Passione e gusto per l'antico nei pittori italiani del ... - Artleo.It
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<strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong><br />
<strong>per</strong> l’antico<br />
<strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong><br />
<strong>del</strong> Quattrocento<br />
di Salvatore Settis, Vincenzo Farinella,<br />
Giovanni Agosti<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 1
Edizione di riferimento:<br />
in La pittura in <strong>It</strong>alia, Il Quattrocento, vol. II, Electa,<br />
Milano 1986 e 1987<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 2
Cruciale in quel serrato dipanarsi d’epoche che vuole<br />
il Rinascimento successore, piuttosto che erede, di uno<br />
spodestato Medioevo, il Quattrocento italiano può ben<br />
essere apparso come un’avanguardia: tutta tesa a piantare<br />
sulla linea di confine con l’età nuova un vessillo, se<br />
non greco, romano. Ed è spesso intorno a quel vessillo<br />
che si sono immaginate e descritte ardue e <strong>per</strong>ò vittoriose<br />
battaglie, dove le armi piú taglienti e audaci fossero<br />
prelevate senza intermediari dall’immenso arsenale<br />
degli Antichi. Gettato come d’un colpo sulla bilancia<br />
<strong>del</strong> rinnovamento epocale, lo studio dei marmi di Roma<br />
subito vi appariva come fattore non certo esclusivo ma<br />
determinante, assumendo <strong>per</strong> proprio interno vigore<br />
l’impatto e lo statuto di un programma. Non viatico, ma<br />
dura e cruda svolta; non lievito, ma piuttosto <strong>del</strong>iberata<br />
rottura; non tanto innesto, ma trapianto che muta<br />
forma e nome all’albero, ai frutti. Il programma di quell’avanguardia<br />
veniva costruendosi cosi ex post, a partire<br />
dalla centralità <strong>del</strong>la pittura italiana nell’Europa <strong>del</strong><br />
Cinque e <strong>del</strong> Seicento e <strong>del</strong> ruolo che essa vi aveva giocato<br />
non solo in prima <strong>per</strong>sona, ma producendosi insieme<br />
come rappresentante e sostituto <strong>del</strong>l’autorità, non<br />
discutibile, degli Antichi. A una situazione ormai assestata,<br />
a un primato cronologico nello studio <strong>del</strong>l’arte<br />
classica che faceva degli <strong>It</strong>aliani il motore immobile di<br />
un piú generale rinnovamento, doveva ben corrispon-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 3
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
dere la schiera compatta dei precursori che avevano<br />
mutato le regole <strong>del</strong> gioco dispiegando sul tavolo carte<br />
inusitate. Per questa via lo studio degli Antichi diventò<br />
asse e snodo centrale di un mo<strong>del</strong>lo storiografico vincente,<br />
che tuttavia finí col proiettare quasi inevitabilmente<br />
all’indietro quel carattere onni<strong>per</strong>vasivo che<br />
aveva animato (non solo prima di Winckelmann, ma<br />
anche ben oltre le soglie <strong>del</strong>la sua Storia) antiquari e<br />
archeologi: e ai <strong>pittori</strong> <strong>del</strong> Quattrocento si cominciò a<br />
chiedere a una voce, se volevano valicare a testa alta la<br />
frontiera verso una nuova età, il lasciapassare dei disegni,<br />
<strong>del</strong>le deduzioni dall’antico.<br />
Scatenando – come ha fatto – un’assidua caccia alle<br />
fonti antiche di questo e di quell’artista, un tal mo<strong>del</strong>lo<br />
storiografico ha senza dubbio stimolato la ricerca e<br />
prodotto, accanto a mille deboli congetture, piú d’una<br />
acquisizione duratura; tuttavia – e forse almeno in parte<br />
<strong>per</strong>ché entrava in o<strong>per</strong>a proprio mentre la ricerca strettamente<br />
storica andava abbandonando l’antica fiducia in<br />
una Quellenforschung astrattamente combinatoria – esso<br />
ha finito col produrre una sorta di reductio ad unum e<br />
<strong>del</strong>l’antico e <strong>del</strong>le sue molteplici letture quattrocentesche,<br />
allineandole negli scaffali di una classificazione<br />
troppo precocemente antiquaria proprio <strong>per</strong> esaltarle (o<br />
non diremo invece: ridurle?) a unitario e consapevole<br />
programma, teso tutto verso una Ri-nascita già interamente<br />
compiuta. È su questa linea che doveva fatalmente<br />
innescarsi il gioco semplificatorio, ma a prima<br />
vista chiarificante, di una storiografia in cerca di priorità,<br />
di avanzatissime pattuglie che trascinassero, piú<br />
tardi, i riluttanti in una diffusissima passione <strong>per</strong> gli<br />
Antichi. Si riducevano cosí a pochi hautslieux, piú credibili<br />
<strong>per</strong>ché già altrimenti caratterizzati <strong>per</strong> piú avanzate<br />
situazioni (la presenza o l’approdo di antichità:<br />
Roma, Venezia; la tensione verso una rilettura <strong>del</strong>le<br />
fonti classiche: Padova, Firenze), i luoghi <strong>del</strong>l’avan-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 4
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
guardia, innalzando quasi ad accademia la bottega di uno<br />
Squarcione, a manifesto le cure archeologiche di un<br />
papa Sisto. E pareva, il nostro, un tempo in cui già fossimo<br />
arrivati in chiusura di conti, quando i giochi sono<br />
fatti e si tratta semmai solo di stilare o completare gli<br />
inventari. La rigida separazione disciplinare fra storici<br />
<strong>del</strong>l’arte antica e post-antica ha favorito (da una parte e<br />
dall’altra) troppi lavori di tavolino che, giustapponendo<br />
al catalogo di un artista i re<strong>per</strong>tori degli archeologi,<br />
hanno cercato «fonti», «derivazioni», «mo<strong>del</strong>li». Un’uniforme<br />
antichità, convogliata entro il corpus edificato<br />
<strong>per</strong> secoli dagli studi antiquari, pare cosí offrirsi in ordinata<br />
sequenza piú alle nostre trouvailles che all’occhio<br />
inquieto di un pittore <strong>del</strong> Quattrocento.<br />
Per piú erti sentieri si mossero, in quella che può<br />
apparirci un’alba ma certo non ne portava il nome, gli<br />
artisti. A ri<strong>per</strong>correre, come pur vorremmo, le loro tracce<br />
non basta certo enumerare, a fronte di quegli schemi<br />
semplificatori e <strong>del</strong>le connesse linee di ricerca, gli evidenti<br />
svantaggi e le insoddisfazioni diffuse: e occorrerà<br />
forse piuttosto avventurarsi su strade piú incerte e piú<br />
vuote. Cercare, piuttosto, d’intendere e di descrivere –<br />
<strong>per</strong> approssimazione – le linee di tensione che poterono<br />
condurre a guardare l’antico ogni volta con occhio nuovo;<br />
proponendone non una, ma tante e discordanti immagini,<br />
trascrizioni, reimpieghi. In primo luogo, dunque,<br />
un’ipotesi di lavoro, la disseminata presenza <strong>del</strong>l’antico<br />
alla quale corrispondano (nell’occhio <strong>del</strong>l’artista) filtri di<br />
selezione e modi <strong>del</strong> riuso di volta in volta assai vari e<br />
da misurarsi, sempre, col metro <strong>del</strong> presente. In secondo<br />
luogo, una <strong>del</strong>imitazione <strong>del</strong> campo, che principii col<br />
segnalarne alcuni cippi di confine; e s’industri a figurarsi<br />
il centro <strong>del</strong> campo come un luogo vuoto, <strong>per</strong> collocarvi<br />
poi ogni singola tappa di ogni singolo pittore, e valutarne<br />
scelte e scarti in relazione a una determinata (ma di<br />
volta in volta ben differenziata) maglia di attese.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 5
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Da un lato, e prima di tutto, la linea ferma e stabile<br />
di una pratica <strong>pittori</strong>ca nutrita, <strong>per</strong> lunghissimo spazio<br />
d’anni, di tradizione e d’invenzione: misurate, questa e<br />
quella, sul <strong>gusto</strong> e le richieste <strong>del</strong> committente, ma anche<br />
sulle aspettative di un «pubblico» che muta non solo di<br />
città in città, ma anche a seconda <strong>del</strong> luogo di destinazione<br />
<strong>del</strong> dipinto (una chiesa, un palazzo), in un assai<br />
instabile equilibrio talora bruscamente animato, dall’interno,<br />
dalle visioni e dalle ambizioni <strong>del</strong> pittore.<br />
Quanto poi la norma e gli empiti <strong>del</strong>l’invenzione dovessero<br />
appoggiarsi a un prefissato re<strong>per</strong>torio di schemi e<br />
<strong>per</strong> quali vie vi entrassero, sommandosi a quelle <strong>del</strong>la<br />
tradizione medievale, figure tratte dall’antico, è un capitolo<br />
essenziale di questa storia.<br />
Il ruolo <strong>del</strong> committente (la cui definizione si complica<br />
e s’intreccia quanto piú vi concorrano figure altre, ma<br />
a lui vicine e spesso decisive: l’ambiente di una corte,<br />
un «consigliere»-umanista) appare determinante non<br />
solo <strong>per</strong> la scelta stessa di questo piuttosto che di quel<br />
pittore ma anche quale indizio o sigillo di approvazione,<br />
e graduale consacrazione, <strong>del</strong>la via che l’artista aveva<br />
preso. Assolutamente centrale è qui, com’è ovvio, la<br />
scelta e l’indicazione <strong>del</strong> soggetto: dove muta e s’articola<br />
assai variamente la bilancia fra il sacro e il profano:<br />
inteso lungamente, questo, come obbligata proiezione<br />
nelle tappezzerie e negli affreschi di una tutta cavalleresca<br />
topografia di fatti e di luoghi, che fa da filtro indispensabile<br />
all’irruzione <strong>del</strong>le nuove storie tolte da un’antichità<br />
condensata in exempla. Proprio lo spazio che le<br />
storie degli eroi romanzi – ivi inclusi, s’intende, Cesare<br />
e Alessandro – si erano conquistate nella decorazione<br />
profana, e il taglio narrativo <strong>per</strong> episodi offerti alle<br />
moralités di una lettura «esemplare» diventeranno cornice<br />
e norma <strong>per</strong> nuove storie, <strong>per</strong> nuovi eroi: e <strong>per</strong>ò<br />
quanto piú è Tito Livio o Valerio Massimo a fornire la<br />
trama, e non l’Histoire ancienne jusqu’à César, tanto piú<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 6
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
sorgerà dalla storia stessa lo stimolo a cercarne, guardando<br />
l’antico, una rappresentazione piú legittimata<br />
<strong>per</strong>ché piú «vera». Prosecuzione <strong>del</strong> «genere» profano<br />
ed estensione <strong>del</strong> re<strong>per</strong>torio portano cosí fatalmente a<br />
una nuova attenzione <strong>per</strong> l’antico. Con altro spirito si<br />
poteva guardare alle storie sempre ripetute di Cristo e<br />
dei Santi: dove la collocazione nelle chiese, e la destinazione<br />
allo sguardo di tutti, certo obbligavano a un<br />
grado altissimo di fe<strong>del</strong>tà alla tradizione, di riconoscibilità<br />
<strong>del</strong> soggetto, chiunque ne fosse il committente. Ma<br />
quante di quelle storie chiamavano dentro di sé im<strong>per</strong>atori<br />
e consoli romani, soldati e insegne! Corre <strong>per</strong>ciò<br />
fra storie profane e storie sacre uno stesso ordito: l’uso,<br />
cosí poco studiato, di quadri di soggetto sacro nelle<br />
case, <strong>per</strong> gli occhi di pochi e la loro privata pietà, potrebbe<br />
aver fatto da ponte.<br />
Il catalogo <strong>del</strong>le antichità che si offrivano alla vista a<br />
Roma e altrove potrebbe essere di <strong>per</strong> se stesso un polo<br />
di riferimento, il punto estremo di una linea di tensione.<br />
Da un lato, infatti, esso va inteso come un re<strong>per</strong>torio<br />
in continuo movimento: alle presenze antiche, e<br />
spesso inascoltate <strong>per</strong> secoli, si sommano infatti nuove<br />
sco<strong>per</strong>te, sculture dimenticate acquistano nuovo prestigio<br />
dopo l’ingresso in una collezione o una lode di Donatello.<br />
Dall’altro lato, si tratta qui di un re<strong>per</strong>torio potenziale,<br />
entro il quale prima l’occhio di ogni artista, e solo<br />
<strong>per</strong> gradi un generale consenso o<strong>per</strong>ano, con filtri tutti<br />
da indagare, una selezione che ci appare sempre piú<br />
avara. Poiché è proprio questa selezione che si rivela<br />
determinante nella storia <strong>del</strong>l’arte, né si può giudicarne<br />
se non la si considera <strong>per</strong> quello che è, una scelta appunto<br />
frammezzo alle tante offerte <strong>del</strong> generoso repositorium<br />
dei marmi antichi, è palese che il catalogo <strong>del</strong>le antichità<br />
«visibili» agli artisti <strong>del</strong> Quattrocento, proprio <strong>per</strong>ché<br />
assai piú vasto di quello <strong>del</strong>le antichità che essi hanno<br />
«usato», va stilato seguendo altre strade (testi, epigra-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 7
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
fi, documenti...). Diventa qui specialmente chiaro un<br />
filo, sottile ma vitale, di continuità con la tradizione artistica<br />
medievale: che a quel deposito di temi e schemi<br />
