - 12,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />

Ore 16,00 - 17,00 Cluny, Citeaux, La Chartreuse: San Bernardo<br />

di fronte alle varie esperienze monastiche del XII<br />

secolo - Prof. GILES CONSTABLE dell'Università di<br />

Harvard<br />

Ore 17,00 - 18,00 San Bernardo e l'elezione di York - Prof. DEREK<br />

BAKER dell'Università di Edimburgo<br />

Ore 18,00 - 19,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />

VENERDÌ 8 NOVEMBRE:<br />

Ore 9,00 - 10,00 San Bernardo e il « Transitus » dei monaci - Prof.<br />

GIORGIO PICAS so dell'Università Cattolica di Milano<br />

Ore 10,00 - Il,00 La conoscenza di Dio secondo San Bernardo -<br />

Prof. DENIS FARKASFALVY dell'Università di Dallas<br />

Ore Il,00 - 12,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />

Ore 16,00 - 17,00 Psicologia e santità in San Bernardo - Prof.<br />

JEAN LECLERCQ dell'Università Gregoriana<br />

Ore 17,00 - 18,00 San Bernardo e la religiosità popolare - Prof.<br />

RAOUL MANSELLI dell'Università di Roma<br />

Ore 18,00 - 19,30 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />

SABATO 9 NOVEMBRE:<br />

Ore 9,00 - 10,00 San Bernardo scrittore - Prof. ETTORE PARATORE<br />

dell'Università di Roma<br />

Ore 10,00 - II,00 Aspetti artistici e storici delle abbazie fondate<br />

da San Bernardo tn Italia - Prof.ssa ANGIOLA<br />

MARIA ROMANINI dell'Università di Roma<br />

Ore II,00 - 12,00 Discussione ed eventuali comunicazioni<br />

Ore 12,00 - 13,00 Conclusione - Prof. POLICARPO ZAKAR del Pontificio<br />

Ateneo di Sant'Anselmo<br />

PS. Chi intendesse presentare delle comunicazioni è pregato di inviare<br />

tempestivamente alla Segreteria il titolo e il testo della medesima.<br />

NB. Gli organizzatori si riservano eventuali modifiche al presente<br />

programma solo per casi di forza maggiore.<br />

- 149-


ABBAZIA DI PIONA<br />

13-14 LUGLIO: CELEBRAZIONE DI SAN BENEDETTO<br />

PATRONO D'EUROPA E DI SAN BERNARDO, IN OCCASIONE<br />

DELL'VIII CENTENARIO DELLA CANONIZZAZIONE<br />

L'anno scorso all'Abbazia di Piona il 14 e 15 luglio fu introdotta<br />

la celebrazione della festa di San Benedetto Patrono d'Europa, in occasione<br />

dell'inaugurazione di un confortevole complesso ad uso foresteria,<br />

denominata «Oasi di San Benedetto », aperta anche ai laici per<br />

una parentesi distensiva e spiritualmente corroborante, come pure per<br />

ritiri ed esercizi spirituali propriamente detti, nonché per incontri e<br />

convegni a scopo pastorale.<br />

A distanza di un anno 1'« Oasi di San Benedetto» ha accolto oltre<br />

2000 presenze. Ciò dimostra l'opportunità di tale iniziativa e la<br />

sete con cui l'uomo moderno va in cerca di un momento di sosta, di riflessione,<br />

di introspezione.<br />

Anche quest'anno e precisamente il 13 e il 14 luglio si sono svolte<br />

delle celebrazioni organizzate dai monaci di Piona, dalla « Pro Loco » di<br />

Colico, con a capo il suo dinamico presidente, Giuseppe Franconi con la<br />

collaborazione dell'Ente Provinciale del Turismo di Como.<br />

Nell'ambito di queste celebrazioni è stata inserita anche la commemorazione<br />

di San Bernardo di Chiaravalle in occasione dell'VIII centenario<br />

della Canonizzazione.<br />

Alle ore 17 del 13 luglio solenne concelebrazione presieduta dall'abate<br />

di Chiaravalle di Milano, D. Giovanni Rosavini. Hanno concelebrato<br />

oltre il P. Abate Procuratore dell'Ordine Cistercense, P. Gregorio<br />

Battista, il Priore conventuale dell'Abbazia di Piona, P. Raffaele<br />

Scaccia, alcuni Padri di Piona, della Certosa di Pavia, di Firenze, e un<br />

parroco austriaco. Hanno partecipato alle funzioni numerosi fedeli e un<br />

gruppo di ragazzi austriaci, provenienti dalle vicinanze del monastero cistercense<br />

di Mehrerau, sul lago di Costanza. Nell'omelia il Rev.mo<br />

P. Abate Giovanni Rosavini si è soffermato ad illustrare il significato di<br />

San Benedetto, padre dell'Europa.<br />

Alle 21,30 c'è stato un concerto del complesso cameristico di Como<br />

con la partecipazione del tenore Carlo Menippo, del baritono Carlo Torreggiani<br />

e della soprano Maria Irene Varetto; l'orchestra è stata diretta<br />

dal maestro Riccardo Mulazzi. Il programma fu il seguente:<br />

- 150-


Introduzione<br />

P. ROMUALDOBIONDI(Cistercense) - Inno a San Bernardo (sopr. e coro).<br />

Prima Parte<br />

A. CORELLI(1653-1713) - Concerto grosso - op. VI - n. 2.<br />

G. BIZET (1838-1875) - Agnus Dei (tenore).<br />

IGNOTOFIAMMINGO(del XVI secolo) - Aria fiamminga (realizzazione di<br />

Renzo Bossi).<br />

C. GOUNOD(1818-1893) - Ave Maria (tenore).<br />

T. ALBINONI(1674-1745) - Sonata in la (grave-allegro-adagio-allegro).<br />

Seconda parte<br />

L. CHAILLY(vivente) - Toccata per archi.<br />

C. FRANK(1822-1890) - Panis angelicus (tenore).<br />

A. CORELLI(1653-1713) - Sarabanda e Giga.<br />

F. GIARDINI(1716-1796) - Rondò.<br />

N. PORPORA(1686-1768) - Gavotta<br />

W. A. MOZART(1756-1791) - Alleluia (soprano).<br />

Nell'intervallo tra la prima e seconda parte, S. Bernardo di Clairvaux<br />

(1090-1153), è stato commemorato dal Prof. Mons. Pietro Zerzi,<br />

Preside della Facoltà di Lettere dell'Università Cattolica « S. Cuore»<br />

di Milano. I cantori sono tutti della « Tampa » di Piacenza.<br />

Il 14 luglio alle ore 1O una solenne concelebrazione in onore di<br />

San Bernardo presieduta dall'Abate Procuratore Generale, P. Gregorio<br />

Battista con la partecipazione dei Padri di Piona e di Firenze. Nell'omelia<br />

il P. Abate Procuratore ha illustrato l'opera e la santià di Bernardo<br />

di Chiaravalle.<br />

ABBAZIA DI CASAMARI - lO Agosto<br />

Alle ore 17 del 10 agosto il nostro confratello P. Eugenio Romagnuolo,<br />

dopo aver terminato il corso di Sacra Teologia all'Angelicum<br />

- 151-


ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale dal Vescovo diocesano, nella basilica<br />

di Casamari.<br />

Il 17 agosto P. Eugenio ha cantato la prima Messa al paese natio,<br />

Cerignola (Foggia). Erano presenti alla funzione concelebrando 12confratelli<br />

sacerdoti provenienti da Casamari, Trisulti e Firenze e alcuni nostri<br />

studenti di filosofia.<br />

A P. Eugenio i più sinceri auguri di « Notizie <strong>Cistercensi</strong> », affinché<br />

il Signore gli conceda la forza necessaria per la sua missione sacerdotale<br />

e l'entusiasmo di questi giorni possa essere sempre vivo e operante<br />

in lui.<br />

- 152-


FLORILEGIO<br />

SAN BERNARDO, Apologia a Guglielmo, Abate di Saint Thierry<br />

RIMPROVERO CONTRO CHI GIUDICA E CALUNNIA IL TENO-<br />

RE DI VITA DEI CLUNIACENSI. vr.<br />

Ma - dicono - come osservan la Regola coloro che 'vestono<br />

pelliccie, si nutrono di carni e di grassi anche quando sono sani, ammettono<br />

tre o quattro cibi ogni giorno, contro la proibizione della<br />

Regola soe non fanno il lavoro manuale che la stessa Regola comanda 51<br />

e poi cambiano, aumentano, diminuiscono molte cose a loro piacere?<br />

Giusto. Queste cose non si possono negare. Ma guardate nella<br />

Regola di Dio, da cui certo non discordano le Regole di San Benedetto:<br />

vi si legge: «Il regno di Dio è dentro di voi» 52 cioè non nei vestiti<br />

o negli alimenti del corpo, ma nelle virtù dell'uomo interiore.<br />

Onde l'Apostolo scrive: «Il regno di Dio non è cibo o bevanda,<br />

ma giustizia, e pace e gioia nello Spirito Santo» 53 ed altrove. «il<br />

regno di Dio non consiste nelle parole, ma nella virtù» 54.<br />

Calunniate i fratelli circa le osservanze corporali, e lasciate la<br />

parte più importante della Regola, quella spirituale: colate il moscerino<br />

per trangugiare il cammello!<br />

Quale abuso! Si metta gran cura nel fare che il corpo sia vestito<br />

secondo le prescrizioni della Regola, e si lascia l'anima spoglia delle<br />

sue vesti, contro la Regola. Si procurano con tanto studio la tunica<br />

e la cocolla per il corpo, perché non si reputa monaco chi ne è sprovvisto:<br />

perché non si provvede ugualmente l'umiltà e la pietà, che sono<br />

gli indumenti dello spirito?<br />

Noi vestiti di tunica e superbi, aborriamo le pelliccie, quasi che<br />

non sia migliore l'umiltà ravvolta di pelliccie che la superbia rivestita di<br />

tunica; specialmente poi se consideriamo che Dio stesso ha fatto ai<br />

.so Reg. di San Benedetto cap. 39. È noto come questa regola impone quale norma generale<br />

l'astinenza perpetua dalle carni e dai cibi grassi. Le eccezioni riguardavano soltanto<br />

il caso di grave malattia. La consuetudine primitiva in uso a Cluny permetteva tutti i giorni<br />

l'uso del brodo di carne, ma solo come condimento dei legumi. Pietro il Venerabile,<br />

tra gli altri statuti di riforma, aveva ristretto anche questa consuetudine, proibendo anche<br />

i condimenti grassi tutti i venerdì dell'anno e tutti i giorni dell'Avvento, eccetto la prima<br />

domenica. (Mabillon).<br />

51 Regola cap. 48.<br />

52 Luca XVII, 21.<br />

53 Rom. XIV, 7.<br />

54 I Coro IV, 20.<br />

- 153-


primi uomini delle vesti di pelle 55 e Giovanni nel deserto si è cinto<br />

i fianchi con una cintura di pelle 56 e lo stesso istitutore delle tuniche<br />

non si vestì di tunica, nella sua solitudine, ma di pelli 57, Poi dopo<br />

esserci riempito il ventre di fave e la mente di superbia, condanniamo<br />

i cibi conditi di grasso! Quasi che non sia meglio usare un po'. di<br />

grasso nel cibo, che riempirsi di ventosi legumi fino a sazietà 58: specialmente<br />

quando si consideri che Esaù fu rimproverato non per aver<br />

mangiato carne, ma per le lenticchie S9 e Adamo fu condannato per<br />

aver mangiato un frutto, non della carne 60 come anche Gionata fu<br />

condannato a morte per aver mangiato del miele, non della carne 61<br />

mentre al contrario Elia poté mangiar carne senza alcun danno 62<br />

Abramo offri carne agli Angeli 63 e Dio stesso comandò che i sacrifici<br />

si facessero di carni 64,<br />

Ancora, è meglio usare un po' di vino a causa dell'infermità<br />

che riempirsi di molta acqua per avidità, poiché Paolo consigliò Timoteo<br />

a usare un po' di vino 65 e Gesù stesso ne bevve tanto da esser<br />

chiamato bevitore di vino 66, ne diede da bere agli apostoli, e col vino<br />

istituì il Sacramento del suo Sangue 67 mentre non permise che si bevesse<br />

acqua alle nozze di Cana 68 e castigò terribilmente il popolo<br />

che mormorava presso le acque di Maribà 69; Davide poi ebbe timore a<br />

bere l'acqua che aveva desiderato troppo 70 e gli uomini di Gedeone,<br />

che per avidità si eran gettati a bere nel fiume, non furono stimati<br />

degni di partecipare alla guerra 71,<br />

Perché poi vi gloriate del lavoro manuale, quando Marta che<br />

s'affaticava fu ripresa, e Maria che riposava fu lodata 72 e San Paolo<br />

.55 Gen. III, 21.<br />

56 Matt. III, 4.<br />

57 San Benedetto, che prescrisse per i suoi monaci la tunica, quando si ritirò sui<br />

monti di Subiaco, all'inizio della sua vita eremitica, si vestì di pelli (cfr. San Gregorio M.,<br />

i Dialoghi,!. II c. 1.0).<br />

58 «Usque ad rectum exsaturari... ».<br />

S9 Epist. agli Ebr. XII. 16; cfr. Gen. XXV, 27-34.<br />

60 Gen. III, 17.<br />

61 I Re XIV, 29.<br />

62 III Re XVII, 6.<br />

63 Gen. XVIII, 7.<br />

64 Esodo XXIX, 1.<br />

65 I Tim. V, 23.<br />

66 Matt. XI, 19.<br />

67 Matt. XXIV, 27.<br />

68 Giov. II, 8-9.<br />

69 Quando mormoravano contro Mosè per la mancanza di acqua nel deserto. Numeri,<br />

c. XX.<br />

70 II Re XXIII, 16.<br />

71 Giudici VII, 5-7.<br />

72 Luca X, 41.<br />

- 154-


dice esplicitamente: «Il lavoro del corpo vale poco, la pietà è utile<br />

a tu tto »? 73.<br />

Ottima cosa il lavoro, di cui dice il Profeta: «Ho faticato gemendo<br />

» 74 e di cui si legge altrove: «Mi sono ricordato di Dio e ne<br />

ho goduto, ed ho lavorato ». Ma perché intenda che non parla solo di<br />

lavoro corporale, subito dopo si legge: «ed il mio spirito venne<br />

meno» 75. Dove è lo spirito, non il corpo, che si stanca, si parla senza<br />

dubbio di opere spirituali.<br />

L'ESERCITAZIONE SPIRITUALE È PIÙ UTILE DI QUELLA<br />

CORPORALE. VIro<br />

E che? mi dirai. Tu lodi tanto l'operazione spirituale da condannare<br />

quella corporale che prescrive la Regola?<br />

No! Ma bisogna far l'una e non tralasciare l'altra. Se poi fosse<br />

necessario lasciare una delle due, è meglio omettere quella corporale<br />

che l'altra.<br />

Quanto è migliore lo spirito del corpo, tanto è più fruttuosa<br />

l'esercitazione spirituale che quella corporale. Tu, mentre ti insuperbisci<br />

perché fai quest'ultima e biasimi coloro che non la fanno, non<br />

ti dimostri forse più trasgressore della Regola, di cui osservi - sì -<br />

alcune minime prescrizioni, ma non fai le migliori, di cui dice<br />

l'Apostolo: «Aspirate ai doni migliori »? 76.<br />

Mentre sparli dei fratelli, perdi l'umiltà in ciò di cui ti vanti,<br />

e perdi la carità in ciò di cui lo critichi: e questi sono certo doni migliori<br />

Tu stanchi il tuo corpo con molte, troppe fatiche, e mortifichi le tue<br />

membra che sono sulla terra con le penitenze di regola. Ben fatto.<br />

Ma che dirai se colui che tu giudichi come se non lavorasse,<br />

avrà meno di quest'esercitazione corporale, che utile a 'poco, e avrà<br />

invece più di te di quella pietà che è utile a tutto?<br />

Chi di voi - domando .- osserva meglio la Regola? Non è forse<br />

colui che è migliore? E chi è migliore: chi è più umile o chi è più<br />

stanco? Non è forse migliore chi ha imparato dal Divin Maestro ad<br />

73 I Tim. IV, 8.<br />

74 Ps. 6, 7.<br />

75 Ps. 76, 4.<br />

76 I Coro XII, 31.<br />

- 155-


esser mite ed umile di cuore 77, ed ha scelto insieme a Maria la parte<br />

ottima che non gli verrà tolta in eterno? 78.<br />

Se poi tu pensi che la Regola si debba osservare alla lettera da<br />

tutti coloro che "l'hanno professata, da non ammetter nessuna dispensa,<br />

io dico che non l'hai osservata né tu né quell'altro.<br />

Perché sebbene egli la trasgredisca in molte cose riguardo alle<br />

prescrizioni corporali, è impossibile che anche tu non la trasgredisca<br />

almeno in un punto. E tu sai che chi manca in una cosa, manca in tutte.<br />

Se poi mi concedi che si possa, con una dispensa, cambiar qualche<br />

cosa, senza dubbio la osservate e tu, e quell'altro, benché in modo disuguale:<br />

tu più strettamente, l'altro forse più largamente.<br />

Non dico questo perché siano da trascurarsi le prescrizioni esteriori,<br />

o perché se uno non si esercita in esse, subito diventi spirituale, mentre<br />

al contrario la vita spirituale (sebbene più eccellente) si acquista a<br />

mala pena o non si acquista per nulla, se non si passa attraverso a queste<br />

cose materiali, come sta scritto: «Non c'è prima quello che è spirituale,<br />

ma ciò che è animale, e poi ciò che è spirituale» 79. Come<br />

Giacobbe non meritò i desiderati amplessi di Rachele se non dopo<br />

aver conosciuto Lia so.<br />

Perciò leggiamo ancora nel Salmo: «Intonate un salmo e suonate<br />

il timpano» 81 che è come dire: fate un'azione spirituale, ma cominciate<br />

con una materiale. La cosa migliore la fa colui che opera l'una e<br />

l'altra cosa in modo giusto e conveniente 82.<br />

La lettera, perché rimanesse lettera, bisognava finirla quando<br />

avevo, con la mia penna, abbastanza rimproverato i nostri (dei quali<br />

voi, Padre, vi siete lamentato che sparlavano del vostro Ordine) ed<br />

avevo anche purgato me stesso - per quanto lo potevo - da un<br />

simile falso sospetto.<br />

Ma poiché, mentre non risparmio i nostri, sembra ch'io sia troppo<br />

d'accordo con voi su alcuni punti, nei quali non è lecito esserlo,<br />

credo necessario aggiungere alcune cosette che conosco quanto vi<br />

77 Matt. XI, 29.<br />

78 Luca X, 42.<br />

79 I Coro XV, 46.<br />

IlO Secondo un simbolismo comune ai Padri, Lia rappresenta la vita attiva, Rachele la<br />

contemplativa.<br />

81 Salmo 80, 8.<br />

82 Considerando la grave moderazione del Santo, in pieno accordo con la dottrina e<br />

con la prassi della Chiesa riguardo ad altri punti di disciplina, che non dimentica mai la<br />

debolezza dell'uomo, anche di fronte agli obblighi solenni della professione religiosa, e<br />

che tiene conto più dello spirito interiore che dell'abito e del contegno esteriore, si comprenderà<br />

meglio la santa libertà e la rettitudine dell'autore nello stendere questo scritto.<br />

