FOGLI DI LAVORO per il Diritto internazionale 3 ... - Giurisprudenza
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<strong>FOGLI</strong> <strong>DI</strong> <strong>LAVORO</strong> <strong>per</strong> <strong>il</strong> <strong>Diritto</strong> <strong>internazionale</strong> 3/2008<br />
mente luogo ad una controversia interpretativa 50 ); le seconde sono<br />
invece le dichiarazioni con le quali lo Stato, al momento della<br />
ratifica o dell’adesione, offre un’interpretazione che viene posta<br />
come condizione del suo consenso ad obbligarsi.<br />
Più specificamente, con le mere dichiarazioni interpretative<br />
lo Stato dichiarante intende solo indicare una lettura del trattato<br />
che potrà essere accettata o meno in sede giudiziaria o di arbitrato;<br />
<strong>per</strong> tale ragione, non vi è motivo di trattare queste dichiarazioni<br />
come tentativi di modificare <strong>il</strong> trattato. Al contrario, le<br />
dichiarazioni interpretative qualificate hanno carattere condizionante:<br />
lo Stato che le formula intende affermare la sua interpretazione,<br />
escludendo la possib<strong>il</strong>ità di letture giudiziali difformi e,<br />
dunque, subordina la sua accettazione del trattato al fatto che le<br />
altre parti si mostrino acquiescenti verso la sua interpretazione.<br />
Così facendo, <strong>il</strong> proponente trascura quella che potrebbe essere la<br />
‘vera’ interpretazione del trattato e mira ad escludere o modificare<br />
i termini dello stesso; <strong>per</strong> tale motivo, tali dichiarazioni vengono<br />
frequentemente assim<strong>il</strong>ate alle riserve. Pellet contesta tale<br />
teoria e, in particolare, rifiuta l’idea che le dichiarazioni interpretative<br />
condizionate debbano essere accostate alle riserve, in<br />
quanto non ritiene che quando uno Stato afferma che la sua interpretazione<br />
debba prevalere sulle altre, esso miri ad escludere o<br />
modificare i termini del trattato 51 .<br />
50 Sul concetto di controversia interpretativa si veda G. MORELLI, «Controversia<br />
<strong>internazionale</strong> interpretativa», in Rivista di diritto <strong>internazionale</strong>,<br />
1969, p. 5 ss.<br />
51 A/CN. 4/491/Add. 4, pp. 23 e 27. Sim<strong>il</strong>i critiche erano già state mosse<br />
a McRae da F. HORN, Reservations, cit., p. 239 ss., <strong>il</strong> quale afferma che <strong>il</strong> fatto<br />
che una dichiarazione sia posta da uno Stato come condizione della sua partecipazione<br />
al trattato non trasforma automaticamente tale statuizione in una<br />
riserva, in quanto un effetto di tale tipo può essere sostenuto solo nel momento<br />
in cui un’interpretazione viene riconosciuta come l’unica ‘esatta’ e valida,<br />
cioè quando gli Stati hanno concordato un’interpretazione autentica attraverso<br />
negoziati o hanno concluso un accordo supplementare sull’interpretazione,<br />
oppure quando, evenienza rara, si sia avuta una sentenza o una decisione arbitrale<br />
vincolante <strong>per</strong> tutte le parti. Soltanto a questo punto è possib<strong>il</strong>e affermare<br />
che una dichiarazione interpretativa abbia un effetto derogatorio e che, dunque,<br />
sia una vera e propria riserva, da sottoporre al relativo regime (tuttavia,<br />
anche tale conseguenza non è automatica, in quanto lo Stato potrebbe decidere<br />
di sottomettersi all’interpretazione autoritativa e di rinunciare alla sua dichiarazione).<br />
A mio modesto avviso, la conclusione cui giungono Horn e Pellet è<br />
da condividere. Infatti, ritenere che lo Stato, condizionando la sua adesione