FOGLI DI LAVORO per il Diritto internazionale 3 ... - Giurisprudenza
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<strong>FOGLI</strong> <strong>DI</strong> <strong>LAVORO</strong> <strong>per</strong> <strong>il</strong> <strong>Diritto</strong> <strong>internazionale</strong> 3/2008<br />
La definizione è ricavata <strong>per</strong> contrasto dall’art. 2 par. 1<br />
lett. d della Convenzione di Vienna 44 . Infatti, o<strong>per</strong>ando un confronto<br />
con la nozione di riserva, due degli elementi costitutivi di<br />
questa, cioè <strong>il</strong> carattere un<strong>il</strong>aterale 45 e l’indifferenza della formulazione<br />
o delle denominazione 46 , sono comuni anche alle dichiarazioni<br />
interpretative, mentre l’intento di escludere o modificare<br />
gli effetti delle previsioni convenzionali appare come elemento<br />
di differenziazione. Il criterio centrale <strong>per</strong> o<strong>per</strong>are la distinzione<br />
tra dichiarazioni interpretative e riserve è dunque quello teleologico<br />
47 : se le statuizioni un<strong>il</strong>aterali mirano ad interpretare <strong>il</strong> disposto<br />
pattizio e non ad escludere o modificare l’effetto di una o più<br />
disposizioni del trattato esse non costituiscono riserve, bensì solo<br />
proposte di interpretazione, rette dal fondamentale principio di<br />
buona fede, ma prive di carattere autentico o vincolante 48 .<br />
E’ evidente come Pellet abbia rifiutato di inserire nella<br />
linea guida la distinzione tra simple interpretative declarations e<br />
conditional (o qualified) interpretative declarations elaborata da<br />
McRae e molto diffusa in dottrina 49 . Le mere dichiarazioni interpretative<br />
si hanno quando uno Stato allega al suo strumento di<br />
accettazione del trattato una dichiarazione che mira soltanto ad<br />
interpretare una o più disposizioni del trattato (dando eventual-<br />
44 A/CN. 4/491/Add. 4, p. 11 ss.<br />
45 Pellet prende anche in considerazione l’ipotesi di dichiarazioni congiunte<br />
(A/CN. 4/491/Add. 4, p. 12 s.).<br />
46 Il Relatore segnala l’opinione contraria, che ritiene che le dichiarazioni<br />
interpretative siano tali se così denominate dagli Stati, ma r<strong>il</strong>eva come la<br />
prassi, la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria smentiscano tale conclusione;<br />
inoltre, egli trae dall’art. 2 par. 1 lett. d della Convenzione di Vienna<br />
un’indicazione generale in senso antinominalista (A/CN. 4/491/Add. 4, p. 14<br />
ss.). 47 A/CN. 4/491/Add. 4, p. 20 ss.<br />
48 Pellet afferma anche, con qualche ambiguità, che gli Stati dichiaranti<br />
potrebbero tentare di ampliare <strong>il</strong> loro scopo, ma in questo caso le loro dichiarazioni<br />
“come closer to being a reservation without actually becoming one”<br />
(A/CN. 4/491/Add. 4, p. 23).<br />
49 A/CN. 4/491/Add. 4, p. 23 ss. La distinzione si trova ampiamente teorizzata<br />
in D. M. MCRAE, «The Legal Effect», cit.; in realtà F. HORN, Reservations,<br />
cit., p. 238, ne ritrova le radici già negli scritti di Kappeler, Gubin e Kozhevnikov.<br />
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