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FOGLI DI LAVORO per il Diritto internazionale 3 ... - Giurisprudenza

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<strong>FOGLI</strong> <strong>DI</strong> <strong>LAVORO</strong> <strong>per</strong> <strong>il</strong> <strong>Diritto</strong> <strong>internazionale</strong> 3/2008<br />

verno) come governance nella società ‘ormai’ a rete nella versione<br />

europea, oggettiva (l’ordine istituzionale europeo come un<br />

assetto multipolare ed eterarchico) e ideale, cioè nella teoria<br />

predicata dalla Commissione, si definisce come circolo comunicativo<br />

acefalo e piatto, senza siti principali della decisione. Ciò<br />

che pare l’esatto contrario di un’organizzazione finalizzata<br />

all’emersione delle decisioni come questioni pubbliche e come<br />

risoluzione di conflitti tra interessi sociali contrapposti. L’idea di<br />

democrazia che si evince dalla maniera in cui la partecipazione<br />

democratica è assicurata secondo i documenti della Commissione<br />

e <strong>il</strong> discorso elaborato da alcuni parte degli ambienti accademici<br />

che la circondano, così come quella che configura <strong>il</strong> consenso<br />

sociale all’impianto valoriale comunitario prospettato come<br />

costituzione europea mult<strong>il</strong>ivello come presupposto delle<br />

scelte praticate dai rappresentanti politici e implicato nelle dinamiche<br />

istituzionali europee lasciano insomma fondati dubbi.<br />

Sulla coerenza rispetto all’ideale democratico e rispetto alla retorica<br />

prevalente sul coinvolgimento delle collettività europee.<br />

Per cui, infine, l’invocazione del consenso sociale al processo di<br />

integrazione pare quasi una camicia di forza nella quale i gruppi<br />

artefici del processo di unificazione sono costretti da<br />

un’educazione formale ai valori della democrazia e alla tradizione<br />

dottrinale del diritto pubblico. Ciò si riferisce qui all’idea<br />

<strong>per</strong> cui la nascita di una soggettività politica autonoma nuova e<br />

forte, un nuovo ordine politico, necessiterebbe di una Costituzione<br />

e di un processo (momento) costituente, come fondazione<br />

condivisa (e garanzia della diffusione) di un determinato ordine<br />

di valori strutturale. Struttura valoriale che costituirebbe<br />

l’identità della soggettività politica costituita.<br />

Constatare, d’altra parte, che le prevalenti reazioni dei<br />

politici europei e dei funzionari e burocrati delle istituzioni comunitarie<br />

agli esiti referendari sono orientate alla categorica<br />

condanna delle pronunce popolari e alla stigmatizzazione delle<br />

ragioni che spiegherebbero tali manifestazioni consolida le <strong>per</strong>plessità<br />

rispetto alle solenni preoccupazioni ritualmente dedicate<br />

alla distanza tra cittadini e istituzioni europee. Sembra di trovarsi<br />

di fronte all’ossequio manifestato rispetto a principi a cui rendere<br />

necessariamente omaggio, ma parecchio distanti<br />

dall’effettivo sentire dei protagonisti dell’armonizzazione giuridico-politica<br />

continentale. Per tal via, l’abbandono del progetto

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