- 156-


dispiacciano, e non dubito debbano essere evitate da tutti i buoni, le<br />

quali miserie, benché si vedano succedere nell'Ordine, non voglio certo<br />

dire che siano proprie dell'Ordine.<br />

Nessun'Ordine può avere in sè cose disordinate: ciò che è disordinato<br />

non può essere ordine.<br />

Perciò non si deve pensare che io parli contro l'Ordine, ma<br />

piuttosto in suo favore, dal momento che non biasimo l'Ordine negli<br />

uomini, ma i vizi de'gli uomini.<br />

E non temo di recar dispiacere, in questa materia, a coloro che<br />

amano l'Ordine: anzi son sicuro che tornerà loro gradito il sentir<br />

biasimare ciò che anch'essi disapprovano. Se poi dispiace a qualcuno, si<br />

vede che costui non ama l'Ordine perché non vuoI condannare la<br />

corruzione, cioè gli abusi. A costoro rispondo con San Gregorio Magno:<br />

«è meglio susci tare uno scandalo che tacere la verità» 83.<br />

RIMPROVERO DEI VIZI DEI CLUNIACENSI NASCOSTI SOTTO<br />

IL NOME DI VIRTÙ. VII!".<br />

Si dice - e si può credere -- che quella vita si stata istituita<br />

da uomini santi e che essi, per poter salvare maggior numero di uomini,<br />

abbiano temperato il rigore della Regola fino a considerarli quasi come<br />

malati, ma non si può dire che abbiano distrutto la regola.<br />

Non crederò mai, però, che essi abbiano comandato o permesso<br />

tante cose vane e superflue, che si vedono in molti monasteri.<br />

Mi meraviglio come abbia potuto infiltrarsi tra monaci tanta internperanza<br />

nel cibo e nelle bevande, nei letti e nelle vesti, nelle cavalcature<br />

e nelle costruzioni, tanto che ove queste cose si fanno con maggior cura,<br />

con maggior sfarzo, con maggior spesa si dice che si osserva meglio<br />

la Regola, si crede che vi sia più spirito religioso. La povertà si crede<br />

avarizia, la sobrietà austerità, il silenzio tristezza.<br />

Al contrario la rilassatezza si dice discrezione, la prodigalità liberalità,<br />

la loquacità affabilità, la smoderata allegrezza giocondità, la mollezza<br />

delle vesti ed il fasto della cavalcatura si crede decenza, la superflua<br />

cura nei letti, pulizia. Quando poi usiamo l'uno o l'altro di questi<br />

riguardi si dice carità.<br />

Questa carità distrugge la carità, questa discrezione confonde la<br />

- 157-


discrezione. Una tale misericordia è piena di crudeltà, perché è così<br />

benevola verso il corpo da soffocare l'anima.<br />

Che carità è amar la carne e trascurare lo spirito? Quale discrezione<br />

è dar tutto al corpo e niente all'anima? Qual misericordia è nutrir<br />

la serva ed uccidere la padrona? Nessuno si illuda di ricevere, per una<br />

tale falsa misericordia, quella misericordia che il Vangelo promette<br />

ai misericordiosi, secondo le parole della Bocca della Verità: «Beati<br />

i misericordiosi perché troveranno misericordia» 84. Si aspetti piuttosto<br />

un castigo, quello, - per dir così - che ad uno di questi falsi<br />

misericordiosi impreca il santo Giobbe, più per profezia che per sentimento<br />

vero: «Non sia ricordato, ma venga disprezato come un<br />

albero infruttuoso» e subito aggiunge il motivo di una tale degna<br />

pena: «infatti ha nutrito la sterile e colei che non partorisce, e non<br />

ha beneficato la vedova» 85.<br />

V era e falsa carità<br />

È una misericordia disordinata e irragionevole vigilare per adempire<br />

i desideri della carne sterile ed infruttuosa, che secondo le parole<br />

del Signore, non giova a nulla 86, e, secondo l'Apostolo non possederà<br />

il regno di Di0 87 , trascurando d'altra parte il consiglio saluberrimo del<br />

sapiente circa la cura dell'anima, che dice: «Abbi pietà dell'anima<br />

tua col render ti grato a Dio» 88.<br />

È ottima misericordia l'aver pietà dell'anima tua, e non può meritar<br />

misericordia, dal momento che cerca di renderti grato a Dio.<br />

Altrimenti non è misericordia - come già ho detto - ma crudeltà,<br />

non carità ma iniquità, non discrezione, ma confusione, il nutrire la<br />

sterile che non partorisce, cioè il servire alle inutili concupiscenze della<br />

carne e non far alcun bene alla vedova, cioè non dar opera a coltivare<br />

le virtù per adornarne l'anima. Essa - sebbene per ora sia vedovata<br />

dello sposo celeste - non tralascia di concepire e di partorire, per<br />

opera dello Spirito Santo, dci sentimenti immortali, capaci, cioè, della<br />

celeste ed incorruttibile eredità, se c'è chi li coltiva con cura e con<br />

pietà.<br />

84 Matt. V, 7.<br />

85 Giob. XXIV, 20-2l.<br />

86 Giov. VI, 64.<br />

87 I Cor. XV, 56.<br />

88 Eccli. XXX, 24 ..<br />

- 158-


Per questo abuso ormai quasi dovunque simili cose si retengono<br />

per ordine, e si osservano quasi da tutti - benché in modo diverso -<br />

senza discussioni o riprensioni.<br />

Alcuni usano di tutte queste cose come se non ne usassero, e<br />

perciò senza alcuna offesa o con minima offesa alla Regola.<br />

Alcuni fanno questo per semplicità, altri per carità, altri per necessità.<br />

Difatti certuni tengono queste superfluità perché sono loro comandate,<br />

pronti ad agire altrimenti se altro venisse comandato. Altri lo<br />

fanno per non vivere in modo diverso da coloro coi quali abitano,<br />

seguendo in ciò non la propria sfrenatezza, ma l'altrui pace. Altri<br />

ancora poi perché non sono capaci a resistere alla moltitudine di quelli<br />

che loro contraddicono e che difendono queste osservanze credendo di<br />

difender l'ordine, ed ogni volta che gli altri cercan di restringere o<br />

di cambiare qualcosa secondo la ragione consiglia, subito vi si oppongono<br />

con tutta la loro autorità.<br />

PARAGONE FRA L'INTEMPERANZA DEI CLUNIACENSI E<br />

L'ASTINENZA DEGLI ANTICHI MONACI. IXO.<br />

Chi avrebbe creduto, agli inizi dell'Ordine monastico, che si<br />

sarebbe giunti a tanta rilassatezza di monaci? Oh! Quanto siamo<br />

distanti dai monaci dei tempi di Antonio! Costoro, visitandosi di<br />

tempo in tempo, per carità, ricevevano con tanta avidità - a vicenda<br />

il pane dello spirito, che - dimenticando totalmente il cibo corporale<br />

- passavano il giorno intero digiuni nel corpo, ma non nello spirito.<br />

Quello era un ordine giusto, perché prima si serviva alla parte più<br />

degna; quella era discrezione somma, perché riceveva di più la parte<br />

maggiore; quella era vera carità, perché con tanta sollecitudine si<br />

nutrivano le anime per amore delle quali Cristo morì.<br />

« Quando noi ci raduniamo - per usare le parole dell'Apostolo<br />

- non è già per mangiare la cena del Signore» 89. Non c'è nessuno<br />

che cerchi. il pane celeste, non c'è nessuno che lo distribuisca. Non<br />

si tratta delle Scritture o della salute delle anime, ma si lanciano al<br />

vento sciocchezze, e risa, e chiacchere.<br />

Mentre si mangia, tanto si riempie la bocca di cibo, quanto le<br />

89 I Coro XI, 20.<br />

- 159-


orecchie di chiasso, cosicché, stando intenti m questo SI dimentica la<br />

moderazione nel cibo.<br />

Intemperanza della mensa<br />

Intanto le pietanze si succedono alle pietanze e al posto delle<br />

sole carni di cui si astengono, si raddoppiano le grosse porzioni di pesce.<br />

Quando sei sazio dei primi assaggi i secondi, ti sembrerà di non<br />

aver ancora toccato i primi. Tutto è preparato con tanta cura, con<br />

tanta arte dai cuochi che, dopo aver divorato quattro o cinque piatti, i<br />

primi non impediscono gli ultimi e la sazietà non diminuisce l'appetito.<br />

Il palato, sempre sedotto da nuovi condimenti, a poco a poco<br />

dimentica i sapori conosciuti, e per mezzo di sughi peregrini gli<br />

vengono avidamente rinnovati i desideri. Il ventre senza saperlo si<br />

riempie, ma la varietà dei cibi non lascia sentire il fastidio.<br />

Ci stanchiamo dei cibi come la natura li ha creati, e li mescoliamo<br />

in molti modi gli uni agli altri; così si disprezzano i sapori naturali<br />

che Dio ha dato alle cose, e si va a provocar la gola con sapori artificiali;<br />

però si passa il limite della necessità e non si aumenta la misura<br />

del piacere.<br />

Chi potrebbe dire in quanti modi (per tacere d'altro) le sole uova<br />

si preparano e si lavorano, con quanto studio si rompono, si sbattono,<br />

si cuociono liquide, o solide, o rapprese e si servono ora fritte, ora<br />

bollite, ora nel sugo, ora miste ad altro, ora da sole? Perché tutto questo,<br />

se non per evitare il fastidio?<br />

Non basta, ma si cura anche l'apparenza esterna dei cibi, di modo<br />

che l'aspetto non rallegri meno del gusto, e quando lo stomaco con<br />

frequenti rutti 90 indica d'esser già pieno, la curiosità non sia ancor<br />

sazia.<br />

Ma mentre gli occhi sono attratti dai colori, il palato dai sapori,<br />

povero stomaco, a cui né i colori luccicano, né i sapori solleticano,<br />

ma è costretto a riaver tutto, e - più che ristorato - viene oppresso<br />

e soffocato! Cosa devo dire poi del bere acqua. quando a nessun patto<br />

si vuoI ammettere il vino annacquato? Tutti. da quando siamo monaci,<br />

abbiamo lo stomaco malato, e giustamente non dimentichiamo il tanto<br />

necessario consiglio dell' Apostolo, di usar del vino, tralasciando però<br />

- non so per qual motivo - quel « poco » che egli aveva premesso 91.<br />

90 Mi si perdoni l'espressione, è di San Bernardo.<br />

91 I Tim. V, 28.<br />

- 160-


E volesse il cielo che si fosse contenti di una sola qualità, specialmente<br />

quando è puro! Mi vergogno a dirlo (ma c'è da vergognarsi di<br />

più a farlo, e - se fa vergogna l'udirlo - non ci si vergogni ad<br />

emendarlo). Vedresti in un sol pranzo riempire a metà il bicchiere<br />

tre o quattro volte, di modo che - dopo aver piuttosto odorati che<br />

bevuti i vari vini e appena toccati più che assaggiati, - si possa<br />

scegliere, dopo una sapiente prova ed una breve conoscenza, il più<br />

generoso.<br />

Che dire poi di quello che in alcuni monasteri si dice farsi per<br />

usanza, cioè bere, nelle grandi feste, vino misto a miele e delicatamente<br />

profumato? 92. Forse si potrà dire che anche questo si fa per I'infermità<br />

dello stomaco? lo invece dico che non giova ad altro, se non a far bere<br />

di più e con maggior gusto.<br />

Ma quando le vene saranno ingurgitate di vino e martelleranno per<br />

tutta la testa, alzandosi da tavola, che si può far di meglio che dormire?<br />

Se poi vorrai costringere uno che non ha digerito ad alzarsi per la veglia,<br />

ne ricaverai pianto, piuttosto che canto! E tornando a letto piango<br />

per l'incomodo che ho dovuto subire; non per il peccato d'intemperanza,<br />

ma perché non posso più mangiare.<br />

Simulazione di malattie per dispensarsi dall'astinenza<br />

È ridicolo poi (se è vero) ciò che mi fu raccontato da molti, i<br />

quali dicevano di saperlo con certezza, per cui non credo di doverlo<br />

tacere. Dicono che dei monaci giovani e sani, sogliono lasciare il<br />

monastero per andare nell'infermeria - pur non essendo malati -<br />

per soddisfare il desiderio insano della carne mangiando quella carne<br />

che la discrezione della Regola 93 concede appena agli ammalati ed ai<br />

deboli per ripararne le forze.<br />

Domando, qual sicurezza è questa, fra i bagliori delle lancie dei<br />

nemici che da ogni parte fremono e fra le frecce che volano, gettar le<br />

armi come se la guerra fosse finita ed il nemico ormai vinto, e trattenersi<br />

in pranzi prolungati, o avvoltolarsi pigramente su di un morbido letto?<br />

Che significa questa ignavia, o buoni soldati? Mentre i vostri<br />

92 Pietro il Venerabile aveva proibito l'uso di queste droghe nel vino, eccetto per il<br />

giovedì santo (Mabillon).<br />

93 Regola di San Benedetto, cap. 31-39. Anche questo abuso era stato corretto dagli<br />

statuti di Pietro il Venerabile, che lo condanna in alcune lettere ai priori dell'Ordine con<br />

le parole ancora più veementi e severe di quelle di San Bernardo.<br />

- 161-


compagni stanno combattendo e morendo, voi vi nutrite di cibi delicati<br />

e di sonni mattutini?<br />

Gli altri cercano di riscattare il tempo, notte e giorno con cura<br />

e vigilanza, perché i giorni son cattivi e voi passate le lunghe notti nel<br />

sonno e perdete le giornate nell'ozio, chiaccherando?<br />

Dite « pace» e non c'è pace! 94. Perché almeno, non vi vergognate<br />

ai rimproveri dell'Apostolo sdegnato? «Non avete ancora resistito fino<br />

al sangue» egli dice 95. Perché non vi risvegliate al terribile tuono delle<br />

sue minacce? «Quando avranno detto: pace e sicurezza - dice egli<br />

- piomberà su di loro, come il dolore del parto, improvvisa la morte,<br />

e non potranno sfuggire» 96.<br />

È troppo delicata medicina fasciarsi prima di esser feriti, piangere<br />

per un membro non colpito, portar la mano dove non si è ancora<br />

ricevuto il colpo, usar l'unguento sulla parte che non duole, metter<br />

l'impiastro dove non c'è alcun taglio.<br />

Per distinguere i sani dai malati, si comanda ai malati di portare in<br />

mano un bastone che è davvero necessario: almeno così il bastone<br />

potrà falsamente mostrar la malattia che nè il pallore né la magrezza<br />

della faccia non indicano. Dovrò ridere o piangere per simili sciocchezze?<br />

Ha vissuto così Macario? Ha insegnato così Basilio? È questa<br />

la regola di Antonio? Hanno vissuto così i Padri dell'Egitto? Hanno<br />

fatto così, o hanno pensato doversi far così i santi Oddone, Maiolo,<br />

Odilone, Ugo, che questi tali, si gloriano d'aver per principi e maestri<br />

del loro Ordine?<br />

Tutti costoro, se furono santi, anzi proprio perché furono santi,<br />

non discordavano dall'insegnamento dell'Apostolo, che dice: «Quando<br />

abbiamo da mangiare e da vestirei, siamo contenti »97. Noi invece abbiamo<br />

al posto del cibo la sazietà, e invece di cercare il vestito cerchiamo<br />

l'ornamento.<br />

(continua)<br />

94 «Pax:» è il motto dello stamma Benedettino, e sta ad indicare tutta l'opera benefica<br />

che nei secoli, specialmente nell'alto medioevo, hanno svolto i figli di questo Ordine<br />

glorioso. San Bernardo applicando quella parola in senso allegorico, dice: la vera<br />

pace non si può né ottenere né conservare con la ricerca di quella che è l'arma più sicura<br />

e più efficace del demonio, sempre in lotta con noi. Non accontentiamoci del nome, ma<br />

badiamo alla realtà.<br />

95 Ebrei XII, 8.<br />

96 I Tess. V, 3.<br />

97 I Tim. VI, 8.<br />

- 162-


Jean de la Croix Bouton, O.C.S.O.<br />

STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />

(diciottesima puntata)<br />

CITEAUX E LE CROCIATE<br />

Le Crociate sono le spedizioni intraprese nei secoli XI, XII e<br />

XIII dagli occidentali per liberare Gerusalemme e la tomba di Cristo<br />

cadute in mano dei mussulmani. Ordinariamente si distinguono otto<br />

principali crociate. A noi interessano in questo momento le prime tre.<br />

La prima crociata (1096-1099)<br />

Citeaux nacque all'epoca della prima crociata, ed è forse un'eco<br />

dell'entusiasmo cavalleresco di allora quello che noi sentiamo nell'appellativo<br />

che i fondatori mettono in testa al loro primo documento:<br />

Nos pauperes Christi milites. Ma, per la verità, non sembra che i fondatori<br />

del Nuovo Monastero intendessero un giorno, vicino o lontano,<br />

condurre i loro discepoli verso il tumulto delle crociate. Se San Bernardo<br />

indica ai suoi monaci Gerusalemme, è la Gerusalemme celeste<br />

che egli intende, e la strada che vi conduce non è la lunga cavalcata<br />

attraverso l'Asia Minore, ma la solitudine e la penitenza del chiostro.<br />

Senza dubbio Alberico e Stefano non mancarono di incitare i monaci<br />

a pregare per i benefattori partiti, e forse caduti in Terra Santa. Il duca<br />

di Borgogna Eudes s'era messo in marcia nella primavera del 1101 ed<br />

era perito nel corso dell'anno seguente. Il suo corpo fu portato indietro<br />

e ricevette la sepoltura a Citeaux. Se la prima crociata non ebbe,<br />

sembra, altre ripercussioni a Citeaux, tutt'altro fu della seconda, che<br />

alcuni hanno chiamato perfino « la crociata cistercense ».<br />

La seconda crociata (1146-1149)<br />

Fu cistercense di fatto, la crociata voluta da un Papa cistercense<br />

- Eugenio III - predicata da un cistercense - San Bernardo - e<br />

che contò tra i suoi capi due vescovi cistercensi - Goffredo di<br />

Langres e Otone di Frisinga. E a parte il ruolo personale di San Ber-<br />

- 163-


nardo, fu tutto l'Ordine a prendervi parte, se non alla spedizione,<br />

almeno alla preparazione.<br />

Il successo di San Bernardo a Vézelay ed altrove ebbe il risultato<br />

che lo invitarono da ogni parte a predicare la crociata. Non potendo<br />

soddisfare da solo a tutte le richieste, si fece aiutare da qualcuno dei<br />

suoi, ed è così che diversi cistercensi parteciparono a questa vasta<br />

campagna di propaganda. L'indomani dell'assemblea di Vézelay, San<br />

Bernardo dettò al suo segretario Nicola uno schema da redigersi in un<br />

numero considerevole di esemplari che variavano secondo i destinatari.<br />

Nicola fu incaricato di curarne le differenti redazioni. Otto di questi<br />

testi son pervenuti fino a noi, indirizzati al conte di Bretagna ed ai suoi<br />

vassalli, a Manfredo vescovo di Brixen, al clero di Franconia e Baviera,<br />

ai popoli di Sassonia e di Moravia, ecc. D'altra parte, su richiesta<br />

espressa da San Bernardo .. qualche abate si dedicò a un'attività più<br />

spettacolare. Così l'abate di Morimond, Rainaldo, nella festa dell'Ascensione,<br />

convocò nella sua abbazia i principali signori del Bressigny. Il<br />

discorso che egli rivolse loro portò i suoi frutti: la maggior parte di<br />

essi decise di prendere la croce. È ancora su domanda di San Bernardo<br />

che all'inizio del 1147, l'abate Adamo di Ebrach predicò la crociata<br />

a Ratisbona, e l'abate Gerlach di Rein in Stiria e Carinzia. Nel frattempo<br />

le cose si erano complicate per l'iniziativa intempestiva nel<br />

nord della Francia di un monaco cistercense di nome RodoIfo, il quale<br />

senza alcuna autorizzazione si era messo in cammino a predicare la<br />

crociata. La sua predicazione riportò un successo fulmineo, che si<br />

rivolse contro i giudei, dichiarati «nemici della religione ». San<br />

Bernardo dovette intervenite. Lo fece dapprima per lettera (ep. 365),<br />

e poi siccome questa lettera non otteneva il risultato desiderato, si<br />

recò egli stesso sul posto accompagnato da due monaci ed intimò a<br />

Rodolfo di ritirarsi a Clairvaux (per i dettagli di questo episodio vedi<br />

D. EUGÈNE WILLEMS, Clteaux et la seconde croisade, in Rev. Rist.<br />

eccl., Lovanio, 1954, XLIX, n. 1, pp. 116-151). Dopo la dieta di<br />

Francoforte (13 marzo 1147) che regolò gli ultimi dettagli della spedizione,<br />

San Bernardo rientrò a Clairvaux. La sua missione esteriore<br />

era compiuta, bisognava ora pregare e far pregare i monaci per il successo.<br />

Una cosa ci sorprende: durante la spedizione, non troviamo alcun<br />

monaco cistercense particolarmente delegato dall'abate di Clairvaux<br />

per rappresentarlo al fianco di Corrado III e di Luigi VII. Soltanto i<br />

due vescovi Goffredo di Langres e atone di Frisinga accompagnarono<br />

l'esercito, l'uno come consigliere di Luigi VII, l'altro come vero capo<br />

di truppe. Una lettera di San Bernardo (la cui autenticità non è ben<br />

- 164-


dimostrata) indirizzata a tutti gli abati, proibiva di lasciar partire un<br />

monaco o un converso « per la spedizione» (testo pubblicato da D. J.<br />

LECLERcQ, Etudes sur Saint Bernard, Analecta SOC, 1953, IX, pp.<br />

142-143). Si registra però la presenza di diversi monaci di Morirnond,<br />

autorizzati dal loro abate Rainaldo a recarsi in Terra Santa al seguito<br />

dei crociati. Ma forse si trattava soltanto di studiare le possibilità di una<br />

fondazione, che di fatto fu realizzata dieci anni più tardi.<br />

Volentieri sottoscriviamo le conclusioni di D.E. Willems al termine<br />

dello studio sopra citato: «Cosa concludere al termine di questo<br />

studio? che Citeaux ha avuto una parte preponderante nella preparazione<br />

della seconda crociata, ed una parte molto inferiore nella sua<br />

realizzazione; che l'Ordine non ha mancato alla sua vocazione essenziale<br />

di contemplazione interessandosi alla guerra santa, perché San<br />

Bernardo e i suoi coadiuva tori non hanno fatto che obbedire al<br />

capo supremo della Chiesa, il quale aveva il diritto di chiedere loro<br />

questa parte di azione per una causa «cattolica»; che il fallimento<br />

della crociata non è imputabile a coloro che l'hanno predicata, bensì<br />

all'incapacità dei capi militari e soprattutto al disaccordo che regnava<br />

tra Latini e Greci; che i contemporanei non ne sono rimasti ingannati,<br />

perché hanno continuato a rispettare i <strong>Cistercensi</strong>, gratificandoli come<br />

in passato dei loro favori; che l'Ordine ha conservato intatto lo spirito<br />

che lo ha caratterizzato fin dalle origini. L'ultima parola - e la migliore<br />

