TOSCA - Il giornale dei Grandi Eventi
TOSCA - Il giornale dei Grandi Eventi TOSCA - Il giornale dei Grandi Eventi
L’intervista Parla il regista Franco Ripa di Meana A Pag. 2 La storia dell’opera Un dramma prima rifiutato e poi corteggiato A Pag. 4 L’inganno in Tosca Un meccanismo drammatico simbolo di un’epoca A Pag. 7 Le Terme di Caracalla La Stagione estiva nel luogo di salute e piacere della Roma antica A Pag. 9 I Luoghi S. Andrea della Valle, Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo A Pag. 12, 13 e 14 Anno XV - Numero 41 - 14 luglio 2009 TOSCA di Giacomo Puccini
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L’intervista<br />
Parla il regista<br />
Franco Ripa di Meana<br />
A Pag. 2<br />
La storia dell’opera<br />
Un dramma prima rifiutato<br />
e poi corteggiato<br />
A Pag. 4<br />
L’inganno in Tosca<br />
Un meccanismo drammatico<br />
simbolo di un’epoca<br />
A Pag. 7<br />
Le Terme di Caracalla<br />
La Stagione estiva nel<br />
luogo di salute e piacere<br />
della Roma antica<br />
A Pag. 9<br />
I Luoghi<br />
S. Andrea della Valle,<br />
Palazzo Farnese e<br />
Castel Sant’Angelo<br />
A Pag. 12, 13 e 14<br />
Anno XV - Numero 41 - 14 luglio 2009<br />
<strong>TOSCA</strong><br />
di Giacomo Puccini
2 Tosca <strong>Il</strong><br />
Una grande foto aerea di Roma,<br />
stampata sul palcoscenico inclinato,<br />
sulla quale sono evidenziati<br />
in rosso i luoghi della fatale storia<br />
di Floria Tosca: la chiesa di Sant’Andrea<br />
della Valle in Corso Vittorio, palazzo<br />
Farnese e Castel Sant’Angelo. E’<br />
la visione spettacolare posta sul fondale<br />
antico e straordinario delle cosiddette<br />
“Torri” del Caldarium delle Terme di<br />
Cracalla, che accompagnerà fino al 6<br />
agosto gli spettacoli di questa Tosca.<br />
Dopo vent’anni d’assenza, tocca, infatti,<br />
alla protagonista più famosa delle<br />
opere di Giacomo Puccini aprire la pagina<br />
lirica della Stagione Estiva 2009<br />
del Teatro dell’Opera. Un titolo, quello<br />
di Tosca che debuttò al teatro Costanzi<br />
il 14 gennaio del 1900 e che nel 1937<br />
inaugurò la stagione estiva dell’opera,<br />
per la prima volta in questo luogo di<br />
grande fascino.<br />
Nel nuovo allestimento, il regista Franco<br />
Ripa di Meana ha immaginato una<br />
Tosca segnata dall’acqua, dal fuoco e<br />
da un finale inconsueto. «L’idea è nata<br />
guardando al dramma originale di Victorien<br />
Sardou, nel quale nella seconda scena<br />
del terzo atto la casa di Cavaradossi è posta<br />
proprio tra le Terme di Caracalla ed il Mausoleo<br />
degli Scipioni (che si trova in via di<br />
Porta San Sebastiano, n.d.r.), ma anche<br />
pensando al luogo dove dovrà andare in scena,<br />
con lo sfondo delle rovine del grosso<br />
Caldarium, ovvero la parte più calda delle<br />
Terme, che è posto proprio dietro al palcoscenico.<br />
Li sotto ci sono ancora le grosse<br />
caldaie che scaldavano 24 ore su 24 enormi<br />
quantità d’acqua, il cui vapore veniva poi<br />
convogliato nelle tubature che correvano –<br />
e corrono ancora oggi - lungo le pareti.<br />
Inoltre, al di la <strong>dei</strong> tanti riferimenti e circostanze,<br />
ciò che profondamente lega Tosca a<br />
Roma è quel caratteristico confronto tra potere<br />
e religione, tra sacro e profano, elementi<br />
che in tutta la vita della Città ancor oggi<br />
si intrecciano e si scindono, ma sempre la<br />
permeano, facendone un unicum nel mondo.<br />
Per questo ho deciso di “segnare” la<br />
città, di evidenziarne i luoghi, facendone vivere<br />
e divenire protagonista quel fiume intorno<br />
al quale la città e nata e si è espansa».<br />
Per la verità tutto l’allestimento è per-<br />
vaso da un anticlericalismo gratuito ed<br />
antistorico, al limite del blasfemo quando<br />
viene più volte – anche qui gratuitamente<br />
- gettato a terra il crocifisso, che<br />
diverrà anche l’arma del delitto.<br />
C’è poi il finale, così particolare…. «La<br />
pazzia di Tosca, immaginata dagli autori<br />
del libretto, condivisa e difesa da Puccini fino<br />
all’aut aut imposto da Sardou – che<br />
proibì di discostarsi in maniera netta dal<br />
proprio dramma, pena la negazione <strong>dei</strong> diritti<br />
– è il contributo più interessante <strong>dei</strong> recenti<br />
studi sulla genesi dell’opera. <strong>Il</strong> ritrovamento<br />
della prima versione del finale ed<br />
altre testimonianze epistolari sul carattere<br />
del terz’atto, che Puccini volle ad ogni costo<br />
fulmineo ed affannato (contro l’unanime<br />
giudizio) cassando senza pietà lunghe arie<br />
del tenore e duetti lirici, dimostra come<br />
Puccini fosse affezionato all’idea della progressiva<br />
perdita di senno della protagonista.<br />
Dunque, Tosca folle, in-<br />
vece che Tosca suicida, mi è<br />
sembrata da subito una visione<br />
più drammatica e questa<br />
suggestione guiderà il finale<br />
il quale, all’usuale - quanto<br />
deludente sul palcoscenico -<br />
salto nel vuoto sostituirà<br />
l’immagine <strong>dei</strong> due corpi degli<br />
amanti che, dopo la fucilazione<br />
di lui, affondano, finalmente<br />
uniti, nelle acque<br />
catartiche - che tutto lavano<br />
e tutto perdonano - del Tevere,<br />
il grande secolare testimone<br />
muto della Città».<br />
And. Mar.<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Parla il regista Franco Ripa di Meana<br />
Un allestimento che guarda a Roma ed alla pazzia di Tosca<br />
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Direttore responsabile<br />
Andrea Marini<br />
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~ ~ La Locandina ~ ~<br />
Terme di Caracalla, 14 luglio - 6 agosto 2009<br />
<strong>TOSCA</strong><br />
Opera in tre atti<br />
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi <strong>Il</strong>lica<br />
Tratto dal dramma di Victorien Sardou<br />
Musica di Giacomo Puccini<br />
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Costanzi, 14.1.1900<br />
Maestro concertatore<br />
Paolo Olmi<br />
e Direttore<br />
Maestro del Coro Andrea Giorgi<br />
Regia Franco Ripa di Meana<br />
Scene Edoardo Sanchi<br />
Costumi Silvia Aymonino<br />
Disegno Luci Agostino Angelici<br />
Floria Tosca (S)<br />
Personaggi / Interpreti<br />
Micaela Carosi (14, 16, 21/7, 4, 6/8)<br />
Virginia Todisco (15, 17, 22, 30/7)<br />
Cavaradossi (T) Fabio Armiliato (14, 16, 21/7, 4, 6/8)<br />
Valter Borin (15,17, 22, 30/7)<br />
Scarpia (Bar) Giorgio Surian (14, 16, 21/7, 4, 6/8)<br />
Giovanni Meoni (15, 17, 22, 30/7)<br />
Sagrestano (Bar) Roberto Abbondanza (14, 16, 17, 21, 30/7)<br />
Carlo Di Cristoforo (15, 22/7, 4, 6/8)<br />
Angelotti (B) Alessandro Svab<br />
Spoletta (T) Mario Bolognesi<br />
Sciarrone (B) Alessandro Battiato (14, 15, 16, 17, 21/7)<br />
Antonio Taschini (22/7, 4/8), Riccardo Coltellacci (30/7, 6/8)<br />
Carceriere (B) Angelo Nardinocchi (14, 15, 16, 17, 21, 22, 30/7)<br />
Riccardo Coltellacci (4/8) Antonio Taschini (6/8)<br />
Pastorello (S) Marta Pacifici<br />
CORO DI VOCI BIANCHE DI ROMA DELL'ACCADEMIA NAZIONALE<br />
DI SANTA CECILIA E DEL TEATRO DELL'OPERA<br />
diretto da Jose’ Maria Sciutto Altro Maestro del Coro Claudia Morelli<br />
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA<br />
Nuovo allestimento<br />
~ ~ Prossimi Appuntamenti ~ ~<br />
Stagione estiva - Terme di Caracalla<br />
14 Luglio - 06 Agosto <strong>TOSCA</strong><br />
di Giacomo Puccini<br />
29 Luglio - 09 Agosto CARMEN<br />
di Georges Bizet<br />
Stagione 2009 - Teatro Costanzi<br />
02 - 09 Ottobre PELLÉAS ET MÉLISANDE<br />
di Claude Debussy<br />
29 - 06 Novembre TANNHÄUSER<br />
di Richard Wagner<br />
18 - 31 Dicembre LA TRAVIATA<br />
di Giuseppe Verdi<br />
Visitate il nostro sito internet<br />
www.<strong>giornale</strong>grandieventi.it<br />
dove potrete leggere e scaricare i numeri del <strong>giornale</strong>
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Dopo 20 anni di assenza Tosca<br />