aveva pur attinto, leggendolo talora come il dispiegarsi<br />
di una norma costruita, una volta <strong>per</strong> tutte, <strong>per</strong> intendere<br />
e rappresentare la verità di natura. Proprio, e solo,<br />
dal confronto fra l’uso <strong>del</strong>l’antico nell’arte, poniamo,<br />
ottoniana o nel Duecento e quello <strong>del</strong> Quattrocento<br />
potrà evidenziarsi come quella continuità non sia piatta<br />
prosecuzione, ma conosca, anzi, sbalzi e cambiamenti<br />
radicali, traducendo – <strong>per</strong> gradi, e con consapevolezza<br />
assai mutevole – l’intangibile auctoritas <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo<br />
antico, che già invitava a citarlo, in piú articolata e piú<br />
mossa immagine, profondamente marcata dalla coscienza<br />
<strong>del</strong>la sua frammentarietà e <strong>per</strong>ciò vista, con sempre<br />
piú acuto sentimento di distanza storica, come quella di<br />
un mondo concluso. Catalogo <strong>del</strong>le presenze e catalogo<br />
<strong>del</strong>le scelte: la spola fra l’uno e l’altro, condotta <strong>per</strong> tagli<br />
sincronici, potrebbe tracciare preziose coordinate di<br />
<strong>gusto</strong>, tanto piú quanto meglio si saprà distinguere fra<br />
diversi e non coincidenti livelli di accesso alle antichità,<br />
dallo studio diretto <strong>del</strong> marmo romano a quello <strong>del</strong> disegno<br />
che altri ne ha tratto. È qui che prende posto l’inaccessibile<br />
Grecia di Ciriaco, e con essa la stabile promozione<br />
<strong>del</strong> disegno dall’antico a suo sostituto, che può<br />
trasfigurare, <strong>per</strong> l’artista e piú tardi <strong>per</strong> l’antiquario, l’analisi<br />
di un taccuino in immaginario ma spesso fecondissimo<br />
viaggio a Roma.<br />
Infine, lo spazio e il ruolo <strong>del</strong>la teoria artistica, che<br />
traeva alimento dalla lettura dei testi antichi donde<br />
echeggiava la fama di Zeusi e di Parrasio, ed emergeva<br />
<strong>per</strong>ò anche il principio di una distinzione dei generi,<br />
dominati ciascuno da uno scelto manipolo di protoi heuretai<br />
che impressero all’arte loro nuovissime svolte; quello<br />
di un susseguirsi di blocchi epocali, allineati secondo<br />
una successione di progresso, pienezza e decadere <strong>del</strong>-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 8
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
l’arte; il riferimento a una norma non costante, ma anzi<br />
modificata e accresciuta negli anni da es<strong>per</strong>imenti e da<br />
successi, nel confronto non tanto con la natura visibile,<br />
ma piuttosto con una natura misurata sul metro <strong>del</strong>l’idea,<br />
e <strong>per</strong>ciò <strong>per</strong>fettibile nella sua traduzione in figura.<br />
Era, come dai nostri studi risulta ancora troppo poco<br />
evidente, l’incerta eppur indubitabile proiezione (in Plinio,<br />
in Cicerone, in Quintiliano) di quell’assiduo sforzo<br />
(di classificazione <strong>per</strong> categorie e narrazione secondo un<br />
filo storico) che, nato dal tronco aristotelico, aveva fondato<br />
<strong>nei</strong> secoli <strong>del</strong>l’ellenismo la primissima storiografia<br />
artistica <strong>del</strong>l’Occidente, affidandone almeno al principio<br />
la competenza e il compito agli artisti e stabilendone gli<br />
assi portanti nell’idea di sviluppo storico (o di progresso),<br />
nella suddivisione <strong>per</strong> scuole, nel mo<strong>del</strong>lo biografico<br />
tagliato sul singolo artista, nel vocabolario <strong>del</strong> giudizio<br />
d’arte, e infine nella sua estensione dall’artista al<br />
conoscitore. Da questa visione, che <strong>per</strong> sparsi bran<strong>del</strong>li<br />
pur emergeva dalla lettura degli Antichi, usciva esaltato<br />
il ruolo <strong>del</strong>l’artista come motore centrale <strong>del</strong> progresso<br />
artistico attraverso la pratica <strong>del</strong>l’invenzione e l’elaborazione<br />
di uno stile <strong>per</strong>sonale, ma anche la riflessione<br />
teorica e il riepilogo storico dei raggiungimenti<br />
propri e altrui: condotti, l’una e l’altro, mediante la<br />
redazione di o<strong>per</strong>e scritte che avevano innalzato <strong>pittori</strong><br />
e scultori al rango di letterati, mettendo in forse la<br />
loro rigida esclusione gerarchica dal sistema <strong>del</strong>le arti<br />
liberali. Cosí il precetto di Vitruvio, che voleva l’architetto<br />
erudito in ogni genere di scienza, poteva – com’è<br />
già in Pomponio Gaurico – essere esteso al pittore e allo<br />
scultore: e l’immagine <strong>del</strong>l’artista antico cominciava a<br />
prender forma, e a proporsi a mo<strong>del</strong>lo possibile, suggerendo<br />
ai suoi eredi inedite conquiste. La stessa inclusione<br />
di pittura e scultura nello spazio potenziale <strong>del</strong>la<br />
narrazione storica, dominata com’era dal lessico (tolto<br />
dalla retorica) <strong>del</strong> giudizio d’arte e dalla categoria di pro-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 9
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
gresso finiva con lo spostare su un altro piano ogni consapevole<br />
scarto dalla tradizione, consegnandolo anzi ai<br />
coeta<strong>nei</strong> e ai posteri come un passo, possibile, su una<br />
strada in crescendo e alimentando di una forza inaudita<br />
l’autoconsapevolezza <strong>del</strong>l’artista e l’impulso alla sua<br />
promozione intellettuale e sociale.<br />
Pratica <strong>pittori</strong>ca, ruolo <strong>del</strong> committente, catalogo<br />
<strong>del</strong>le antichità «visibili» e di quelle «viste», storia e teoria<br />
artistica: fra questi quattro poli (e, certo, non solo<br />
fra questi) corrono multiple e non sempre esplorate linee<br />
di tensione, che passano attraverso il concreto o<strong>per</strong>are<br />
di scultori e <strong>pittori</strong> e architetti cercando di fondare su<br />
principi di distinzione la classificazione e la gerarchia<br />
<strong>del</strong>le arti, e <strong>per</strong>ò al tempo stesso, esprimendosi in scritti<br />
letterari e in dotte epistole, <strong>per</strong>meano il <strong>gusto</strong> e trasformano<br />
profondamente il sistema <strong>del</strong>le attese dei committenti<br />
e <strong>del</strong> «pubblico». A ciascuno di essi e – in questo<br />
quadro – a ciascuna <strong>del</strong>le arti potrebbe esser dedicata<br />
una fresca attenzione: a tentare <strong>per</strong> ciascuno (ricercando)<br />
di recu<strong>per</strong>are una mappa con propri interni e<br />
spesso contraddittori <strong>per</strong>corsi. E sarà solo sovrapponendo,<br />
in trasparenza, l’una all’altra mappa che potrà<br />
vedersi almeno a tratti quella trama fittissima di pensieri<br />
e di ambizioni, s<strong>per</strong>imentazioni e fallimenti, dove trovino<br />
posto distintamente e insieme, trascrizioni scolastiche<br />
o visioni vertiginose, tutti gli sguardi sull’antico.<br />
Che solo a Firenze, Padova, Roma e Venezia i <strong>pittori</strong><br />
nel Quattrocento si interessassero alle antichità è<br />
quanto si evince dalla bibliografia accumulatasi in circa<br />
un secolo su questo argomento. La fortuna <strong>del</strong>l’antichità<br />
si muoveva, in ricerche di questo tipo, entro un<br />
generale orizzonte iconologico, sotto un cielo di schietta<br />
marca neoplatonica, ma il quadro storico di riferimento<br />
rimaneva invariabilmente arcaico, e sfocate le<br />
<strong>per</strong>sone prime degli artisti; basterebbe pensare a quan-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 10
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
to poco sia stata recepita e discussa in questa corrente<br />
di studi la polemica – 1926 –, ancor oggi fondamentale<br />
<strong>per</strong> una corretta comprensione storica <strong>del</strong> Quattrocento<br />
<strong>pittori</strong>co italiano, tra Roberto Longhi e Giuseppe<br />
Fiocco, a proposito <strong>del</strong>la formazione <strong>del</strong> Mantegna.<br />
Al contrario, discussioni e contributi si sono intestarditi<br />
proprio là dove non era necessario: ad esempio<br />
su Masaccio, quasi che la sua umanità nuova, soda e sbalorditiva,<br />
potesse ritrovare avi e mo<strong>del</strong>li nelle statue<br />
antiche di Roma o <strong>del</strong>la bottega <strong>del</strong> Ghiberti, quasi che<br />
«prospettiva» dovesse significare, a tutti i costi, «recu<strong>per</strong>o<br />
<strong>del</strong>l’antico». Si son viste sfilare quindi le Veneri<br />
piú diverse <strong>per</strong> fecondare la mente di Masaccio a crear<br />
l’Eva dolorante <strong>del</strong> Carmine; rilievi di sarcofagi e pitture<br />
tardoantiche a stringer nessi che era solo la filologia<br />
euristica, ed ingenuamente strenua, dei ricercatori<br />
<strong>del</strong> giorno d’oggi a figurarsi.<br />
La misura monumentale di Masaccio, invece, non<br />
richiede affatto il ricorso a mo<strong>del</strong>li antichi; dietro ai suoi<br />
<strong>per</strong>sonaggi stanno la forza di Giotto, la lezione <strong>del</strong> Brunelleschi,<br />
le impressioni <strong>del</strong>le sculture di Donatello e<br />
Nanni di Banco, loro due sí davvero anticheggianti, ed<br />
un’osservazione implacabile <strong>del</strong>la realtà di cui era ben<br />
consapevole già Leonardo: «...Tommaso fiorentino, scognominato<br />
Masaccio, mostrò con o<strong>per</strong>a <strong>per</strong>fetta come<br />
quegli che pigliavano <strong>per</strong> altore altro che la natura, maestra<br />
de’ maestri, s’affaticavano invano».<br />
Insomma si è cercata, da piú parti e con piú o meno<br />
consapevolezza, una banale equivalenza tra la pittura di<br />
Masaccio e le ricerche degli umanisti fiorentini contempora<strong>nei</strong>:<br />
le indagini sui testi antichi di quelli dovevano<br />
avere un contrappeso nello studio dei ruderi o<br />
<strong>del</strong>le statue antiche da parte <strong>del</strong> pittore ventenne;<br />
venne, all’aprirsi <strong>del</strong> decennio passato, il libro di Baxandall<br />
a dire che non era certo Masaccio il pittore di Coluccio<br />
Salutati, di Leonardo Bruni o di Poggio Bracciolini.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 11
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
È chiaro, e non va dimenticato, che il discorso non<br />
potrebbe essere lo stesso, se al posto dei <strong>pittori</strong> si parlasse<br />
qui degli scultori o degli architetti fiorentini di quegli<br />
anni: negare, infatti, che l’arte antica sia stata importante<br />
<strong>per</strong> Donatello sarebbe un’insensatezza; bisognerà<br />
forse, anche lí, riveder come: non certo squadernando<br />
confronti a dismisura, svarianti tra le classi monumentali<br />
piú disparate <strong>del</strong>l’arte antica, ma evidenziando gli episodi<br />
reali e sottolineando la precoce consapevolezza ed amplificazione<br />
retorica di questo tema nella storiografia. Che<br />
il quadro dei gusti e <strong>del</strong>le preferenze fosse piú complicato<br />
di quanto viene <strong>per</strong> solito alla mente, basterebbe ad indicarlo<br />
il fatto che Ciriaco d’Ancona, viaggiatore instancabile,<br />
appassionato epigrafista, che apprezzava Rogier<br />
van der Weyden e il Pisanello, che chiamava Parrasio il<br />
senese Maccagnino, quando andava a visitare gli studi di<br />
Ghiberti e Donatello, lodava, senza distinzioni, le sculture<br />
antiche e nuove lí presenti.<br />
Nel linguaggio internazionale <strong>del</strong> tramonto <strong>del</strong><br />
Medioevo hanno modo di comparire, tra le curiosità<br />
parziali ed infinite di quei <strong>pittori</strong>, motivi tratti dalle<br />
o<strong>per</strong>e d’arte <strong>del</strong>l’antichità. In quella cultura cortese e<br />
sontuosa, non fu eccessivamente difficile che nelle raccolte<br />
di disegni degli artisti penetrassero, accanto ai<br />
figurini <strong>del</strong>la moda, alle piante e alle bestie ritratti con<br />
cura implacabile, le figure dei rilievi antichi.<br />
Siano o non siano (come è, molto piú probabile) di<br />
Gentile da Fabriano, i disegni riuniti da Degenhart e<br />
dalla Schmitt, attorno ad una data che essi vorrebbero<br />
fatidica, 1427, stanno a testimoniare il nascere e lo<br />
svilupparsi di questo interesse <strong>per</strong> le o<strong>per</strong>e d’arte antiche<br />
tra artisti che non hanno nulla a che spartire con<br />
la rivoluzione figurativa, inaugurata, tra innumerevoli<br />
incomprensioni, da Brunelleschi, Donatello e Masaccio.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 12
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
È Masolino piuttosto che potrà essere sensibile ad<br />
es<strong>per</strong>ienze di questo tipo, impiegandole forse <strong>per</strong> aggiornare<br />
la sua strumentazione figurativa di <strong>per</strong>sonaggi e di<br />
costumi, in vista <strong>del</strong>la commissione <strong>per</strong> la «sala theatri»<br />
<strong>del</strong> palazzo di Montegiordano a Roma. Il ciclo degli<br />