- che si può dire per riassumere l'atteggiamento dell'Ordine di fronte<br />

alla crociata è ancora quella di San Bernardo: «Lo scopo che ci<br />

proponiamo in religione non è di arrivare alla Gerusalemme terrestre<br />

ma a quella celeste; oppure, è attraverso l'amore e non attraverso il<br />

vagabondaggio che si arriva a quest'ultima» (op. cit., p. 151).<br />

La terza crociata (1188-1192)<br />

Nonostante tutto, più di qualche monaco o converso mal resistiva<br />

all'attrattiva dei Luoghi Santi e conservava una nostalgia della Gerusalemme<br />

terrestre. Ci fu bisogno di un decreto formale del Capitolo<br />

Generale (1157): «Coloro che escono dal monastero per recarsi a<br />

Gerusalemme o per int.raprendere un pellegrinaggio verso un altro<br />

santuario siano, senza eccezione di persone, mandati in un'altra casa<br />

dell'Ordine, senza alcuna speranza di ritorno ». Ma l'idea di crociata<br />

rimaneva nell'aria. Durante il suo breve pontificato di cinquantasette<br />

giorni, Gregorio VIII trovò il tempo per lanciare un appello alla guerra<br />

santa, dopo la presa di Gerusalemme ad opera di Saladino (1 ottobre<br />

- 165-


1187). L'idea prese corpo con Clemente III. La crociata fu predicata dal<br />

vescovo di Tyr e dal cardinale-arcivescovo di Albano, che era Enrico di<br />

Marcy, ex-abate di Clairvaux. La lettera di quest'ultimo indirizzata a<br />

tutti i prelati della Chiesa insiste sulla riforma dei costumi come preparazione<br />

necessaria alla spedizione in Terra Santa. In Germania, la<br />

predicazione del cardinale di Albano ebbe un'azione efficace. È noto<br />

come l'imperatore Federico Barbarossa organizzò una potente armata<br />

che si lanciò all'attacco l'Ll maggio 1189 e seminò il terrore tra le<br />

file musulmane, fin quando la morte accidentale di Federico ( lO<br />

giugno 1190) gettò l'armata tedesca nello smarrimento e nella desolazione.<br />

In Inghilterra fu tenuto un sinodo nell'abbazia cistercense di<br />

Pipewell sotto la presidenza di Balduino, arcivescovo di Canterbury,<br />

ex-abate di Ford. Balduino predicò la crociata e prese anch'egli la<br />

croce per accompagnare il suo sovrano, Riccardo Cuor di Leone.<br />

Il Re d'Inghilterra si raccomandò alle preghiere dei monaci di Citeaux<br />

e fece dono della chiesa di Scarborough con dipendenze ed introiti allo<br />

scopo di contribuire alle spese del Capitolo Generale. L'Ordine rispose<br />

alla generosità reale prescrivendo preghiere e opere penitenziali per la<br />

crociata e stabili un anniversario perpetuo per Re Riccardo (1190).<br />

In Francia la crociata fu predicata da Garniero abate di Clirvaux,<br />

come è testimoniato dalla lettera che gli scrisse Riccardo Cuor di<br />

Leone dall'Oriente. Prima di imbarcarsi, Filippo Augusto fece chiamare<br />

l'abate di Citeaux, Guido. e si raccomandò alle sue preghiere e a quelle<br />

dell'Ordine, Il Re di Francia rientrò in patria dopo la presa di San<br />

Giovanni d'Acri (12 luglio 1191), mentre il Re d'Inghilterra continuò<br />

a guerreggiare in Terra Santa. Lui stesso ha raccontato le sue imprese<br />

- che non tutte gli fanno onore - in una lettera indirizzata all'abate<br />

di Clairvaux. Gli diceva tra l'altro: Siamo vincitori di Saladino, ma<br />

siamo a corto di risorse. Non potremo durare oltre la prossima<br />

Pasqua. E supplicava l'abate di riprendere le sue predicazioni allo<br />

scopo di ottenere nuovi crociati e nuovi contributi. La lettera è del 1<br />

ottobre 1191. Dal 20 dello stesso mese incominciava una politica di<br />

riavvicinamento tra il Re d'Inghilterra e Saladino. Doveva terminare<br />

con la pace generale del 2 settembre 1192, pace in tutto simile a una<br />

«liquidazione generale della crociata». Ma non tutto era ancora<br />

finito per il Re. Dall'Inghilterra gli erano pervenute notizie allarmanti,<br />

ed egli aveva fretta di abbandonare la Siria. Durante il viaggio di ritorno,<br />

a dispetto dell'immunità garantita ai crociati, fu fatto prigioniero<br />

dal duca d'Austria, Leopoldo V, e tenuto chiuso in una cittadella sul<br />

166 -


Danubbio. Verso la Pasqua del 1193, il duca cedeva il prigioniero<br />

all'imperatore Enrico VI per la somma di 20.000 marchi di argento.<br />

Le esortazioni e le minacce di Clemente III furono inutili. Due abati<br />

cistercensi inglesi, di Boxley e di Roberts Bridge, furono delegati dai<br />

baroni inglesi per visitare l'illustre prigioniero e negoziare il suo<br />

riscatto. Riccardo riebbe la libertà soltanto nel febbraio 1194, pagando<br />

un riscatto di 150.000 marchi d'argento e riconoscendo la supremazia<br />

dell'imperatore. Rientrato nella sua terra, il Re pensò innanzi tutto<br />

a far fronte agli enormi debiti che pesavano su di lui. Allo scopo fece<br />

ancora appello alla bontà dei suoi amici cistercensi. Come pegno di<br />

amicizia, racconta il cronista, Guglielmo, il sovrano prese tutta la<br />

produzione di lana dell'annata, principale ricchezza delle Abbazie inglesi.<br />

Incoraggiato dalla docilità dei suoi amici di tenere anche la produzione<br />

di lana dell'anno seguente. Avendo già versata la decima saladina,<br />

i monaci calcolarono che questa seconda imposta era dieci volte<br />

superiore alla prima e cominciarono a trovare 'l'amicizia del Re costosa.<br />

Fu versata la nuova tassa? Non lo sappiamo. In ogni modo, quello<br />

stesso anno 1194 quattro abati cistercensi furono delegati presso il<br />

Re a recargli lettere deI Capitolo Generale (di cui ignoriamo il contenuto,<br />

ma che è facile indovinare). Segue un fatto abbastanza curioso, a<br />

cui gli Statuti dei nostri Capitoli Generali non fanno allusione ma<br />

che è riferito da Baronio all'anno 1197: l'imperatore Enrico VI offd al<br />

Capitolo Generale di Citeauv 3000 marchi d'argento, presi dal riscatto<br />

del Re Riccardo, per far fare in tutto l'Ordine incensieri d'argento.<br />

Ma gli abati, tam ipsum Imperatorem quam donum eius detestantes,<br />

rifiutarono quel denaro male acquisito.<br />

CITEAUX E GLI SCIS,MJ<br />

Nel secolo XII la Cristianità ebbe a deplorare due scismi, quello<br />

di Anacleto II e quello di Vittore III. I <strong>Cistercensi</strong> furono naturalmente<br />

indotti a prender partito. Il prestigio di San Bernardo al momento<br />

dello scisma di Anacleto, la potenza dell'Ordine al momento dello<br />

scisma di Vittore, assicurarono in entrambe le circostanze il trionfo del<br />

Papa legittimo.<br />

Lo scisma di Anacleto II<br />

I numerosi lavori apparsi su San Bernardo in occasione dell'ottavo<br />

centenario nel 1953 hanno già trattato il ruolo tenuto dall'abate<br />

di Clairvaux in questa faccenda. Sarà sufficiente un semplice richiamo<br />

167 -


dei fatti. Alla morte di Onotio II (1130) due grandi famiglie romane,<br />

i Pierleoni e i Frangipane pretesero imporre al Sacro Collegio un<br />

candidato di loro scelta. Aimerico, Cancelliere del Papa defunto fece<br />

eleggere il cardinale Gregorio, protetto dai Frangipane, che prese il<br />

nome di Innocenzo II. I PierIeoni da parte loro fecero acclamare il<br />

cardinale Pier dei Leoni da una frazione del Sacro Collegio. Si chiamò<br />

Anacleto II. Siccome aveva dalla sua la forza e il denaro, Roma restò<br />

nelle sue mani. Innocenzo II, cacciato dall'Italia, si appellò alla Chiesa<br />

universale. Erano a suo favore la priorità dell'elezione e la superiorità<br />

della virtù nei confronti di un avversario poco raccomandabile. Trovò<br />

un campione eloquente nell'abate di Clairvaux che riuscì a mettere dalla<br />

sua parte il re di Francia Luigi VI nell'assemblea di Etampes, poi il<br />

re di Inghilterra, Enrico I e l'imperatore Lotario II.<br />

Lo scisma di Vittore IV<br />

Iniziò nel 1159 e durò diciasette anni. La causa prossima fu una<br />

ripresa del conflitto rimasto latente tra il Papato e l'imperatore germanico<br />

che, impotente a piegare i turbolenti feudatari tedeschi, si<br />

rivolgeva all'Italia in nome dei rinnovati diritti dell'antichità (il « sacro<br />

romano impero germanico» ). L'imperatore urtava inevitabilmente<br />

contro il Papa che non poteva né rinunciare a Roma né riconoscersi<br />

vassallo dell'imperatore. Tuttavia, in occasione di un primo viaggio in<br />

Italia (1154), Federico Barbarossa rese un servizio al Papato liberando<br />

Roma dai ribelli romani e da Arnaldo da Brescia, e fu coronato imperatore<br />

da Adriano IV. Ma quando venne una seconda volta, alla dieta<br />

di Roncaglia, Federico senza preamboli soppresse l'organizzazione comunale<br />

delle città lombarde - il che ledeva diversi vescovati - e<br />

pretese di esercitare la sua autorità sulla Corsica, territorio pontificio.<br />

Alle proteste del Papa rispose intendendosela con i democratici romani.<br />

Nel frattempo Adriano IV moriva (1 settembre 1159). I voti degli elettori,<br />

il 7 settembre, furono in maggioranza per il Cancelliere Rolando<br />

Bandinelli, che prese il nome di Alessandro III. Ma alcuni cardinali<br />

favorevoli all'imperatore elessero il cardinale Ottaviano, che prese il<br />

nome di Vittore IV, indossò le insegne pontificali che s'era fatte<br />

confezionare, e con l'aiuto di bande armate si installò sulla cattedra<br />

pontificia. La validità dell'elezione di Alessandro era ben solida perché<br />

egli aveva ottenuto una forte maggioranza (la cifra di ventiquattro su<br />

ventisette, data da cardinali che erano per Alessandro, non è assolutamente<br />

certa) e nessuna legge richiedeva allora per l'elezione del<br />

- 168-


Ponteficie i due-terzi dei voti (fu proprio Alssandro III a far decretare<br />

questa norma dal Concilio Lateranense del 1179). Il Papa legittimo rese<br />

nota la sua elezione con una serie di missive, ma Federico fece sentire<br />

la sua influenza presso i re di Francia e di Inghilterra a favore del<br />

« suo Papa» e convocò tutti i prelati dell'Impero a un sinodo che si<br />

apri a Pavia il 5 febbraio 1160. Come era da aspettarsi, Vittore fu<br />

riconosciuto il solo Papa e Alessandro fu anatematizzato. Dalla parte<br />

Alessandro, i legati Enrico e Odo ne protestarono contro le procedure<br />

di Pavia e riaffermarono che l'unica elezione valida era quella di Rolando<br />

Bandinelli. Da parte sua, il Papa scomunicò l'imperatore (24<br />

marzo 1160). In queste condizioni, si comprende facilmente lo sbandamento<br />

del clero e del popolo e l'imbarazzo dei sovrani, male informati<br />

o sollecitati dai due partiti avversi. Gli stessi Ordini religiosi erano<br />

divisi. L'abate di Cluny, Ugo III, s'era messo dalla parte di Vittore IV<br />

(ne diede spiegazione in una lettera al vescovo di Londra, Gilberto:<br />

« Noi siamo ai confini del regno e dell'impero. E la Germania, l'Ungheria"<br />

la Lorena, la Borgogna al di là della Senna, la Provenza, la maggior<br />

parte dell'Italia e la Lionese obbediscono con l'imperatore al signor<br />

Ottaviano»), ma la maggior parte delle abbazie cluniacensi di Francia<br />

non lo seguirono su questa via. L'abate Pons di Vézelay, che difendeva<br />

ardentemente Alessandro III, ne approfittò per distaccarsi dall'orbita<br />

di Cluny. I Promostratesi erano divisi, essendo i Promostratesi di Germania<br />

per Vittore IV. Al contrario, i Certosini erano in blocco dalla<br />

parte di Alessandro. Cosa dovevano fare i <strong>Cistercensi</strong>?<br />

-I <strong>Cistercensi</strong> e Alessandro III<br />

Si è creduto per molto tempo, prestando fede a diversi cronisn,<br />

che i <strong>Cistercensi</strong> si erano messi immediatamente e all'unanimità dalla<br />

parte di Alessandro. B. Mahn cita più testi a suffragare questa<br />

opinione (L'Ordre Cistercien et son gouuernement, Les Cisterciens et<br />

l'exemption, soprattutto le pp. 140-142). Di fatti, una lettera scritta<br />

dal celebre abate Filippo di I'Aumòne ad Alessandro III verso la fine<br />

del 1159 mostra che egli aveva personalmente auspicato la sua elezione<br />

e che non appena aveva ricevuto la notizia del tumulto del 7 settembre<br />

si era adoperato a farlo riconoscere dai re di Francia e di Inghilterra<br />

(facendo pervenire al Re e al clero di Inghilterra le missive con cui<br />

Alessandro annunciava la sua elezione). Gli abati di. Citeaux e di<br />

Clairvaux si erano recati all'assemblea di Pavia, ma ci è permesso pensare<br />

che i due abati cistercensi dovettero abbandonare rapidamente<br />

- 169-


l'assemblea su cui l'imperatore faceva sentire fortemente la sua autorità,<br />

perché più tardi, lo stesso abate di Clairvaux Fastredo, in una lettera<br />

al vescovo di Verona, dimostra la fondatezza della causa alessandrina<br />

portando come argomento principale la nullità del consilio di Pavia,<br />

composto di soli 44 vescovi (e non di 153, come pretendeva Federico)<br />

la cui decisione finale era stata presa per timore di rappresaglie da<br />

parte dell'imperatore. Il partito dell'imperatore, aggiungeva Fastredo,<br />

era stato preso prima dell'elezione. Enrico di Francia, vescovo di<br />

Beauvais, uno dei due legati che dopo il sinodo di Pavia si adoperarono<br />

perché fosse riconosciuto Alessandro, era un cistercense. Fu lui a pubblicare<br />

in collaborazione con un altro cistercense, Filippo di I'Aumòne,<br />

un manifesto in risposta a quello di Pavia. Da parte sua, Pietro di<br />

Tarantasia predicava per Alessandro nelle valli alpine.<br />

Tuttavia, un testo inedito pubblicato da Dom J. Leclercq suggerisce<br />

che alcuni abati inglesi avevano preso partito contro Alessandro.<br />

Si tratta di un brano, scritto nello stile della Curia, che si trova di<br />

seguito alla lettera Aeterna et incommutabilis indirizzata a Teobaldo,<br />

arcivescovo di Canterbury. Eccone il tenore nella sua crudezza originale:<br />

Cisterciensium tunicas sub quibus sanctae religionis putabatur latere<br />

sinceritas, contra nos et unitatem ecclesiae [urere ditius quam oportuerit<br />

hucusque patientia nostra tolerauit. Cum enim in claustris sua et<br />

aliorum peccata deberent deflere et pro pace ecclesiae Deum iugiter<br />

exorare, ipsi uelut filii saeculi et discordiae amatores, uarias deceptionis<br />

species assumentes, ultra omnes mortales tamquam vagabundi huc<br />

atque illuc coeperunt discurrere, et scbismaticorum erroribus [ormita<br />

praestantes, pacem ecclesiae conati sunt omnimodis peruertere, altare<br />

contra altare constituere. Quia igitur apostolica dignitas et imperialis<br />

eminentia praedictorum monacborum coeca intentione olJenditur et<br />

eorum mali ti oso studio pax utriusque quotidie impeditur atque turbatur,<br />

necesse est duplici contritione conterantur, ut saltem beati Benedicti<br />

regulam quam superbiae spiritu ... (manca il seguito) (D J. LECLERcQ,<br />

Epitres d'Alexandre III sur les Cisterciens, in Reuue Bénédictine,<br />

LXIV, 1954, n. 1-2, pp. 68-69). È noto inoltre che in Germania alcuni<br />

abati eminenti, come Adamo d'Ebrach, all'inizio mostrarono qualche<br />

riserva nei riguardi di Alessandro (v. D. R. BAUERREISS, Kircbengeschichte<br />

Bayerns, III, Saint-Ottilien, p. 79). Secondo Fr. Winter,<br />

qualche abbazia cistercense della Germania del Nord ricevette delle<br />

bolle da Vittore IV, ma è certo che l'Ordine nell'insieme non meritava<br />

accuse gravi come quelle del testo Cisterciensium tunicas. Del resto<br />

questo testo dovette essere soppresso, perché non lo si trova nelle altre<br />

- 170-


spedizioni della stessa lettera - a meno che non fu aggiunto a un solo<br />

esemplare, precisamente quello inviato al primate di Inghilterra. In<br />

un suo sermone De oneribus, S. Elredo, dopo aver parlato dello scisma,<br />

constatava che gli spiriti non si erano ancora calmati nel suo paese.<br />

A poco a poco però si riunirono ad Alessandro. Il clero inglese, quello<br />

francese, Luigi VII, Enrico II riconobbero il Papa legittimo che,<br />

davanti alla minaccia imperiale lasciò Roma e si rifugiò in Francia dove<br />

soggiornò due anni (1163-1165). Vittore IV mori nel 1164 ma il<br />

cancelliere Rainaldo di Dassel fece eleggere un altro antipapa, che fu<br />

riconosciuto alla dieta di Wurzbourg (1165). Il Capitolo Generale di<br />

Citeaux nel 1161 si era pronunziato a favore di Alessandro, il che<br />

comportava l'adesione al Papa legittimo di 365 monasteri, ma rendeva<br />

difficile la posizione degli abati cistercensi tedeschi dipendenti dall'imperatore.<br />

All'inizio questi ultimi sembra conservassero una prudente<br />

neutralità, ma il Cesare, dice Elmondo nella Chronica Slauorum, diede<br />

loro questa alternativa: o aderiscono a Vittore o vanno via. E il cronista<br />

aggiunge: è difficile dire quanti padri, quante comunità dovettero<br />

rifugiarsi in Francia. Le regioni soggette a Federico, senza i territori<br />

di Welfo di Baviera e di Enrico Leone e le terre imperiali di lingua<br />

francese, contavano almeno una trentina di abbazie. Fortunatamente<br />

il decreto di espulsione non sembra fosse applicato dappertutto con lo<br />

stesso rigore. Cesare di Heisterbach racconta che la comunità di<br />

Himmerod si preparava a partire quando un messaggero imperiale<br />

venne ad annunciare che la decisione era stata revocata. Ma in altri<br />

casi purtroppo bisognò partire, almeno momentaneamente. Rivolgendosi<br />

ai <strong>Cistercensi</strong> nel 1169, Alessandro III poté giustamente ricordare il<br />

loro coraggio di fronte ai pericoli ed alle minacce.<br />

Nonostante tutto, durante questi anni turbolenti, vi furono tre<br />

fondazioni in territorio imperiale: Riffenstein (1162), Werschweiler<br />

(1172,) Arnsburg (1174). A cominciare dal 1176, su Federico si<br />

abbatterono dei rovesci che lo costrinsero a trattare col Papa. Il 24<br />

luglio 1177 tra i due avversari ci fu un incontro. L'imperatore diede<br />

copiose testimonianze di rispetto verso il Pontefice, e questi lo ammise<br />

al bacio di pace. Nel settembre dello stesso anno, al Capitolo Generale<br />

di Citeaux giunsero due lettere. L'una, di Alessandro, rendeva grazie<br />

a- Dio per la pace ormai ristabilita tra il sacerdozio e l'impero, riconoscendo<br />

che i principali artefici di questa riconciliazione erano i due<br />

cistercensi, Pons vescovo di Clermont e S. Ugo, abate di Bonnevaux.<br />

L'altra era di Federico, che richiamava il prestigio dell'illustre cistercense<br />

Otone di Frisinga, suo zio, e manifestava la sua gioia per l'unità<br />

- 171 -


istabilirà e per la pace così abilmente ottenuta da due uomiru di<br />

grande virtù e di grande prudenza: Pons di Clermont e Ugo di<br />

Bonnevaux.<br />

Fini tutto bene, come nei romanzi...<br />

CISTERCENSI, BENEDETTINI E CANONICI REGOLARI<br />

Abbiamo esposto più sopra le grandi linee del conflitto Citeaux-<br />

Cluny sforzandoci di rimetterlo in una prospettiva imparziale. Nel<br />

frattempo, a quelli già esposti, si sono aggiunti due nuovi studi:<br />

P. A. DIMIER, Un Témoin tardi] connu du conflit entre Cisterciens<br />

et Clunistes, in Petrus Venerabilis 1156-1956. Studies and texts commemorating<br />

the eight Centenary 01 his death. Roma, Studia Anselmiana<br />

40, 1956, pp. 81-94, e G. CONSTABLE,The vision 01 a Cistercian nouice,<br />

ibid. pp. 95-98. Dom .J. LEcLERcQ ha appena scoperto una Nouvelle<br />

Réponse de l'Ancien Monachisme aux critiques des Cisterciens, di<br />

cui pubblica il testo nella Revue Bénédictine, 1957, LXVII, n. 1-2, pp.<br />

77-94, con diversi altri riferimenti.<br />

Dopo aver esaminato il tenore di questa «Nouvelle Reponse»,<br />

tra monasteri e con il diritto in uso nel XII secolo riguardo al<br />

passaggio da un Ordine all'altro torneremo a un clima un po' più sereno<br />

con le Associazioni spirituali.<br />

Il punto di vista del monachesimo tradizionale<br />

La « Nouvelle Reponse» (Oxford, Bodleian Library, Laud, Mise.<br />

232), di cui si ignora l'autore e il destinatario, comprende due parti.<br />

La prima è una difesa contro i « detrattori» appartenenti a un'osservanza<br />

nuova e separata tnouitas separatae institutionis, aliquorum<br />

divisa religio), il che ci fa orientare verso i <strong>Cistercensi</strong>. Di fatto, le<br />

obiezioni dalle quali si difende l'autore sono tra quelle di San<br />

Bernardo e dei <strong>Cistercensi</strong> contro i Benedettini. I «detrattori» mettevano<br />

i monaci del tempo in contrasto con i Padri della vita monastica.<br />

Rimproveravano 'loro inoltre di non dedicarsi più al lavoro<br />

manuale. La seconda parte della «Nouvelle Reponse» è una tesi<br />

in cui l'autore dimostra che si può avere fiducia nel monachesimo<br />

contemporaneo. Pone la vocazione monastica nell'insieme e nella<br />

varietà delle vocazioni cristiane, nell'unità diversificata della Chiesa.<br />

Richiama la distinzione tra precetti e consigli (che si trovava sotto<br />

- 172-


la penna di Pietro il Venerabile) e insiste sul primato della carità e<br />

sull'idea che il lavoro manuale è una concessione alle esigenze temporali<br />

di certe epoche, di certe situazioni in cui i monaci possono<br />

trovarsi, ma non fa parte del Joro ideale nella stessa misura della<br />

preghiera. Insomma, secondo l'autore della «Nouvelle Reponse »,<br />

l'osservanza monastica nella linea tradizionale, con tutti i lunghi<br />

uffici divini, è più contemplativa di quella dei <strong>Cistercensi</strong>. Era il<br />

punto di vista dei Cluniacensi, e non quello di Citeaux (vedi il<br />

Dialogus inter Cluniacensem et Cisterciensem monachum).<br />

Associazioni di preghiere<br />

Le divergenze di punti di vista, alle quali si aggiunsero, come<br />

abbiamo visto, conflitti di interesse materiale, non impedirono che ci<br />

fossero rapporti di simpatia. Ne è la prova non soltanto il passaggio<br />

dal « nero» al « bianco» di numerosi monaci ed abati benedettini, ma<br />

soprattutto le associazioni di preghiere che unirono tra loro abbazie<br />

cistercensi e benedettine. La tradizione risale ai primi anni, poiché le<br />

miniature di Citeaux conservano il ricordo tangibile e artistico dell'associazione<br />

tra l'abbazia di Saint-Waast d'Arras e la comunità di<br />

Citeaux (manoscritto del Commentario di San Girolamo su Geremia<br />

copiato dal monaco Osberto da Saint-Waast per Santo Stefano<br />

Harding). Il Martirologio di Citeaux dà alla data del 20 novembre<br />

la lista delle abbazie associate all'Ordine. Potendo la lettura di questa<br />

lista diventare fastidiosa col passar del tempo, il Capitolo Generale del<br />

1196 decise che soltanto i nomi delle prime sei comunità sarebbero<br />

state lette: le altre sarebbero state indicate con questa espressione:<br />

Et aliorum plurimorum quorum in praesenti pagina nomina continentur.<br />

I sei nomi indicati nel ms Digione 633 (378) f 142 sono i<br />

seguenti: Commemoratio... monacborum Molismensium, et Cluniacensium,<br />

et Cartusiensium, et canonicorum premonstratensium, et<br />

cabilonensium, et sanctimonialium Fontis Ebraldi, che rappresentano<br />

i principali Ordini allora conosciuti: molismensi, cluniacensi, certosini,<br />

premostratesi, agostiniani, monache di Fontevrault. Dom J.<br />

Leclercq ha pubblicato recentemente due liste di associazioni, quella<br />

dell'abbazia di Alcobaça (Les manuscrits cisterciens du Portugal, in<br />

Analecta SOC, 1950, VI, pp. 133-135), e quella di Herrera tRecberches<br />

sur les manuscrits cisterciens d'Espagne, ibid. 1949, V, p.l10).<br />

A sua volta, C. H. TALBOT ha pubblicato altre tre liste, quella di<br />

- 173-


Clairvaux, quella di Clairmarais e quella di Ter Doest, in Clteaux in<br />

de Nederlanden, 1954, V, pp. 233-24.5). Queste liste sono su per giù<br />

identiche. C. H. Talbot suggerisce che ci può essere stata all'inizio<br />

una lista-tipo, che si atteneva all'accentuata tendenza verso l'uniformità<br />

e all'imposizione di un calendario unico. Su questa lista-tipo<br />

alcuni nomi sarebbero stati aggiunti dall'autorità del Capitolo Generale,<br />

altri invece da ciascuna abbazia per ragioni particolari. Ci sembra<br />

questo, il caso di S. Martino di Magonza, di San Mansueto di Toul,<br />

di Santo Stefano di Toul, e di San Castore di Treviri, associati a<br />

Clairvaux, quando si tien conto dei viaggi di San Bernardo in questa<br />

regione. In molti casi il Capitolo Generale accettò e generalizzò<br />

associazioni già esistenti con particolari abbazie<br />

Se non possiamo concludere a delle relazioni intime tra i nomi<br />

compresi nella lista delle associazioni, è però interessante constatare<br />

la fitta rete di preghiere e di suffragi che legavano tra loro monasteri<br />

di benedettini, <strong>Cistercensi</strong> e di Canonici Regolari attraverso la cristianità.<br />