torna protagonista alle<br />
Teme di Caracalla. Tra l’altro,<br />
questo titolo pucciniano fu<br />
quello che inaugurò nel 1937 la<br />
tradizione della Stagione Estiva<br />
ospitata in questo maestoso sito<br />
archeologico, che mostrava e mostra<br />
tutt’ora la spettacolarità e la<br />
grandezza della Roma imperiale.<br />
Quest’anno nove le recite in cartellone<br />
di quest’opera tipicamente<br />
romana per i suoi innumerevoli ri-<br />
Èil pomeriggio del 17 giugno<br />
1800. L’opera inizia<br />
senza un’overture mentre<br />
l’ex console della repubblica romana ormai caduta,<br />
Cesare Angelotti (basso), con l’aiuto della sorella, la<br />
Marchesa Attavanti, si rifugia nella Chiesa di<br />
Sant’Andrea della Valle. Qui si trova il pittore Mario<br />
Cavaradossi (tenore) intento a dipingere una delle<br />
cappelle. Colto dalla bellezza della Attavanti egli<br />
decide di ritrarla furtivamente. Angelotti e Mario,<br />
vecchi amici stanno parlando quando vengono interrotti<br />
da Floria Tosca (soprano) la bella cantante<br />
amica di Mario. Angelotti è costretto a nascondersi e<br />
ad assistere Tosca che fa una scena di gelosia a Mario,<br />
per aver riconosciuto nei liniamenti della Maddalena<br />
l’ Attavanti. Sopraggiunge il barone Vitellio<br />
Scarpia (baritono), capo della polizia, in cerca di Angelotti.<br />
Egli persuaso della complicità di Mario (che<br />
gli è anche rivale nell’amore per la cantante), cerca<br />
di ingelosire Tosca mostrandole un ventaglio con lo<br />
stemma della Attavanti trovato vicino ai colori di<br />
Cavaradossi e la fa pedinare dal gendarme Spoletta<br />
(tenore), dandogli successivo appuntamento a Palazzo<br />
Farnese. Scarpia assiste al “Te Deum” di ringraziamento<br />
per festeggiare la notizia della presunta<br />
vittoria austriaca di Marengo.<br />
<strong>Il</strong> Secondo atto si apre con una tavola imbandita<br />
di fronte ad una grande finestra sul cortile di Palazzo<br />
Farnese, dove Scarpia consuma un pasto. Cavaradossi<br />
è arrestato e subito portato al cospetto del<br />
ferimenti e soprattutto per l’ambientazione<br />
tra la chiesa di<br />
Sant’Andrea della Valle in corso<br />
Vittorio, Palazzo Farnese e Castel<br />
Sant’Angelo, ma anche per l’aver<br />
debuttato il 14 gennaio 1900 in<br />
quel teatro Costanzi che è oggi il<br />
Teatro dell’Opera, iniziando da li<br />
un successo che ne ha fatta una<br />
delle opere più conosciute e rappresentate<br />
al mondo.<br />
Questo nuovo allestimento firmato<br />
dal regista Franco Ripa di Mea-<br />
La Trama<br />
Tosca<br />
na e diretto da Paolo Olmi, presenta<br />
un finale inconsueto: la cantante<br />
Floria Tosca non si getterà, suicida,<br />
dai merli di Castel Sant’Angelo,<br />
ma scivolerà con l’amante nel<br />
Tevere, che come fiume della<br />
Città, è elemento centrale e caratteristico<br />
della scena. Scena che vede<br />
Roma protagonista da una prospettiva<br />
particolare, qual è una visione<br />
aerea con una immagine realizzata<br />
in collaborazione con l’Istituto<br />
Geografico Militare.<br />
Un finale a sorpresa per Tosca<br />
capo della polizia per essere interrogato<br />
e quindi sottoposto<br />
inutilmente a tortura per conoscere<br />
il nascondiglio di Angelotti. Le urla di Cavaradossi<br />
portano Tosca a rivelare il rifugio dell’ex console.<br />
Giunge il gendarme Sciarrone informando che<br />
a Marengo Napoleone non è stato sconfitto ma al<br />
contrario ha vinto. Mario, che osteggia Tosca per<br />
aver parlato, viene comunque condannato a morte<br />
per alto tradimento, ma dopo la condanna grida a<br />
Scarpia tutta la sua gioia per la vera vittoria di Marengo.<br />
Tosca sulle insistenze di Scarpia decide di<br />
concedersi a lui per salvare la vita dell’amato.<br />
Scarpia finge di ordinare che i fucili del plotone<br />
di esecuzione siano caricati a salve, ma quando cerca<br />
di abbracciare Tosca, viene da lei ucciso con un<br />
coltello trovato sul tavolo.<br />
Terzo atto. L’alba sulla piattaforma di Castel S.<br />
Angelo è salutata dallo scampanio delle chiese di<br />
Roma. Cavaradossi in attesa di essere giustiziato decide<br />
di scrivere a Tosca un’ultima lettera per confermarle<br />
il suo amore.<br />
Tosca entra nella prigione per avvisare l’amato<br />
che la fucilazione sarà una finzione, esortandolo comunque<br />
a fingersi colpito. Dopo l’esecuzione Tosca<br />
si accorge che Cavaradossi è morto. La donna sfugge<br />
ai gendarmi che sono lì per arrestarla avendo scoperto<br />
il cadavere di Scarpia e, lacerata dal dolore, si<br />
getta dai merli del Castello invocando la giustizia<br />
divina al grido: “O Scarpia, avanti a Dio!”.<br />
Le Repliche<br />
3<br />
Mercoledì 15 Luglio, ore 21.00<br />
Giovedì 16 Luglio, ore 21.00<br />
Venerdì 17 Luglio, ore 21.00<br />
Martedì 21 Luglio, ore 21.00<br />
Mercoledì 22 Luglio, ore 21.00<br />
Giovedì 30 Luglio, ore 21.00<br />
Martedì 4 Agosto, ore 21.00<br />
Giovedì 6 Agosto, ore 21.00<br />
L’editoriale<br />
Addio a<br />
Mario Verdone,<br />
collaboratore<br />
eclettico<br />
di Andrea Marini<br />
Con Mario Verdone ho<br />
parlato l’ultima volta<br />
poco più di un mese prima<br />
della sua scomparsa,<br />
avvenuta a Roma il 26<br />
giugno scorso, esattamente<br />
un mese prima<br />
del suo 92 esimo compleanno.<br />
Ci sentivamo<br />
non spesso ma frequentemente,<br />
parlando delle<br />
comuni passioni, l’opera<br />
e la storia e le tradizioni<br />
di Roma. Lo chiamai,<br />
dopo averlo visto pochi<br />
giorni prima ad una riunione<br />
del Gruppo <strong>dei</strong> Romanisti,<br />
per chiedergli se<br />
volesse scrivere qualcosa<br />
di nuovo per il numero<br />
di Pagliacci sulla storia<br />
e le tradizioni <strong>dei</strong><br />
clown, di cui era il massimo<br />
esperto. Collaborava<br />
al nostro Giornale da<br />
diversi anni, sempre con<br />
grandissimo entusiasmo,<br />
proponendo pezzi<br />
curiosi, divertenti e ricchi<br />
di significati. Per<br />
questo in quella telefonata<br />
mi colpì la sua rassegnazione<br />
verso la vita,<br />
l’improvvisa mancanza<br />
di propensione a voler<br />
continuare una vita ricchissima<br />
di esperienze e<br />
successi, di affetti ed interessi.<br />
Si lamentava che<br />
camminava a fatica e<br />
questa cosa l’aveva cominciata<br />
a vivere come<br />
una limitazione alla propria<br />
libertà. Si, perché<br />
Mario fu sempre uno<br />
spirito libero, precursore<br />
<strong>dei</strong> tempi, eclettico<br />
negli interessi, con una<br />
comunicativa straordinaria<br />
che ne faceva un<br />
ragazzo tra i tanti giovani<br />
che gli si avvicinava-<br />
Segue a pag. 15
4 Tosca <strong>Il</strong><br />
La storia dell’opera<br />
Un dramma prima<br />
rifiutato e poi corteggiato<br />
<strong>Il</strong> dramma Tosca, nato dalla<br />
penna del francese Victorien<br />
Sardou e rappresentato<br />
con successo anche<br />
grazie alle memorabili interpretazioni<br />
di Sarah<br />
Bernhardt dal 1887 in molti<br />
teatri d’Europa, sollevò l’interesse<br />
di Puccini già dal<br />
1889. Tuttavia questi, ancora<br />
non famoso, abbandonò l’idea<br />
spaventato dal realismo<br />
del soggetto e convinto di<br />
non ottenere l’assenso dell’autore.<br />
Sei anni dopo, l’antico<br />
amore fu ravvivato per<br />
l’intervento di un altro celebre<br />
musicista: l’ormai ottantenne<br />
Verdi, il quale a Parigi<br />
per la prima francese dell’Otello,<br />
venne a conoscenza del<br />
soggetto a casa dello stesso<br />
Sardou, rimanendone<br />
profondamente colpito. L’opera<br />
nel frattempo era stata<br />
affidata (era il 1894) da Giulio<br />
Ricordi al musicista torinese<br />
Alberto Franchetti. <strong>Il</strong><br />
giudizio di Verdi riaccese<br />
l’interesse di Puccini, che<br />
Una delle carte vincenti<br />
di Puccini fu sempre<br />
quella di evocare<br />