uomini famosi <strong>per</strong> il cardinal Giordano Orsini, finito<br />
prima <strong>del</strong> 1432, con tutti i principali eroi <strong>del</strong> mito e <strong>del</strong>la<br />
storia antica, non esitò a diventare normativo <strong>per</strong> questo<br />
genere di decorazioni: lo testimonia almeno l’alto<br />
numero di descrizioni e riproduzioni grafiche (italiane e<br />
straniere) di questo complesso <strong>per</strong>duto, in una <strong>del</strong>le<br />
quali, il cosiddetto «Libro di Giusto», accanto alle riprese<br />
dai 300 eroi «rosa e biondi» di Masolino non mancano<br />
<strong>del</strong>le copie da un rilievo neoattico e da una lastra<br />
<strong>del</strong> fregio traianeo <strong>del</strong>l’Arco di Costantino, una <strong>del</strong>le<br />
sculture antiche che gli artisti <strong>del</strong> secolo XV piú apprezzarono.<br />
È Pisanello, e non Masaccio, l’artista che gli umanisti<br />
<strong>per</strong> tutte le corti di <strong>It</strong>alia nella prima metà <strong>del</strong> Quattrocento<br />
prediligono; a lui vengono destinate numerose<br />
composizioni poetiche volte a paragonarlo agli artisti<br />
<strong>del</strong>l’antichità classica. Accanto ai suoi disegni dall’antico,<br />
con pezzi di prevalente provenienza romana, alle<br />
monete da lui collezionate, al ritratto di Giulio Cesare<br />
dipinto nel 1435, come dono di nozze, <strong>per</strong> Lionello d’Este,<br />
dovranno essere accostate, in questa specie di scorreria<br />
tra una predilezione che non tarderà a farsi <strong>per</strong><br />
taluni dei suoi interpreti una vera e propria ossessione,<br />
le medaglie dove il «pictor Pisanus» scendeva direttamente<br />
a gara con le testimonianze antiche.<br />
Ricaschi figurativi, di ben altro peso, sulla produzione<br />
<strong>pittori</strong>ca dovettero avere le predilezioni antiquarie di<br />
Jacopo Bellini.<br />
Decurtata <strong>del</strong>la gran parte <strong>del</strong> suo catalogo, la carriera<br />
di Jacopo Bellini, <strong>nei</strong> suoi rapporti con l’antico, si<br />
può verificare solo <strong>nei</strong> libri di disegni di Parigi e di Lon-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 13
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
dra, che andranno collocati, grossomodo coevi, nell’ultima<br />
fase <strong>del</strong>la sua attività, e quindi sulla metà <strong>del</strong> secolo:<br />
qui l’allievo veneziano di Gentile da Fabriano ha<br />
modo di dispiegare le proprie passioni, senza, o quasi,<br />
scivolate rinascimentali. Architetture dalle prospettive<br />
scombinate descrivono una Venezia da palcoscenico,<br />
tutta praticabili e pedane, che accoglie <strong>nei</strong> suoi campielli<br />
le scene sacre piú disparate, mentre da sotto le grondaie<br />
occhieggiano teste di Cesari o sui muri si spiaccicano<br />
conii monetali ingranditi a figurare rilievi preziosi. In<br />
quei teatrini veneziani e in quei dirupi di cartapesta si<br />
edifica il rinascimento <strong>del</strong>l’antichità, i cui meriti, nella<br />
solerzia degli storici, andranno invece <strong>per</strong>lopiú ai fiorentini.<br />
Qui è piú che la simpatia generica – e un poco indifferente<br />
nel suo essere curiosa un po’ di tutto – dei <strong>pittori</strong><br />
tardogotici: Jacopo poteva risalire, in Veneto, alla<br />
tradizione di Altichiero e di Avanzo che avevano narrato<br />
<strong>per</strong> figure, seguendo Flavio Giuseppe tramite l’ineliminabile<br />
umanista di turno, sulle pareti <strong>del</strong>la Loggia<br />
di Cansignorio a Verona la presa di Gerusalemme e<br />
il trionfo di Tito e Vespasiano: ed anche se di quella<br />
decorazione restano solo le teste im<strong>per</strong>iali dei sottarchi<br />
bisogna farne di continuo debito conto, visto che, a<br />
stare col Vasari, ci fu anche Mantegna ad apprezzare<br />
quelle pitture.<br />
Il mondo figurativo di Jacopo Bellini fu un’invenzione<br />
di lungo getto: a lui devono essere fatte risalire le<br />
diversioni antiquarie che compaiono da un certo punto<br />
in poi nell’attività <strong>del</strong>la bottega di Antonio Vivarini e<br />
Giovanni d’Alemagna.<br />
I Cesari dipinti da Vincenzo Foppa ventenne, probabilmente<br />
nel 1456, sull’arco trionfale dei Tre Crocefissi<br />
di Bergamo devono trovare una spiegazione non<br />
sulle pareti degli Eremitani, di tanto diversa tem<strong>per</strong>atura<br />
morale, oltre che artistica, ma tra i fogli <strong>del</strong> Belli-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 14
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
ni piú vecchio: al Pittore bresciano continuerà a spettare<br />
in ogni modo l’invenzione <strong>del</strong>la luce che allaga l’ancor<br />
esile scenografia classica.<br />
Quei profili im<strong>per</strong>iali <strong>per</strong>ò non sono piú <strong>del</strong>la stessa<br />
marca tardogotica di quelli che, poniamo, decorano tra<br />
girali gli strombi <strong>del</strong>le finestre <strong>del</strong>la Cappella Rusconi<br />
nel Duomo di Parma, inaugurano, invece, la dinastia di<br />
quelli che, scolpiti o miniati, sui portali o sui libri, dilagheranno<br />
nella Lombardia <strong>del</strong>la seconda metà <strong>del</strong> secolo,<br />
fino a trovare tra i sussulti <strong>del</strong>la mente di Leonardo<br />
nuove possibilità di contorte trascrizioni.<br />
A neanche vent’anni di distanza dalla follia cortigiana<br />
<strong>del</strong>la cappella <strong>del</strong> Duomo di Monza, dove gli Zavattari<br />
davano vita all’epica profana e longobarda <strong>del</strong>la<br />
regina Teodolinda, la decorazione <strong>del</strong> Banco Mediceo a<br />
Milano richiedeva nuovi soggetti: ed il Foppa dipingeva<br />
gli im<strong>per</strong>atori di Roma, tra cui, apprezzatissimo,<br />
Traiano nell’atto di render giustizia alla vedova. E, <strong>per</strong><br />
colmo d’affetto, rappresentava sulla loggia, senza paralleli<br />
nella pittura di tutto il Rinascimento d’<strong>It</strong>alia, un<br />
bambino intento a studiare Cicerone: l’unico frammento<br />
su<strong>per</strong>stite di quella decorazione, che non si stenta a<br />
figurare come memorabile.<br />
Elementi <strong>del</strong> re<strong>per</strong>torio anticheggiante (le solite teste<br />
di Cesari, le monete ingrandite a far da rilievi, i fregi di<br />
bestie mai viste) non mancheranno in altre o<strong>per</strong>e <strong>del</strong> pittore<br />
lombardo, e forse, come ha suggerito Gianni Romano,<br />
è al suo giro che andrà avvicinato un gruppo di disegni<br />
dall’antico <strong>del</strong>la Biblioteca Ambrosiana, ritenuto ai<br />
tempi <strong>del</strong> Padre Resta una specie di abbecedario di Leonardo<br />
da Vinci, «quando hera putto», tutto ripieno di<br />
statue di Roma.<br />
Dalle costole di Jacopo Bellini trasse qualcosa anche<br />
Francesco Squarcione, grandissimo impresario ed intelligente<br />
pittore, che, se anche si recò in Grecia, come<br />
scrisse <strong>nei</strong> suoi Ricordi, non mostrò nelle sue o<strong>per</strong>e echi<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 15
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
di quel viaggio. Ci sarà stato, ma non avrà trascritto con<br />
la passione di Ciriaco le epigrafi o ritratto il Partenone.<br />
E chi sa se davvero di o<strong>per</strong>e antiche saranno stati i calchi<br />
in gesso ammassati nella camera «a relevis» <strong>del</strong>la sua<br />
incredibile bottega padovana? Non saranno stati piuttosto<br />
frammenti di corpi umani, piedi o teste, quasi dei<br />
manichini? Oppure repliche dei rilievi <strong>del</strong>l’altare <strong>del</strong><br />
Santo? Ordinare <strong>del</strong> gesso, come fece in grande quantità<br />
lo Squarcione, non vuol dire, se non <strong>nei</strong> rendiconti<br />
di un’Accademia ottocentesca, procacciarsi necessariamente<br />
calchi di statue antiche: e di quali poi nel 1450?<br />
I calchi <strong>del</strong>lo Squarcione dovranno quindi trovar<br />
posto accanto a quelli, ugualmente documentati, nelle<br />
botteghe di Gentile da Fabriano o di Niccolò di Alemagna;<br />
resta, ed è una differenza capitale, che allievo<br />
<strong>del</strong>lo Squarcione fu il Mantegna.<br />
È un crocevia quello padovano di metà Quattrocento<br />
in cui campeggia la complessa psicologia <strong>del</strong>lo Squarcione,<br />
che la manica di discoli che gli gravitava attorno<br />
teneva soggiogato in legami di contorta paternità; e se<br />
l’interno <strong>del</strong> suo studio continuiamo a figurarcelo, dopo<br />
la pagina memorabile di Longhi, un po’ come un quadro<br />
di De Chirico, <strong>per</strong> descrivere quei ragazzini, litigiosi<br />
e un po’ teppisti, ci sarebbe voluta Elsa Morante: tra di<br />
loro c’era quindicenne Andrea Mantegna.<br />
Pur tenendo conto <strong>del</strong>l’es<strong>per</strong>ienza di Jacopo Bellini,<br />
degli stimoli <strong>del</strong>lo Squarcione, <strong>del</strong>l’infuriare di Donatello<br />
e dei suoi compagni, <strong>del</strong>la lezione <strong>del</strong>le Battaglie di<br />
Piero <strong>del</strong>la Francesca a Ferrara e dei Giganti monocromi<br />
di Paolo Uccello in Casa V<strong>italiani</strong>, quanto resta affidato<br />
al genio di Mantegna <strong>per</strong> giungere agli affreschi<br />
degli Eremitani è davvero moltissimo.<br />
Sia pur tarata da fatti <strong>per</strong>sonali (la gelosia <strong>per</strong>ché<br />
Andrea aveva sposato Nicolosia Bellini), la violenta reazione<br />
<strong>del</strong>lo Squarcione di fronte agli affreschi degli Eremitani,<br />
testimoniata, in fondo credibilmente, dal Vasa-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 16
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
ri, può dire qualcosa sullo sconquasso che quel ciclo provocò<br />
nelle menti e <strong>nei</strong> cuori dei <strong>pittori</strong> di educazione,<br />
tutto sommato, tardogotica: l’anziano impresario padovano<br />
andava dicendo infatti che quegli affreschi «non<br />
erano cosa buona, <strong>per</strong>ché [Mantegna] aveva nel farli<br />
imitato le cose di marmo antiche, dalle quali non si può<br />
imparare la pittura <strong>per</strong>fettamente; <strong>per</strong>ciocché i sassi<br />
hanno sempre la durezza con esso loro, e non mai quella<br />
tenera dolcezza che hanno le carni e le cose naturali,<br />
che si piegano e fanno diversi movimenti; aggiungendo<br />
che Andrea avrebbe fatto molto meglio quelle figure, e<br />
sarebbero state piú <strong>per</strong>fette, se avesse fattole di color di<br />
marmo, e non di que’ tanti colori; <strong>per</strong>ciocché non avevano<br />
quelle pitture somiglianza di vivi, ma di statue antiche<br />
di marmo o d’altre cose simili».<br />
Senza es<strong>per</strong>ienze romane, è attraverso qualche racconto,<br />
molta fantasia individuale, cacce epigrafiche <strong>per</strong><br />
l’entroterra veneto che Andrea mette su l’attrezzeria<br />
complessa e appassionata dei suoi affreschi.<br />
Oggi il mondo <strong>per</strong>duto degli Eremitani non ci appare<br />
piú impigliato in una tagliola antiquaria, un po’ fascista<br />
nella sua romanità, quale dovette parere <strong>nei</strong> clamori<br />
<strong>del</strong> dopoguerra, e ne possiamo cogliere la severa tem<strong>per</strong>atura<br />
monumentale, che non rinuncia a dettagli<br />
straordinari: come quello <strong>del</strong> bambino, presente all’interrogatorio<br />
di San Giacomo, che indossa un elmo e uno<br />
scudo troppo grandi <strong>per</strong> lui, tolti <strong>per</strong> gioco a qualcuna<br />
di quelle prestanti comparse, vestite da antichi romani,<br />
sulla cui genesi si interrogò <strong>per</strong>sino Marcel Proust.<br />
Sono i letterati antiquari, gli amici umanisti a scoprire<br />
il giovane pittore, «Andrea Squarcione», e ad<br />
instradare le sue doti verso una ricostruzione figurata<br />
<strong>del</strong>l’antichità, come è di certo piú semplice credere,<br />
oppure si dà il caso che, dopo lo scoprimento <strong>del</strong>la Cappella<br />
Ovetari, si instauri una convergenza di intenti tra<br />
i letterati e l’artista? Le testimonianze infatti <strong>del</strong>le fre-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 17
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
quentazioni erudite <strong>del</strong> Mantegna (la dedica <strong>del</strong>la silloge<br />
<strong>del</strong> Feliciano – 1463, la gita archeologica sul Lago di<br />
Garda – 1464, le poesie con le lodi sconfinate...) sono<br />
tutte posteriori all’inaugurazione degli affreschi; è problema<br />
questo, la genesi <strong>del</strong>lo stile lapidario <strong>del</strong> Mantegna,<br />
che viene ad occupare un posto non marginale <strong>nei</strong><br />
bilanci dei rapporti tra artisti e committenti nel Quattrocento.<br />
Eppure, <strong>per</strong> noi che siamo cresciuti con Piero <strong>del</strong>la<br />
Francesca al centro e al vertice <strong>del</strong>la pittura <strong>del</strong> Quattrocento,<br />