Cambiamenti di monastero e cambiamenti di Ordine<br />

La promessa di stabilità esigita da San Benedetto non ha distrutto<br />

il fondo girovago che è assopito in ogni essere umano, anche se<br />

votato al servizio di Dio. Imaginatio locorum et mutatio multos<br />

[ejellit, dice l'autore dell'Imitazione (Lib. I, cap. IX). La Chiesa è<br />

stata dunque costretta a legiferare molto per tempo su questo punto.<br />

Conosciamo le prescrizioni formali di San Benedetto (Reg.) cap. LXI).<br />

Già prima, un canone del sinodo di Agde (506) si esprimeva<br />

in questi termini: Monachum n/si abbatis sui aut permissu aut<br />

uoluntste, ad alterum monasterium commigrantem nullus ab.bas suscipere<br />

aut retinere praesumat (canone 27). La stessa proibizione è<br />

stata ripresa nei sinodi di Orléans 511, di Autun 670, di Hereford<br />

673. Un canone del sinodo di Tribur (895) esigeva in più il consenso<br />

del vescovo e quello della comunità. Questo divieto fatto a un religioso<br />

di abbandonare il suo monastero senza il permesso dell'abate<br />

e dei fratelli si ritrova in un gran numero di testi pontifici del<br />

XII secolo (vedi lo studio ben documentato di P. A. DIMIER, Saint<br />

Bernard et le droit en matière de transitus, in Revue Mabillon, XLIII,<br />

- 174-


aprile-giugno 1953, n. 172, pp. 48-82, a cui ci riferiremo in tutto<br />

questo articolo). Ai permessi richiesti si aggiungeva la proibizione<br />

agli abati di ricevere il fuggitivo. Se il monaco o il canonico voleva<br />

abbracciare una vita più perfetta, doveva presentare delle lettere di<br />

raccomandazione del suo superiore. Nel 1142, tra <strong>Cistercensi</strong> e Premostratesi<br />

fu concluso un accordo. Fu deciso, e detto espressamente,<br />

che nessun membro dei due Ordini, monaco, canonico, novizio o<br />

converso, poteva esser ricevuto nell'altro senza il mutuo consenso.<br />

Questo era il diritto. Ma non fu questo l'atteggiamento di San<br />

Bernardo, che in molti casi ricevette a Clairvaux monaci estranei senza il<br />

permesso dei loro superiori, o addirittura contro la loro volontà (il<br />

monaco di San Germer de Flay, il monaco di San Nicaise, di Anchin, di<br />

Saint-Bertin, di Chézy, i canonici di Eaucourt, i premostratesi di Bonne-<br />

Espérance), D'altra parte non possiamo supporre che il santo ignorasse<br />

questo punto del diritto comunemente accettato. Non poteva non conoscere<br />

le grandi correnti del pensiero, in diritto come in teologia e in tutto<br />

il resto. In particolare San Bernardo non poteva ignorare un privilegio<br />

di Innocenzo II a favore dei Premostratesi, inviato a tutti gli arcivescovi,<br />

vescovi, abati e priori, che proibiva di ricevere qualsiasi canonico<br />

o converso dell'Ordine Premostratese senza il permesso del loro Superiore.<br />

Nel caso si fosse presentato un fuggitivo, avrebbero dovuto<br />

rinviarlo al suo abate (29 dicembre 1138).<br />

Il P. A. Dimier risponde a questa difficoltà facendo innanzi tutto<br />

notare che San Bernardo non accoglieva senza distinzione tutti i<br />

religiosi che si presentavano a Clairvaux. Alla lista di quelli che accettò<br />

potrebbe opporsi la lista di quelli che rifiutò. Possiamo anche ricordare<br />

la risposta che diede a un chierico regolare che lo importunava per<br />

entrare a Clairvaux: «Se ho buona memoria, quel che ho raccomandato<br />

in tutti i miei libri è la correzione dei costumi e non il cambiamento di<br />

luogo ». L'amore che Bernardo aveva per il suo monastero e per<br />

l'Ordine non lo accecava fino al punto da volervi portare più soggetti<br />

possibile senza distinzione. Ma, almeno due volte, nel trattato Del<br />

Precetto e della Dispensa e nella lettera ai canonici di Eaucourt, difese<br />

lo spirito di libertà -la libertà dei figli di Dio - di cui un religioso può<br />

sempre usarsi, di abbandonare il suo Ordine per passare a un altro più<br />

perfetto. Un decreto di Urbano II a proposito dei chierici secolari<br />

che volevano entrare in un monastero sembrava favorire questo modo<br />

di vedere, poiché stabiliva una distinzione tra la legge pubblica e la<br />

- 175-


legge privata (PL) 151, coll. 535). Chiunque è condotto dallo Spirito<br />

Santo, vada liberamente; ha la nostra autorizzazione, anche se il vescovo<br />

si oppone. Allo stesso modo San Bernardo rivendica a un religioso mosso<br />

dallo Spirito il diritto di passare da un Ordine a un altro più perfetto<br />

senza il permesso del suo Superiore. Ora, per San Bernardo l'Ordine<br />

monastico è quanto vi è di più perfetto, e nell'Ordine monastico la<br />

vita Cistercense è qualcosa di unico nel suo genere. È certo che nel<br />

XII secolo l'Ordine era in tutto il suo vigore e stava vivendo uno sviluppo<br />

che aveva del prodigioso. San Bernardo si credeva dunque autorizzato<br />

ad accogliere monaci provenienti da altri monasteri, col pretesto<br />

che questo cambiamento era l'equivalente di una nuova conversione.<br />

È curioso constatare che la distinzione che l'abate di Clairvaux<br />

non cessò mai di fare tra il cambiamento di monastero per spirito di<br />

leggerezza e il cambiamento fatto per abbracciare una vita più perfetta,<br />

questa distinzione che il diritto dell'epoca si rifiutava di riconoscere,<br />

cominciò a fare la sua apparizione nei documenti emanati dalla<br />

Santa Sede circa venti anni dopo la morte di San Bernardo. La si trova<br />

per la prima volta in una bolla di Alessandro III inviata al Vescovo di<br />

Amiens (2 O dicembre l l 70-11 71 ). Il testo dice che un canonico regolare<br />

può divenire monaco, se trova in questo cambiamento una vita<br />

più perfetta. Un privilegio dello stesso Papa a favore dell'abbazia di<br />

Andres dice che un monaco non può abbandonare il suo monastero, se<br />

non per abbracciare una religione più stretta (25 febbraio 1173).<br />

Formule dello stesso genere si ritrovano in un gran numero di bolle.<br />

Cosi, a poco a poco la dottrina formulata da San Bernardo si propagava,<br />

per prendere subito forza di legge. Si vedrà presto un benedettino,<br />

Pietro di Celle ,incoraggiare tre monaci di Grandmont a perseverare<br />

nell'Ordine di Citeaux: lungi dal rompere i loro primi voti, li hanno<br />

rafforzati. Per Stefano di Tournai, questo passaggio dei Grandmontani<br />

a Citeaux era paragonabile alI'ascensione «dal Tabernacolo di Silo a<br />

Gerusalemme ». E Stefano faceva un magnifico elogio di Citeaux, simile,<br />

diceva, a un lume posto sopra la montagna che occupa il primo posto<br />

nella Chiesa di Dio (ep. LXXI, PL. 211, col. 362).<br />

La dottrina formulata da San Bernardo fu sanzionata dal Concilio<br />

di Trento, che proibì a un religioso soltanto il passaggio ad un Ordinemeno<br />

severo. Ma fin dal 1624 furono apportate alcune restrizioni a<br />

questa norma, definitivamente abrogate dal nuovo Codice di Diritto<br />

canonico pubblicato nel 1917. Da allora è richiesta l'autorizzazione<br />

della Santa Sede per qualsiasi passaggio a un'altra religione.<br />

- 176-


CITEAUX E I PRINCIPI<br />

Nessuno studio completo è stato fatto sulle relazioni dell'Ordine<br />

con i Principi, re o grandi feodali. Tale studio sarebbe possibile, se si<br />

andasse a sfogliare un certo numero di cartulari e di documenti, soprattutto<br />

del XII secolo, per rilevare i diversi privilegi concessi dai principi<br />

(donazioni di terre, di rendite, conferme di beni, lettere di salvaguardia<br />

o di protezione, esenzioni) e per caratterizzare il posto occupato dalle<br />

abbazie nell'organizzazione feodale. Il libro di Dom Jean Mazé, Souuerains<br />

et Monastères (ed. di Fontanelle, 1945) è soltanto una serie di<br />

monografie reali. L'autore ricorda dapprima tanti re che avevano fatto<br />

ritiri spirituali in molti monasteri della Cristianità, come il re d'Inghilterra<br />

Enrico II che prendeva parte alla vita regolare, nel coro come nel<br />

refettorio, con i monaci di Mont-Saint-Miche]. Altri si sono definitivamente<br />

e in modo spontaneo ritirati in un monastero, alla ricerca del<br />

raccoglimento. Molti vollero riposare, dopo la morte, all'ombra di<br />

un'abbazia per beneficiarvi delle preghiere dei monaci, che avevano<br />

chieste per testamento. Nel suo bel libro Louis et Citeaux (Parigi,<br />

Letouzey, 1954), il P. Anselme Dimier ha dedicato un capitolo alle<br />

relazioni degli antenati paterni e materni del santo re con l'Ordine. Noi<br />

richiameremo dapprima qualche tratto delle affinità spirituali di Citeaux<br />

con la famiglia reale di Francia.<br />

Citeaux e la famiglia reale di Francia.<br />

Non appena il nome di Citeaux si rese un pò noto, i principi gli<br />

testimoniarono il loro favore. Volendo fondare un'abbazia in cui si<br />

pregasse per l'anima di suo cugino Carlo il Buono, assassinato a Bruges<br />

nel 1127, Luigi VI fece appello ai <strong>Cistercensi</strong> di Pontigny perché<br />

abitassero l'abbazia di Chaalis. Fu lui pure a mandare San Bernardo<br />

al sinodo di Etampes che doveva decidere del Papa legittimo e por fine<br />

allo scisma. Sfortunatamente Luigi VI si oppose all'introduzione dei<br />

Canonici di San Vittore al Capitolo della Chiesa di Parigi, il che causò<br />

un conflitto tra il re e il vescovo di Parigi, protettore di San Vittore.<br />

Vedendo la sua vita in pericolo, il vescovo si rifugiò allora a Citeaux<br />

dove si teneva il Capitolo Generale. Su suggerimento di San Bernardo,<br />

il Capitolo scrisse al re una lettera rispettosa ma energica in cui gli<br />

veniva ricordato che il Dio che egli oltraggiava era il padrone della vita<br />

e della morte (il re ne aveva una conferma subito dopo con la perdita<br />

del figlio Filippo appena incoronato) e lo si supplicava in nome dell'as-<br />

- 177-


socrazione di preghiere che lo univa all'Ordine di por fine alle sue<br />

violenze (ep. 45): «Il Re del Cielo e della Terra che vi ha dato un<br />

regno quaggiù ve ne darà uno nel Cielo se mettete tutto il vostro impegno<br />

a governare con giustizia e saggezza quello che da Lui avete sulla<br />

terra ». San Bernardo scrisse ancora a Luigi VI per dissuaderlo dall'impedire<br />

ai vescovi del regno di recarsi al concilio di Pisa (ep. 255).<br />

Quell'anno stesso (11.35), con un atto scritto da Parigi, Luigi VI autorizzato<br />

dalla moglie Adelaide e dal figlio Luigi (il futuro Luigi VII) esentò<br />

le case dell'Ordine cistercente, soprattutto Citeaux, Pontigny e Clairvaux<br />

dal pedaggio e da altre tassazioni (Cbartes de Citeaux, ed. Marilier,<br />

n. 105). Con un altro atto la cui data è incerta egli aveva già esentato<br />

i <strong>Cistercensi</strong> da ogni imposta sulle merci vendute o comprate entro i confini<br />

delle sue terre (ibid., n. 104).<br />

Una lettera di San Bernardo alla regina Adelaide chiedeva la grazia<br />

per un certo Guicciardo e raccomandava il latore della lettera, l'abate<br />

di Beaulieu (lettera pubblicata da Hiiffer). Dei figli di Luigi VI e di<br />

Adelaide, Enrico, durante un viaggio a Clairvaux nel 1146, rimase tanto<br />

edificato dalla vita menata dai religiosi che prese la risoluzione di<br />

rinunciare ai suoi benefici e alla vita del secolo per abbracciare la disciplina<br />

di Clairvaux. La decisione fu tanto ferma e irremovibile quanto<br />

era stata improvvisa e imprevista. Fu veramente contro sua voglia che<br />

il monaco Enrico più tardi dovette accettare il vescovado di Beauvais.<br />

Luigi VII, succedito a suo padre, non mostrò meno attaccamento<br />

all'Ordine. Si vede perfino San Pernardo intervenire negli affari della<br />

famiglia reale (la faccenda Raoul di Vermandois). I rapporti tra il re e<br />

l'abate di Clairvaux al momento della crociata sono ben noti. È interessante<br />

vedere anche lo studio penetrante di E. R. Labande sulla regina<br />

Eleonora di Aquitania, Pour une image oéridique d'Aliénor d'Aquitaine,<br />

in Bull. Soc. Antiq. de l'Ouest, Poitiers, 1952, terzo trim., pp. 175-234.<br />

Si conoscono diverse lettere di San Bernardo a Luigi VII (ep. 170,<br />

282, 303, 304, 449, ecc.). Dovrebbero essere esaminate da vicino. Dal<br />

canto suo, Luigi VII dimostrò molta stima nei riguardi dei <strong>Cistercensi</strong>.<br />

Sostenne a sue spese la fondazione di Noirlac (ep. 378 di San Bernardo).<br />

Gli archivi di molte abbazie conservano i privilegi concessi da Luigi<br />

VII. Ed è nell'abbazia di Barbeaux, da lui fondata presso Melun, che<br />

scelse la sua sepoltura, mentre tutti i suoi antenati (ad eccezione di<br />

Filippo I) erano inumati nella celebre abbazia di Saint-Denis. Diversi<br />

testi dei Capitoli Generali (nel 1183 n. 1, 1187 n. 9, 1190 n. 5)<br />

richiamano la sepoltura del re a Barbeaux e l'anniversario celebrato<br />

per lui.<br />

- 178-


« Quanto a Filippo Augusto, la sua nascita si deve alle preghiere<br />

dei <strong>Cistercensi</strong>. Luigi VII, che dai suoi due primi matrimoni aveva<br />

avuto soltanto figlie, si unì in terze nozze verso la fine del 1160 con<br />

Alice di Champagna, figlia del conte Teobaldo il Grande. Nel 1164<br />

la terza regina, nonostante le continue preghiere ed elemosine che<br />

ella faceva per piegare il cielo, non aveva ancora dato figli al re.<br />

Ormai disperato, Luigi VII si recò al Capitolo Generale di Citeaux nel<br />

settembre di quell'anno, e là si prostrò dinanzi agli abati in assemblea,<br />

supplicandoli di pregare per lui. E nonostante le proteste dei prelati,<br />

non volle rialzarsi fin quando non lo avessero rassicurato che avrebbe<br />

avuto subito un figlio. Questo figlio tanto desiderato arrivò presto.<br />

Nacque nella notte tra il sabato e la domenica 22 agosto 1165, ottava<br />

dell'Assunzione» (P. A. DIMIER) Saint Louis et Citeaux. Traditions<br />

de [amille, p. 8). Questo figlio la cui nascita fu accolta dal popolo<br />

francese con una gioia delirante, non poteva non essere molto attaccato<br />

ai monaci bianchi. Lo si vede raccomandare ai suoi prevosti di vegliare<br />

sui beni delle abbazie cistercensi come se fossero suoi, fondare l'abbazia<br />

di Cercanceaux in diocesi di Sens e moltiplicare privilegi e favori. Si<br />

racconta che quando salpò per la Terra Santa, una violenta tempesta<br />

si abbatté sulla flotta reale. Dopo la mezzanotte avevano già gettato<br />

in mare mercanzie e viveri; tutto sembrava ormai perduto, quando il<br />

re gridò: «Non temete più, Dio sta per visitarci e calmare la tempesta.<br />

È l'ora in cui i monaci di Citeaux si alzano per cantare il mattutino. Essi<br />

non ci dimenticano, e le loro preghiere stanno per renderei Cristo propizio<br />

». La tempesta si calmò di fatto, il vento dileguò le nubi, e presto<br />

la luna e le stelle tornarono a brillare nel firmamento.<br />

Citeaux e i sovrani di Europa<br />

La stessa stima per i monaci cistercensi si ritrova presso tutn l<br />

sovrani di Europa, anche presso quelli che erano in difficoltà con la<br />

Chiesa. A proposito degli imperatori di Germania, dei re di Inghilterra,<br />

di Scozia, di Castiglia e del Leon, come pure di grandi feudatari, quali i<br />

conti di Champagna, i duchi di Borgogna, i conti di Savoia, ecc. si potrebbe<br />

rifare la storia di amicizie ispirate a rispetto e benevolenza.<br />

Sarebbe come rifare la storia delle fondazioni cistercensi: quelle della<br />

penisola iberica che devono molto ad Alfonso VII (t 1157) e Alfonso<br />

VIII di Castiglia (1158-1214), quelle dell'Aragona con Alfonso II<br />

(t 1196) di cui un successore si farà cistercense a Poblet (Giacomo I),<br />

quelle di Ungheria i cui re Bela II (1141) e Bela III (1196) furono gran-<br />

- 179-


di propagatori dell'Ordine. Lo stesso, in Boemia, Scozia, Portogallo. I<br />

sovrani non si limitavano a favorire le abbazie dei loro territori, ma<br />

estendevano i loro favori anche alle abbazie-madri. Citeaux, Morimond,<br />

Clairvaux soprattutto, i cui archivi conservano tanti privilegi concessi<br />

da sovrani stranineri, come Enrico II di Inghilterra, Leopoldo V duca<br />

d'Austria, Balduino conte di Fiandra, Simone duca di Lorena, Corrado<br />

conte palatino del Reno, ecc. L'editore del Chartrier ancien de Fontmorigny,<br />