atmosfere e colori tipici degli<br />
ambienti nei quali ambientava<br />
le sue opere. La Roma di<br />
Tosca è un mondo completamente<br />
diverso dalla Parigi<br />
1830 della Bohème, tuttavia<br />
essa è descritta con moltissimi<br />
precisi riferimenti, dai<br />
particolari più oleografici e<br />
paesaggistici, ai puntuali riscontri<br />
del momento storico<br />
nel quale la vicenda è ambientata.<br />
<strong>Il</strong> territorio di Roma ai primi<br />
dell’Ottocento era composto<br />
per la maggior parte di orti,<br />
vigne e campagne, costellati<br />
chiese all’editore Ricordi di<br />
trovare il modo di togliere a<br />
Franchetti il soggetto, senza<br />
sollevare una polemica analoga<br />
a quella sorta con Leoncavallo<br />
per La Bohème, anche<br />
per l’amicizia che lo legava<br />
allo stesso Franchetti. Così<br />
Ricordi, che aveva fiuto negli<br />
affari, con l’aiuto di <strong>Il</strong>lica, cui<br />
era stata affidata la stesura<br />
del libretto, convinse Franchetti<br />
a rinunciare spontaneamente<br />
al contratto e nel<br />
luglio del 1895 la bella Tosca<br />
fu definitivamente di Puccini.<br />
Luigi <strong>Il</strong>lica, continuando<br />
nel lavoro sul libretto, ridusse<br />
a tre i cinque atti del<br />
dramma originario.<br />
Tra le opere di Sardou, molto<br />
in voga ai suoi tempi, solo<br />
quella nobilitata dalla partitura<br />
pucciniana ha resistito<br />
all’implacabile trascorrere<br />
del tempo. I lavori del drammaturgo,<br />
sebbene apprezzati<br />
dal pubblico di allora per la<br />
spiccata attualità <strong>dei</strong> temi<br />
(divorzio, la speculazione<br />
dalle imponenti vestigia romane.<br />
<strong>Il</strong> popolo viveva un’esistenza<br />
priva di prospettive<br />
a causa della generale immobilità<br />
economica, gravata<br />
moralmente dall’eredità di<br />
una storia grandiosa definitivamente<br />
passata, era sottoposta.<br />
«Chi contrista un miscredente<br />
si guadagna un’indulgenza»,<br />
così ridacchia il Sagrestano<br />
nel primo atto. <strong>Il</strong> suo carattere<br />
sintetizza alcuni tratti gustosi<br />
del popolino romano<br />
dell’epoca: infantile, bigotto,<br />
superstizioso, malevolo nei<br />
confronti <strong>dei</strong> giacobini e tuttavia<br />
innegabilmente simpatico,<br />
anche sensuale, nella<br />
ecc.) e per l’attenzione ai problemi<br />
sociali, risultano però<br />
del tutto inattuali oggi. Dai<br />
testi di commedie-vaundeville -<br />
in cui privilegiato è l’intreccio<br />
a scapito <strong>dei</strong> personaggi -<br />
a quelli storici con forti richiami<br />
sociologici, tutte le<br />
opere del drammaturgo<br />
francese mancano di una vera<br />
forza drammatica, spesso<br />
ridotta a semplice successione<br />
di scene.<br />
La sensibilità di Sardou era,<br />
dunque, assai diversa da<br />
quella descrittiva e lirica di<br />
Puccini ed anche di quella<br />
del fine lirico Giacosa (nel<br />
frattempo entrato al fianco di<br />
<strong>Il</strong>lica nella stesura del libretto),<br />
che definì la Tosca francese<br />
“dramma di grossi fatti<br />
emozionali, senza poesia”. Per<br />
questi motivi i lavori procedettero<br />
a rilento fino al 1898<br />
quando Puccini mise mano<br />
concretamente alla composizione.<br />
Nell’aprile di quello<br />
stesso anno, poco dopo aver<br />
iniziato il primo atto, il musi-<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Roma protagonista di Tosca<br />
I mille riferimenti<br />
alla Città Eterna<br />
sua golosa avidità rivolta al<br />
fatidico paniere e soprattutto<br />
amante delle cerimonie,<br />
delle feste, eventi che nella<br />
capitale dello Stato Pontificio<br />
si svolgevano frequentemente,<br />
con apparati liturgici<br />
e scenografici ricchissimi,<br />
<strong>dei</strong> quali scrivevano affascinati<br />
i memorialisti del primo<br />
Ottocento. All’entusiasmo<br />
del povero sagrestano, (che<br />
verrà presto gelato dall’ingresso<br />
di Scarpia), fa riscontro<br />
la gioia esplosiva di tutta<br />
la cantoria, felice, più che<br />
per la notizia della vittoria<br />
su Bonaparte, piuttosto per<br />
la fiaccolata e per la «nuova<br />
cantata con Floria Tosca!» previste<br />
per la sera a palazzo<br />
Farnese.<br />
La figura stessa di Angelotti,<br />
«il console della spenta Repubblica<br />
romana», e l’incalzante<br />
intervento di Sciarrone «Eccellenza<br />
quali nuove! Un messaggio<br />
di sconfitta!» nel secondo<br />
atto, servono a circostan-<br />
cista si recò da Sardou per<br />
formulare l’accordo sulla<br />
pubblicazione del libretto.<br />
<strong>Il</strong> francese ottenne il quindici<br />
per cento sui proventi<br />
che sarebbero venuti dalla<br />
nuova opera (inizialmente<br />
aveva richiesto addirittura<br />
cinquantamila franchi!)<br />
e il musicista ripartì per<br />
rinchiudersi per quasi due<br />
mesi nella solitudine di<br />
Villa Mansi a Monsagrati<br />
dove, ospite del marchese<br />
Raffaello Mansi, concluse<br />
tutto il primo atto e terminò il<br />
secondo tra febbraio e luglio<br />
1899. In settembre completò<br />
anche il terzo e lo spedì a Ricordi.<br />
Questi qualche giorno<br />
dopo inviò una lettera a Puccini<br />
in cui lo esortava a rimaneggiare<br />
completamente il<br />
terzo atto, considerato oggi il<br />
migliore dell’opera, modificando<br />
soprattutto il duetto<br />
Tosca-Cavaradossi. Fortunatamente<br />
il musicista non si lasciò<br />
influenzare e lo mantenne<br />
pressoché immutato. <strong>Il</strong> la-<br />
ziare storicamente quella<br />
giornata e mezza del giugno<br />
1800, quando gli austriaci<br />
del generale Melas furono<br />
sbaragliati a Marengo e costringendo<br />
in seguito i borbonici,<br />
loro alleati, alla fuga<br />
precipitosa da Roma.<br />
E ancora, nel primo atto, l’effusione<br />
lirica di Tosca durante<br />
il duetto con Cavaradossi<br />
in Sant’Andrea, è un sognante<br />
inno alla notte romana:<br />
«Dai boschi e dai roveti, dall’arse<br />
erbe, dall’imo <strong>dei</strong> franti sepolcreti<br />
odorosi di timo […]». È<br />
suggestivo il contrasto tra la<br />
monumentale chiesa barocca<br />
inondata di sole e il notturno,<br />
fresco e profumato, evocato<br />
da Tosca.<br />
Tra quelle stesse rovine antiche,<br />
coperte di muschi e rampicanti,<br />
pascola il gregge guidato<br />
dal pastorello che, con il<br />
suo stornello in romanesco,<br />
apre l’ultimo atto.<br />
Roma era all’epoca una specie<br />
di grosso centro rurale,<br />
voro proseguì, comunque, a<br />
ritmo serrato fino all’inizio<br />
delle prove al Teatro Costanzi,<br />
scelto in omaggio alla romanità<br />
dell’ambientazione.<br />
La prima fissata per il 13 gennaio<br />
1900 fu spostata, per<br />
una lieve indisposizione del<br />
tenore De Marchi, al giorno<br />
successivo ed il 14 gennaio<br />
del nuovo secolo fu battezzata<br />
la più ardente delle eroine<br />
pucciniane, segnando una<br />
data importante nella storia<br />
della lirica.<br />
Cl. Ca.<br />
attraversato di continuo da<br />
greggi di pecore e capre guidati<br />
da pastori in ciocie, come<br />
testimoniano visivamente<br />
le classiciste vedute romane<br />
sette-ottocentesche.<br />
<strong>Il</strong> terzo atto è forse il più descrittivo<br />
e ricco di particolari:<br />
dallo scampanellio del<br />
gregge, alle campane che<br />
suonano mattutino, al campanone<br />
di San Pietro che si<br />
sente sullo sfondo e che Puccini<br />
volle intonare sulla stessa<br />
nota di quello originale, al<br />
carceriere assonnato e infreddolito<br />
che si fa corrompere<br />
immediatamente con<br />
un anello, alla procedura accurata<br />
e quasi «burocratica»<br />
con la quale si svolge l’esecuzione.<br />
Una Roma che è più di uno<br />
sfondo, è una presenza delicata<br />
ma continua che rende<br />
estremamente credibili i personaggi<br />
principali e la tragica<br />
vicenda.<br />
An. Ci.