il ristabilimento <strong>del</strong>la reale posizione storica<br />
<strong>del</strong> Mantegna e la comprensione <strong>del</strong> suo classicismo<br />
sono ancora in parte da compiere: di certo sappiamo<br />
invece che le fonti antiche di Piero <strong>del</strong>la Francesca sono<br />
un mito novecentesco, <strong>per</strong> la genesi <strong>del</strong> quale il volume<br />
longhiano <strong>del</strong> 1927 ebbe un’importanza incalcolabile. La<br />
straordinaria curialità <strong>del</strong> mondo di Piero <strong>del</strong>la Francesca,<br />
in cui gravitano inserti di realismo e di violenza che<br />
continuano a sbigottire, trova ragione di quel suo aspetto<br />
classico pensando ad una falsariga <strong>del</strong> sistema che<br />
andava edificando <strong>per</strong> iscritto e coi mattoni Leon Battista<br />
Alberti.<br />
Trovare in questa storia, che si va tracciando, un<br />
posto <strong>per</strong> il De pictura è una <strong>del</strong>le difficoltà piú grandi:<br />
nel 1435 l’Alberti descrive infatti un pittore di storia,<br />
che si dedica alla rappresentazione di temi antichi (la<br />
Calunnia, le tre Grazie), che tiene conto <strong>del</strong>l’es<strong>per</strong>ienza<br />
anatomica e compositiva <strong>del</strong>la plastica antica, mediante<br />
un singolare rimando ad un sarcofago romano con<br />
Meleagro (uno dei miti piú presto decifrati all’ermeneutica<br />
rinascimentale), che rinuncia, <strong>per</strong> rendere la<br />
luce, al fascino degli ori in nome <strong>del</strong> bianco, che si sottrae<br />
al miniaturismo <strong>per</strong> il monumentale, che, valutando<br />
la Navicella di Giotto come l’Ifigenia di Timante,<br />
su<strong>per</strong>a volontaristicamente il problema increscioso <strong>del</strong>la<br />
<strong>per</strong>dita <strong>del</strong>la pittura antica.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 18
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Ma ritrovare tra i <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> o<strong>per</strong>osi prima <strong>del</strong><br />
1435 un artista che risponda a questo identikit è fatica<br />
non da poco, e forse la dedica – 1436 – <strong>del</strong>la versione<br />
italiana <strong>del</strong> trattato al Brunelleschi, con la lista degli artisti<br />
fiorentini, è servita a fuorviare non poco gli studi.<br />
Bisognerà provare a ripensare all’educazione nell’<strong>It</strong>alia<br />
settentrionale, all’a<strong>per</strong>tura cosmopolita, alle frequentazioni<br />
internazionali, al viaggio nelle Fiandre, <strong>per</strong> trovare<br />
plausibili radici alla profetica indicazione <strong>del</strong>l’Alberti;<br />
Piero <strong>del</strong>la Francesca resta in ogni modo il portato piú<br />
straordinario di quei suggerimenti. È insomma il critico<br />
ad elaborare un’idea di pittura prima che essa venga<br />
<strong>nei</strong> fatti realizzata.<br />
Mantegna sfondava a Padova con l’inedito mondo<br />
degli Eremitani, e quelle soluzioni, sia pur senza il<br />
medesimo rigore, venivano piú volte riproposte: la frenesia<br />
<strong>del</strong> Mantegna si era fatta <strong>gusto</strong> e sigla in numerose<br />
testimonianze <strong>pittori</strong>che. Fra Padova e Venezia, allo<br />
scadere <strong>del</strong> settimo decennio <strong>del</strong> secolo, le botteghe dei<br />
miniatori allestivano una complessa antologia di motivi<br />
anticheggianti <strong>per</strong> decorare bordi e iniziali di manoscritti<br />
ed incunaboli: lungo le pagine dei testi <strong>del</strong>la letteratura<br />
classica veniva squadernato un re<strong>per</strong>torio di<br />
antichità che, su<strong>per</strong>ando il raggio di fonti utilizzate dal<br />
Mantegna e nella bottega dei Bellini, cercava inediti<br />
suggerimenti in riconoscibili monumenti romani (sarcofagi,<br />
<strong>per</strong> lo piú) o nelle Battaglie di nudi escogitate dal<br />
Pollaiolo.<br />
Il ruolo degli affreschi Ovetari a Verona lo recitò il<br />
trittico di San Zeno, 1456-59, dove la Madonna e i<br />
Santi e i putti stanno in una gabbia <strong>del</strong>la ditta di Donatello,<br />
addobbata dal Mantegna trentenne con medaglioni<br />
circolari di marmo (con cavalieri, tritoni, nereidi,<br />
centauri, e uno dei Dioscuri di Montecavallo), che, lungi<br />
dal rappresentare specifici e dotti rimandi a un qualsivoglia<br />
programma iconografico, servono, in linea con i<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 19
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
gusti <strong>del</strong> pittore, a dare maggiore solennità alla scena:<br />
prendono il posto insomma di stoffe preziose, tappeti,<br />
cuscini, coralli o, <strong>per</strong> rammentarci che siamo a Verona,<br />
roseti.<br />
Naturalmente anche a Verona miniatura e pittura<br />
devono barcamenarsi rispetto alle soluzioni cogenti e<br />
impositive <strong>del</strong> Mantegna. Un pezzo come l’altare di San<br />
Zeno si prestava ad infinite variazioni sul tema: si scorrano<br />
<strong>per</strong> prova le pale e gli affreschi <strong>del</strong> Benaglio, dove<br />
variano gli addobbi archeologizzanti <strong>del</strong>la gabbia, ma la<br />
marca <strong>del</strong>l’insieme rimane sempre quella.<br />
Parallela all’ossessione epigrafica <strong>del</strong> Parenzano a<br />
Padova, costruita sulle frequentazioni <strong>del</strong>le antichità<br />
<strong>del</strong>l’Istria e su ricordi grafici di Roma, correva, ben piú<br />
stentata nella qualità figurativa dei risultati, l’archeologia<br />
<strong>del</strong> veronese Giovanni Maria Falconetto, che si conquistò<br />
il primato tra i <strong>pittori</strong> <strong>del</strong> Quattrocento <strong>per</strong> il piú<br />
lungo soggiorno di studio a Roma: dodici anni, secondo<br />
il Vasari. Alla fine <strong>del</strong> secolo tornava a Verona, dando<br />
vita ad un’ondata di antichismo locale, infinitamente piú<br />
meccanica di quella <strong>del</strong> Mantegna, ma abbastanza <strong>per</strong>vasiva.<br />
Gli stessi cartoni, tratti da famosi rilievi di<br />
Roma, venivano riciclati, senza fare una piega, <strong>nei</strong> pennacchi<br />
di una cappella o lungo le pareti <strong>del</strong> salone di un<br />
palazzo o sulla facciata di una casa.<br />
Prima <strong>del</strong> 1461, Benedetto Bonfigli aveva dipinto,<br />
nella Cappella dei Priori <strong>del</strong> Palazzo pubblico di Perugia,<br />
sul fondale di un miracolo di San Ludovico, che le<br />
fonti agiografiche ricordano essersi svolto a Roma, una<br />
specie di istantanea <strong>del</strong>l’Arco di Costantino, dove tutti<br />
i rilievi <strong>del</strong> complesso monumento stanno al posto giusto,<br />
dove l’epigrafe ripete, con lievi imprecisioni, quella<br />
antica, dove solo i barbuti barbari prigioni sono diventati<br />
quasi degli angeli nimbati. Paralleli ad una cosí luminosa<br />
fe<strong>del</strong>tà al vero, nella resa di un monumento anti-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 20
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
co, a questo livello cronologico, noi non ne conosciamo.<br />
La scena intera, come presto spiegherà Andrea De Marchi,<br />
è costruita su una trama di ricordi figurativi, tra<br />
Firenze Venezia e Padova, dove forse anche il Bonfigli,<br />
come il Boccati e Girolamo di Giovanni, si sarà recato.<br />
Oltre al possibile choc degli Eremitani si sente la lezione<br />
di Roma tra Eugenio IV e Niccolò V, sotto il quale<br />
il Bonfigli era stato a lavorare e dove da piú parti si tentava<br />
una restituzione <strong>del</strong> mondo antico: l’Alberti a scrivere<br />
la sua Descriptio Urbis Romae, il Filarete a fondere<br />
<strong>per</strong> San Pietro la sua porta, sgangherata, ma fondamentale<br />
<strong>per</strong> lo sviluppo <strong>del</strong> <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico, l’Angelico<br />
a farsi classico e monumentale nelle storie <strong>del</strong>la Cappella<br />
Niccolina, mentre gli ambienti <strong>del</strong>la Biblioteca<br />
Greca <strong>nei</strong> Palazzi Vaticani ricevevano decorazioni alle<br />
pareti, che si fatica a non trovar reminiscenti di qualche<br />
partito ornamentale antico. Qualche anno piú tardi,<br />
prima <strong>del</strong> 1469, Lorenzo da Viterbo inseriva dei monocromi<br />
anticheggianti, di ascendenza in qualche modo<br />
squarcionesca, <strong>nei</strong> bordi degli affreschi <strong>del</strong>la Cappella<br />
Mazzatosta in Santa Maria <strong>del</strong>la Verità a Viterbo.<br />
A Firenze, intanto, dove alla metà <strong>del</strong> secolo i temi<br />
<strong>del</strong>la mitologia e <strong>del</strong>la storia greco-romana erano confinati<br />
in produzioni <strong>per</strong> la gran parte artigianali come<br />
cassoni nuziali o deschi da parto, con una continua riproposizione<br />
cortese <strong>del</strong>le favole antiche, le tre tele dipinte,<br />
al posto di piú consueti arazzi, da Antonio e Piero<br />
Pollaiolo intorno al 1460 <strong>per</strong> una camera <strong>del</strong> palazzo<br />
mediceo dovettero suonare nuove ed inattese: tre episodi<br />
<strong>del</strong>la saga di Ercole (le lotte contro Anteo, il leone<br />
Nemeo, l’idra) proponevano su scala monumentale il<br />
virtuosismo anatomico, e violentemente espressivo, <strong>del</strong>l’orafo<br />
Antonio, istituendo un paragone immodesto con<br />
le figure dei sarcofagi antichi. Pollaiolo, con la firmata<br />
Battaglia dei nudi, cercava di imporre, in quegli stessi<br />
anni, il proprio primato nella raffigurazione <strong>del</strong> corpo<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 21
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
umano colto in atti estremi, dove la nudità suonava<br />
come un esplicito riferimento ai grandi esempi <strong>del</strong>la plastica<br />
antica: e la composizione, nella versione incisa o in<br />
quella scolpita, rimase canonica fino, ed oltre, le battaglie<br />
di Cascina e di Anghiari.<br />
Non menzionata dalle fonti, risco<strong>per</strong>ta solo alla fine<br />
<strong>del</strong>l’Ottocento, presto letta in chiave «lineare» sulla falsariga<br />
<strong>del</strong>la ceramica antica, greca o italica, la danza di<br />
nudi affrescata su una parete <strong>del</strong>la villa La Gallina di<br />
Arcetri ripropone gli stessi motivi <strong>del</strong>la Battaglia –<br />
nudità dei corpi e movimento sfrenato – abbinandoli ad<br />
una complessa idea architettonica, che sembra trovare<br />
tangenze con il nascente interesse, da parte dei lettori<br />
di Vitruvio e degli indagatori <strong>del</strong>le rovine, <strong>per</strong> gli<br />
ambienti termali e <strong>per</strong> i bagni antichi: se questa ipotesi<br />
troverà una conferma, sarà possibile intravedere in questo<br />
ambiente <strong>del</strong>la famiglia fiorentina Lanfredini un<br />
incunabolo <strong>del</strong>le stufe all’antica che tanta fortuna avranno<br />
a cominciare dalla Roma dei primi decenni <strong>del</strong> Cinquecento.<br />
I tabelloni con le storie <strong>del</strong>la Genesi che dalla fine<br />
degli anni sessanta cominciavano a coprire la parete<br />
settentrionale <strong>del</strong> Camposanto di Pisa, Benozzo Gozzoli<br />
li dipinse senza lasciarsi in alcun modo impressionare<br />
dai sarcofagi antichi reimpiegati in massa sotto<br />
quei loggiati o, immediatamente fuori, tra i miracoli<br />
<strong>del</strong>la Piazza. Si potrebbe credere di essere a Montefalco<br />
o a San Gimignano, se non fosse che nella Maledizione<br />
di Cam un dettaglio tradisce il soggiorno pisano:<br />
la vasca a cui si abbevera una pantera, alla destra <strong>del</strong>la<br />
scena, ripete letteralmente uno dei sarcofagi romani<br />
<strong>del</strong> Camposanto.<br />
Vien da pensare, e non è un esercizio banale di<br />
immaginazione storica, se quella parete (<strong>per</strong> di piú oggi<br />
distrutta) l’avesse dipinta un pittore diverso dal Gozzoli;<br />
infatti la Rinascenza toscana, nel 1466, rischiò grosso:<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 22
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
il 3 di luglio di quell’anno, gli o<strong>per</strong>ai <strong>del</strong>la Fabbrica <strong>del</strong><br />
Duomo invitavano <strong>per</strong> «colazione» Andrea Mantegna,<br />
«lo quale dé avere a finire di dipingere al Camposanto».<br />
Con tutti quei rilievi antichi a disposizione, con le collezioni<br />
medicee a portata di mano, avrebbe creato il<br />
Mantegna, già cortigiano gonzaghesco, qualcosa a mezza<br />
via tra la severità degli Eremitani e la curialità <strong>del</strong>la<br />
Camera degli Sposi. Ma quel giro di vite non avvenne,<br />
e fu preferito il Gozzoli.<br />
Nel 1469 giungeva in ritardo all’O<strong>per</strong>a <strong>del</strong> Duomo<br />
pisana una lettera di Vincenzo Foppa, che, reduce dai<br />
successi di Milano e di Pavia, chiedeva di dipingere il<br />
Camposanto: e qui neanche l’immaginazione soccorre<br />
nel pensare ad una Cappella Portinari srotolata su una<br />