(Bourges, 1936), ha studiato con cura la provenienza degli atti<br />

ed ha steso l'elenco di quelli provenienti dai re di Francia, dagli officiali<br />

reali, dai grandi feudatari della Corona, tra cui Eleonora divenuta<br />

regina di Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone, qualche grande signore<br />

e un buon numero di rappresentanti del feudalesimo locale. La storia<br />

di molte abbazie è legata a quella di una famiglia principesca o signorile<br />

che si distinse in genere per la sua generosità. Più tardi, nota giustamente<br />

l'editore del Recueil des pancartes de l'abbaye de la Ferté, (Aix,<br />

1953), « gli eredi degli antichi benefattori dell'abbazia furono talvolta<br />

costretti dalle difficoltà economiche a contestare i diritti dei religiosi<br />

sui vecchi allodi della loro famiglia» (p, 14). Donde le innumerevoli<br />

contestazioni e processi che a cominciare dal XIII secolo segnano la<br />

storia di tante abbazie.<br />

Donazioni e favori<br />

La fondazione e lo sviluppo delle abbazie ebbero luogo quasi<br />

dappertutto allo stesso modo. Un principe o un signore concedeva una<br />

proprietà - generalmente incolta - autorizzando i religiosi ad acquisire<br />

tutti i diritti fondiari e tutte le prerogative di cui neppure lui disponeva<br />

liberamente. I vassalli di questo signore approvavano la donazione<br />

del loro sovrano e vi aggiungevano quelche pezzo di terra o qualche<br />

diritto. A sua volta il fondatore rinunciava a qualche diritto e ingrandiva<br />

la proprietà primitiva. I pezzi di terra erano spesso campicelli<br />

sparsi che i religiosi si sforzavano di riunire sollecitando altre elemosine<br />

dai proprietari vicini. Di qui i numerosi scambi, cessioni e concessioni,<br />

poiché nei primi sessanta anni del XII secolo i <strong>Cistercensi</strong> non vollero<br />

estendere le loro proprietà col denaro. Accadeva spesso che la carta<br />

« di fondazione» veniva redatta molto più tardi ed enumerava quindi le<br />

donazioni successive che si erano venute ad aggiungere a quella iniziale.<br />

La prima carta del Cartulaire de Perseigne è particolarmente suggestiva<br />

e interessante. Non è datata, ma la consacrazione della chiesa che essa<br />

ricorda è del 9 ottobre 1145. Il fondatore, Guglielmo III conte di<br />

- 180-


Ponthieu, riconosce di aver fondato un'abbazia in onore della Beata<br />

Vergine Maria, col consenso dei figli Guido e Giovanni, e di aver<br />

concesso dapprima il luogo nettamente delimitato su cui è costruita<br />

l'abbazia, poi un certo numero di tenute, di grangie e di vigne, enumerate<br />

con le rispettive dipendenze. Un signore vicino e i monaci di<br />

Saint Martin di Séez vi aggiungono due grangie e dipendenze. Il fondatore<br />

approva tutto. La carta ricorda in seguito la dedicazione della chiesa<br />

(dai due vescovi di Mans e di Séez), che fu occasione di nuove donazioni<br />

- tra cui una terra con gli uomini che la abitano e il diritto di<br />

pesca nel fiume Sarthe per tutta la lunghezza delle sponde nei loro<br />

possedimenti. Queste donazioni vengono confermate dal fondatore che<br />

aggiunge numerosissimi diritti: l'autorizzazione di costruire una o più<br />

gualchiere con l'obbligo per i manenti del vicinato di portarvi i loro tessuti,<br />

creazione di un « borghese» nella città di Alençon per trattare gli<br />

affari dell'abbazia, concessione di censi e rendite su tutte le donazioni fatte<br />

dal conte Guglielmo e dai suoi sudditi, baroni, soldati e borghesi, diritto<br />

di uso di tutti i boschi, diritto di recinzion,e diritto di apporre croci<br />

su tutte le case dipendenti dall'abbazia, esenzione da ogni tassa di trasporto<br />

merci, di passaggio, di pedaggio, potatura, servizio gratuito, posteggio,<br />

scavi, disboscamenti, riparazioni di strade, ponti, città e castelli,<br />

esenzione da ogni diritto di sequestro di uomini, animali, raccolti, vini<br />

ed altri beni ecc., ecc. Il conte Guglielmo terminava la carta in presenza<br />

di numerosi testimoni, mettendo l'abbazia sotto la protezione del Dio-<br />

Onnipotente, della gloriosa Vergine Maria, di San Pietro e di tutti i<br />

santi.<br />

CITEAUX E GLI ORDINI RELIGIOSI MILITARI<br />

La fondazione di Ordini religiosi militari è una delle grandi originalità<br />

del XII secolo. «Ordine religioso militare, scrive G. Cohen,<br />

l'unione delle parole è strana, l'unione delle nozioni lo è ancor più.<br />

È l'unione nella stessa persona e sulla stessa persona della spada e della<br />

croce che la sormonta, della pace e della guerra, delle armi per la battaglia<br />

e degli indumenti liturgici del sacerdote, della corazza, o del giaco,<br />

e della stola che li ricopre» (Histoire de la Cbeualiere en France au<br />

Moyen-Age, Parigi, ed. Richard-Masse, 1949, cap. III, p. 23). Il primo<br />

tentativo di questi Ordini che mirava a combinare le esigenze della vita<br />

monastica con la vita militare, fu quello dei Templari. Si possono consultare<br />

in senso diverso gli studi pubblicati nelle Mélanges Saint Bernard:<br />

- 181 -


G. DE VALOUS, Quelques observations sur la toute prtmtttue observance<br />

des Templiers, pp. 32-40, e DOM PATRICE COUSIN, Les débuts<br />

de l'Ordre des Templiers et saint Bernard, pp. 41-52.<br />

I Templari<br />

G. de Valous sembra aver ragione quando scrive: «Se San<br />

Bernardo a cui i contemporanei e la storia hanno attribuito la parte<br />

più importante nella promulgazione della regola latina del Tempio,<br />

ha innegabilmente conferito a questa nuova forma di monachesimo<br />

tutto il prestigio della sua personalità senza pari nella Cristianità, se<br />

il grande sviluppo che ne è risultato per l'Ordine è quasi interamente<br />

suo, resta però un fatto che la parte veramente sua nella redazione<br />

di detta regola è stata esagerata, anche dagli storici più recenti ».<br />

(op. cit., p. 37). La Regula pauperum commilitonum Christi Templi<br />

Salomonici fu sì redatta da San Bernardo nel sinodo di Troyes (13<br />

gennaio 1128), ma codificava e sanzionava un certo numero di usi già in<br />

vigore fin dagli inizi (circa 1120). Guglielmo di Tiro ci fa sapere che<br />

i primi cavalieri prestarono giuramento di obbedienza al patriarca di<br />

Gerusalemme e fecero in sua presenza i tre voti di castità, povertà<br />

e obbedienza secondo la regola di Sant'Agostino. I cavalieri assistevano<br />

all'ufficio nell'oratorio dei Canonici Regolari e prestavano servizio<br />

nel palazzo reale detto Tempio di Salomone. In campagna, sostituivano<br />

il Mattutino con la recita di tredici Pater, le Ore Minori con<br />

sette Pater, il Vespro con nove Pater. I pasti erano in comune, la carne<br />

era autorizzata tre volte la settimana, salvo in certi periodi. Il silenzio<br />

era obbligatorio dopo Compieta, il riposo si prendeva vestiti.<br />

Era insomma una «comunità religiosa ancora minuscola, posta sotto<br />

la diretta dipendenza del patriarca di Gerusalemme, votata soltanto<br />

alla difesa dei pellegrini: era dunque gendarmeria, ma non ancora<br />

armata, senza grandi pretese nè forza di attrazione, costretta a causa<br />

della sua esiguità a militare in un campo limitato che non oltrepassava<br />

le immediate vicinanze di Gerusalemme. La piccola truppa aveva<br />

perciò bisogno di un patronato potente che le fosse di appoggio e le<br />

permettesse di trasformarsi in gruppo bellico permanente, capace di<br />

svolgere opera veramente militare, vale a dire, di supplire nella lotta<br />

contro i saraceni... ai crociati venuti ad aiutare i principi latini di<br />

Palestina e Siria» (op. cit., p. 37). Il compito di San Bernardo non<br />

fu quello di comporre una Regola - le cui linee essenziali sono<br />

anteriori al concilio di Troyes, e che fu rimaneggiata nel 1131 dal<br />

- 182-


patriarca Stefano - bensì quello di dare al nuovo Istituto tutto l'appoggio<br />

di un prestigio che non farà altro che accrescersi. Ugo di<br />

Payns, il fondatore --- parente dell'abate di Clairvaux, ha dimostrato<br />

M. Jean Richard - gli chiese di mettere la sua influenza al servizio<br />

del nuovo Ordine; fu così che San Bernardo redasse verso il 1135<br />

l'elogio della Nuova Milizia, De laude novae militiae, che doveva<br />

far conoscere ed accettare definitivamente dalla Chiesa e dalla società<br />

feodale questa istituzione insolita. Ecclesia abhorret a sanguine, tale<br />

era il principio universalmente accettato. Il De laude nouae Militiae<br />

era non solo un elogio e un programma, ma anche un'apologia e<br />

contemporaneamente una critica della cavalleria del secolo. Il fine<br />

della nuova cavalleria non era tanto fare la guerra, quanto proteggere i<br />

cristiani della Terra Santa e i pellegrini di Occidente dai maltrattamenti<br />

e dalle sevizie dei pagani. Chi avrebbe espletato quest'opera<br />

salutare? I cavalieri del secolo erano troppo effeminati nella loro<br />

galanteria e nel lusso. C'era bisogno di cavalieri di Cristo, di cui San<br />

Bernardo tracciava con fervore la figura ideale. Gli intrighi che caratterizzarono<br />

in seguito la seconda Crociata dimostrarono che le critiche<br />

di San Bernardo non erano infondate.<br />

L'anno 1128 che vide l'istituzione definitiva dei Templari vide<br />

anche, a Gerusalemme, gli inizi degli Ospedalieri di Santa Maria, istituiti<br />

da un ricco crociato tedesco su modello dei già esistenti Ospedalieri<br />

di San Giovanni di Gerusalemme. Questa istituzione unicamente caritativa<br />

all'inizio, divenne subito un vero Ordine militare la cui regola<br />

fu in parte improntata a quella del Tempio. Nei combattimenti si<br />

coprirono di gloria sotto il nome di Cavalieri Teutonici. Più avanti li<br />

incontreremo di nuovo.<br />

La Cavalleria spagnola<br />

Sugli Ordini militari spagnoli e portoghesi l'influsso di Citeaux<br />

fu molto più diretto. Un cistercense fu l'iniziatore, i cavalieri furono<br />

ricevuti nell'Ordine come veri fratelli e l'abbazia di Morimond fu designata<br />

loro casa-madre. Questi avvenimenti sono stati ricordati in una<br />

recente opera (FRANCISGUTTON,L'Ordre de Calatraua, Parigi, Lethielleux,<br />

1955). Quanto alle relazioni dell'Ordine di Calatrava con l'Ordine<br />

di Citeaux sono state appena trattate in una tesi magistrale approvata<br />

dalla Fordham University di New York (di J. F. O'CALLAGHAN,1957).<br />

Ricorderemo qui soltanto i fatti più importanti.<br />

Nel 1158 la fortezza di Calatrava, posizione-chiave della porta<br />

- 183-


della Castiglia, era sul punto di cadere nelle mani di innumerevoli<br />

armate musulmane. I Templari, troppo pochi, non osavano organizzare<br />

la difesa. Invano il re Sancio III faceva appello ai suoi baroni<br />

più valenti e offriva il possesso della regione calatravese a ogni cavaliere<br />

o rico hombre che si fosse impegnato a difendere il posto. L'abate<br />

di Fitero, Raimondo, si trovava allora a Toledo con un monaco, Diego<br />

Velasquez, ex-cavaliere di Alfonso VII. Stupito del silenzio che accoglieva<br />

la domanda del re ripetuta per la terza volta, Fra' Diego suggerl:<br />

« Partiamo per la guerra contro i Mori», mentre una voce interiore<br />

si faceva sentire a Raimondo: «Accetta l'offerta del re. Vai a stabilirti<br />

a Calatrava. Sii il difensore della Cristianità e salvala ». Deciso a<br />

seguire ciò che gli sembrava un'ispirazione del cielo, l'abate Raimondo<br />

chiese al re l'onore di difendere Calatrava, benché gli sembrasse cosa<br />

fuori della vocazione di un religioso. Confidando nella Provvidenza, il<br />

re accettò la domanda dell' abate e fece dono della fortezza di Calatrave<br />

«all'Ordine di Citeaux e a Dom Raimondo abate di Fitero» (carta<br />

del gennaio 1158 emanata ad Almazan in Navarra) nominando quest'ultimo<br />

Capitano generalè della fortezza. Immediatamente, in un'esplosione<br />

di energia, volontari accorsero da ogni parte. Si rinforzarono<br />

le muraglie, si organizzò la difesa, si fece perfino qualche incursione<br />

in campo nemico. L'abate-Capitano generale chiamò famiglie di coloni<br />

per far coltivare i campi all'intorno e fece venire anche la maggior parte<br />

dei monaci di Fitero. I musulmani, vedendo i cristiani decisi a rimanere<br />

a Calatrava e a difendersi energicamente, rinunciarono alla progettata<br />

spedizione. Calatrava prese l'andamento di una fondazione cistercense<br />

in regola - approvata dal Capitolo Generale, su richiesta di<br />

Sancio III, di Luigi VII e del duca di Borgogna, secondo un « vecchio<br />

documento» di Fitero trascritto nel Bullarium Ordinis Militiae de<br />

Calatrava. La primissima organizzazione è mal conosciuta, e non durò<br />

molto. La comunità di Calatrava sembra comprendesse i vecchi monaci<br />

di Fitero e nuove reclute; indossavano l'abito cistercense, ma erano<br />

organizzati militarmente, alla maniera dei Templari. Raimondo nel<br />

1161 si ritirò a Ciruelos, dove morl, e un nuovo abate (Guglielmo) fu<br />

eletto a Fitero, mentre un certo Rodolfo prendeva la direzione di<br />

Calatrava. Non aveva né la personalità né il prestigio di Raimondo<br />

ed era in fondo soltanto il superiore dei monaci. I cavalieri desideravano<br />

per Maestro uno di loro. È cosi forse che si spiega il trasferimento<br />

dei monaci a Ciruelos dal 1163 e l'elezione di Don Garcia a<br />

Maestro di Calatrava. Ma benché decidessero di chiamare in casa loro<br />

dei preti secolari in qualità di cappellani, i cavalieri non intendevano<br />

~ 184-


affatto rompere con l'Ordine di Citeaux, di cui portavano l'abito e<br />

seguivano le osservanze compatibili col loro genere di vita. Don<br />

Garcia si recò perciò al Capitolo Generale di Citeaux del 1164, che<br />

accolse i cavalieri non ut [amiliares sed ut vere [ratres, e regolò il<br />

loro genere di vita (Prima regula et forma uiuendi data venerabili<br />

Fratri Garda Magistro... a Capitulo Generali Cisterciensi die 14<br />

septembris 1164). Tale regolamento di vita era pressappoco quello<br />

dei templari quanto al vestito e al nutrimento. Nelle abbazie dell'Ordine,<br />

però, i cavalieri non venivano ricevuti in conventu ma nella<br />

foresteria. Più tardi, ne] 1187, su richiesta del Maestro Nufio Perez<br />

appoggiata da re Alfonso VIII, i rapporti con Citeaux furono consolidati.<br />

Calatrava divenne una vera congregazione cistercense della<br />

filiazione di Morimond. Il Maestro era assistito nel suo governo da<br />

due monaci nominati dall'abate di Morirnond, e questi era il superiore<br />

maggiore dell'Ordine di Calatrava. È a lui che spettava il diritto di<br />

confermare l'elezione del Maestro e di fare la visita regolare, come nelle<br />

altre case della filiazione di Morimond. Il Maestro era assistito nel<br />

suo governo da due monaci nominati dall'abate di Morimond i quali<br />

portavano il titolo di priore e vice-priore di Calatrava. Il Maestro e<br />

il Priore dovevano partecipare al Capitolo Generale di Citeaux. I cavalieri<br />

fecero di tutto per ottenere l'uguaglianza completa con i monaci<br />

dell'Ordine, cosa che fu realizzata nel 1222.<br />

Contemporaneamente, e sul modello di Calatrava, altri Ordini<br />

militari si organizzarono nella penisola. Il primo in ordine di tempo<br />

sembra quello di San [ulian del Pereiro, trasferito ad Alcantara nel<br />

1218. Altri nello stesso periodo si incorporarono all'Ordine di Calatrava,<br />

come i cavalieri di Evora in Portogallo, i cavalieri di Montefrago.<br />

La milizia di Turgel fu posta dal Capitolo Generale del 1190 sotto la<br />

giurisdizione dell'abate di Moreruela. Più tardi furono fondati gli<br />

Ordini di Avis, di Montesa e di Cbrist che riconobbero, almeno<br />

teoricamente, la supremazia di Morimond, Gli abati di Citeaux, fino<br />

alla fine del Vecchio Regime, quando ormai deponevano i loro titoli,<br />

avevano cura di far notare che erano capi supremi di cinque milizie,<br />

di Calatrava, di Alcantara, di Montesa, di Avis e di Christ.<br />

Vedremo nel secolo XIII abati cistercensi di Pomerania tentare<br />

di istituire delle milizie cavalleresche sul modello di Calatrava (cavalieri<br />

di Dorbzin), ma esse furono subito assorbite dai Cavalieri Teutonici.<br />

(Traduzione dal francese di P. IGINOVONA,O. Cist.)<br />

- 185-


I<br />

. 1r5( .<br />

/


ASSOCIATIO SANCTI BENEDICTI EVROPAE PATRONI<br />

ATTI<br />

DELLA PRIMA MANIFESTAZIONE<br />

DEL GRUPPO ROMANO<br />

Nel Palazzo della CANCELLERIA APOSTOLICA in ROMA<br />

29 Marzo 1974<br />

Sede del Gruppo Romano dell'Associazione in Roma:<br />

Piazza del Tempio di Diana n. 14 - TeI. 573.694


ATTI DELLA PRIMA MANIFESTAZIONE<br />

DEL GRUPPO ROMANO<br />

DELL'ASSOCIATIO S. BENEDICTI EUROPAE PATRONI<br />

CELEBRAZIONE BENEDETTINA A ROMA<br />

Abbiamo l'onore di riportare nella nostra rivista gli ATTI della<br />

manifestazione sul tema: «S. BENEDETTO e l'EUROPA », che ebbe<br />

luogo per inviti nella «Sala dei Cento Giorni» al Palazzo della<br />

Cancelleria Apostolica in Roma, dalle ore 17 alle 19,30 di venerdì<br />

29 marzo 1974, secondo il seguente programma:<br />

1. Apertura della cerimonia al canto dell'inno ufficiale della «ASSO-<br />

CIATIO SANCTI BENEDICTI EUROPAE PATRONI» Ore<br />

Romano, presentato per la prima volta, su testo latino - ode saffica<br />

minore - composto dal notissimo innografo liturgico, e membro<br />

dell'Associazione, P. D. Anselmo Lentini O. S. B., nell'esecuzione,<br />

a 4 voci dispari, del Coro « VOCES LATINAE » di Rovereto, diretto<br />

dal Maestro, compositore boemo, Jan Novàk, autore della musica.<br />

Lettura prosodica della saffica latina, con la corrispettiva traduzione<br />

italiana ritmica, in « saflica anarima»; e breve presentazione<br />

storico-estetica.<br />

2. Parole di saluto e di introduzione da parte dell'Avv. Prof. Sebastiano<br />

Ferlito, Presidente del1a Sezione romana dell'Associazione.<br />

3. Orazione ufficiale di S. Eminenza il Sig. Cardinale Pietro Palazzini.<br />

4. Conferenza del Prof. Dom Philippe Rouillard o. S. B. docente<br />

nell'ateneo di San Anselmo in Roma.<br />

5. Discorso conclusivo dell'Ecc/mo Abate Generale dell'Ordine Cistercense<br />

Dom Sighard Kleiner, Presidente onorario della Sezione Romana<br />

e Vice-Presidente internazionale dell'ASSOCIATIO «SAN-<br />

CTUS BENEDICTUS EUROPAE PATRONUS ».<br />

La manifestazione - inquadrata nelle celebrazioni del « DECEN-<br />

NALE» delle «Litterae Apostolicae PACIS NUNTIVS », sub anulo<br />

Piscatoris datae die XXIV mensis Octobris anno MCMLXIV, in<br />

occasione della riconsacrazione della Basilica di Monte Cassino ad<br />

opera del regnante Pontefice PAOLO VI (dal quale documento ebbe<br />

poi origine l'istituzione della stessa «ASSOCIATIO») - faceva<br />

immediato seguito alla prima rievocazione del fausto avvenimento,<br />

che il Papa stesso aveva voluto ricordare pochi giorni prima, nell'affollata<br />

Piazza di San Pietro, dopo la recita dell'ANGELUS, domenica<br />

- 188-


17 marzo 1974 (Cfr. Osserul Romano, An. CXIV, n. 65 di Lunedì-<br />

Martedì 18-19 Marzo 1974, in centro alla prima pagina).<br />

La riunione al Palazzo della Cancelleria, organizzata dalla Sezione<br />

Romana della stessa «ASSOCIATIO» in forma espressamente celebrativa,<br />

ebbe il più lusinghiero successo di pubblico e di risonanza nel<br />

mondo benedettino; con la presenza di illustri rappresentanti della<br />

Chiesa: Porporati, Vescovi, Arcivescovi, Generali di Ordini Religiosi,<br />

membri della Curia Romana e della stessa Segreteria di Stato Vaticana<br />

-anche il Sostituto di S. S. Mons. Giovanni Benelli, Tit. di Tusuro,<br />

aveva inviato un suo particolare rappresentante - nonché personalità<br />

importanti del mondo politico e culturale romano.<br />

PAROLE DI PRESENTAZIONE DELL'INNO E DEL SUO<br />

AUTORE<br />

(Dalla registrazione magnetica)<br />

L'inno poli fonico - a 4 voci dispari - di cui avete ascoltato<br />

alcune strofe, venne richiesto all'Autore - il monaco Cassinese<br />

P. D. Anselmo Lentini, nostro Socio (che dovrebbe essere presente), -<br />

da una Delegazione della « ASSOCIATIO » (composta dal Prof. Ferlito,<br />

da Mons. Del Ton e da chi vi parla), nel corso di una devota<br />

peregrinatio alla tomba di San Benedetto in Montecassino, 1'11<br />

luglio dello scorso anno. La bellissima ode latina ci venne fatta pervenire<br />

qualche settimana dopo.<br />

La realizzazione musicale venne da me espressamente richiesta al<br />

Maestro e compositore fecondissimo Janos Novàk, artista esimio e<br />

latinista appassionato, mio ottimo amico, durante il lavoro organizzativo,<br />

a me affidato del «BIDUUM LATlNUM », il Congresso intercontinentale<br />

a Roma dei più famosi latinisti, che ebbe luogo nei giorni<br />

lO e Il Novembre 1973, presieduto (per beneplacito del Santo Padre)<br />

da S. Em/za il Sig. Peride Felici, valido latinista e già Segretario del<br />

Concilio Vaticano Secondo. Vi si celebrò il primo ventennio di attività<br />

della rivista « LATINITAS », che esce dal Vaticano, fondata nel 1953<br />

con l'alto favore dell'allora Sostituto alla Segreteria di Stato Mons.<br />

G. Battista Montini, oggi Papa Paolo VI. Consegnai il testo latino<br />

dell'ode al Maestro Novàk lunedì 8 ottobre; ed esattamente un mese<br />

dopo - musica, spartiti, istruzione del coro ed impeccabile esecuzione<br />

sotto la direzione dello stesso autore - erano accolti dal fragoroso<br />

- 189-


applauso dei congressisti, perché volli che quella eccezionale manifestazione<br />

religioso-artistica-culturale fosse inaugurata proprio dal nostro<br />

inno: appunto per il fatto che, nelle prime 3 strofe che avete ascoltato<br />

nella registrazione, esalta il merito della «lingua di Roma» (« ore<br />

Romano») che, sulla bocca dei pionieri monaci di San Benedetto,<br />

fu l'idioma essenziale per la trasmissione della civiltà romano-cristiana<br />

nell'Europa di allora, entro ed oltre gli stessi confini dell'Impero<br />

Romano, ed anche in altri paesi, dove non era mai risuonato il passo<br />

delle legioni di Roma.<br />

(Segue la lettura prosodica dell'ODE e la traduzione ritmica estemporanea strofa per<br />

strofa, vedo pago 00).<br />

Dopo queste brevi parole sulla genesi dell'inno, e dopo averlo<br />

letto e tradotto strofa per strofa, credo che il mio compito di presentarvelo<br />

ufficialmente sia stato espletato.<br />

Valore dell'inno<br />

Vorrei solo mettere in evidenza come ogni verso, ogni espressione<br />

di questa religiosissima lirica, vibra di laboriosa mistica armonia,<br />

di alta spiritualità orante. S'inquadra cioè perfettamente in quel caratteristico<br />

binario dell'« ORA ET LABORA» che sintetizza la vita<br />

attiva del monachesimo occidentale, distinguendolo dalla vita essenzialmente<br />

contemplativa dell'eremitismo Basiliano (Anche se quel<br />

binomio abusatissimo, «ORA ET LABORA », non è stato mai pronunziato<br />

da San Benedetto e non si trova, così esplicito, in alcun<br />

capitolo della «REGULA MONACHORUM »!).<br />

La personalità dell'autore-poeta.<br />

E poiché vedo che il caro P. Lentini non è presente - ma è presente<br />

l'eccellentissimo Abate-Vescovo di Montecassino, Mons. D.<br />

Martino Matronola O. S. B., suo superiore (che confido vorrà riportare<br />

al suo monaco l'entusiastica gratitudine della «Associatio») - mi<br />

prendo l'ardire di far due parole su questo generoso poeta, senza recar<br />

impaccio alla sua abituale modestia.<br />

Nel pindarico volo attraverso l'epopea degli albori benedettini,<br />

e dei successivi 15 secoli fino a noi, concettoso e possente, con una<br />

ineguagliabile fluidità di verso magistrale, l'aedo di Montecassino traccia<br />