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Ad alternarsi nel ruolo di Mario Cavaradossi saranno i tenori Fabio<br />
Armiliato (14, 16, 21/7 e 4, 6/8) e Valter Borin (15, 17, 22, 30/7). Fabio<br />
Armiliato è uno <strong>dei</strong> tenori favoriti del pubblico grazie alla<br />
sua particolarità vocale ma anche al carisma che sa infonde ai suoi<br />
personaggi come Andrea<br />
Chènier e Mario<br />
Cavaradossi. Nato a Genova,<br />
debuttò nel 1984<br />
come Gabriele Adorno<br />
nel Simon Boccanegra<br />
(Verdi, a Genova) e come<br />
Licinio in La Vestale<br />
(Spontini, Jesi). Quando<br />
nel 1990 partecipò al ciclo<br />
Puccini dell’Opera<br />
delle Fiandre, il suo nome<br />
si consolidò come<br />
quello di uno <strong>dei</strong> più<br />
completi interpreti della<br />
sua generazione. Nel<br />
1993 debuttò nel Metropolitan<br />
Opera House di<br />
New York con <strong>Il</strong> Trovatore<br />
(Verdi). Altri impor-<br />
Fabio Armiliato<br />
Fabio Armiliato e Valter Borin<br />
Lo sfortunato<br />
pittore Cavaradossi<br />
tanti debutti sono quelli<br />
nel Teatro alla Scala di<br />
Milano, Opéra de Paris, Opera di San Francisco, Teatro Real di Madrid<br />
(Tosca), Teatro Colón di Buenos Aires (Tosca).<br />
Valter Borin è nato a Monza nel 1969 e velocemente intraprende la<br />
carriera che lo ha portato a cantare primi ruoli di tenore in importanti<br />
Teatri in Italia e all’estero. Alcune delle sue tappe più significative<br />
per le opere verdiane sono l’interpretazione di Gabriele Adorno nel<br />
Simon Boccanegra ed Ismaele nel Nabucco; e per le opere pucciniane il<br />
Rodolfo ne La Bohème, Rinuccio nel Gianni Schicchi, Cavaradossi nella<br />
Tosca, Ruggero ne La Rondine e Pinkerton nella Madama Butterfly. Ha<br />
cantato nel Requiem di Verdi sotto la direzione di Alberto Veronesi<br />
nella sala Verdi del Conservatorio di Milano e al Teatro di Fano. Ha<br />
collaborato con grandi registi e direttori d’orchestra.<br />
Giorgio Surian e Giovanni Meoni<br />
Scarpia, braccio forte<br />
del potere<br />
<strong>Il</strong> cinico barone Scarpia avrà la voce <strong>dei</strong> baritoni Giorgio Surian (14, 16,<br />
21/7 e 4, 6/8) e Giovanni Meoni (15, 17, 22, 30/7). Giorgio Surian<br />
è nato a Fiume dove ha intrapreso i suoi primi studi musicali. Ha<br />
debuttato nel 1982 al Teatro alla Scala con Ernani. Di rilievo la sua<br />
interpretazione di Guglielmo Tell per l’inaugurazione della Scala<br />
(con la direzione di Muti). La<br />
brillante carriera lo ha portato<br />
nei maggiori teatri del mondo,<br />
fra i quali l’Opéra de Paris,<br />
il Covent Garden, il Metropolitan<br />
di New York, la Staatsoper<br />
di Vienna, l’Opéra de<br />
Lyon, il Liceu di Barcellona, il<br />
Comunale di Firenze e di Bologna,<br />
il Massimo di Palermo,<br />
l’Arena Verona. Spazia con<br />
estrema facilità dal repertorio<br />
barocco alle più complesse<br />
partiture moderne. Nella stagione<br />
2005/06 interpreta diversi<br />
ruoli importanti, come<br />
Aida, Mignon, Requiem di Ver- Giorgio Surian<br />
Tosca<br />
5<br />
Micaela Carosi e Virginia Todisco<br />
La cantante Floria Tosca<br />
<strong>Il</strong> ruolo della cantante Floria Tosca sarà <strong>dei</strong> soprano Micaela Carosi<br />
(14, 16, 21/7 e 4, 6/8) e Virginia Todisco (15, 17, 22, 30/7).<br />
Micaela Carosi è una delle più importanti voci di soprano lirico<br />
verdiano e pucciniano. Premio della Critica Musicale Abbiati 2006<br />
come migliore Soprano<br />
per le interpretazioni<br />
nel ruoli protagonistici<br />
di Aida (Teatro<br />
Regio, Torino) e Madama<br />
Butterfly (Teatro<br />
Carlo Felice, Genova).<br />
Laureata in Lettere<br />
Moderne - Storia della<br />
musica, é inoltre Diplomata<br />
in Canto Lirico<br />
con il Massimo <strong>dei</strong><br />
Voti e la Lode. Ha debuttato<br />
a Spoleto nel<br />
ruolo di Leonora in<br />
Oberto Conte di San Bonifacio<br />
di Verdi e nel<br />
ruolo di Desdemona<br />
nell’Otello di Verdi.<br />
Nel 2001, in occasione<br />
delle celebrazioni del<br />
Micaela Carosi<br />
Centenario Verdiano, viene scelta da Franco Zeffirelli per interpretare<br />
il ruolo di Aida nel Teatro Verdi di Busseto, con repliche a Milano<br />
presso il Teatro Piccolo ed a Roma all’ Argentina. Nel 2002 il<br />
suo debutto all’Arena di Verona nel ruolo di Abigaille nel Nabucco.<br />
Ha cantato nei lavori verdiani Don Carlo, Requiem, Simon Boccanegra,Ballo<br />
in Maschera, Aida,. Debutta inoltre nel 2002 i ruoli pucciniani<br />
di Manon Lescaut e Tosca, Madama Butterfly, <strong>Il</strong> Trittico, Turandot.<br />
Ha interpretato Lucrezia Contarini ne I due Foscari al Teatro alla<br />
Scala di Milano diretta da R. Muti. per l’Apertura di Stagione a<br />
Caracalla dell’Opera di Roma del 2003 è stata Abigaille nel Nabucco<br />
diretta da Nelli Santi Nel 2006 è stata Manon Lescaut al Regio di Torino<br />
per la celebrazione <strong>dei</strong> Giochi Olimpici Invernali. Ha interpretato<br />
Tosca a Seoul, Art Center ed a Monte-Carlo Salle Garnier diretta<br />
da Callegari.<br />
Virginia Todisco è nata a Torre del Greco. Studia canto e perfezionamento<br />
con il Maestro Nunzio Todisco e si è diplomata in canto<br />
presso il Conservatorio di Salerno. <strong>Il</strong> suo debutto avviene nell’agosto<br />
del 1998 nell’opera Don Carlo presso il Teatro Municipale di Rio<br />
de Janeiro. Nel 1999 canta Manon Lescaut al Teatro Massimo di Palermo,<br />
segue <strong>Il</strong> Trovatore presso il Teatro Bellini di Catania e nuovamente<br />
Manon Lescaut al Teatro Coccia di Novara. Alterna ruoli verdini<br />
e pucciniano. Nel 2005 canta Attila e Cavalleria Rusticana presso<br />
il Teatro dell’Opera di Roma. Segue nuovamente Attila per lo Zvolen<br />
Castle Festival presso il Teatro di Stato in Slovacchia, e Aida alle<br />
Terme di Caracalla. Nel 2006 canta Don Carlo al Megaron the Athens<br />
Concert Hall ad Atene. Successivamente ancora Don Carlo allo Staatstheater<br />
di Wiesbaden. E’ apparsa al Teatro dell’Opera di Roma nella<br />
produzione de La Fanciulla del west diretta da Gianluigi Gelmetti<br />
nell’aprile 2008.<br />
di, Chérubin, Elisir d’amore, Lucia di Lammermoor, Nabucco e Carmen.<br />
La stagione successiva interpreta con grande successo Falstaff, Tosca,<br />
Nabucco, Les Contes d’Hoffmann, Macbeth, Die Vögel e Don Pasquale.<br />
Recentemente ha cantato in Luisa Miller, Requiem di Verdi, Tosca e<br />
Mosè in Egitto.<br />
Giovanni Meoni ha inizia la sua carriera col debutto nel 1991 con La<br />
Bohème (Marcello) presso il Teatro Flavio Vespasiano di Rieti. Ha calcato<br />
i palcoscenici più importanti del mondo, come il Teatro Regio di<br />
Torino, il Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro dell’Opera di Roma,<br />
il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo; e poi nei<br />
teatri di Monaco, Berlino, Stoccarda, Mosca e Baltimora. Nel repertorio<br />
verdiano trova la sua naturale collocazione.<br />
Pagina a cura di Claudia Moretta – Foto di Corrado M. Falsini
6 Tosca <strong>Il</strong><br />
Parlando della Tosca è impossibile<br />
non ricordare la<br />
trama del dramma di Victorien<br />