parete lunga decine di metri. Ce ne sarebbe stato abbastanza<br />
da risollevare dalla decadenza una <strong>del</strong>le piú impigrite<br />
province artistiche di <strong>It</strong>alia? A Pisa, infatti, si<br />
recheranno quasi solo, nelle ricostruzioni forzate degli<br />
storici, tutti quegli artisti in cui si vuol ritrovare qualche<br />
traccia di antico, senza ricorrere al piú consueto<br />
viaggio a Roma: i sarcofagi <strong>del</strong> Camposanto giocano<br />
quindi nella storiografia un ruolo <strong>per</strong> piú versi parallelo<br />
a quello degli intoccabili disegni di Ciriaco con le antichità<br />
<strong>del</strong>la Grecia nella biblioteca di Pesaro.<br />
Tra gli O<strong>per</strong>ai pisani dovette sorgere qualche <strong>per</strong>plessità<br />
sul Gozzoli, <strong>per</strong>ché nel 1474 fu chiamato il Botticelli<br />
«a vedere dove avea a dipingere in Camposanto»:<br />
ma anche questa volta non se ne fece nulla.<br />
Neanche dieci anni dopo il Botticelli aveva dipinto<br />
tre degli affreschi <strong>del</strong>la Cappella Sistina; in quella adunata<br />
di quasi tutti i <strong>pittori</strong> umbri e toscani <strong>del</strong> momento<br />
le intrusioni anticheggianti sono ben poche: si riducono,<br />
sostanzialmente, agli Archi di Costantino introdotti<br />
da Botticelli e Perugino, <strong>per</strong> motivi probabilmente<br />
anche politici, legati al programma iconografico <strong>del</strong>la<br />
Cappella, sui fondali di due scene che si fronteggiano,<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 23
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
la Punizione di Corah e la Consegna <strong>del</strong>le chiavi. Si tratta<br />
di rese scrupolose e un po’ pedanti di un monumento<br />
che si avviava a diventare una quinta impiegatissima<br />
<strong>per</strong>sino nella pittura da cassone.<br />
I capifila, almeno a livello contrattuale, <strong>del</strong>l’équipe<br />
sistina, Botticelli Ghirlandaio Perugino, si ritrovavano,<br />
con in piú il giovane Filippino Lippi e in meno Cosimo<br />
Rosselli, a decorare qualche anno dopo, <strong>per</strong> Lorenzo il<br />
Magnifico, la villa di Spedaletto, <strong>nei</strong> pressi <strong>del</strong>le terme<br />
di Morba, frequentate annualmente dal signore mediceo.<br />
Questa volta si trattava di un grande ciclo mitologico,<br />
oggi <strong>per</strong>duto, di cui si conosce solo un soggetto, la<br />
Fucina di Vulcano dipinta da Ghirlandaio, ma di cui<br />
<strong>per</strong>ò non si stenta ad immaginare l’importanza. L’impresa<br />
di Spedaletto si inserisce <strong>per</strong>fettamente in una cultura<br />
cortigiana come quella di Lorenzo il Magnifico,<br />
dove il ricorso ai miti <strong>del</strong> mondo antico accomunava artisti,<br />
letterati e filosofi, senza che si possano o si debbano<br />
tracciare linee troppo nette di convergenza. Accompagnava<br />
questi interessi un vivace collezionismo di antichità,<br />
che vedeva il signore mediceo in prima fila con le<br />
raccolte <strong>del</strong> palazzo di Via Larga e <strong>del</strong> giardino di San<br />
Marco; non si trattava solo di adunate di sculture di<br />
grandi dimensioni, spesso restaurate da scultori di primo<br />
ordine: spiccavano, <strong>per</strong> quantità e pregio, gemme e vasi<br />
in pietra dura. Questo tipo di interessi interferiva inevitabilmente<br />
con la produzione artistica contemporanea:<br />
si pensi, <strong>per</strong> esempio, alle innumerevoli miniature<br />
fiorentine <strong>del</strong>l’ultimo quarto <strong>del</strong> secolo in cui vengono<br />
riprodotte le piú celebri gemme <strong>del</strong>la collezione di<br />
Lorenzo, senza <strong>per</strong>ò toccare mai i vertici di esaltazione<br />
anticheggiante raggiunti dalle produzioni analoghe <strong>del</strong>l’<strong>It</strong>alia<br />
settentrionale: Monte o Attavante non valgono,<br />
sia chiaro, il Maestro <strong>del</strong>le Sette Virtú o il Maestro dei<br />
Putti o l’incredibile Marmitta.<br />
Alla cerchia medicea Botticelli destinava la Venere,la<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 24
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Primavera, la Pallade; a Lorenzo de’ Medici Signorelli<br />
dedicava il suo Regno di Pan, ripresa svagata, mitologica<br />
e cortigiana degli Adamiti di Arezzo; nella villa di<br />
Lorenzo a Poggio a Caiano Filippino Lippi cominciava<br />
a dipingere, sotto la loggia, un affresco con la tragedia<br />
<strong>del</strong> Laocoonte, in cui, ignorando l’iconografia <strong>del</strong> gruppo<br />
antico, si dava ad una ricostruzione fantasiosa ed<br />
umorale <strong>del</strong>le architetture antiche; nella Sala dei Gigli<br />
di Palazzo Vecchio Ghirlandaio arricchiva la presentazione<br />
canonica degli uomini illustri con alcune scrupolose<br />
riproduzioni di monete antiche.<br />
La passione <strong>per</strong> l’antichità era diventata un fatto di<br />
<strong>gusto</strong>, proposto con disinvoltura dagli artisti e richiesto<br />
dai committenti. La bottega di Ghirlandaio inseriva, a<br />
piene mani, monocromi riproducenti rilievi e monete<br />
antiche negli affreschi <strong>per</strong> le famiglie Sassetti o Tornabuoni,<br />
ma anche in prodotti minori, come la Giuditta di<br />
Berlino, sul cui fondo compare uno dei rilievi traia<strong>nei</strong><br />
<strong>del</strong>l’Arco di Costantino. Da un altro di quei rilievi derivavano,<br />
senza l’alibi <strong>del</strong> monocromo, come spiegò Aby<br />
Warburg, le figure centrali dei soldati cru<strong>del</strong>i che compivano<br />
la strage degli innocenti in uno degli affreschi<br />
Tornabuoni; da una scena <strong>del</strong>la Colonna Traiana, come<br />
suggerí Hermann Egger, uno dei soldati <strong>del</strong>la Resurrezione<br />
<strong>del</strong>la pala d’altare Tornabuoni. Nella tarda pala <strong>per</strong><br />
Rimini, invece, i monocromi presenti non si lasciano<br />
ricondurre, con la stessa meccanicità di quelli <strong>del</strong>la cappella<br />
Tornabuoni, a nessun rilievo antico.<br />
Tramiti <strong>per</strong> o<strong>per</strong>azioni di questo tipo dovevano essere<br />
<strong>del</strong>le raccolte di disegni di antichità, sul tipo di quel<br />
Codice Escurialense, che un tempo si riconduceva proprio<br />
alla bottega di Ghirlandaio e che oggi viene avvicinato<br />
invece alla cerchia di Giuliano da Sangallo: quei<br />
fogli, o i loro prototipi, dovettero passare tra le mani di<br />
molti <strong>pittori</strong> a Firenze, inclusi Fra Bartolomeo e il giovane<br />
Raffaello.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 25
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Una camera <strong>del</strong>la casa di Guidantonio Vespucci veniva<br />
decorata con pannelli dedicati a illustri eroine <strong>del</strong>l’antichità,<br />
sfornate dalla bottega <strong>del</strong> Botticelli; Antonio<br />
Segni riceveva dal medesimo pittore il quadro con la<br />
Calunnia, ricostruzione di una <strong>per</strong>duta pittura di Apelle,<br />
descritta in un opuscolo di Luciano, tradotto da Guarino<br />
Veronese, raccomandata dall’Alberti, disegnata<br />
anche dal Mantegna: il soggetto antico era ambientato<br />
dentro un’architettura, a<strong>per</strong>ta sul mare, stracolma di<br />
rilievi e statue di soggetto biblico e mitologico. Allo<br />
stesso committente Leonardo da Vinci dedicava, qualche<br />
anno dopo, uno dei suoi rari disegni di presentazione,<br />
Nettuno su una quadriga di cavalli marini scalpitanti.<br />
Le nozze fra due rampolli di casa Tornabuoni e<br />
Albizzi fornivano lo spunto – 1487 – a Bartolomeo di<br />
Giovanni, Biagio d’Antonio e Pietro <strong>del</strong> Donzello <strong>per</strong><br />
narrare, su scenari aggiornati alle nuove mode romane,<br />
la favola antica e cortese degli Argonauti.<br />
Francesco <strong>del</strong> Pugliese e Giovanni Vespucci avevano<br />
la fortuna di vedere alcune stanze <strong>del</strong>le loro case decorate<br />
dalle mitologie di Piero di Cosimo, strapiene di animali<br />
tondi e panciuti, come nel migliori Walt Disney, mentre<br />
il pistrice che cerca di assalire Andromeda, <strong>nei</strong> piú tardi<br />
pannelli <strong>per</strong> Filippo Strozzi il giovane, sembra già pronto<br />
a farsi orca e ad entrare nell’Orlando Furioso.<br />
Su<strong>per</strong>ato il cordone sanitario che Roberto Longhi<br />
aveva rizzato attorno al nome e alle o<strong>per</strong>e di Leonardo<br />
da Vinci, l’anti-Renoir corruttore <strong>del</strong>la pittura lombarda,<br />
e in attesa di riscattarlo dalle mani forse troppo<br />
avide dei leonardisti, si può solo accennare qui al singolare<br />
rapporto che Leonardo intrattenne con l’arte <strong>del</strong><br />
mondo antico: un <strong>per</strong>corso continuamente anticanonico,<br />
che lasciava da parte ogni richiamo al monocromo o<br />
all’attrezzeria, in nome di una piú complicata comprensione<br />
<strong>del</strong> senso e <strong>del</strong>la natura dei tempi.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 26
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Avviato all’arte nella tentacolare bottega <strong>del</strong> Verrocchio,<br />
giovane di molte letture (anche di classici, tra<br />
cui Vitruvio), tramutava le effigi dei Cesari antichi,<br />
tanto care al signore di Milano, presso cui era andato a<br />
lavorare dal 1482, in pretesti di caricature.<br />
Scriveva che «l’imitazione <strong>del</strong>le cose antiche è piú<br />
laudabile che quella <strong>del</strong>le moderne», e studiava a Pavia<br />
il Regisole, a Tivoli le rovine <strong>del</strong>la villa di Adriano, a<br />
Civitavecchia i resti <strong>del</strong> porto di Traiano, ma si esita un<br />
poco a pensare che avrebbe dovuto dipingere nel castello<br />
<strong>del</strong> foro <strong>del</strong>la Vigevano sforzesca un ciclo di storie<br />
romane.<br />
Non gli mancavano competenze specifiche nel trattare<br />
gli oggetti antichi: a lui, in quanto es<strong>per</strong>to riconosciuto,<br />
veniva infatti richiesto, nel 1501, un parere da<br />
Isabella d’Este su alcuni vasi antichi provenienti dal<br />
tesoro mediceo.<br />
Aggiornava ad una lettura fulminante dei testi antichi<br />
il proprio inesauribile desiderio di s<strong>per</strong>imentazione:<br />
e cosí la tecnica strana e disastrosa con cui iniziò a<br />
dipingere la Battaglia di Anghiari poté sembrare agli occhi<br />
dei contempora<strong>nei</strong> una restituzione <strong>del</strong>l’encausto, tanto<br />
apprezzato nelle pagine <strong>del</strong>la Naturalis Historia.<br />
Con un soggetto mitologico <strong>per</strong> eccellenza, sia pur<br />
ancora non troppo battuto, la Leda, rinunciava all’esercitazione<br />
archeologica, <strong>per</strong> tentare una spiegazione artistica<br />
dei misteri <strong>del</strong>la generazione.<br />
Confinato nel Belvedere vaticano, da vecchio, continuava<br />
a studiare gli amati animali, mentre sembrava<br />
ridurre a giocattoli di corte i risultati <strong>del</strong>le sue riflessioni,<br />
senza uscire a dare uno sguardo alle statue antiche<br />
<strong>del</strong>le raccolte papali o ai mondi clamorosi e insostenibili<br />
<strong>del</strong>le Stanze e <strong>del</strong>la Sistina; i ragazzacci che si portava<br />
appresso andavano tra i ruderi a tirare di fionda agli<br />
uccelli, non a misurare e a far rilievi come gli scrupolosi<br />
impiegati <strong>del</strong>la ditta di Raffaello.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 27
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Quanto stava avvenendo a Firenze intorno a Lorenzo<br />
il Magnifico era comune, sia pur senza i medesimi<br />
successi storiografici, ad altri centri d’<strong>It</strong>alia. La cultura<br />
cortigiana prevedeva infatti un discreto, ma costante,<br />
appello a motivi e a temi antichi, nelle produzioni letterarie<br />
e figurative. Agli artisti sempre piú spesso era<br />
richiesta la decorazione di ambienti di dimore private o<br />
l’allestimento di complicate occasioni festive: ed in<br />
entrambi i casi il mondo antico offriva un re<strong>per</strong>torio inesauribile<br />
di spunti, sollecitati o, comunque, bene accolti<br />
dalla committenza. Se poi in queste manifestazioni si<br />
dava prova di correttezza o di fe<strong>del</strong>tà archeologica, questo<br />
era qualcosa di piú e che non stonava. Erano compiti<br />
che toccavano sia ai <strong>pittori</strong> sia agli scultori, che<br />
negli ornati anticheggianti avevano il modo di revisionare<br />
la grande tradizione <strong>del</strong>la decorazione antica. Questo<br />
<strong>gusto</strong> <strong>per</strong> il mondo antico, dilagato almeno dagli<br />
anni ottanta e valido circa un trentennio, era fiancheggiato<br />
dallo sviluppo di innumerevoli collezioni di oggetti<br />
antichi, di tutti i tipi, dalle epigrafi alle sculture.<br />
Sarebbe una fatica di Sisifo stilare un inventario di<br />
tutte le Natività o i Martiri di San Sebastiano, sui cui<br />