- 190-


una gigantografia lirico-ascetica del grande Patriarca, visualizzandolo<br />

alla nostra ammirata devozione in un alone quasi di leggenda; facendo<br />

sprizzare scintille di abbacinante luminosità dal ferro incandescente<br />

del suo monastico ardore, come esperto artigiano, aduso a forgiare gli<br />

inni sacri della liturgia romana nella fucina inesauribile della sua<br />

cella solitaria. E lo ascoltiamo qui in saffici armoniosi, politi e freschi,<br />

risuonanti ancor oggi l'eco melliflua della divina Saffo, «dal crin di<br />

viola », che tumidi spumeggiavano di ellenica salsedine, a specchio<br />

dell'Omerico brizzolato mare.<br />

Ed io lo veggo: ritto alla «buris » del suo aratro monastico,<br />

l'occhio fisso alla bitraversa Croce col monogramma PAX, nel seno<br />

fecondo della grande Madre Terra affonda il vomere adunco, exarando<br />

diritto il solco fumido, ed in esso inseminando la bionda lucida cariosside<br />

del triticum latino. Vi si rizzeranno a messidoro ardite ariste di<br />

grano precoce, sussurranti l'eco di antiquissime istorie agiografiche al<br />

vento meridiano della «montagna di Benedetto»: angeliche soavi<br />

melodie che hanno su noi il potere magico di scuotere le fibre più<br />

intime dell'anima e di far sussultare in preghiera la parte migliore di<br />

noi stessi.<br />

È questa la potenza imaginifica del «Vate» - Ò 'JtOt,'Y}'t1)t; -<br />

per cui egli, come già disse il Tasso, «diviene partecipe della divina<br />

facoltà creatrice»! Ché in tutta l'ode sentiamo alitare «la celeste<br />

nuova luce inviata dal Cielo ai terrestri» - « missa de Caelis alitura<br />

terram Lux nova Caelis» - come un amato mistico che si unisce e<br />

salda nel pathos lirico, altisono e vibrante del verso.<br />

Solenne s'innalza il P., come falco audace in tarde ruote tra le<br />

pendici rocciose del fatidico monte, nell'umido crepuscolo antelucano<br />

di matutina orazione, ad ali spiegate in quell'etra di limpido azzurro ...;<br />

e - come un giorno il Patriarca mori turo dalla finestrella della sua<br />

torre vigile, «instans uigiliis, adbuc quiescentibus [ratribus » Cfr. S.<br />

Greg. Magni Dialogi, II, cap. 35) - mira anche egli « tutto il mondo<br />

davanti al suo occhio, quasi raccolto in un unico raggio di sole»:<br />

« omnts mundus, veluti sub uno solis radio, collectus est ante oculos<br />

etus ».<br />

Bruno Balestrieri Socio della A.S.B.E.P.<br />

- 191


ORE ROMANO<br />

INNO dell'ASSOCIATIO SANCTI BENEDICTI EUROPAE PATRONI<br />

Parole di P. D. Anselmo Lentini O.S.B.<br />

Musica del Maestro Jan Novàk<br />

(a 4 voci dispari)<br />

D~g:QOMAN(> .<br />

'".i.<br />

!-!lncet lnU8 -<br />

- 192-


1)<br />

HYMNVS<br />

ASSOCIATIONIS<br />

SANCTI BENEDICTI<br />

EVROPAE PATRONI<br />

Ore Romano canimus libentes<br />

quotquot Europae populis vetustis<br />

scimus immenso micuisse celsam<br />

lumine Romam.<br />

2)<br />

Graeciae quicquid sapientis artes<br />

quicquid et Musae tulerant decoris,<br />

innovans sumpsit, dedit atque saeclis<br />

Roma perenne.<br />

3)<br />

Hinc et invasit per amoena rura,<br />

nobiles urbes celebresque portus<br />

missa de caelis, alitura caelis<br />

lux nova terram.<br />

4)<br />

Huius o praestans, Benedicte, praeco,<br />

iarn redi, dicens precibus laborem<br />

intimo nexu socium, fovere<br />

prospera vitae.<br />

5)<br />

Tu, Pater dulcis, pius et Patronus,<br />

tu probos mores nitidumque mentis<br />

promove cultum studiumque verax<br />

ordinis aequi.<br />

6)<br />

Largus et gentes tuearis ornnes,<br />

ut fides vivax homines et una<br />

caritas Christi solident sacrato<br />

foedere Pacis.<br />

(P. D. Anselmus Lentini O.S.B.)<br />

1)<br />

L'INNO UFFICIALE<br />

deU'ASSOCIAZIONE<br />

« SAN BENEDETTO<br />

PATRONO D'EUROPA»<br />

Nel romano idioma - su! - cantiamo,<br />

noi che sappiamo quante antiche genti<br />

d'Europa accese a civiltà l'eccelso<br />

sole di Roma.<br />

2)<br />

Tutto l'ingegno de la Grecia e l'arte,<br />

e l'onor de le Muse che raccolse,<br />

rinnovando assorbì Roma e trasjuse<br />

sempre nei tempi.<br />

3)<br />

E quinci invase per ameni campi,<br />

per città nobili, celebri porti<br />

luce novella a dar dai cieli in terra<br />

vita pei cieli.<br />

4)<br />

Di questa luce, o Benedetto, araldo,<br />

torna a insegnarci che il lavoro umano,<br />

congiunto a la preghiera, giova a viver<br />

prospera vita.<br />

5)<br />

Tu, dolce Padre, tu, Patrono pio,<br />

tu l'onesto costume, il culto puro<br />

promuovi de la mente, e d'eque leggi<br />

studio uerace.<br />

6)<br />

193 -<br />

Sii generoso Protettor di tutti,<br />

perché vivida Fede e il solo Amore<br />

di Cristo saldi gli uomini in un sacro<br />

patto di Pace.<br />

(Trad. B. Balestrieri)


Roma, 29 marzo 1974<br />

Sala dei Cento Giorni - Palazzo della Cancelleria<br />

Eminenze, Eccellenze, Autorità, Signore e Signori,<br />

quale Presidente del Gruppo di Roma della Associatio Sancti Benedicti<br />

Patroni Europae, ho l'onore - devoto e gradito - di rivolgere il<br />

saluto dell'Associazione a tutti coloro che, con la loro autorevole e<br />

significativa presenza, dimostrano - oltre il riconoscimento delle<br />

benemerenze del Monachesimo Benedettino - anche una apprezzabile<br />

ed incitante simpatia verso questa nostra Associatio, la quale ha la<br />

ambiziosa speranza, germogliata nella fede, di volere apportare i suoi<br />

sforzi più validi, anche in esplicitazione dell'apostolato laico, per la<br />

continuazione dell'opera di San Benedetto e dei Monaci nella costruzione<br />

di una Europa saldamente unita per il mantenimento della pace.<br />

«San Benedetto e l'Europa» è il tema della presente manifestazione,<br />

la cui illustrazione è affidata alla parola, elevata ed ispirata,<br />

di Sua Em.za Rev.ma il Cardinale Palazzini; alla relazione storicovivificatrice<br />

del Rev. Prof. Dom Rouillard; e alla conclusione dell'Abate<br />

Generale Ecc.za Dom Sighard Kleiner, autorevolissimo rappresentante<br />

e Vice Presidente centrale dell'Associatio.<br />

A me sia consentita la modesta parte di parlare della Associatio,<br />

di San Benedetto e l'Europa; suo contenuto finalistico, sue azioni,<br />

suo programma.<br />

Lo Statuto dell'Associatio riassunto nel volantino (che è in distribuzione),<br />

dà il senso profondo della sua natura, che si incentra<br />

nella missione della fermezza della fede cattolica e della propulsione<br />

di opere cristianamente sociali, nella visione ispiratrice Benedettina<br />

di «ORA ET LABORA ».<br />

L'opera di San Benedetto e dei Monaci già è servita al suo<br />

sorgere a cementare, nel nome del Signore, l'unità spirituale d'Europa,<br />

facendo avvertire che popoli divisi sul piano linguistico, etnico e<br />

culturale, costituivano l'unico popolo di Dio. Il contenuto finalistico<br />

dell'Associatio è quello di continuare, nelle forme moderne ma sempre<br />

strettamente collegate alle sante e salutari tradizioni, quella promozione<br />

missionaria che ha fatto di San Benedetto il «Celeste Patrono Principale<br />

dell'intera Europa », come ebbe a solennizzarlo il Santo Padre<br />

Paolo VI il 24 ottobre 1964 nell'occasione della riconsacrazione del<br />

glorioso Monastero di Montecassino, faro di cristianità e cultura su<br />

tu tto il mondo.<br />

- 194-


Ancora oggl, m cui i popoli d'Europa presentano altri diversi<br />

problemi di divisione e di composizione (nel campo politico ed ideologico<br />

e nelle espressioni economiche, commerciali, e finanziarie), lo<br />

spirito Benedettino si manifesta in tutta la sua forza, come elevazione<br />

spirituale in cui ogni contrasto trova la sentimentale e ragionevole<br />

soluzione, nel nome del Signore. San Benedetto, la sua Regola i suoi<br />

Monaci, sono stati precursori di quelli che noi oggi consideriamo i<br />

grandi e gravi problemi della civiltà industriale; è solo una questione<br />

di dimensioni. L'attività economica trova un posto di rilievo nella<br />

Regola di San Benedetto: coltivare, dissodare, disboscare, risanare<br />

paludi conquistando terreni abbandonati e deserti, «perché sono veri<br />

monaci appunto quando vivono col lavoro delle loro mani, come i<br />

nostri padri e gli Apostoli» (è quanto sta scritto al Cap. 48 della<br />

Regola di San Benedetto). L'accademico francese Goyan ha individuato<br />

che per merito dei monaci si iniziò nella Svezia il commercio del grano,<br />

nella Borgogna la fecondazione artificiale del pesce, nell'Irlanda la<br />

pesca del salmone, nel parmense l'industria del formaggio; in agricoltura,<br />

in particolare, è stata promossa la coltivazione della vite, piantando<br />

i più rinomati vigneti nella Borgogna, sul Reno, in Alvernia,<br />

in Inghilterra e in molti altri paesi.<br />

Nella occasione del III Congresso dell'Associatio, nell'ottobre<br />

1971 a Langwaden, in Germania, insigni oratori - come il Cardinale<br />

Jean Daniélou e il Prof. Edrnond Giscard d'Estaing - hanno evidenziato<br />

gli encomiabili sforzi di questo secolo da parte degli Stati d'Europa<br />

verso una Europa Unita, come l'unione doganale, il Consiglio<br />

d'Europa, il M.E.C. etc., concludendo con la frase altamente incisiva:<br />

«unità dell'Europa nelle sue diversità »; ma aggiungendovi responsabilmente<br />

che bisogna lavorare per eliminare tutto ciò che si oppone<br />

al concetto unitario, perché è una questione vitale anche per la civilizzazione,<br />

perché siamo rsponsabili della «civitas» terrena, e per fare<br />

ciò bisogna porre le premesse spirituali; perché se i fondamenti della<br />

fede svanissero, si lavorerebbe contro l'Europa.<br />

Questa è l'opera dell'Associatio Sancti Benedicti Patroni Europae.<br />

Fondata nel 1968, dopo il primo tempo di organizzazione, già nel 1970<br />

è stata riunita la seconda Assemblea a Roma; nel 1971 segui il<br />

terzo Congresso a Langwaden, come sopra si è detto. Nel 1972 il<br />

quarto Congresso è stato tenuto a Sion, sviluppato sul tema vitalissimo<br />

della cultura e delle Università, fari luminosi di tutte le scienze.<br />

L'anno scorso 1973, nel mese di ottobre, il quinto Congresso si è svolto<br />

a Madrid su un tema di grande attualità: «La Contemplazione e<br />

- 195-


la società industriale », in cui la contemplazione non è solo fatto ascetico,<br />

ma è principalmente la attenta e migliore considerazione dei fatti,<br />

ed ora della moderna società industriale, per trarne adeguati programmi<br />

e metodi di vita cristiana.<br />

Nel 1974 i Soci dell'Associatio si riuniranno a Salisburgo per il<br />

sesto Congresso; sarà poi a Roma la destinazione del settimo Congresso<br />

nel 1975, in coincidenza dell'Anno Santo. Noi del Gruppo di<br />

Roma consideriamo questo un avvenimento importante, al quale dobbiamo<br />

degnamente prepararci, con impegno e devozione.<br />

Concludendo, rivolgo il pensiero - a nome di tutti - a San<br />

Benedetto, perché egli « nobile araldo », - come lo chiama il Rev.do<br />

Don Anselmo Lentini O.S.B. nell'inno in suo onore scritto per la<br />

nostra Associatio e (continuando con le stesse parole) - ci ispiri ad<br />

insegnare che « a la preghiera unito/sia l'umano lavor perché la vita]<br />

scorra felice », che le menti delle genti e la condotta degli Stati tutti,<br />

e di quelli di Europa in particolare, siano indirizzate «allo onesto<br />

costume) al culto puro/e allo studio uerace d'eque leggi », e perché<br />

- infine - « Fede e Amore di Cristo Iunisca e saldi gli uomini in un<br />

sacro/ patto di PACE ».<br />

Sebastiano Ferlito tPres. della Sez. Romana A.S.B.E.P.)<br />

- 196-


SAN BENEDETTO PADRE DELL'EUROPA<br />

di Pietro Card. Palazzini<br />

Sono molti oggi ad insistere sull'urgenza dell'unità europea, come<br />

unica via di salvezza per tutte le sue componenti, e ciò proprio mentre<br />

più pressanti sembrano farsi le forze centrifughe degli egoismi nazionali.<br />

Chi non vede come fra i due blocchi compatti, uno ad oriente<br />

e l'altro all'occidente, un'Europa divisa, e peggio discorde, ha in sé il<br />

germe fatale della debolezza e della finale rovina? Solo, quindi, se<br />

tutte le nazioni di Europa si uniranno saldamente in un organismo<br />

superiore di coordinazione economica e politica, che insieme le faccia<br />

muovere ed operare, l'Europa può non solo sopravvivere, ma anche<br />

conservare il ruolo provvidenziale di maestra di civiltà, mantenuto<br />

per secoli.<br />

Certo l'unione a cui pensiamo oggi è diversa da quella verificatasi<br />

nel passato e possiamo raggiungerla solo per altre vie, e questo<br />

perché ogni periodo storico ha il suo proprio volto e le sue proprie<br />

esigenze. Ciò però non toglie che ricordare le diverse forme assunte<br />

dall'unità d'Europa attraverso i secoli giovi non poco a vincere le<br />

difficoltà e a trovare la via giusta e sicura per raggiungere l'unione<br />

oggi tanto ricercata. Il cemento di unità dell'Europa nei secoli, il suo<br />

filone d'oro è stato il cristianesimo, senza di cui non ha senso una<br />

civiltà europea. A lavorare in questo filone d'oro la Provvidenza ha<br />

chiamato molti uomini nel variare dell'età; ma uno soprattutto ne<br />

va ricordato, che ha punteggiato l'Europa di avamposti di evangelizzazione,<br />

che sono stati nello stesso tempo fortilizi della civiltà: Benedetto<br />

di Norcia, giustamente salutato Padre dell'Europa. L'esperienza<br />

storica legata al nome prestigioso di San Benedetto ha da dire qualche<br />

cosa anche oggi alle nazioni d'Europa, perché sappiano trovare un<br />

cemento alla loro unione, che non sia solo unione negli interessi economici<br />

e nelle direttive politiche, ma anche unità negli indirizzi spirituali.<br />

Un rinnovato slancio ecumenico della civiltà cristiana in Europa,<br />

è forse solo un sogno? Direi che è un impegno, tanto alto e nobile,<br />

anche se difficile, che l'Associatio internationalis benedictina fa suo,<br />

perché sente che è un ideale per cui vale la pena di spender la vita,<br />

come l'ha spesa per primo colui dal quale l'Associatio prende il nome.<br />

Il suo ricordo, la rievocazione sia pure sommaria e imperfetta della<br />

sua opera, è diretta a stimolarci in questo grande ideale.<br />

- 197-


Benedetto da Norcia<br />

Chi cerca - com'è legittimo - nella storia dei grandi, le<br />

date, i riferimenti, le circostanze precise, il logico svolgimento dei fatti,<br />

rimane, nel caso di San Benedetto, inesorabilmente deluso. Nulla<br />

sappiamo con certezza dei suoi lineamenti corporei. Il racconto degli<br />

atti di San Benedetto, nell'unica fonte di cui disponiamo - il libro<br />

dei Dialoghi di San Gregorio (fonte preziosa perché scritta a una<br />

cinquantina d'anni appena dalla morte del Santo e fondata sui vivi<br />

ricordi degli immediati suoi successori in Subiaco e in Montecassino)<br />

- è un racconto composto a scopo di edificazione, senza nessun logico<br />

svolgimento dei fatti, senza date e riferimenti precisi. Eppure,<br />

come è già stato osservato, dopo la lettura dei Dialoghi (L II, PL<br />

66, 125 ss.) non si prova quel tormento di curiosità inappagata, di cui<br />

siamo soliti soffrire COSt spesso dinanzi alle grandi figure della storia,<br />

quando, nonostante ogni sforzo, sembra che ci sfugga la profonda<br />

sostanza dell'uomo.<br />

Se qualcuno, a distanza di secoli, rifacesse la domanda bonaria<br />

del diacono Pietro, ]'interlocutore dei Dialoghi: «Ma dimmi, in<br />

linguaggio comune, che uomo era questo Benedetto? » anche noi non<br />

sapremmo rispondere meglio che con le parole di San Gregorio<br />

Magno: «Era un santo », o Pietro. Non c'era caso che gli uscisse di<br />

bocca parola, anche la più comune, che non fosse pensata e pesata ».<br />

« ... Del resto, chi vuol farsi un'idea più esatta della vita e dei<br />

costumi del santo, non ha che da richiamare i singoli punti della sua<br />

Regola per riconoscervi tutti gli atti del suo magistero; perché Benedetto<br />

non poteva affatto insegnare se non la vita da lui vissuta»<br />

(Cfr. Greg. Dial. 1. II. cap. 36).<br />

Il tramonto dell'impero romano avrebbe potuto segnare una catastrofe<br />

di proporzioni apocalittiche per l'avvenire della umanità, della<br />

cultura e della civiltà.<br />

Se non lo fu, se anzi quel drammatico, apocalittico trapasso segnò<br />

una svolta, che fu quella che diede origine alla media aetas, la cui<br />

civiltà ha avuto come campo di diffusione l'Europa, lo si deve alla<br />

continuità che la chiesa di Roma, assicurò con le sue istituzioni, con<br />

le sue diocesi ed i suoi monasteri, che in quel periodo si modellarono<br />

in Occidente sulla Regola di San Benedetto. Le invasioni barbariche)<br />

dilaganti nell'impero, pur togliendo di mano alle popolazioni occupate<br />

tutto quello che potevano, non potettero togliere loro (anzi li costrinsero<br />

a più accanirsi nella difesa) quei beni spirituali di religione e di<br />

- 198-


cultura, di cui la Chiesa di Roma attraverso le scuole cattedrali e<br />

soprattutto monastiche, divenne, nella tormenta generale, la vigile<br />

custode. Questa Chiesa si trovò allora davanti al compito immane di<br />

pacificare i germani vincitori con i vinti romani, e di agevolarne la<br />

fusione in un popolo solo, per avviare gli uomini verso una più vasta<br />

unità, quella della fratellanza cristiana.<br />

E mentre in passato la Chiesa aveva avuto il suo campo di<br />

azione nel mondo greco-romano: cristianesimo contro paganesimo di<br />

cui aveva trionfato, ora il campo di lavoro si era spostato al mondo<br />

romano-germanico, cioè al mondo europeo. E tre furono le componenti<br />

in contrasto da avvicinare fra loro non solo in una collaborazione<br />

d'intenti, ma in una fusione di sentimenti e di costume: la tradizione<br />

giuridica romana, il giovane dinamismo germanico, la fede e l'etica<br />

cristiana. Fu lungo e paziente il lavoro della Chiesa, ma tenace e coronato<br />

da successo.<br />

Anche allora, come sempre, nella sua missione profetica, la Chiesa<br />

lungi dal garantire il sistema sociale costituito, che veniva sgretolandosi<br />

sotto i colpi di maglio delle invasioni barbariche, mentre dell'antica<br />

civiltà cercò di salvare i valori eterni, affrontò i nuovi conquistatori<br />

non con le armi di ferro, che non ha, ma con quelle dello spirito;<br />

li interrogò, li provocò ad un esame severo, ad una coraggiosa riforma<br />

della vita, ad un profondo radicale rinnovamento, ad una conversione<br />

interiore, sovvertendo così, nei migliori di loro, i fondamenti dell'egoismo<br />