Sardou - da cui è stata<br />
tratta l’opera - che si articola in<br />
cinque atti. Ed è interessante<br />
sottolineare che il terzo atto si<br />
svolge tra le Terme di Caracalla<br />
e il Mausoleo degli Scipioni. Atto<br />
che Puccini ha eliminato nella<br />
versione lirica.<br />
La tragedia di Sardou è stata<br />
rappresentata per la prima volta<br />
il 24 novembre 1887 al Théatre<br />
de la Porte-Saint-Martin di Parigi<br />
con grande successo, grazie<br />
all’interpretazione di Sarah<br />
Bernhardt nei panni della protagonista.<br />
Puccini trae sì spunto da Sardou,<br />
ma riduce da cinque a tre<br />
gli atti del melodramma, snellisce<br />
di molti particolari la cornice<br />
storica ed elimina diversi<br />
personaggi secondari, tra cui<br />
Giovanni Paisiello. La vicenda<br />
pucciniana si concentra così<br />
principalmente sul triangolo<br />
Scarpia - Tosca - Cavaradossi,<br />
La vicenda di Tosca<br />
si svolge tra il 17 e<br />
il 18 giugno 1800.<br />
Nel secondo atto dell’opera<br />
pucciniana, infatti,<br />
voci della folla con gli<br />
echi della vittoria napoleonoica<br />
nella battaglia<br />
di Marengo tra austriaci<br />
e francesi di tre giorni<br />
prima, giungono dalle finestre<br />
nelle sale di Palazzo<br />
Farnese, e Scarpia se<br />
ne dispera.<br />
La vicenda storica<br />
Intorno alla metà di<br />
maggio 1800, il nord Italia<br />
era diviso tra austriaci<br />
e francesi. <strong>Il</strong> generale<br />
Mélas aveva dislocato la<br />
maggior parte delle proprie<br />
truppe tra la Liguria<br />
e il basso Piemonte,<br />
mentre Napoleone si era<br />
installato in Lombardia,<br />
per favorire gli approvvigionamenti<br />
dalle armate<br />
del Reno attraverso<br />
il passo del San Gottardo<br />
e soprattutto per rendere<br />
più difficoltose le comunicazione<br />
tra Mélas e<br />
l'Austria, ma anche con<br />
Con il 3° atto ambientato vicino alle Terme di Caracalla<br />
delineandone i caratteri a scapito<br />
delle concatenazioni logiche<br />
degli avvenimenti. <strong>Il</strong> dramma<br />
dell’amore perseguitato interessa<br />
Puccini più del grande affresco<br />
storico condito di delitti e di<br />
sangue. Sardou, invece, è un<br />
maestro nell’intreccio ingegnoso,<br />
in cui tutto si incastona alla<br />
perfezione e nulla risulta immotivato.<br />
Lo sfondo storico e politico è il<br />
presupposto indispensabile della<br />
tragica vicenda di Tosca e Cavaradossi.<br />
Nel settembre del<br />
1799, dopo aver stroncato la Repubblica<br />
napoletana, le truppe<br />
borboniche entrano nella futura<br />
capitale d’Italia, ponendo fine<br />
all’effimera esperienza della Repubblica<br />
romana, insediatasi in<br />
Campidoglio il 15 febbraio 1798.<br />
La trama di Sardou<br />
<strong>Il</strong> primo atto della tragedia di<br />
Sardou ha luogo nella Chiesa di<br />
Sant’Andrea della Valle ed è simile<br />
al primo atto del capolavo-<br />
la speranza di un attacco<br />
da parte degli austriaci.<br />
Con la caduta di Genova<br />
il 4 giugno, Napoleone<br />
Bonaparte decise di andare<br />
lui incontro a Mélas<br />
e l'8 giugno si scontrò a<br />
Montebello (presso Stradella)<br />
con l'armata del<br />
generale Ott di ritorno<br />
da Genova. Reputando<br />
che Mélas lo volesse attaccare<br />
aggirandolo dagli<br />
Appennini, Napoleone<br />
occupò il territorio<br />
dello Scrivia e del Bormida<br />
ed il 13 giugno si sta-<br />
bilì a Torre Garofoli con<br />
poco più di 30.000 uomini,<br />
poiché la maggior<br />
parte dell'esercito era distaccata<br />
in Lombardia e<br />
nel Piacentino. Temendo<br />
che Mélas gli sfuggisse,<br />
Bonaparte inviò in ricognizione<br />
altre due divisioni,<br />
una verso nord oltre<br />
il Po e una verso sud<br />
in direzione di Novi.<br />
Inaspettatamente il 14<br />
giugno Mélas attaccò<br />
con tre colonne da Alessandria,<br />
oltrepassando il<br />
Bormida ed approfittan-<br />
ro pucciniano; il secondo<br />
si tiene in uno spettacolare<br />
salone di Palazzo Farnese<br />
con la regina di Napoli e il<br />
compositore Paisiello,<br />
mentre il terzo nella villa<br />
di Cavaradossi tra le Terme<br />
di Caracolla ed il Mausoleo<br />
degli Scipioni. In<br />
quest’atto Scarpia si reca<br />
alla villa del pittore, lo tortura<br />
e alla fine costringe<br />
Tosca a svelargli il nascondiglio<br />
di Angelotti.<br />
<strong>Il</strong> quarto atto, come il secondo<br />
di Puccini, è ambientato<br />
nella stanza di<br />
Scarpia di Palazzo Farnese.<br />
Mentre il quinto dalla<br />
cella della condanna si<br />
sposta al parco - dove l’esecuzione<br />
assente nel<br />
dramma di Sardou - ha già<br />
avuto luogo in quello di<br />
Puccini.<br />
Nel finale del dramma di Sardou,<br />
Tosca non si butta dagli<br />
spalti di Castel Sant’Angelo come<br />
nel conclusione pucciniana<br />
do della dispersione delle<br />
truppe francesi su<br />
un'area di circa 20 km,<br />
arrivò indisturbato da<br />
ovest nei pressi Marengo<br />
dove si scontrò con la divisioneGardanne,<br />
la quale fu<br />
costretta ad indietreggiare<br />
fin<br />
oltre il Fosso del<br />
Fontanone<br />
(quindi verso<br />
est).<br />
Con le altre due<br />
colonne, il Mélas<br />
attaccò da<br />
sud e da nord<br />
altrettante divisioni<br />
francesi<br />
che vennero respinte<br />
anch'esse<br />
verso Marengo.<br />
La superiorità<br />
numerica degli austriaci<br />
mise in crisi le truppe<br />
francesi, che iniziavano<br />
un ripiegamento disordinato<br />
a nord verso Villanova<br />
ed a sud verso Cascina<br />
Grossa. In questo<br />
modo l'armata francese<br />
si trovò schierata in uno<br />
sbarramento obliquo con<br />
asse nord-ovest/sud-est.<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
La vicenda nell’originale dramma di Sardou<br />
Victorien Sardou<br />
modificata dai librettisti <strong>Il</strong>lica e<br />
Giocosa, ma si spara un colpo al<br />
cuore e muore accanto al cadavere<br />
di colui che era la sua unica<br />
ragione di vita.<br />
Fi. Le.<br />
Echi storici nella Tosca<br />
La battaglia di Marengo del 14 giugno 1800<br />
Napoleone mandò delle<br />
staffette a richiamare le<br />
divisioni in ricognizione<br />
verso Novi e verso il Po,<br />
perché si portassero verso<br />
Villanova per riequilibrare<br />
la situazione. Intanto<br />
Mélas volle spedire<br />
l'annuncio della vittoria<br />
a Vienna, inviando il generale<br />
Zach sulla direttrice<br />
Tortona-Piacenza. Ma<br />
lungo strada questo si<br />
scontrò con la divisione<br />
francese di Desaix che<br />
rientrava da Novi. Nello<br />
scontro Desaix venne ucciso<br />
ed il comando fu assunto<br />
da Boudet. Da questo<br />
momento i francesi<br />
presero il sopravvento.<br />
Gli austriaci, in preda al<br />
panico, si ritirano confusamente<br />
verso il Bormida.<br />
Le truppe austriache<br />
rimaste vicino a Marengo<br />
resistettero bene, ma<br />
non abbastanza per cambiare<br />
le sorti della battaglia<br />
che si concluse a favore<br />
di Bonaparte. <strong>Il</strong> 15<br />
giugno Mélas ottenne un<br />
armistizio a buone condizioni.<br />
Fra. Picc.
