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FOGLI DI LAVORO per il Diritto internazionale 3 ... - Giurisprudenza

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<strong>FOGLI</strong> <strong>DI</strong> <strong>LAVORO</strong> <strong>per</strong> <strong>il</strong> <strong>Diritto</strong> <strong>internazionale</strong> 3/2008<br />

Il primo punto che viene alla mente è che la contrarietà<br />

di una parte consistente della volontà popolare europea<br />

(giacché sarebbe ingiusto eguagliarla alla totalità) è un problema<br />

politico <strong>per</strong>ché è la politica comunitaria (<strong>il</strong> suo lessico), sono gli<br />

stessi esponenti istituzionali cioè che sottomettono al consenso<br />

popolare i <strong>per</strong>corsi istituzionali dell’integrazione. Si dice ciò<br />

<strong>per</strong>ché a ben vedere è questo <strong>il</strong> connotato della crisi del processo<br />

di integrazione ogni qualvolta c’è stato un rigetto popolare; le<br />

istituzioni comunitarie infatti potrebbero essere definite e giustificate,<br />

cioè legittimate, secondo i criteri delle relazioni tra governi<br />

e della classica dottrina internazionalistica. È questo un<br />

aspetto paradossale e, vista la <strong>per</strong>sistenza, quasi grottesco. Basti<br />

pensare alla maniera indispettita e sprezzante con cui si è reagito<br />

alle manifestazioni democratiche (popolari) di cui stiamo parlando<br />

da parte di molti tra coloro che nel determinare le politiche<br />

europee non fanno altro che ripetere la necessità di su<strong>per</strong>are<br />

<strong>il</strong> “deficit democratico”.<br />

Il tema della legittimità democratica si è imposto dalla<br />

fine degli anni Ottanta del secolo scorso quando<br />

l’accelerazione della costruzione europea prospettò una sostanziale<br />

cessione di sovranità e un’entità politica più significativa<br />

delle Comunità fino a quel momento realizzate. Fino a quel<br />

momento la Comunità poteva vantare di essere una costruzione<br />

intergovernamentale che con successo aveva stretto in un legame<br />

pacifico le Nazioni che stavano al centro del vecchio conti-<br />

sono state motivate dalla paura prevalente che l’ordine politico e normativo<br />

comunitario fosse meno egualitario e solidale degli ordinamenti costituzionali<br />

nazionali. Ciò è particolarmente vero <strong>per</strong> gli esiti del 2005 che furono contrassegnati<br />

non dalla prevalenza di generiche quanto intense logiche identitarie<br />

ma dalla r<strong>il</strong>evanza data alla presenza di un progetto di direttiva congegnato<br />

dalla Commissione, cosiddetta direttiva Bolkestein, che si proponeva di<br />

eliminare qualsiasi limite alla circolazione delle imprese sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o delle<br />

relazioni di lavoro. È degno di nota che <strong>il</strong> dibattito francese fu un esempio di<br />

auto-informazione civica, <strong>per</strong> di più contro la maggior parte dei media e degli<br />

opinion makers francesi e non. Confermando che anche questioni diffic<strong>il</strong>i<br />

come quella del progetto di una direttiva europea possono esser portate<br />

all’attenzione della massa se schematizzati e approfonditi (<strong>il</strong> lavoro di informazione<br />

fu svolto dall’associazionismo e dai sindacati; in particolare<br />

dall’associazione Attac). Sul ‘progetto’ Bolkestein A. CANTARO, op. cit., p.<br />

129 ss.<br />

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