col fermento dell'amore. Coscienza critica del mondo e della storia,<br />

che solo la Chiesa sa essere e ]0 fu per quanto il mondo romano aveva<br />

di decrepito e per quanto quello germanico aveva di violento.<br />

Quello che la Chiesa ha fatto nel campo universale, Benedetto con<br />

la sua Regola lo ha fatto nel particolare campo del monachesimo;<br />

ma, affiancando mirabilmente, qualche volta, sostenendo quasi integralmente<br />

l'opera della Chiesa, fino ad essere, in certi momenti, la<br />

principale forza portante della Chiesa stessa.<br />

Eppure la prima reazione di Benedetto di fronte al mondo in cui<br />

si trovò a vivere, esperiti appena i compiti giovanili di studio, nell'orientamento<br />

da prendere per la vita, era stata quella di fuggire dal<br />

mondo. L'eremitismo fu la prima vocazione o tentazione, che dir si<br />

voglia di Benedetto nel suo ritiro di Affile, nella sua fuga sui colli vicini<br />

fino ai tre anni di isolamento nello speco di Subiaco.<br />

Ma quando la Provvidenza gli fece comprendere manifestamente<br />

che lo voleva maestro e guida di uomini, avvertl che quel prendere le<br />

debite distanze da un mondo in rovina, era da intendersi nel senso non<br />

- 199-


di rinnegare tutto, ma anzi di riaffermare, per salvare, i più alti valori<br />

della civiltà, per creare tra le tempeste l'isola di pace, dove annidasse<br />

la fede, la carità fraterna; dove l'uomo potesse elevare gli occhi al Cielo<br />

senza avvilimento, e la vita, liberata da ogni gravezza, assumersi un suo<br />

ritmo alto, operoso, sereno, dove fossero sacri la meditazione e il lavoro,<br />

la purezza del costume e la carità fraterna. Sorse così il monumento<br />

della Regola; regola per eccellenza, aperta a chiunque volesse militare<br />

alla costruzione dell'ideale vangelico.<br />

«A te ora il mio discorso si rivolge, chiunque tu sia, che<br />

rinunciando ai propri voleri, cingi le fortissime e splendide armi<br />

dell'obbedienza per militare sotto il vero re,' Cristo Signore », Con<br />

questa grande apertura egli presentava la sua Regola, nella quale, la<br />

coscienza di un'alta missione si leva sul tumulto dei tempi e racchiude<br />

in poche, ma immortali pagine tutta una esperienza e un magistero<br />

di secoli.<br />

Tutti potevano entrare a far parte della comunità di Benedetto<br />

da Norcia; il servo e il libero, il Goto e il Romano, purché se ne<br />

mostrassero degni nell'anno di noviziato e si obbligassero con voto<br />

solenne.<br />

Una famiglia fatta così di diverse componenti, non consente<br />

dispersioni o diserzioni: chi ha pronunciato il voto, si è vincolato alla<br />

perpetua « stabilità », salvo casi eccezionali. La legge che governa questa<br />

convivenza è una sola, semplicissima e quasi irraggiungibile nella<br />

sua compiutezza: l'amore, tutto l'amore, escluso l'amore di sé: amore<br />

di Dio che sale in alto come incenso di preghiera (ora); amore del<br />

prossimo, avviato al lavoro ed accolto con estrema bontà come mendico<br />

e come ospite.<br />

Dalla lettura delle cose divine, riposo del monaco, si sviluppò la<br />

scienza; dal lavoro manuale monastico (labora) la coltura economica<br />

del Medio Evo raccolse i suoi frutti più abbondanti. La tradizione della<br />

coltivazione agraria dei Romani e dell'amministrazione della proprietà,<br />

l'abilità degli operai romani e il patrimonio dell'arte antica si trasmisero<br />

ai germani per mezzo dei monaci.<br />

All'interno della vita monastica, Benedetto impresse nel monachesimo<br />

orientale lo spirito romano, rendendolo così più accessibile agli<br />

stessi Germani. Le sue idee suI contenuto essenziale del monachesimo<br />

non sono originali, ma ciò che lo fa patriarca dei monaci di occidente<br />

sono tratti fondamentali del suo carattere di occidentale e di romano.<br />

Di una dottrina della vita contemplativa egli ha fatto il codice di una<br />

società stretta per vocazione al servizio divino; una scuola di progresso<br />

- 200-


morale, una vita di azione. Salvò così e rese vitali per l'Occidente<br />

i grandi, profondi ed eterni pensieri dell'Oriente. In ciò sta l'importanza<br />

della opera di Benedetto: essere stato il legislatore della vita<br />

monastica, che ha proliferato in tutto l'Occidente per secoli. Se è opera<br />

di genio l'arricchire il mondo con nuovi e profondi pensieri, è anche<br />

meritoria funzione, per quanto più modesta, il costruire dalle rovine<br />

monumentali di antiche norme di diritto un edificio stabile, dove<br />

custodire e salvare i valori ed i pensieri più nobili dalle tempeste del<br />

tempo. San Benedetto ha fatto ciò strutturando il monachesimo<br />

occidentale durante la trasmigrazione dei Germani: quel monachesimo<br />

che raccoglierà il patrimonio ricchissimo del mondo che era prima di<br />

loro per offrido alla posterità in una forma adatta anche ai secoli<br />

posteriori più poveri.<br />

Il simbolismo dell'incontro di Totila con San Benedetto va oltre<br />

l'episodio storico e riveste la figura di ciò che egli inconsciamente<br />

stava preparando con la sua regola: la costruzione di un mondo nuovo,<br />

della civiltà, che si chiamerà europea. In ogni parte dell'Occidente,<br />

appena conquistato alla fede, la Regola e l'istituto benedettino<br />

penetrarono e furono baluardo della romanità, strumento di più alte<br />

conquiste. Montecassino rigermogliò prodigiosamente a Bobbio, a<br />

Farfa, a Corbie, a Bee, a San Gallo, a Reichenau, A Westminster e<br />

a Malmesbury.<br />

Andando oltre la coscienza del fondatore, e contro il suo stesso<br />

intendimento, il monastero, poiché rispondeva ad una profonda, generale<br />

esigenza, s'incorporò nel mondo e svolse una formidabile azione<br />

economica, sociale, culturale, che fece dei Benedettini i maestri e gli<br />

agricoltori d'Europa; diventò per larghissima cerchia di gente: banca,<br />

laboratorio, azienda agricola, scuola, biblioteca. Perenne nei suoi ideali<br />

e non servo dei tempi, il monastero fu per la Chiesa la riserva delle<br />

buone energie nelle ore di smarrimento e di battaglia. Discepoli di<br />

Benedetto: Agostino, Vilfrido di York, San Bonifacio, portarono il<br />

messaggio alla Frisia alla Sassonia, all'Inghilterra.<br />

La sovranità popolare germanica dovrà un giorno ricondurre<br />

ad un nuovo impero, che pur ispirandosi all'impero romano, proteggerà<br />

la Chiesa con la spada tedesca. Maestri di tale elevazione dovevano essere<br />

i discepoli di Benedetto: dal1a civiltà, tramandata dalla Regola<br />

benedettina sorse il medioevo cristiano-germanico.<br />

Nella basilica di San Pietro, la notte del Natale dell'BOO, nasceva<br />

così una prefigurazione dell'Europa futura ed un pontefice romano la<br />

teneva a battesimo, posando la corona sul capo del nepote di Carlo<br />

- 201-


Martello. Ma ancor prima, sotto le bandiere di questo ultimo i campioni<br />

cristiani, che avevano infranto a Poitiers (723) l'avanzata Uno allora<br />

irrefrenabile, mussulmana, si erano riconosciuti per la prima volta<br />

europei.<br />

Non pochi abati o monaci benedettini avevano preparato quegli<br />

avvenimenti, non con programmi politici, che non erano di loro competenza<br />

(anche se qualcuno di essi poteva essere più o meno infeudato<br />

al carro franco e imperiale); ma con le loro fondazioni ed il fiorire<br />

di queste alla luce della Regola per eccellenza.<br />

E credo non sia temerario, come ipotesi storica, pensare che rivestisse<br />

la cocolla benedettina anche quell'anonimo continuatore della<br />

cronaca di Isidoro di Siviglia, contemporaneo degli avvenimenti di<br />

Poitiers, il quale non ravvisa in quei guerrieri affratellati dalla comune<br />

fede cristiana né Germani né Franchi, ma Europei: « europeenses ».<br />

Due secoli neppure di vita della «Regola» di San Benedetto;<br />

diecine, centinaia di abbazie, sparse nei territori, che allora per la prima<br />

volta si chiamano « europei », centinaia, migliaia di monaci, chini<br />

sugli incunaboli, o sulle terre aride o paludose oppure salmeggianti<br />

nel coro di Lodi al Re dell'eterna gloria, avevano operato il miracolo<br />

di una «pentecoste europea ».<br />

San Benedetto si ergeva fin d'allora non solo padre di quelle<br />

schiere di monaci, ma padre della nascente Europa.<br />

L'esperienza carolingia fu il fiore di una primavera, ben presto<br />

sfiorita per l'egoismo e gli interessi personali dei discendenti di Carlo<br />

Magno e per la tendenza degli Ottoni, volta piuttosto alla risurrezione<br />

del grande impero di Roma sotto il segno dell'unità mediterranea,<br />

anziché di quella europea. Tuttavia quell'esperienza si rivelerà come<br />

la più concreta; si rivelerà come il momento centrale di una storia<br />

della civiltà, che ormai non potrà non essere se non « europea », cioè<br />

indirizzata verso gli sviluppi della romanità, abbinata al cristianesimo,<br />

verso l'Europa continentale. sviata, almeno parzialmente, dalle direttrici<br />

mediterranee (africana, balcanica e asiatica).<br />

I barbari, che assieme ai cittadini romani avevano abitato e<br />

stavano abitando gli stessi monasteri, ed osservavano la stessa Regola,<br />

senza limitarsi a vivere del capitale ereditato dalla civiltà romano-cristiana<br />

da essi saccheggiata, avevano ben imparato a cooperare con essa<br />

in un'attività sociale creatrice nuova. E più tardi, quando la Chiesa,<br />

irretita dal feudo, incatenata alla terra, parve immemore della sua<br />

missione universale, dai grandi abati cluniacensi mosse il salutare richiamo,<br />

ripreso poi dai benedettini Pier Damiani ed Ildebrando che da pon-<br />

- 202-


tefice darà il nome alla riforma gregoriana. E quando tra Investiture<br />

e Crociate - sforzo torbido di liberazione, slancio dell'Europa cristiana<br />

alla conquista guerriera del sepolcro di Cristo - colse gli spiriti<br />

un'ansia rinnovata di purezza e di dedizione, e alla Roma gerarchica<br />

occorse un esercito inquadrato e disciplinato, al magistero della Regola<br />

si richiamarono con eroica fermezza Roberto di Molesme e Bernardo<br />

di Chiaravalle per l'instaurazione cistercense.<br />

Tutto questo appartiene solo alla storia? Lo spirito di Benedetto<br />

da Norcia, questo spirito di armoniso compenso tra la forza e la<br />

mitezza, tra la legge e la libertà, tra la natura e la grazia, tra la norma<br />

oggettiva e la vita individule; questo spirito di unione della virtus<br />

romana con la charitas cbristiana deve restare solo una visione che si<br />

dilegui nelle sabbie del passato?<br />

È a tutti chiaro che né l'economia né la politica possono in pieno<br />

garantire l'unità d'Europa, giacché gli interessi e la politica sono fatti<br />

per dividere e non per unire, mentre tale garanzia può essere data solo<br />

dalle forti e vaste correnti di pensiero e profonde convinzioni che<br />

hanno sempre costituita la civiltà europea. Infatti, sul piano economico<br />

il processo di unificazione europea si è rallentato e sul piano politico<br />

ogni tanto si nota l'insorgere qua e là dello spirito nazionalista contro<br />

il potere sovranazionale, che non riesce a prendere piede. A leggere<br />

oggi gli articoli di certi giornali, specie francesi, c'è persino da scoraggiarsi<br />

che l'Unione europea riesca a realizzarsi. «La conferenza di<br />

Washington Waterloo dell'Europa », ecco un recente titolo di Le<br />

monde; «La Comunità ormai avviata ad una lunga ibernazione»<br />

ecco un altro titolo di un recente articolo di l'Aurore: titoli che riflettono<br />

un stato d'animo abbastanza diffuso specie in Francia dopo le<br />

conferenze, non certo molto promettenti di Parigi, di Kopenaghen e<br />

di Washington.<br />

All'unità di Europa si arriverà assai più facilmente richiamandosi<br />

a principi superiori che, essendo già patrimonio comune da secoli,<br />

dettano a tutti quello spirito di sacrificio e quelle rinunzie, le quali<br />

sono indispensabili ogni volta che gli uomini e più ancora gli Stati<br />

vogliono dall'isolamento individuale passare ad una qualsiasi forma<br />

associativa.<br />

Quali sono precisamente questi motivi? Hanno un solo nome:<br />

civiltà cristiana. E accanto a questo nome astratto un nome concreto:<br />

Benedetto da Norcia.<br />

- 203-<br />

-


SAINT BENOIT ET LA CJVILISATION OCCIDENTALE<br />

di Philippe Rouillard, O.S.B.<br />

Beaucoup d'hornrnes pourraient prétendre au titre de patron<br />

de I'Europe, ou du moins beaucoup d'hommes pourraient à juste<br />

titre faire partie d'un Conseil des ministres de l'Europe, qui rassemblerait<br />

des hommes de tous les siècles. Ce conseil serait constitué d'hommes<br />

qui ont été les pédagogues et Ies ministres, c'est-à-dire Ies serviteurs de<br />

l'humanité; d'hommes dont l'action et l'oeuvre ne s'est pas limitée<br />

à un seuI pays, mays s'est diffusée à travers l'Europe entiére; d'hommes<br />

qui ont ainsi rapproché les peupies entre eux et ont contribué au<br />

développement et au progrès de la civilisation occidentale. Dans ce<br />

Conseil des ministres européen, on verrait: de l'Italie, Dante, Michel-<br />

Ange, Leonard de Vinci; de France, Pascal et Descartes; d'Allemagne,<br />

Goethe et Bethoven; d'Autriche, Mozart; d'Angleterre, Shakspeare;<br />

d'Espagne, Cervantès. Mais à còté des écrivains et des artistes, il y<br />

aurait ausi des saints: au moins saint Benoit, saint François d'Assise,<br />

saint Dorninique, saint Ignace de LoyoIa. Et beaucoup d'autres<br />

candidats encore pourraient briguer un siège au Conseil permanent des<br />

ministres de l'Europe, ~ la Chambre permanente de la civilisation<br />

occidentale.<br />

Et pourtant, au milieu de tous ces hommes de génie, au milieu<br />

de ces saints qui ont donné le jour à des familles si nombreuses et si<br />

actives, c'est saint Benoit qui a été reconnu comme père de la civilisation<br />

occidentale. L'homme qui a donné naissance à la civilisation de l'Occident<br />

est ce moine silencieux, méditatif, qui n'a écrit qu'un tout petit<br />

livre, appelé Règle; cet homme qui a vécu hors du monde, et dont<br />

l'itinéraire est allé seulement de Norcia à Rome, de Rome à Subiaco,<br />

et de Subiaco au Mont-Cassin. Ce moine, dont ne savons finalement<br />

que peu de choses, a planté sur la colline du Cassin un grain de<br />

sénevé qui, selon la parabole évangélique, est devenu un grand arbre<br />

dont les branches ont couvert l'Europe entière et y ont répandu la<br />

civilisation chrétienne. Comment donc expliquer cette aventure, cette<br />

carrière européenne de saint Benoit? Et quel peut ètre le message<br />

apporté aujourd'hui par ce moine silencieux et discret à ceux qui,<br />

d'une manière ou d'une autre, veuIent ètre les serviteurs et Ies<br />

rninistres de la civilisation occidentale?<br />

Les pages qui suivent traiteront brièvement de l'expérience personnelle<br />

de Saint Benoit, du ròle du monachisme en Europe dans le passé,<br />

enfin du message de Saint Benoit aux hommes de notre temps.<br />

- 204-


1. LJexpérience personnelle de saint Benoit<br />

Saint Benoit n'est pas né à Rome, mais dans la petite ville de<br />

Norcia, en Ombrie. Il nait vers 480, et à l'age de seize ans il est<br />

envoyé à Rome pour y faire ses études. Au premier contact, le jeune<br />

provincial est sans doute séduit par la splendeur de la capitale du monde.<br />

Mais bien vite le regard perspicace de l'étudiant découvre la précarité<br />

et la superficialité de cette splendeur. A cette époque, le pouvoir<br />

politique dans la péninsule est entre les mains d'un barbare, Théodoric,<br />

roi des Ostrogoths. Le pouvoir ne tient que par la force. Dans<br />

l'Eglise de Rome, la situation n'est guère plus brillante: le pape<br />

d'alors, Anastase II, se fai t taxer d'hérésie par une partie de son<br />

clergé, ce qui lui vaudra d'ètre relégué en enfer par Dante, et à sa<br />

mort (498) deux candida ts se dispu teron t le siège de saint Pierre; le<br />

pape Simmaque et l'antipape Laurent.<br />

Dans ce monde politique et religieux OÙ règnent la violence,<br />

la division, l'ambition, dans cette civilisation sans idéal et sans transcendance,<br />

le jeune Benoit se sent ma] à l'aise, frustré, déçu. Il n'y a<br />

rien à attendre de cette société pour un homme qui veut donner un<br />

sens à sa vie, pour un homme qui cherche à avoir une vie intérieure, une<br />

vie spirituelle, une vie ouverte à Dieu. Alors le jeune étudiant rompt<br />

avec cette sociéte, avec cette civilisation vieille, avec ce monde décevant.<br />

Com me l'écrit son biographe, le pape sant Grégoire le Grand, «il<br />

retire le pied qu'il a posé à l'entrée du monde », et il cherche l'accès à<br />

un autre monde, à un monde spirituel où, comme le dit eneo re saint<br />

Grégoire, « sous le regard de Dieu, il habite avec lui-mème ».<br />

L'expérience di Saint Benoit se déroule en deux temps: dans une<br />

premier temps, il vit à Subiaco dans une solitude complète, dans une<br />

ruprure totale avec la société humaine, au point que des bergers qui<br />

l'aperçoiven t dans sa grotte du Sacro Speco le prennent pour une<br />

bete sauvage, ce qui est assenz paradoxal pour un futur père de la<br />

civilisation occidentale. Dans un second temps, Saint Benoit vit au<br />

Mont-Cassin avec des disciples séduits par son idéal, et il renoue des<br />

liens avec les autres hommes, puisque son monastère reçoit de nombreux<br />

hòtes,<br />

Il semble que l'expérience fondamentale de Saint Benoit, expérience<br />

qui inspirera tout le monachisme ultérieur, soit celle-ci: d'une<br />

part, le refus et la condamnation d'une société don t le projet est<br />

seulement horizontal et qui ne propose à I'homme aucun idéal transcendant;<br />

et d'autre part, l'ébauche et la construction d'une petite communauté<br />

humaine dont le projet est vertical, communauté dans laquelle<br />

- 205-


l'hornme retrouve la vérité de ses relations avec Dieu et avec les autres<br />

hommes et, par le fait mème, la plénitude de son ètre humain et chrétien.<br />

Cette orientation ou cette déterrnination fondamentale donne à<br />

Saint Benoit une grande assurance et une grande sérénité au milieu<br />

des vicissitudes, voire des scismes de son temps. Quelques épisodes<br />

significatifs de la vie un peu légendaire écrite par le pape Saint Grégoire<br />

illustrent ce calme: Benoit reçoit un jour la visite du roi goth<br />

Totila, qui a voulu se jouer de lui, mais le moine garde toute sa paix<br />

et c'est le roi goth qui finalement se prosterne davant lui. Un autre<br />

jour, un autre barbare amène à Benoit un paysan ligoté, et lui réclame<br />

avec violence l'argent que ce paysan lui aurait confié; ici encore, le<br />

moine conserve tout son calme, ne se lève mème pas de son siege,<br />

délivre le paysan de ses liens et dompte le barbare qui, lui aussi, se<br />

prosterne davant l'homme de Dieu. Ces anecdotes sont sans doute<br />

Iégendaires, mais Saint Grégoire y a vu le symbole de la victoire de la<br />

puissance spirituelle sur la force barbare.<br />

2. Le ràle du monacbisme en Europe dans le passé<br />

Saint Benoit n'a pas vouIu fonder un Ordre religieux, il n'a<br />

eu aucun projet européen, mais peu à peu sa Règle s'est répandue<br />

et imposée dans tout l'Occident, et les monastères bénédictins se sont<br />

multipliés. À la question de savoir quelle a été l'oeuvre de ces<br />

monastères au service de I'Europe, on peut répondre qu'elle a été tout<br />

ensemble une oeuvre de christianisation et une oeuvre d'humanisation,<br />

une oeuvre de spiritualisation et un oeuvre de civilisation.<br />

Il est certain que le moine est avant tout un homme de Dieu,<br />

un homme de prière, mais le moine attentif à Dieu est aussi attentif<br />

aux hommes ses frères. Le moine veut aider ses frères à vivre en<br />

chrétiens, mais il doit d'abord les aider à vivre en hommes, à mener<br />

une vie vraiment humaine. La fonction du monachisme en Europe à<br />

travers les siècles a été une pédagogie et une éducation. Les moines ont<br />

été les éducateurs de l'Europeo<br />

Et ceci se vérifie à plusieurs niveaux. D'abord au niveau fondamental,<br />

qui est celui de l'économie. Une des causes du déclin de la<br />

civilisation romaine avait été l'abandon et le mépris du travail.<br />

Travailler, et surtout travailler de ses mains, était une occupation<br />

réservée aux esclaves, à Iaquelle un homme libre ne pouvait s'abaisser.<br />

Saint Benoit au contraire enseigne la dignité et la nécessité du travail.<br />

Dans sa Règle, il impose à tous ses mornes un vrai travail quotidien.<br />

206 -


Et mèrne le dimanche, si un moine est incapable de lire, mieux vaut<br />

pour lui travailler manuellement que se livrer au «farniente ». «La<br />

eonception bénédictine de la tàche quotidienne se trouve à l'origine de<br />

l'importance prise par l'idée du travail dans la civilisation moderne,<br />

aussi bien qu'à la racine de la philosophie et de la morale de I'éconornie<br />

contemporaine » (Ph. SCHMITZ, Histoire de l'Ordre de Saint Benoit,<br />

voI. II, p. 7). Il serait facile de décrire le ròle joué par les moines dans<br />