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Tosca<br />
Protagonista al di la <strong>dei</strong> personaggi<br />
L’arte dell’inganno in Tosca<br />
«… penso alla Tosca. La<br />
scongiuro di far le pratiche<br />
necessarie per ottenere il<br />
permesso da Sardou, prima<br />
di abbandonare l’idea, cosa<br />
che mi dorrebbe moltissimo,<br />
poiché in questa Tosca<br />
vedo l’opera che ci vuole<br />
per me…».<br />
Scriveva così Puccini il 7<br />
maggio 1889 a Giulio Ricordi.<br />
Prima ancora della<br />
realizzazione di Manon e<br />
di Bohéme, Puccini pensava,<br />
dunque, a Tosca. <strong>Il</strong><br />
dramma di Tosca nato<br />
dalla penna di Victorien<br />
Sardou e rappresentato<br />
con successo anche grazie<br />
alle memorabili interpretazioni<br />
di Sarah<br />
Bernhardt dal 1887 in<br />
tutta Europa, aveva affascinato<br />
da subito il musi-<br />
Franchetti, Mascagni e Puccini<br />
cista lucchese quando<br />
nel 1889 lo aveva visto al<br />
Teatro <strong>dei</strong> Filodrammatici<br />
a Milano: non parlando<br />
francese non aveva<br />
capito molto del testo,<br />
ma era rimasto colpito<br />
dalla teatralità della vicenda.<br />
Per motivi diversi<br />
(non ultimo il difficile<br />
rapporto con l’autore<br />
francese) Puccini si era<br />
però rivolto ad altri argomenti.<br />
Da Franchetti a Puccini<br />
Sei anni dopo il Lucchese<br />
tornò a pensare a Tosca<br />
che nel frattempo era<br />
stata affidata da Ricordi<br />
a Franchetti. Su come il<br />
libretto passò dal Barone<br />
Franchetti a Puccini esi-<br />
stono versioni contrastanti:<br />
secondo alcuni<br />
studiosi Ricordi convinse<br />
il musicista piemontese<br />
a rinunciare, secondo<br />
altri fu lo stesso compositore,<br />
spaventato dalla<br />
difficoltà del dramma a<br />
cedere spontaneamente i<br />
diritti. Comunque si siano<br />
svolti i fatti, certo è<br />
che nel luglio 1895 il soggetto<br />
ed il libretto già<br />
elaborati in parte da <strong>Il</strong>lica<br />
passarono sotto il controllo<br />
del Lucchese. <strong>Il</strong> lavoro<br />
vero e proprio di<br />
Puccini iniziò nel 1898<br />
con le consuete discussioni<br />
fra musicista e librettisti:<br />
a <strong>Il</strong>lica fu, come<br />
al solito, affiancato Giacosa<br />
che opponeva alla<br />
esuberante fantasia del<br />
collega un maggiore<br />
equilibrio e un rigore letterario<br />
più spiccato.<br />
L’inganno protagonista<br />
Tosca rappresenta l’esasperazione<br />
della brutalità<br />
e l’assunzione dell’inganno<br />
a sistema nei<br />
rapporti impersonali.<br />
Scarpia mente a Tosca ed<br />
a Cavaradossi, Tosca a<br />
sua volta raggira Scarpia<br />
e lo uccide, Cavaradossi<br />
crede in una finta fucilazione<br />
e cade morto, Tosca<br />
si getta da Castel<br />
Sant’Angelo. L’utilizzo<br />
dell’inganno come meccanismo<br />
drammaturgico<br />
non costituisce certo una<br />
novità, tuttavia non si<br />
tratta qui solo di qualche<br />
bugia. Si avverte in<br />
ognuno il piacere della<br />
vendetta. Si pensi all’uccisione<br />
di Scarpia: da<br />
grande attrice Tosca cura<br />
i particolari, la messinscena,<br />
dispone le candele,<br />
allestisce una sorta di<br />
camera mortuaria. A<br />
Puccini, Sardou ha regalato<br />
una vicenda fosca,<br />
notevolmente densa di<br />
avvenimenti che rimanda<br />
al Verdi del Simon<br />
Boccanegra o del Don Carlos.<br />
Possibilità espressive<br />
straordinarie per un musicista<br />
di teatro come il<br />
Lucchese, abile a creare<br />
melodie fluenti e commoventi<br />
(“E lucevan le<br />
stelle”, “Recondita armonia”<br />
“Vissi d’arte”) autentici<br />
cavalli di battaglia<br />
per intere generazioni di<br />
tenori e soprani; ma geniale<br />
anche nello strutturare<br />
quadri di forte impatto<br />
emotivo: basta ricordare<br />
la scena della fucilazione<br />
che è un autentico<br />
capolavoro di teatro.<br />
Ecco, proprio la teatralità<br />
è una delle qualità<br />
maggiori di Tosca. Così<br />
come da grande attrice<br />
Tosca cura la messinscena<br />
del funerale di Scarpia,<br />
così vorrebbe rendere<br />
spettacolare anche la<br />
finta morte dell’amante e<br />
non gli risparmia consigli<br />
su come porsi davanti<br />
al plotone, come cadere,<br />
come “fingere”; tanto<br />
che allorché i militari<br />
sparano e Cavaradossi<br />
piomba a terra, lei in uno<br />
stato di sovreccitazione<br />
grida<br />
«Ecco un artista».<br />
Ma in fatto<br />
di teatralità,<br />
rimanda ancora<br />
a Verdi<br />
e in particolare<br />
al “Miserere”<br />
del<br />
Trovatore<br />
una delle<br />
scene in assoluto<br />
più<br />
straordinarie del teatro<br />
pucciniano, la conclusione<br />
del primo atto. Tosca<br />
si è appena congedata da<br />
Scarpia che la fa pedinare<br />
e si abbandona al suo<br />
desiderio erotico. «Va’<br />
Tosca nel tuo sen si annida<br />
Scarpia», canta e non si<br />
accorge che alle sue spalle<br />
si è avviata la processione<br />
del Te Deum. Sacro<br />
e profano si mescolano<br />
con un effetto teatrale assolutamente<br />
geniale fino<br />
a che Scarpia non si ravvede<br />
(«Tosca mi fai dimenticare<br />
Iddio!») e si<br />
unisce al rito religioso.<br />
E’ stata notata la personalità<br />
forte, affascinante<br />
di Scarpia che è protagonista<br />
autentico accanto a<br />
Tosca, tanto che qualcuno<br />
ha suggerito che l’opera<br />
avrebbe potuto<br />
chiamarsi Scarpia. In effetti<br />
il temibile capo della<br />
polizia non è uno <strong>dei</strong><br />
tanti cattivi che affollano<br />
la librettistica ottocentesca.<br />
E’ “il” cattivo, colui<br />
che tira abilmente le fila<br />
di tutta la vicenda, che<br />
agisce con crudo realismo,<br />
assetato da un desiderio<br />
erotico e mosso<br />
da un atteggiamento sadico<br />
nei confronti delle<br />
proprie vittime. Non a<br />
caso l’opera si apre con<br />
una sorta di “tema di<br />
Scarpia” i tre accordi che<br />
poi tornano a scandire,<br />
con qualche variante la<br />
conclusione del primo e<br />
del secondo atto.<br />
In Tosca, complice Sardou,<br />
naturalmente, Puccini<br />
ha a disposizione un<br />
testo in cui magnificamente<br />
si combinano momenti<br />
riflessivi ed azione.<br />
Se in altre opere del<br />
7<br />
Victorien Sardou con Giacomo Puccini in una caricatura<br />
di Sem<br />
periodo sul palcoscenico<br />
accade obbiettivamente<br />
poco perché prevalgono<br />
le espressioni di sentimenti<br />
e di passioni, non<br />
è questo il caso di Tosca<br />