fondali compaiono edifici in rovina: vale in ogni modo<br />
invece la pena di cercare di capire come mai in certe<br />
situazioni, in cui esistono corti, umanisti, antichità,<br />
embrioni di collezionismo, la pittura resti sostanzialmente<br />
im<strong>per</strong>meabile agli interessi <strong>per</strong> l’antico: è il caso,<br />
ad esempio, <strong>del</strong> regno di Napoli, dove ben poco si può<br />
trovare da inserire in questo profilo, oltre all’anta d’organo<br />
dipinta da Francesco Pagano <strong>per</strong> Sant’Efrem<br />
Nuovo di Napoli, alla fine degli anni ottanta, dove, dietro<br />
ai due santi e all’armigero carnefice, sul canonico edificio<br />
in rovina, svetta un monocromo che giunta arditamente<br />
piú di uno dei rilievi traia<strong>nei</strong> <strong>del</strong>l’Arco di<br />
Costantino con la fronte di un sarcofago di Oreste.<br />
La decorazione degli studioli, gli ambienti dove piú<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 28
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
spesso il signore o l’umanista si ritirava a riflettere sulla<br />
storia o ad emendare un testo antico, dove si accumulavano<br />
sulle scansie gli oggetti preziosi provenienti dal<br />
passato erano luoghi privilegiati <strong>per</strong> accogliere pitture di<br />
soggetto antico. Lo studiolo <strong>del</strong> palazzo ferrarese di Belfiore,<br />
allestito <strong>per</strong> volere di Lionello d’Este, tra 1447 e<br />
1463, con la collaborazione di intellettuali ed artisti (da<br />
Guarino Veronese a Teodoro Gaza, dal Maccagnino al<br />
Pannonio e al Tura), si può mettere, buon primo, in questa<br />
serie. L’iconografia <strong>del</strong>le Muse fissata a Ferrara, nel<br />
ciclo di Belfiore e in altre serie, ebbe modo di dilagare<br />
<strong>per</strong> l’<strong>It</strong>alia, tramite anche i maneggiatissimi «Tarocchi<br />
<strong>del</strong> Mantegna», che un po’ dopo la metà <strong>del</strong> secolo rendevano<br />
conoscibili e disponibili le iconografie di molti<br />
<strong>per</strong>sonaggi antichi: da quelle carte risultano dipendere<br />
le stentate Muse <strong>del</strong> Tempietto <strong>del</strong> Palazzo Ducale di<br />
Urbino, tra Giovanni Santi e Timoteo Viti, e, <strong>per</strong>sino,<br />
qualche ricordo si trova tra quelle romane <strong>del</strong>la Villa<br />
<strong>del</strong>la Magliana, inserite da Filippo Todini nel <strong>per</strong>corso<br />
<strong>del</strong> risco<strong>per</strong>to Gerino da Pistoia.<br />
Le propensioni ferraresi ad una pittura prospettica,<br />
pietrificata ed i<strong>per</strong>ornata, non prevedevano richiami<br />
precisi all’arte <strong>del</strong> mondo antico: sui ricordi di Piero<br />
<strong>del</strong>la Francesca e di Rogier van der Weyden, le lezioni<br />
apprese alla scuola <strong>del</strong>lo Squarcione esortavano ad<br />
accrocchi cromatici di oggetti mai visti, in cui era piú<br />
fruttuoso il ricorso ad epigrafi ebraiche che a composte<br />
capitali latine o a lettere greche, di un umanesimo, tutto<br />
sommato, piú banale. Per i programmi di studio dei <strong>pittori</strong><br />
ferraresi andava meglio un «Ebrei e Oriente» che<br />
un ginnasiale «Grecia e Roma». Pellegrino Prisciani, l’ideatore<br />
<strong>del</strong> programma iconografico <strong>del</strong> salone di Schifanoia,<br />
si comportava diversamente da Feliciano o Marcanova:<br />
preferiva rivisitare le fonti <strong>del</strong>l’astrologia che<br />
suggerire epigrafi da copiare, tra trionfi di dei, letti<br />
negli Astronomica di Manilio ma pensati come alla corte<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 29
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
di Borgogna, tra i decani zodiacali, dove i <strong>per</strong>sonaggi<br />
<strong>del</strong>la mitologia antica sono cosí travestiti da risultare<br />
irriconoscibili, tra le scene <strong>del</strong>la vita di Borso, dove<br />
tutto compare, dal lavoro alle umiliazioni degli uomini,<br />
dalle feste alle cacce <strong>del</strong> signore.<br />
Una carrellata sui monocromi introdotti di frequente<br />
da Ercole de Roberti nelle sue pale e <strong>nei</strong> suoi affreschi<br />
potrebbe cominciare con lo sforbiciare l’unico dettaglio<br />
di Schifanoia che potrebbe figurare in questa storia:<br />
un bicromo, se si potesse dire, dall’incomprensibile<br />
iconografia, che sovrasta, simulante pietre rosse e grige,<br />
un arco sotto cui il duca Borso accoglie un ambasciatore.<br />
I monocromi di Ercole, sempre d’invenzione, aprono<br />
strade a Ferrara e a Bologna: da essi si può correr<br />
dritti fino a quelli, che appaiono piú banali, sul soffitto<br />
<strong>del</strong>l’Aula Costabiliana dipinta dal giovane Garofalo, alla<br />
metà <strong>del</strong> primo decennio <strong>del</strong> Cinquecento, dove si<br />
dispongono precise e letterali riproduzioni di famosi<br />
rilievi di Roma; ma sulla pista ertissima di Ercole stanno<br />
ancora quelli, dipinti a grigio su bianco, nelle tavolette<br />
<strong>del</strong> Mazzolino, quasi sigla di fabbrica, di ossessiva<br />
insistenza.<br />
Quando Lorenzo il Magnifico si era recato a Mantova<br />
nel 1483, non aveva rinunciato ad andare a trovare<br />
il Mantegna: «...se driciò a casa de Andrea Mantegna<br />
dove la vide, cum grande appiacere, alcune picture d’esso<br />
Andrea et certe teste de relevo cum molt’altre cose<br />
antique che pare molto se ne <strong>del</strong>etti», come scriveva<br />
Francesco a Federico Gonzaga.<br />
Mantegna, a Mantova, era diventato nelle gerarchie<br />
artistiche dei contempora<strong>nei</strong> il primo pittore d’<strong>It</strong>alia: le<br />
scelte geniali <strong>per</strong> una pittura all’antica al tempo degli<br />
Eremitani si erano rivelate lungimiranti ed in grado di<br />
appassionare i committenti piú vari, in <strong>It</strong>alia e fuori,<br />
spesso tenaci collezionisti di oggetti antichi. Lui stesso<br />
si era fatto collezionista, ed oltre alla sempre ricordata<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 30
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Faustina, varrà la pena di rammentare almeno un altro<br />
ritratto antico, forse acquistato sul mercato romano,<br />
che, dietro le insistenze di Isabella d’Este, fu costretto<br />
a cedere nel 1498 ad Isabella d’Aragona, signora, sulla<br />
carta, <strong>del</strong> ducato di Milano, «<strong>per</strong>ché li era stato referto<br />
che la se asimiliava a lei». Nel chiuso <strong>del</strong> Castello Sforzesco,<br />
di fronte ad uomini e donne, con il consiglio<br />
determinante di uno specchio, la gentildonna verificava<br />
la veridicità di quella diceria, confrontando il proprio<br />
profilo con quello <strong>del</strong>l’im<strong>per</strong>atrice antica, che il Mantegna,<br />
«professore di antiquità», aveva stimato essere «di<br />
suprema bontà».<br />
Nell’impresa <strong>del</strong>la Camera degli Sposi, conclusa nel<br />
1474, ai ricordi <strong>del</strong> mondo antico era lasciato il soffitto,<br />
con le teste im<strong>per</strong>iali e gli episodi <strong>del</strong>la mitologia, su un<br />
fondo dorato che mimava il mosaico: sulle pareti si<br />
distendevano i gruppi di famiglia <strong>del</strong>la corte (ma già nel<br />
1475 il marchese Ludovico trovava privi di «gratia» i<br />
ritratti dei famigliari che il pittore archeologo aveva<br />
disposto sulle pareti <strong>del</strong>la stanza). Ancora doveva venire<br />
l’impresa colossale dei Trionfi di Cesare, che si snoda<br />
al di qua e al di là <strong>del</strong> viaggio romano <strong>del</strong> 1489, senza che<br />
quelle nuove visioni, tuttavia, vengano a mutare sostanzialmente<br />
il quadro e le impressioni che <strong>del</strong> mondo antico<br />
s’era fatto ventenne nella campagna padovana. Piú<br />
pompa, piú lusso, piú ori: ma quelli poteva ben averli<br />
visti alla corte dei Gonzaga. Sulle nove tele passa una<br />
folla di comparse da cinema epico, con i prigionieri, i<br />
negri con gli orecchini, i senatori, i nani, l’im<strong>per</strong>atore, le<br />
statue degli dei e gli elefanti su cui majorettes mai viste<br />
si danno ad esibizioni s<strong>per</strong>icolate; sul fondo scorrono,<br />
come su un «panorama» o in un «trasparente», integri i<br />
monumenti di Roma: a tratti <strong>per</strong>ò sorgono i ruderi tra le<br />
rogge e allora i pastori, con le pecore i cani ed i buoi,<br />
sgranano gli occhi <strong>per</strong> vedere da lontano passare una<br />
specie di sfilata da circo <strong>nei</strong> campi <strong>del</strong>la bassa padana.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 31
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Su fondi marmorizzati dei colori piú diversi il Mantegna<br />
e la sua bottega sfornavano tavolette con episodi<br />
di storia biblica o grecoromana, pitture che i signori di<br />
Mantova potevano regalare, <strong>per</strong> rappresentanza, con la<br />
sicurezza che sarebbero state gradite alla stregua, e forse<br />
piú, che veri rilievi antichi.<br />
Le stampe <strong>del</strong> Mantegna, con le baruffe degli dei<br />
acquatici o le cervellotiche allegorie <strong>del</strong>la virtú o i baccanali<br />
di ragazzi e satiri, e quelle che riproducevano le<br />
sue invenzioni piú famose, <strong>per</strong>mettevano l’appropriazione<br />
divulgata di tematiche e di soluzioni figurative,<br />
altrimenti confinate nelle camere private dei signori:<br />
era cosí possibile un loro riuso, al di qua e al di là <strong>del</strong>le<br />
Alpi, <strong>per</strong> ambienti o committenti di rango inferiore.<br />
Su un altro registro ancora, meno rischiatamente<br />
monumentale, si provava il Mantegna da vecchio nelle<br />
composizioni mitologiche <strong>per</strong> lo studiolo di Isabella d’Este,<br />
luogo tra i piú battuti dalla storiografia artistica piú<br />
recente, dove le sue tavole preziose trovavano presto<br />
come compagne composizioni analoghe <strong>del</strong> Perugino o<br />
di Lorenzo Costa, in una assennata esaltazione <strong>del</strong>l’Amore<br />
celeste, tutta ripiena di mitologici travestimenti,<br />
ideata dalla marchesa e da Paride da Ceresara, presto<br />
sconfessata <strong>per</strong>ò da differenti spiegazioni <strong>del</strong>la fenomenologia<br />
dei sentimenti.<br />
Quando Pandolfo Petrucci, signore di Siena, in vista<br />
<strong>del</strong>le nozze di suo figlio con una <strong>del</strong>le ragazze <strong>del</strong>la<br />
migliore società, decideva di allestire nel suo palazzo un<br />
gabinetto all’antica, prima <strong>del</strong> 1509, replicava in qualche<br />
modo l’impresa mantovana di Isabella: i tempi<br />
erano <strong>per</strong>ò velocemente cambiati, ed i <strong>pittori</strong> coinvolti<br />
erano ancora quelli, in sostanza, <strong>del</strong>l’impresa <strong>del</strong>la<br />
Cappella Sistina, su cui cominciava a gravare la volta<br />
michelangiolesca. Signorelli e Pintoricchio, con collaboratori<br />
piú giovani, tra cui sicuramente il Genga, si<br />
davano, tra can<strong>del</strong>abre intagliate, mattonelle istoriate,<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 32
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
aquile con cartigli e motti latini, alla raffigurazione di<br />
episodi antichi <strong>del</strong>la storia e <strong>del</strong> mito, sotto un soffitto<br />
che riproduceva, grondante di ori e di mitologia, le<br />
partiture ornamentali <strong>del</strong>la ritrovata Domus Aurea di<br />
Nerone. Quel nuovo modo di decorazione era stato<br />
battezzato da poco: nel contratto di allogagione <strong>del</strong>la<br />
Libreria Piccolomini il Pintoricchio si impegnava a<br />
dipingere il soffitto «a la forgia et disegni che hoggi<br />
chiamano grottesche».<br />
Una storia <strong>del</strong> <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico a Siena, tra Quattro<br />
e Cinquecento, sarebbe avvincente da leggere e da<br />
scrivere e dovrebbe ricominciare da molto prima: su<strong>per</strong>ati<br />
i <strong>per</strong>sonaggi antichi di Taddeo di Bartolo e quelli <strong>del</strong><br />
Palazzo di Lucignano, costeggiare quella specie di squarcionismo<br />
senese a seguito <strong>del</strong>la presenza di Donatello,<br />
indagare i monocromi <strong>del</strong> Vecchietta e, ancor piú , quelli<br />
<strong>del</strong> felicemente risco<strong>per</strong>to Pietro Orioli, rivedere,<br />
come in un test, le varianti <strong>del</strong>le decorazioni che compaiono<br />
nelle Stragi degli Innocenti di Matteo di Giovanni,<br />
menzionare, <strong>per</strong> forza, le spigolose soluzioni anticheggianti<br />
<strong>del</strong>lo scultore Antonio Federighi, indicare<br />
l’incidenza sugli artisti <strong>del</strong>le serrate competenze archeologiche<br />
di Francesco di Giorgio Martini, srotolare la<br />
serie degli eroi e <strong>del</strong>le eroine antiche <strong>per</strong> il matrimonio<br />
dei fratelli Spannocchi <strong>del</strong> 1493, a cui parteciparono<br />