le défrichement des forèts, dans la diffusion et l'amélioration des<br />

cultures, dans le développement des métiers. Mentionnons au moins<br />

l'importance de la culture de la vigne. Les moines avaient besoin de<br />

vin pour la célébration de la messe, d'autant que juspu'au X siècle<br />

tous les chrétiens communiaient sous les deux espèces. Les moines ont<br />

donc répandu dans toute l'Europe la culture de la vigne, mème dans<br />

des pays peu ensoleillés comme la Belgique et l'Angleterre. Nul ne<br />

peut nier l'importance de la vigne dans la civilisation occidentale, et<br />

chacun sait que le Champagne a· été inventé par un bénédictin, Dom<br />

Prignon.<br />

Si les moines ont joué un ròle important dans le développement<br />

de l'agrieulture, ils ont joué un ròle plus important encore dans la<br />

transmission et la diffusion de la culture intellectuelle.<br />

Saint Benoit, dans sa Règle, recommandait aux moines de lire<br />

quatre heures par jour! Qui parmi nous lit quatre heures par jour?<br />

Les moines bénédictins devaient avant tout lire la Bible, mais aussi<br />

le grands écrivains chrétiens et les grands écrivains humains. Or pour<br />

lire, il faut des livres, ou tout au moins des manuscrits. Touts les<br />

monastères eurent done des ateliers de copistes, qui remplirent les<br />

bibliothèques, en attendant que l'invention de l'imprimerie vienne<br />

totalement transformer la diffusion de la culture. Un inventaire des<br />

bibliothèques des monastères au moyen age montre qu'elles contiennent<br />

environ trois quarts de livres religeux et un quart de livres profanes:<br />

auteurs classiques, livres de science et de médicine. Dans la biblioteque<br />

de Cluny, au XII siècle, le catalogue des auteurs classiques recense<br />

aussi bien les poètes illustres: Virgile, Juvénal, Horace, Térence,<br />

Ovide, etc, que les grands prosateurs: Cicéron, Sénèque, Tite-Live,<br />

Suétone, Salluste. On peut affirmer sans exagération que presque<br />

tout ce que nous avons conservé des lettres classiques a été sauvé par<br />

les bibliothèques des monastères. La littérature classique nous a été<br />

transmise par le travail des copistes, ce travail pénible dont l'un d'eux<br />

disait à la dernière page de son manuscrit: « Tros doigts seulement<br />

écrivent, mais c'est tout le corps qui se fatique ». En mème temps les<br />

- 207-


monastères, centres de vie intellectuelle, ouvraient des écoles et favorisaient<br />

la difIusion d'un véritable humanisme chrétien. Il convient<br />

d'ailleurs de remarquer que cette activité intellectuelle impliquait de<br />

nombreux échanges d'un monastère à l'autre, sans limitation de frontière<br />

et sans difficulté de langue, puisque tout le monde écrivait et<br />

enseignait en latin: le moyen age a connu un vrai marché commun de<br />

la librairie et de la théologie.<br />

Travail manuel, travail intellecteul, mais aussi travail artistique.<br />

Les moines ont stimulé et favorisé la création artistique sous toutes<br />

ses formes: architecture, peinture, sculpture, enluminure, chant et<br />

musique. Le langage de l'art est un langage normal pour cet homme<br />

contemplatif et silencieux que veut ètre le moine. Sa contemplation de<br />

Dieu, méditation de l'Ancien et du Nouveau Testament, sa célébration<br />

quotidienne de la liturgie, le conduisent à créer un cadre spatial,<br />

monumental et musical qui exprime cette contemplation, cette harrnonie,<br />

cette joie de vivre avec Dieu et pour Dieu. Tous les pays d'Europe,<br />

à commencer par I'Italie, possèdent des dizaines ou des centaines de<br />

monastères qui, rnème inhabités demeurent des hauts-lieux de beauté,<br />

de paix, de spiritualité. Des monuments comme le cloltre de Saint-<br />

Paul-hors-les-Murs à Rome, le cloitre de Monreale en Sicile ou l'abbaye<br />

du Mont-Saint-Michel en Normandie sont vraiment des chefs-d'oeuvre<br />

de la civilisation occidentale.<br />

Enfin, les fils de Saint Benoit ont été les éducateurs de l'Europe<br />

par leur oeuvre spécifique, qui est la célébration de la liturgie. Venir six<br />

ou sept fois par jour devant Dieu pour le chanter et le louer, voilà<br />

qui transforme peu à peu un homme, voilà qui forme un type d'homme.<br />

La prière liturgique enseigne à I'hornme OÙ réside la véritable efficacité,<br />

ou plutòt elle enseigne que le but de la vie humaine n'est pas l'efficacité,<br />

mais une activité gratuite, une recherche spirituelle qui est sans valeur<br />

économique, mais qui confère un sens et un contenu à I'existance de<br />

l'homme. Les moines, et tout les chrétiens qui pendant des siècles ont<br />

partecipé à leurs célébrations liturgiques, ont ainsi fait l'expérience de<br />

I'unique réalité, de l'unique Etre qui peut combler le désir de l'homme.<br />

Gràce à la liturgie, I'homrne européen a appris à tourner son regard<br />

vers le ciel.<br />

3. Le message de Saint Benoit aux hommes de notre temps<br />

Le monachisme bénédictin a rempli dans les siècles passés une<br />

fonction éducatrice à l'égard de l'Europeo Il a élaboré et diffusé ce que<br />

- 208-


nous appelons la civilisation occidentale. Mais cette pédagogie n'est pas<br />

achevée. Saint Benoit n'a pas été proclamé par Paul VI patron de<br />

I'Europe d'hier mais patron de l'Europe d'aujourd'hui et de demain.<br />

Nous devons donc nous demander, en cette dernière partie, quel message<br />

Saint Benoit adresse aux hommes de la seconde moitié du XX siècle,<br />

quel peut et doit ètre le ròle du monachisme dans le monde et l'Egli se<br />

d'aujord'hui.<br />

En premier lieu, disons que Saint Benoit, aujourd'hui comme au<br />

V siècle, proclame la grandeur, la transcendance, la souvraneté de<br />

Dieu. Dans un monde très matériel, Saint Benoit et ses fils sont les<br />

hérauts de la primauté du spirituel. Dans une Eglise qui connait la<br />

tentation de l'horizontalisme, Saint Benoit et ses fils ont le courage et<br />

l'audace de la verticalité. Ils croient en Dieu qui habite au ce, et qui<br />

doit ètre cherché au del, et non pas seulement sur la terre. Dans une<br />

Eglise où des théologiens parlent de la mort de Dieu, Saint Benoit<br />

et ses fìls veulent ètre les témoins du Dieu vivant. Dans un monde<br />

où les hommes cherchent avidement le pouvoir ou le plaisir, Saint<br />

Benoit et ses fils cherchent Dieu, et pensent qu'aucune autre recherche<br />

ne vaut celle-là, et que la soif de I'homme ne peut ètre rassasiée que<br />

par cette recherche-là. Dans l'Europe d'aujourd'hui, les monastères<br />

doivent demeurer des lieux de la présence de Dieu et de la recontre avec<br />

Dieu. L'Eglise et le monde seraient menacés d'asphyxie si les monastères<br />

fermaient leurs portes.<br />

En second lieu, disons que la fonction du monachisme dans le<br />

monde et dans I'Eglise d'aujourd'hui est de communiquer cette experience<br />

du Dieu vivant. Saint Benoit dans sa Règle avait prévu que les<br />

hòtes ne manqueraient jamais au monastère. Ceci est plus vrai que<br />

jamais. Combien d'hommes, combient de jeunes en quète de Dieu,<br />

ou simplement en quète de spiritueI, viennent frapper à la porte<br />

des monastères! Ils demandent un homme, ou une communauté, qui<br />

sache parler de Dieu, ou témoigner de Dieu. Et s'ils ne trouvent aucun<br />

rnaitre spirituel, aucun homme de Dieu, en Occident, ils iront jusqu'en<br />

Inde pour le chercher et peut-ètre le trouver. Il y a là une responsabilité<br />

immense et redoutable pour le monachisme de notre temps, selon qu'il<br />

sera ou non capable de répondre à ce cri: « Fais-nous connaitre Dieu ».<br />

Et la civilisation européenne, si elle ne retrouve pas ce souffie et cette<br />

inspiration, risque de rendre bientòt son dernier soupir.<br />

En troisième Iieu, on peut dire qu'une des leçons majeures<br />

adressées par Saint Benoit à l'Europe contemporaine est le respect de<br />

l'homme. L'auteur de la Règle bénédictine commande à ses moines<br />

- 209-


d'honorer tous les hommes: honorare omnes homines. Et ailleurs il<br />

recommande de ne pas faire de diflérence entre l'homme libre et l'esclave,<br />

de ne pas accueillir le riche et le puissant mieux que le pauvre. Il en<br />

donne la raison en expliquant qu'en tout homme nous rencontrons<br />

et nous vénérons la personne du Christ. Cette leçon de respect chrétien<br />

et surnaturel envers tous les hommes, quelles que soient leur couleur,<br />

leur race, leur nationalité, leur culture, est extrèmernnt actuelle dans<br />

une Europe qui, mème si elle ne pratique par la ségrégation raciale<br />

officielle, connait pourtant divers types de discrimination économique,<br />

sociale et humaine.<br />

En conclusion, pour reprendre notre parabole initiale du conseil<br />

des ministres, nous proposerions qu'à saint Benoit patron d'Europe,<br />

à saint Benoit père de la civilisation occidentale, soient confiés deux<br />

portefeullis: le portefeuilIe de la tradition et le portefeuille de la construction.<br />

Le portefeuille de la tradition, parce que Saint Benoit, avec<br />

une expérience de quinze siècIes, connait les valeurs qui font l'homme,<br />

l'homme vrai, l'homme libre; et ces valeurs sont le travail, le culture,<br />

l'art et la prière. Mais aussi le portefeuille de la construction, parce que<br />

le monachisme bénédictin, qui au long des siècles s'est adapté à tant de<br />

mentalités diverses, reste ouvert, sereinement ouvert à toute évolution<br />

et à toute expression des mèmes valeurs dans des formes nouvelles et<br />

dans un langage nouveau.<br />

Le concilie de Vatican II, de façon assez prophétique, a demandé<br />

gue les monastères soient des «seminario aedificationis populi cbristiani<br />

», ce qui doit se traduire «des lieux de germination et de<br />

construction du peuple chrétien» et de la civilisation chrétienne.<br />

Souhaitons que les fils de saint Benoit, aujourd'hui comme hier,<br />

soient capables de répondre à cette attente des hommes et à cette<br />

espérance de l'Eglise.<br />

PAROLE CONCLUSIVE DEL VICE PRESIDENTE CENTRALE<br />

DELLA «ASSOCIATIO» P. DOM SIGHARD KLEINER, ABATE<br />

GENERALE DEI CISTERCENSI<br />

Fabbisogni della moderna società europea e piena attualità degli ideali<br />

della nostra «ASSOCIArlO ».<br />

Signori e Signore, amici tutti della nostra «Associatio »,<br />

desidero innanzi tutto ringraziare ciascuno dei presenti del loro interesse<br />

alla nostra Associazione, alle sue aspirazioni ed agli obiettivi che si<br />

- 210-


propone di raggiungere con le sue iniziative. In modo particolare<br />

ringrazio l'Eminentissimo Signor Cardinale Pietro Palazzini di aver<br />

accettato di parlarci di San Benedetto quale Patrono dell'Europa. La<br />

sua parola dotta e convincente ci ha aiutato a capire meglio la figura<br />

sublime e dominante dell'Uomo che Pio XII non esitò a chiamare<br />

« Padre dell'Europa »: paternità spirituale incontrastata, che il nostro<br />

amato Sommo Ponteficie felicemente regnante ha riaffermato proclamandolo<br />

dieci anni fa « Patrono dell'Europa» proprio nella sua Montecassino.<br />

La mia viva gratitudine anche al Reverendo P. Philippe Rouillard,<br />

che ci ha presentato un quadro bellissimo della personalità di San<br />

Benedetto.<br />

Dopo questi discorsi pronunciati da oratori tanto autorevoli, non<br />

oso aggiungere altro. Mi sia soltanto concesso di dire qualche parola<br />

sull' «ASSOCIATIO s. BENEDICTI PATRONI EUROPAE»). Dico questo<br />

titolo in latino, per significare quanto questa lingua ci è cara.<br />

Era uno dei principali veicoli della cultura e conserva anche oggi una<br />

grande forza di irradiazione di alto umanesimo cristiano).<br />

La nostra « Associatio » vuoI essere prima di tutto una devota<br />

risposta alle sollecitudini del Santo Padre Polo VI. Essa vuoI concretizzare<br />

il suo provvido pensiero di mettere in rilievo l'unità spirituale<br />

dell'Europa, le basi comuni ai vari Paesi di questa nostra Europa,<br />

oggi tanto minacciata nei suoi più alti valori dell'intelligenza, della<br />

fede, del costume, della sanità morale, psichica e fisca dei suoi popoli.<br />

Come il dépliant offerto alla vostra attenzione ben lo mostra, i<br />

grandi scopi dell'Associatio si fondono con quelli della Chiesa. Ma vi si<br />

aggiunge una modalità di grande portata, che illustra meglio i suoi<br />

principi e dona efficacia alla sua azione. Cioè gli associati vedono<br />

l'Europa e il suo salvataggio nello specchio di un imponente personaggio<br />

della storia, che con la sua istituzione ha esercitato un profondo<br />

influsso nel divenire di un'Europa unita nella cultura cristiana: San<br />

Benedetto di Norcia, del quale speriamo di celebrare nel 1980 il XV<br />

centenario della nascita.<br />

San Benedetto Padre e Protettore dell'Europa. «Protettore» -<br />

e spero di interpretare bene il pensiero del Santo Padre - non soltanto<br />

perché intercessore presso il trono di Dio, ma anche perché le sue idee<br />

umanissime ben assimilate, sono una difesa forte, una diga fermissima<br />

contro tutto ciò che turba l'equilibrio spirituale dell'uomo europo di<br />

oggI.<br />

L'equilibrio è uno degli aspetti più attraenti dell'umanità di<br />

- 211 -


San Benedetto. Non c'è bisogno, qui, di insistere oltre su questa caratteristica<br />

della sua vita e del sue insegnamento. Interessa piuttosto il<br />

sue accostamento. alla condizione dell'uomo occidentale, bisognoso di<br />

una profonda rettifica.<br />

È evidente che il nostre mondo attuale è turbato proprie da<br />

squilibri morali, condizionati in buona parte dagli squilibri ecologici<br />

dell'urbanesimo. eccessivo, della corsa alla produzione, del consumo.<br />

indisciplinate delle risorse naturali, e dell'Inquinamento. Senza cadere<br />

nell'errore che l'ambiente soltanto determina e perfino manipola l'uomo,<br />

non sfuggono. le profonde piaghe che gli accennati squilibri stanno<br />

causando. nell'uomo di oggi. Le statistiche sull'aumento dei casi patologici,<br />

della criminalità e aggressività, dei suicidi e dell'immoralità,<br />

dimostrane infatti che l'uomo occidentale si trova in una crisi condizionata<br />

largamente da fattori ecologici ed economici, che agiscono sfavorevolrnente<br />

sul sue atteggiamento religioso, morale ed intellettuale.<br />

Non mancano certamente tra gli economisti quelli che fanno eccessive<br />

affidamento. sull'autoregolazione dei processi economici che, seconde<br />

loro, eserciterebbero. una benefica retroazione sull'atteggiamento umane<br />

globale. Ma conoscendo, alla luce della fede, l'uomo oberato. dal<br />

peccato originale e, quindi, fragile nel sue equilibrio. morale, non possiamo.<br />

condividere tale ottimismo. Per superare la crisi attuale ci vuole<br />

qualcosa di più dei processi economici favorevoli. È necessaria la<br />

disciplina, è necessaria 1'« austerity ». Ci vuole, insomma, l'educazione<br />

dell'uomo ad un equlibrio sano in tutte le manifestazioni della<br />

sua vita. L'uomo deve vivere secondo le leggi che il Creatore ha<br />

impresse nella sua natura, come nella creazione intera; perciò, parlando.<br />

in termni pratici, deve imporsi la giusta misura in tutte.<br />

A queste proposito, I'organizzazione data da San Benedette al<br />

sue monastero ci da molto da riflettere. Certamente non tutti possono<br />

fissare la loro dimora sulla rocca di Montecassino, ma i responsabili<br />

possono prendere da essa espirazione per una sana politica ecologica.<br />

Infatti l'uomo ha bisogno di aria, di cibi sani, di spazio vitale.<br />

L'uomo, inoltre, ha bisegno. di un ritmo ben dosato tra lavoro e<br />

riposo, tra impegno e divertimento, tra sferzo di ascesi e distensione;<br />

ha bi segno di alternanza tra comunicazione e silenzio, tra compagnia<br />

e solitudine; ha bisegno. di comunità senza promiscuità, di rispetto della<br />

sua intimità e, nelle stesse tempo, di inserimento nell'andamento della<br />

vita sociale; ha bisegno. di un tempo. di lettura, di riflessione, di preghiera;<br />

deve poter vivere in un'atmosfera di fede, di buon costume,<br />

di mutua fiducia e di pace. Ma, affinché l'uomo conduca una vita con-<br />

- 212-


forme ai suoi destini terreni ed eterni, questi elementi, tutti necessari<br />

come sono, devono trovarsi in armonia tra loro. Occorre ricercare e<br />

stabilire l'equilibrio, nell'individuo, tra le sue tendenze e bisogni, e<br />

nella società, tra diritti e doveri, servizi e vantaggi, piaceri e oneri,<br />

partendo dal riconoscimento delle giuste esigenze del prossimo. Senza<br />

giustizia non vi può essere pace nella società umana e, per conseguenza,<br />

nemmeno carità. Per questo la Giustizia è appunto rappresentata con la<br />

bilancia in mano, segno di equilibrio.<br />

L'uomo occidentale di oggi, sospinto da tanti influssi avversi, ha<br />

perduto o è in pericolo di perdere questa necessaria armonia, perciò<br />

ha urgente bisogno di un pedagogo che lo conduca fuori dal suo smarrimento<br />

alla conquista di un sano equilibrio di vita. Ha bisogno allora<br />

di San Benedetto che è uno dei più grandi maestri della discrezione,<br />

della misura, della giustizia, della prudenza, in una parola, del-<br />

1'« aequitas », e quindi della serenità, della pace e della gioia.<br />

Certo, il modello di vita proposto da San Benedetto nella sua Regola<br />

non può applicarsi a tutti senza sfumature; ma deve essere adattato<br />

alle esigenze particolari, ai diversi stati di vita, alle condizioni economiche<br />

e sociali degli uomini. Ma il principio dell'equilibrio rimane e non<br />

può essere violato impunemente, se non a danno dell'uomo stesso, della<br />

società in cui vive e, perfino, della sua discendenza. Senza dubbio,<br />

la Regola di San Benedetto ha esercitato un influsso che oltrepassa,<br />

oggi come nel passato, i recinti dei monasteri, perché contiene un<br />

programma completo, benché sobrio) di nobile umanesimo.<br />

Il Santo Padre, nell'indimenticabile discorso pronunciato a Montecassino<br />

il 24 ottobre del 1964, dopo aver rilevato come «l'eccitazione,<br />

il frastuono, la febbrilità, l'esteriorità, la moltitudine» minacciano<br />

l'equilibrio dell'uomo moderno, affermava nel suo stile pensoso<br />

che la Chiesa e il mondo hanno bisogno dell'insegnamento che ci<br />

prodiga San Benedetto. Dunque « San Benedetto ritorni per aiutarci a<br />

ricuperare la vita personale: quella vita personale, di cui oggi abbiamo<br />

brama ed affanno, e che lo sviluppo della vita moderna, a cui si deve<br />

il desiderio esasperato dell'essere noi stessi, soffoca mentre lo risveglia,<br />

delude mentre lo fa cosciente ». E se Paolo VI continuava dicendo che<br />

S. Benedetto ci offre il quadro «di una piccola società ideale», ciò<br />

non significa altro che il modello proposto da San Benedetto al mondo<br />

è, nei suoi principi fondamentali e assimilabili, atto ad essere applicato in<br />

modo analogo nella vita di tutti. Perciò, senza voler in alcun modo Imitare<br />

la paternità spirituale sull'Europa al solo San Benedetto, dobbiamo riconoscergli<br />

in tutta verità il titolo di « Padre dell'Europa ».<br />

- 213-


Le parole che Paolo VI ha pronunciato all'occasione dell'Angelus<br />

della Domenica 17 Marzo non fanno altro che confermare il suo pensiero<br />

su questa grande figura che fu San Benedetto. Il Santo Padre ha infatti<br />

detto che San Benedetto fu « annunciatore di pace, promotore di unità,<br />

maestro di civiltà, e sopra tutto araldo della religione cristiana ..., tessendo<br />

così fra i popoli eredi dell'iniranta e imperfetta compagine politica dell'Impero<br />

romano una rete di vincoli morali e culturali, che diede all'Europa<br />

nome e coscienza di cristianità e di civiltà».<br />

L'ASSOCIATIO s. BENEDICTUS PATRONUS EUROPAE» intende mettere<br />

in rilievo queste verità così fortemente sottolineate da Paolo VI<br />

e che sono, senza dubbio, piene di luce e di speranza per la nostra Europa<br />

che si trova attualmente in una situazione di declino innegabile, ma non<br />

priva di segni di un risveglio e di un avvenire più sano. Il Signore rimane<br />

il padrone anche dei nostri tempi. Questa realtà trascendentale ci dia<br />

fiducia, aiuto a sperare e disponibilità di ascolto delle voci profetiche,<br />

delle quali una delle più potenti è quella del vecchio e pur sempre giovane<br />

San Benedetto.<br />

- 214-


SOMMARIO<br />

P. PLACIDO CAPUTO, I rapporti tra l'abbazia di Casamari<br />

e la « Badia grande» di S. Spirito in Agrigento. Pago 129<br />

CRONACA » 146<br />

FLORILEGIO, S. Bernardo, Apologia a Guglielmo di<br />

Saint Thierry » 153<br />

J. DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine Cistercense<br />

(XVIII puntata) » 163<br />

AA. VV., Atti della prima manifestazione del gruppo romano<br />

della «Associatio Sancti Benedicti Europae<br />

Patroni» » 187

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