dove dalla fuga di Angelotti<br />
dal Castel Sant’Angelo<br />
è un succedersi di<br />
eventi: e se l’elemento<br />
storico rimane nello<br />
sfondo, le azioni implicano<br />
una dinamica narrativa<br />
incalzante che si<br />
riverbera in un discorso<br />
musicale organizzato<br />
con estrema genialità, in<br />
un continuo alternarsi<br />
fra squarci lirici di effetto<br />
(le già citate romanze)<br />
e dialoghi serrati, costruiti<br />
sulla parola e<br />
scanditi da un ricco apparato<br />
di didascalie in<br />
partitura.<br />
Tosca mostra, inoltre,<br />
una sapiente organizzazione<br />
armonica e una<br />
mirabile orchestrazione.<br />
Puccini insomma anche<br />
nella passionalità più<br />
marcata mantiene il totale<br />
controllo di ogni<br />
componente. E se l’uomo<br />
di teatro ha le sue intuizioni<br />
vincenti, la solidità<br />
della mano compositiva<br />
non viene mai meno,<br />
unita al gusto per la<br />
ricerca e la sperimentazione.<br />
Così come avrebbe<br />
fatto in seguito anche<br />
in Madama Butterfly ed<br />
in Turandot, si avverte la<br />
volontà di ottenere,<br />
quando necessario, un<br />
più veritiero colore locale.<br />
Si pensi a questo proposito<br />
al canto dello<br />
stornello, all’alba, che<br />
conferisce un sapore romanesco<br />
di particolare<br />
effetto.<br />
Roberto Iovino
8 Tosca <strong>Il</strong><br />
storica locandina<br />
della<br />
E’nella<br />
Tosca che Adolf<br />
Hohenstein tocca la vetta<br />
della perfezione grafica<br />
e coloristica, grazie<br />
alla teatralità di luci e<br />
ombre che accentuano il<br />
drammatico momento<br />
della morte di Scarpia.<br />
Ma Hohenstein ha anche<br />
elaborato i bozzetti<br />
per la prima esecuzione<br />
dell’opera pucciniano<br />
del 14 gennaio del 1900<br />
al Teatro Costanzi di<br />
Roma. Per le scene <strong>dei</strong><br />
tre atti, l’artista si è ispirato<br />
rispettivamente all’altar<br />
maggiore di<br />
Sant’Andrea della Valle,<br />
alla galleria di Palazzo<br />
Farnese e alla terrazza<br />
di Castel Sant’Angelo<br />
con sullo sfondo la cupola<br />
di San Pietro.<br />
Nel manifesto, Tosca<br />
pone, pietosamente, sul<br />
petto del barone ucciso<br />
un crocifisso. La sua<br />
morbidezza sensuale fa<br />
toccare con mano la setosità<br />
della veste e fa risaltare<br />
il brillìo della<br />
collana di perle. Ma se<br />
da un lato la luce valorizza<br />
il suo incarnato,<br />
dall’altro la grande ombra<br />
scura rende tutta la<br />
violenza e la tragicità<br />
del gesto. L’enorme<br />
macchia rossa che ricorda<br />
i velluti, la ricchezza<br />
del potere e il sangue<br />
sgorgato sparisce proprio<br />
nell’ombra. E la<br />
scritta Tosca è stata apposta<br />
come se fosse un<br />
cancello che divide il<br />
dramma dagli spettatori.<br />
Scarpia è lì immobile,<br />
mentre la vera protago-<br />
nista occupa la scena<br />
con il suo istrionismo.<br />
Hohenstein ha donato a<br />
Tosca una potenza<br />
espressiva ed emozionale<br />
unica, puntando sui<br />
sentimenti, sull’alternanza<br />
<strong>dei</strong> volumi e <strong>dei</strong><br />
chiaroscuri. Nel primo<br />
atto dell’opera di Puccini<br />
Tosca è dura e severa,<br />
una matrona della Ro-<br />
ma papalina che impugna<br />
il bastone da passeggio.<br />
Anche nella tavola<br />
<strong>dei</strong> costumi mantiene<br />
una rigidità fotografica<br />
in contrasto con<br />
la fluidità del mantello<br />
del terzo atto. Hohenstein<br />
appare così un’artista<br />
eclettico e poliedrico<br />
che entra a pieno titolo<br />
nella storia del cartellonismo<br />
internazionale.<br />
Da San Pietroburgo alla<br />
grafica delle grandi<br />
opere<br />
Nato a San Pietroburgo<br />
nel 1854, da genitori tedeschi,<br />
si formò artisticamente<br />
a Vienna, dove<br />
realizzò i primi dipinti.<br />
La passione per i pennelli<br />
assunse un ruolo di<br />
primo piano nella sua<br />
vita quando si trasferì a<br />
Milano nel 1879. Qui<br />
iniziò a lavorare come<br />
scenografo e costumista<br />
al teatro La Scala, con risultati<br />
eccellenti ed i<br />
contatti con importanti<br />
compositori non tardarono<br />
ad arrivare. Da<br />
Giulio Ricordi gli venne<br />
affidato il compito di sovrintendere<br />
alla grafica<br />
della casa musicale milanese<br />
e il suo talento si<br />
rivelò immediatamente<br />
nelle locandine, nei manifesti<br />
e nelle copertine<br />
di libretti e spartiti. Ed è<br />
in questo contesto che<br />
Hohenstein realizzò i<br />
suoi celebri manifesti<br />
per importanti opere liriche.<br />
Non solo quello<br />
della Tosca, ma anche:<br />
Bohème, Madama Butterfly<br />
di Puccini e quelli per<br />
il Falstaff di Verdi e l’Iris<br />
di Mascagni. <strong>Il</strong> manifesto<br />
della Bohème è il primo<br />
esempio in Italia di<br />
cartellone operistico,<br />
ricco di colori. <strong>Il</strong> manifesto<br />
per Madama Butterfly<br />
è caratterizzato dall’esplosiva<br />
gestualità del<br />
braccio della protagonista<br />
proteso verso il bimbo<br />
bendato. <strong>Il</strong> liberty,<br />
invece, entrò nella sua<br />
opera solo come elemento<br />
di decoro. Questo<br />
traspare nel manifesto<br />
dell’Iris, in cui spicca<br />
la sinuosa leggiadria<br />
della figura femminile e<br />
l’eleganza delle forme<br />
floreali. <strong>Il</strong> pioniere del<br />
manifesto amò personalizzare<br />
anche il più<br />
anonimo <strong>dei</strong> figurini:<br />
fra i più di sessanta<br />
costumi disegnati<br />
nel 1896 per La<br />
Bohème, ritrasse lo<br />
stesso Puccini con i<br />
due librettisti Giuseppe<br />
Giacosa e Luigi<br />
<strong>Il</strong>lica, fra le comparse<br />
nelle vesti di<br />
un borghese, di uno<br />
studente e di un venditore.<br />
Nel 1906 vinse il concorso<br />
per il simbolo<br />
grafico e la cartolina<br />
bandito dall’Esposi-<br />
zione per il Traforo del<br />
Sempione e si trasferì<br />
prima a Düsseldorf e, nel<br />
1918, a Bonn. Ma Hohenstein<br />
lasciò l’Italia con<br />
rancore e perciò non dimenticò<br />
chi gli aveva<br />
permesso di trascorrere<br />
quasi vent’anni della<br />
sua vita nel cuore di una<br />
Milano ricca di fermenti,<br />
condividendo i palpiti<br />
e le novità dell’avanguardia<br />
grafica e musicale.<br />
Giulio Ricordi, in-<br />
fatti, non era solo uno<br />
<strong>dei</strong> più importanti editori<br />
musicali nell’Europa<br />
di fine Ottocento, ma era<br />
anche una persona attenta<br />
alle nuove tecnologie.<br />