quasi tutti i <strong>pittori</strong> o<strong>per</strong>osi in città (Signorelli, Francesco<br />
di Giorgio, l’Orioli, Neroccio de’ Landi, il Maestro<br />
di Griselda), ricordando che non si trattò <strong>del</strong>l’unica<br />
decorazione di questo tipo, valutare le conseguenze <strong>del</strong>l’approdo<br />
senese, tra 1498 e 1503, <strong>del</strong> gruppo con le Tre<br />
Grazie, proveniente dalla collezione Piccolomini di<br />
Roma, e alla fine ritornare nel Palazzo <strong>del</strong> Magnifico<br />
Pandolfo a scrutare, con altri occhi, le divinità degli altri<br />
ambienti, pronti <strong>per</strong> uscire sotto i soffitti quadraturisti<br />
<strong>del</strong> Beccafumi, dove ancora una volta gli episodi di storia<br />
antica, tratti da Valerio Massimo, stanno come esem-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 33
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
pi di virtú: buona guida <strong>per</strong> questo giro saranno Roberto<br />
Guerrini e Sandro Angelini.<br />
Da risarcire sarà il posto di Milano, che, dopo le<br />
imprese <strong>del</strong> Foppa, non potrà non brillare in questa<br />
mappa: è la città infatti in cui, tra regime sforzesco e<br />
dominazione francese, presero forma, in nessi ancora da<br />
districare tra pittura, scultura, arti suntuarie e appassionate<br />
interferenze di intellettuali, i gusti e le competenze<br />
antiquarie <strong>del</strong> Caradosso, o le architetture <strong>del</strong><br />
Bramantino, o i trofei <strong>del</strong> Bambaia, ma anche, e non è<br />
poco, la ferrea epigrafia storica di Andrea Alciati, <strong>per</strong><br />
fare solo degli esempi.<br />
Nel quadro che andrà costruito, si sa già fin da ora<br />
che si tratta di una disposizione romantica a riguardare<br />
la grandezza di Roma, che precede in Lombardia gli arrivi<br />
di Filarete e di Bramante; ma è chiaro altresí che il<br />
bramantismo costituisce la variante lombarda <strong>del</strong>l’antichismo<br />
che <strong>per</strong>vade la pittura italiana verso la fine <strong>del</strong><br />
secolo. Formatosi in un ambiente da cui erano emerse<br />
le Tavole Barberini di Fra Carnevale, dove in luminose<br />
costruzioni spaziali i monocromi riproducono solo parzialmente<br />
motivi antichi, la carriera di Bramante nell’<strong>It</strong>alia<br />
settentrionale annoverava dapprincipio i filosofi<br />
presocratici immortalati in prospettiva sulla facciata <strong>del</strong><br />
Palazzo <strong>del</strong> Podestà di Bergamo nel 1477, a cui si<br />
aggiungeva poi, capitale, la comparsa, 1481, <strong>del</strong>l’incisione<br />
Prevedari, con quel tempio antico in rovina riconsacrato<br />
e colmo di fregi e di decorazioni, tali da impressionare<br />
non pochi dei contempora<strong>nei</strong>, vicini e lontani:<br />
e poi su queste piste, e con queste soluzioni, decorazioni<br />
di interni, come quella di Casa Panigarola, o facciate<br />
dipinte, come quella di Casa Fontana Silvestri. Ché<br />
anzi la decorazione di queste ultime sarà specialità lombarda:<br />
il grande Polidoro dovrà <strong>per</strong>dere, prima o poi,<br />
qualche grumo di raffaellismo <strong>per</strong> trovare piú spiegazione<br />
di quel «da Caravaggio», centro esportatore di<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 34
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
decoratori di facciate. Si assisteva insomma, con il bramantismo,<br />
all’invenzione di un linguaggio e di un modo<br />
di decorazione che dilagava <strong>per</strong> la Val Padana, <strong>per</strong> qualche<br />
decina d’anni: ad esempio, a Parma, con gli affreschi<br />
<strong>del</strong> Cesariano nella sagrestia di San Giovanni Evangelista,<br />
da accostare a quelli milanesi di Palazzo Landriani,<br />
o a Biella con il voltone <strong>del</strong>la chiesa di San Sebastiano,<br />
o in molte località <strong>del</strong>l’entroterra veneto; saranno<br />
da collocare a questo punto infatti, le decorazioni trevigiane,<br />
tra cui spiccano quelle <strong>del</strong> monumento Onigo,<br />
e il fregio <strong>del</strong>la Casa di Giorgione a Castelfranco, dove<br />
tra gli strumenti <strong>del</strong> pittore sono riprodotte alcune plachette,<br />
tramiti importantissimi <strong>per</strong> le decorazioni di<br />
<strong>gusto</strong> anticheggiante.<br />
Anche la geniale trascrizione – piú guizzante, piú<br />
astratta, piú dialogante con Leonardo – di quelle soluzioni<br />
o<strong>per</strong>ata dal giovane Bramantino, <strong>per</strong> esempio<br />
nell’Argo <strong>del</strong> Castello Sforzesco, prima <strong>del</strong> 1493, poteva<br />
trovare conferme precoci nel resto <strong>del</strong>la regione,<br />
come a Cremona con le decorazioni coi Cesari nell’atrio<br />
di Palazzo Fodri o con il soffitto con Apollo e le<br />
Muse da Casa Maffi; mischiando Bramante a Bramantino,<br />
si poteva arrivare fino al Friuli con le soluzioni<br />
rovinistiche e affascinanti <strong>del</strong> giovane Pellegrino<br />
da San Daniele.<br />
Alcuni di questi fanatici lombardi non si accontentavano<br />
dei fregi effigiati sull’incisione Prevedari, dei<br />
miti raccontati <strong>per</strong> scorcio sulle placchette <strong>del</strong> Moderno,<br />
<strong>del</strong> Regisole da studiare a Pavia, di San lorenzo a<br />
Milano guardata come se fosse ancora il Tempio ad<br />
Ercole di Massimiano: volevano andare a vedere Roma<br />
dal vero; calavano chi <strong>per</strong> restarci a vita, chi <strong>per</strong> rimaner<br />
folgorato, chi <strong>per</strong> far su e giú e trafficare. Piú che<br />
mai eloquente testimonianza di quel che essi pensassero<br />
nell’andare a Roma sono le terzine intorcinate <strong>del</strong>le<br />
Antiquarie prospettiche romane composte <strong>per</strong> prospectivo<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 35
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
melanese depictore, che, datate correttamente al 1496-98,<br />
rendono ancora piú implausibile la troppo fortunata<br />
attribuzione a Bramante, <strong>per</strong> rischiare quella, molto sollecitante,<br />
allo Zenale, che «prospectivo» di certo fu,<br />
«melanese» lo si può ben dire (anche se veniva da Treviglio),<br />
e la cui cronologia presenta un vuoto proprio in<br />
quegli anni lí. Se poi si riuscisse sul serio a riconoscere<br />
la sua mano tra gli affreschi lombardi di Palazzo Venezia,<br />
l’attribuzione allo Zenale <strong>del</strong> poemetto sarebbe ipotesi<br />
da prender piú sul serio di quando l’avanzò, all’inizio<br />
di questo secolo, Christian Hülsen. Da ricordare<br />
sarà anche che proprio a Bernardo Zenale, cosí parco di<br />
rimandi anticheggianti nella sua pittura complicata, si<br />
rivolgeva il giovane Alciati <strong>per</strong> un parere ed un disegno<br />
di un’urna antica conservata in un oratorio <strong>del</strong>la campagna<br />
lombarda. L’autore <strong>del</strong> poemetto scruta tutte le<br />
principali raccolte <strong>del</strong>la Roma di Alessandro VI, visita<br />
i monumenti antichi, ma non si dimentica mai <strong>del</strong><br />
Duomo di Milano, ed anche se menziona Pollaiolo e<br />
Verrocchio e dimostra reale familiarità con Leonardo e<br />
la sua cerchia, ha in testa saldi i valori di Jacopino da<br />
Tradate.<br />
Il riassunto di questa disposizione d’animo, all’approssimarsi<br />
<strong>del</strong>la sua conclusione, si troverà nel 1521<br />
nello sterminato commento all’Architettura di Vitruvio,<br />
fatica di una vita <strong>del</strong> pittore-architetto Cesare Cesariano:<br />
si leggerà lí la lista dei lombardi, tra cui non mancava<br />
Bernardo da Treviglio, calati a Roma a studiare le<br />
antichità e tornati in patria «pasciutti di contentezza<br />
speculativa».<br />
I lombardi si erano aggiunti ad artisti provenienti da<br />
altre regioni d’<strong>It</strong>alia nell’appassionata sco<strong>per</strong>ta <strong>del</strong>le<br />
grotte romane, condotta al lume <strong>del</strong>le torce sotto le<br />
volte affrescate <strong>del</strong>la favolosa Domus Aurea di Nerone.<br />
I preziosi appunti, trascritti a pancia <strong>per</strong> aria nelle stanze<br />
sotterranee, presto divulgati da copie grafiche e a<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 36
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
stampa, consentono una diffusione rapidissima di nuove<br />
soluzioni decorative. Il registro <strong>del</strong>le grottesche, stilato<br />
tenendo conto <strong>del</strong>le decorazioni moderne e <strong>del</strong>le firme<br />
nelle grotte romane, comprenderà almeno qualche particolare<br />
degli affreschi Tornabuoni <strong>del</strong> versatile Ghirlandaio,<br />
il fondo <strong>del</strong> mondo ornamentale ed inquieto di<br />
Filippino Lippi, di certo fra i piú assidui a trascrivere<br />
quei partiti antichi, le cascate di mostri, uccelli e monocromi<br />
negli zoccoli <strong>del</strong>la Cappella di San Brizio di Signorelli<br />
ad Orvieto, l’aggiornamento tempista ed imprenditoriale<br />
<strong>del</strong> Perugino nel soffitto <strong>del</strong> Collegio <strong>del</strong> Cambio,<br />
il grande cantiere <strong>del</strong>la rocca borgiana di Civita<br />
Castellana, Pintoricchio e la sua bottega a Roma, Siena<br />
e Spello, fino ai piemontesi fattisi, <strong>per</strong> vie da districare,<br />
centro<strong>italiani</strong> come il Sodoma a Sant’Anna in Camprena<br />
e a Monteoliveto o tornati su nelle terre loro<br />
come Macrino d’Alba e Eusebio Ferrari o il gran Gaudenzio<br />
a Varallo; ci staranno anche, ma con una nota di<br />
biasimo, le tonte e tarde grottesche <strong>del</strong>l’Araldi a Parma.<br />
Questo nuovo linguaggio ornamentale, in grado di<br />
diffondersi in contesti culturali e tra <strong>per</strong>sonalità artistiche<br />
profondamente diverse e di costituire una unità linguistica<br />
che trova un precedente forse solo <strong>nei</strong> fasti<br />
decorativi <strong>del</strong> gotico internazionale, trae spunto da<br />
Roma e proprio a Roma conosce le piú precoci applicazioni.<br />
Accanto alle soluzioni complesse e monumentali<br />
di Filippino Lippi alla Cappella Carafa, coeve all’incursione<br />
romana <strong>del</strong> Mantegna, è soprattutto <strong>nei</strong> numerosi<br />
cicli appaltati alla bottega <strong>del</strong> Pintoricchio, a partire<br />
dagli anni ottanta, che si assiste all’esplosione <strong>del</strong>la grottesca,<br />
a decorare i soffitti <strong>del</strong>le dimore cardinalizie piú<br />
in vista <strong>del</strong> momento o a colmare, in un’esibizione sfrenata<br />
di ori, stucchi e pietre preziose, la celebrazione<br />
archeologica e cortigiana <strong>del</strong>l’Appartamento Borgia.<br />
Un esempio soltanto di quei committenti: Domenico<br />
<strong>del</strong>la Rovere, vescovo di Torino e cardinale di San Cle-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 37
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
mente, abitava a Roma in un palazzo, dove in una sala<br />
si celebravano astrologicamente i mesi <strong>del</strong>l’anno, in<br />
un’altra il soffitto era ricolmo di formelle dorate con animali<br />
e <strong>per</strong>sonaggi <strong>del</strong>la mitologia, nel cortile erano graffiti<br />
volti di <strong>per</strong>sonaggi antichi, tra cui l’architetto Vitruvio;<br />
la sua cappella a Santa Maria <strong>del</strong> Popolo non rinunciava<br />
a soluzioni paganeggianti e illusionistiche; possedeva<br />
libri d’ore con alcune <strong>del</strong>le miniature piú belle <strong>del</strong><br />
secolo: il parmigiano Francesco Marmitta nel messale di<br />
Torino rifaceva cammei e ornati antichi, coniugando<br />
Fiandre, Ercole de Roberti e «classicismo prematuro»,<br />
il veronese Francesco di Bettino nel messale <strong>del</strong>la Pierpont<br />
Morgan Library si dava ad uno squarcionismo<br />
retrospettivo ed esaltato, non indenne, naturalmente, da<br />
simpatie anticheggianti. Le soluzioni adottate <strong>nei</strong> cicli<br />
romani potevano diventare dei mo<strong>del</strong>li <strong>per</strong> decorazioni<br />
in sedi <strong>per</strong>iferiche: ad esempio, il salone con i mesi <strong>del</strong><br />
Pintoricchio <strong>per</strong> Domenico <strong>del</strong>la Rovere veniva replicato<br />
dal Falconetto in Palazzo d’Arco a Mantova, l’impianto<br />
<strong>del</strong>la mastodontica Sala Regia di Palazzo Venezia,<br />
con qualche variante e complicazione, nella Sala<br />
dei Mori di Giovanni <strong>del</strong> Sega a Carpi.<br />
Dalla folla dei <strong>pittori</strong> <strong>del</strong>la Roma <strong>del</strong> Pintoricchio<br />
emergono, nell’ultimo decennio <strong>del</strong> secolo, figure come<br />
Morto da Feltre, un <strong>per</strong>sonaggio ancora tutto da ricostruire,<br />
ma capace comunque di incidere <strong>per</strong> ben tre<br />
volte, in un caso <strong>per</strong>sino a lettere greche, il proprio<br />
nome sulle volte <strong>del</strong>la Domus Aurea e di meritarsi, <strong>per</strong><br />
le sue competenze archeologiche, una prestigiosa menzione<br />
vasariana.<br />
Anche Amico As<strong>per</strong>tini, giunto a Roma al seguito <strong>del</strong><br />
padre, trae dalla cultura pinturicchiesca lo stimolo <strong>per</strong><br />
escogitare una eccentrica traduzione dei rilievi antichi<br />
in un linguaggio memore ancora <strong>del</strong>le inquietudini di<br />
Giovanni da Modena. Le passioni <strong>del</strong> giovane As<strong>per</strong>tini,<br />
occupato a riempire una pagina via l’altra <strong>del</strong> suo tac-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 38
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
cuino mescolando i miti dei sarcofagi con i rilievi degli<br />
archi trionfali, le storie <strong>del</strong>la Colonna Traiana con le pitture<br />
<strong>del</strong>la Domus Aurea, lo spingono a realizzare prima<br />
<strong>del</strong> 1500, o<strong>per</strong>e come il San Sebastiano, dove sul fondo<br />
nero si staglia dietro a questo compagno equivoco dei<br />
trasognati martiri <strong>per</strong>ugineschi una balaustrata che riorganizza<br />
motivi frementi di diversi rilievi antichi. Diventava<br />
presto inevitabile quindi l’incontro con quel Jacopo<br />
Ripanda, anche lui bolognese, impegnato già prima<br />
<strong>del</strong> 1503 nella prestigiosa commissione capitolina, una<br />
<strong>del</strong>le piú importanti imprese <strong>pittori</strong>che <strong>del</strong>la Roma d’inizio<br />
secolo. Si trattava di svolgere, in quattro sale <strong>del</strong><br />
palazzo dei Conservatori, un ciclo di inedita complessità<br />
in cui fossero raffigurati i principali eventi <strong>del</strong>la storia<br />
di Roma antica nel <strong>per</strong>iodo regio e repubblicano: una<br />
disciplina lungamente esercitata sui testi e sui monumenti<br />
<strong>del</strong>la classicità, messa a punto attraverso indagini<br />
a tappeto <strong>per</strong> la prima volta condotte con tale rigore<br />
antiquario, consentivano a Ripanda di provarsi, con<br />
eccessiva fiducia <strong>nei</strong> propri mezzi, nella grande composizione<br />
storica, con un’eloquenza illustrativa che sposta<br />
e dispone grandi masse di attori su scenari vari e spettacolari.<br />
La bottega di Ripanda, impegnata nel primo<br />
decennio <strong>del</strong> Cinquecento non solo in Campidoglio,<br />
sotto gli auspici di Raffaele Riario, ma anche nel ciclo<br />
di Traiano e di Cesare voluto da Fazio Santoro <strong>per</strong> celebrare<br />
le virtú di Giulio II, si dedicava inoltre alla decorazione<br />
di facciate di case di privati cittadini e alla produzione<br />
di cassoni nuziali: le invenzioni <strong>del</strong> pittore bolognese,<br />
giocate su virtuose decalcomanie di figure tratte<br />
da rilievi antichi, venivano realizzate dagli artisti <strong>del</strong>la<br />
sua cerchia.<br />
L’As<strong>per</strong>tini intanto era tornato in patria e aveva<br />
immesso nella Bologna dei Bentivoglio, attestata ancora<br />
sulle mitologie cortesi ed umbratili <strong>del</strong> Francia e <strong>del</strong><br />
Costa, il flusso <strong>del</strong>le sue conoscenze conquistate a Roma<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 39
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
a contatto diretto con i monumenti antichi. I versi <strong>del</strong><br />
Viridario <strong>del</strong>l’Achillini, 1504, sanno cogliere, con grande<br />
precocità, l’umore bizzarro e l’appassionata filologia<br />
<strong>del</strong>l’As<strong>per</strong>tini, che gli consentono di accaparrarsi un<br />
temporaneo primato culturale in direzione romana e<br />
anticheggiante.<br />
Nell’Opusculum di Francesco Albertini, concluso nel<br />
giugno <strong>del</strong> 1509, veniva teorizzata la su<strong>per</strong>iorità di<br />
Roma antica, in via di ricostruzione nella galleria di<br />
capolavori <strong>del</strong> Belvedere vaticano, sulla Roma degli artisti<br />
moderni: e poco importava all’erudito fiorentino che<br />
Michelangelo stesse già decorando, «pulcherrimis pieturis<br />
et auro», la Cappella Sistina o che Raffaello cominciasse<br />
a distinguersi fra gli «excellentissimi pictores concertantes»<br />
nelle Stanze vaticane, in cui non mancavano<br />
né il Sodoma né il Bramantino né Lorenzo Lotto.<br />
Nei registri nazionali dei grandi <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> non<br />
mancavano i due fratelli Bellini, veneziani: e Giovanni<br />
fu di certo uomo che sarebbe stato capace di reggere alle<br />
sconvolgenti novità romane di quegli anni, lui «che <strong>del</strong><br />
rinnovarsi incessante fece la propria divisa mentale e<br />
morale».<br />
Jacopo Bellini era morto, probabilmente nel 1470,<br />
lasciando a suo figlio Gentile i libri di disegni, le antichità,<br />
i calchi. Raffaele Zovenzoni, il letterato che celebrava<br />
l’uva squarcionesca di Marco Zoppo come se fosse<br />
quella di Zeusi, rammentava in una poesia una Venere<br />
antica di Gentile, che possedeva anche un busto di Platone,<br />
celebrato in versi da Pietro Valeriano. L’erudizione<br />
antiquaria <strong>del</strong> Seicento favoleggiò che il pittore<br />
veneziano, nel corso <strong>del</strong> suo soggiorno a Costantinopoli,<br />
alla corte di Maometto II, avesse ritratto le colonne<br />
coclidi degli im<strong>per</strong>atori tardoantichi. Ma nella pittura di<br />
Gentile, <strong>nei</strong> suoi disegni, la costante attenzione <strong>per</strong> il<br />
costume e <strong>per</strong> la grande scena curiale, mista alle preoc-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 40
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
cupazioni ritrattistiche risolte certo piú in senso araldico<br />
che psicologico, prevedeva il richiamo a scenari molto<br />
diversi da quelli battuti con insistenza ossessiva dal<br />
cognato Mantegna. Il suo è un Oriente senza rovine, un<br />
po’ come quello <strong>del</strong> Carpaccio, che solo <strong>nei</strong> quadri piú<br />
mistici allenta la presa <strong>del</strong>la sua im<strong>per</strong>turbabilità, e lascia<br />
comparire inserti di are spezzate, ruderi e epigrafi nella<br />
campagna <strong>del</strong> Veneto.<br />
Anche a Venezia, come nelle corti <strong>del</strong>l’<strong>It</strong>alia <strong>del</strong><br />
Nord, si tratta di sbrogliare i legami tra i letterati, i collezionisti-committenti,<br />
i <strong>pittori</strong> e gli scultori, che, in<br />
questo caso, sono, prima di tutti, Tullio e Antonio Lombardo<br />
con le loro soluzioni classicistiche, pronti a risentire<br />
dei pezzi antichi che giungevano dalla Grecia o dall’Asia<br />
Minore, oppure Cristoforo Solari, le cui figure<br />
parevano ai contempora<strong>nei</strong> «antiquo scemate». Per fare<br />
un esempio solamente, in un paesaggio di cui si vanno<br />
rimontando episodi maggiori e minori ed anche minimi,<br />
dovrà riprendere il suo posto Ambrogio Leone, medico<br />
nolano trasferitosi a Venezia: è lui infatti a descrivere<br />
in versi un busto marmoreo di Beatrice d’Este, a partecipare<br />
pesantemente alla disputa sulle arti con un passo<br />
<strong>del</strong> suo De nobilitate rerum, a commettere ad un artista<br />
multiforme <strong>del</strong>la bottega belliniana, Girolamo Mocetto,<br />
una serie di piante di Nola antica e dei suoi monumenti,<br />
realizzate sul luogo, che verranno pubblicate a corredo<br />
illustrativo <strong>del</strong> suo De Nola, vera e propria monografia<br />
sulla sua patria.<br />
Nel corso <strong>del</strong>la sua carriera lunghissima e spettacolosa<br />
Giovanni Bellini ebbe modo di provare, fornendo risposte<br />
sempre <strong>per</strong>sonali e inconfondibili, diversi dei modi<br />
di approccio all’arte <strong>del</strong> mondo antico s<strong>per</strong>imentati dai<br />
<strong>pittori</strong> suoi contempora<strong>nei</strong>: da giovane sfuggiva all’esilità<br />
<strong>del</strong>le soluzioni paterne, ricorrendo al robusto antichismo<br />
<strong>del</strong> Donatello padovano e fiancheggiava, indipendente,<br />
le avventure <strong>del</strong>la banda degli squarcione-<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 41
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
schi, come si può vedere in un disegno degli Uffizi; dialogava,<br />
con differenti soluzioni, sui problemi che affascinavano<br />
Andrea Mantegna, in quadri come il Sangue<br />
<strong>del</strong> Redentore, dove la balaustrata con scene di sacrifici<br />
pagani si innalza su un pavimento piastrellato bianco e<br />
nero, da rammentare il ben piú tardo ring <strong>del</strong>l’Allegoria<br />
Sacra degli Uffizi, con tutt’intorno una campagna e un<br />
patetismo che mai il cognato terribile avrebbe contemplato;<br />
nella Pietà di Brera poteva correre il rischio di<br />
inserire, <strong>per</strong> volontà di uno sconosciuto committente, un<br />
verso oscuro di Pro<strong>per</strong>zio, piú lontano che mai dalle<br />
lapidi degli Eremitani; nella pala di Pesaro aveva modo<br />
di ritornare sulle soluzioni decorative inventate da quell’altro<br />
genio che era stato suo padre, senza piú paura di<br />
rischiare l’imitazione: il trono codussiano su cui Cristo<br />
incorona la Madonna, ed entro cui si staglia lucente la<br />
rocca di Gradara, è sovrastato da un fregio a figurette<br />
che rammenta quelli dei libri di Jacopo, allora nelle mani<br />
distratte di Gentile, che presto se ne sbarazzava di uno,<br />
regalandolo ai Turchi, e in una <strong>del</strong>le formelle di questa<br />
chiave di volta <strong>del</strong>la storia artistica nazionale, dipinta<br />
<strong>per</strong> la città <strong>del</strong>la propria madre, Giovanni rappresentava<br />
una piazza dei suoi tempi, coi comignoli di Venezia,<br />
con un San Terenzio stante come una statua, un’epigrafe<br />
antica reimpiegata nella muratura di un palazzo, anche<br />
qui una risposta sommessa ed atmosferica alle ricostruzioni<br />
lapidee ed implacabili <strong>del</strong>la Cappella Ovetari,<br />
come già qualche anno prima aveva tentato in uno scomparto<br />
<strong>del</strong>la pre<strong>del</strong>la <strong>del</strong> polittico di San Vincenzo Ferrer;<br />
piú avanti cogli anni, faceva qualche concessione ai<br />
lettori <strong>del</strong>l’Hypnerotomachia Poliphili con pezzi di soggetto<br />
profano, allegorico e mitologico, destinati a decorare<br />
la mobilia di quei colti <strong>per</strong>sonaggi, che volevano<br />
specchi, cassoni o strumenti da musica impreziositi da<br />
rimandi al mondo antico (qualcosa <strong>del</strong> genere produceva<br />
in quegli anni anche un altro grande pittore veneto,<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 42
Settis - Farinella - Agosti <strong>Passione</strong> e <strong>gusto</strong> <strong>per</strong> l’antico <strong>nei</strong> <strong>pittori</strong> <strong>italiani</strong> <strong>del</strong> ’400<br />
Cima da Conegliano); <strong>per</strong> amicizia e stima, Giovanni<br />
poteva anche prestarsi, ormai anziano, a dare una mano<br />
<strong>per</strong> completare la decorazione di un ambiente di casa<br />
Cornaro, <strong>per</strong> cui Andrea Mantegna, poco prima di morire,<br />
aveva progettato una serie di tavole monocrome e<br />
preziose illustranti le virtú <strong>del</strong>le donne, tramite alcune<br />
storie degli antichi Cornelii, antenati pretestuosi dei<br />
Cornaro. Ma il mondo antico a cui era giunto Giovanni<br />
Bellini da vecchio lasciava da parte monocromi e<br />
marmi preziosi: nel quadro <strong>per</strong> il camerino d’alabastro<br />
di Alfonso I d’Este, l’approdo piú avanzato <strong>del</strong>la pittura<br />
<strong>del</strong> secolo, dipingeva gli dei <strong>del</strong>la mitologia all’aria<br />
a<strong>per</strong>ta, in una specie di mascherata, dove a servire il<br />
pranzo sono centauri e canefore: Giove trinca con l’aquila<br />
sulle ginocchia, Nettuno, il bello <strong>del</strong>la compagnia,<br />
infila una mano tra le gambe <strong>del</strong>la sua vicina, qualcuno<br />
dorme, un bambino, che sembra un nano, è Bacco che<br />
versa il vino da una botte in una caraffa argentata, Mercurio<br />
ha una sco<strong>del</strong>la in testa, che luccica al sole: sono<br />
tutti sbracati sotto gli alberi di Tiziano, naturalmente<br />
ubriachi.<br />
Per ragioni di spazio, questo saggio compare qui in<br />
forma ridotta; la versione completa, provvista <strong>del</strong>le note<br />
bibliografiche, potrà presto leggersi sugli «Annali <strong>del</strong>la<br />
Scuola Normale Su<strong>per</strong>iore di Pisa».<br />
La divisione <strong>del</strong>le parti tra i tre autori è la seguente:<br />
Salvatore Settis pagine 524-525; Vincenzo Farinella<br />
pagine 525-533; Giovanni Agosti pagine 533-537.<br />
La stesura <strong>del</strong> testo è stata accompagnata da lunghe<br />
discussioni con Andrea De Marchi, Filippo Todini e<br />
Bruno Zanardi.<br />
Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 43