E, in un giorno d’inverno<br />
del 1905, Hohenstein<br />
chiese a un fotografo di<br />
ritrarlo nel suo nuovo<br />
studio di Bonn tappezzato<br />
di quadri e manifesti.<br />
Su quelle pareti si poteva<br />
leggere la sua vita di artista<br />
versatile; fra quadri<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
<strong>Il</strong> pittore che disegnò il manifesto, i bozzetti e le scene per la prima della Tosca<br />
Adolf Hohenstein, pioniere del manifesto<br />
Bozzetto di Hohenstein per il II atto di Tosca<br />
Manifesto di Hohenstein per<br />
i Fratelli Rittatore<br />
Bozzetto di Hohenstein per il I atto di Tosca<br />
Manifesto di Hohenstein per<br />
Bitter Campari<br />
di paesaggi e ritratti ad<br />
acquerello ed a olio, si<br />
scorgono i volti di due<br />
donne che salutano da<br />
una nave. E’ il cartello<br />
pubblicitario della Nave<br />
Princess Elisabeth, stampato<br />
a Bruxelles da Goffart.<br />
Prima di spedire la<br />
foto, Hohenstein scrisse<br />
una dedica, con la scrittura<br />
chiara e morbida<br />
con cui per anni sul verso<br />
delle tavole di figurini<br />
aveva indicato le note<br />
del vestiario per le sartorie<br />
teatrali: «Al suo indimenticabile<br />
Signor Giulio<br />
con affetto…».<br />
<strong>Il</strong> 1928 fu l’anno della<br />
sua morte. E mentre i<br />
suoi quadri sono andati<br />
per la maggior parte perduti<br />
o se ne è persa traccia,<br />
i manifesti, nati per<br />
un’apparizione fugace,<br />
sono giunti sino a noi.<br />
Questo testimonia un<br />
gusto, un’inventiva,<br />
un’intera epoca. Ma non<br />
solo, anche la creatività<br />
di un’artista che ha fatto<br />
la storia del cartellone in<br />
Italia, malgrado per il<br />
grande pubblico sia più<br />
famoso il suo allievo Metlicovitz<br />
(1868-1944). Ma<br />
tutto si può dire tranne<br />
che Hohenstein sia una<br />
celebrità solo per gli intenditori<br />
del settore. <strong>Il</strong><br />
suo biglietto da visita<br />
apre anche la memoria<br />
<strong>dei</strong> più giovani. Chi non<br />
conosce il manifesto<br />
pubblicitario di due uomini<br />
seduti al tavolino<br />
mentre bevono il Bitter<br />
Campari? Oppure il frate<br />
con il cane San Bernardo<br />
del Cordial o ancora il<br />
cartellone del vermut<br />
Fratelli Rittatore?<br />
Fi. Le.
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Già nel XII secolo le<br />
Terme furono cava<br />
di materiali<br />
per la decorazione di<br />
chiese e palazzi: tre capitelli<br />
con le aquile e i fulmini,<br />
simboli di Zeus,<br />
provenienti dalla palestra<br />
orientale, furono riadattati<br />
nel Duomo di Pisa.<br />
La stessa sorte subirono<br />
otto capitelli con<br />
Iside, Serapide e Arpocrate<br />
provenienti dalle<br />
biblioteche e riutilizzati<br />
nella Chiesa di S. Maria<br />
in Trastevere.<br />
Un momento di rinnova-<br />
to interesse per le Terme<br />
fu quello degli scavi di<br />
Paolo III Farnese per la<br />
costruzione del suo nuovo<br />
palazzo. Nel 1545-<br />
1547 grandi statue e<br />
gruppi colossali furono<br />
rinvenuti all’”Antoniana”:<br />
e grande sensazione<br />
provocò il ritrovamento,<br />
nella palestra<br />
orientale, del Toro Farnese,<br />
il famoso gruppo<br />
colossale ricavato da un<br />
unico blocco di marmo,<br />
nel quale è rappresentato<br />
il supplizio di Dirce<br />
legata al toro da Anfione<br />
e Zeto per<br />
vendicare i<br />
torti da lei<br />
arrecati alla<br />
madre Antiope,<br />
che assiste<br />
alla scena.<br />
Date le proporzionicolossali,<br />
il<br />
gruppo venne<br />
collocato<br />
nel cortile di<br />
Palazzo Farnese<br />
che affacciava<br />
su<br />
via Giulia e<br />
non è chiaro<br />
Tosca<br />
Piccola guida per capire il monumento<br />
La maestosa perfezione delle Terme di Caracalla<br />
Lo spettatore che alza<br />
gli occhi dal palco<br />
verso la straordinaria<br />
quinta antica, è immediatamente<br />
colpito da<br />
due enormi pilastri dalle<br />
pareti curve, che sono le<br />
vestigia del caldarium, il<br />
cuore delle Terme di Caracalla.<br />
Ciò che si vede da questa<br />
prospettiva è il retro delle<br />
Terme, mentre la facciata<br />
principale guarda verso<br />
Viale delle Terme di Caracalla.<br />
<strong>Il</strong> caldarium, la parte più<br />
calda delle terme, era una<br />
grande sala circolare del<br />
diametro di 36 metri, coperta<br />
da una cupola sostenuta<br />
da otto pilastri<br />
(due di essi sono quelli visibili)<br />
era riscaldato da<br />
una serie di enormi fornaci<br />
che esistono ancora nel<br />
sottosuolo ed illuminato<br />
da ampie finestre. Essen-<br />
Divenute nel XV e XVI secolo una miniera inesauribile<br />
I mille capolavori ritrovati in queste Terme<br />
Sopra: <strong>Il</strong> Toro Farnese. A destra: L’Ercole Farnese.<br />
do rivolto a Sud-Ovest, riceveva<br />
luce e calore dall’esterno<br />
per tutto il giorno.<br />
Al centro della sala<br />
c’era una grande vasca<br />
circolare con<br />
acqua calda.<br />
Sei vasche più<br />
piccole erano<br />
inserite tra i<br />
piloni.<br />
Da questa sala<br />
si accedeva al<br />
tepidarium,<br />
l’ambiente retrostante,<br />
più<br />
piccolo, con<br />
due vasche ed<br />
un’atmosfera<br />
temperata. Quindi, ci si<br />
trasferiva nel cosiddetto<br />
frigidarium, una enorme<br />
sala a pianta basilicale,<br />
coperta da tre volte a crociera<br />
e pavimentata con<br />
lastroni di marmo colorato<br />
(opus sectile), che costituiva<br />
il cuore di tutto l’e-<br />
dificio. Infine, parallela al<br />
lungo ed alto muro della<br />
facciata che guarda alla<br />
strada, era disposta la natatio,<br />
la grande piscina<br />
scoperta (m. 50x22) caratterizzata<br />
da un magnifico<br />
prospetto architettonico,<br />
ricco di marmi policromi<br />
con nicchie disposte su<br />
due piani occupate da<br />
statue.<br />
A sinistra ed a destra di<br />
questi ambienti, erano di-<br />
se subì interventi di<br />
adattamento e di trasformazione,<br />
forse in fontana.<br />
Era talmente famoso<br />
che persino il re di Francia<br />
Luigi XIV tentò di acquistarlo<br />
e trasportarlo a<br />
Parigi; comunque il suo<br />
destino non era quello di<br />
rimanere a Roma, perché<br />
nel 1786 fu trasportato a<br />
Napoli, insieme a gran<br />
parte della collezione<br />
Farnese, dote dell’ultima<br />
erede della famiglia, Elisabetta,<br />
andata in sposa<br />
al re di Spagna. Prima<br />
esposto nella Villa Reale<br />
di Chiaia, il Toro fu poi<br />
trasferito nel 1826 nel<br />
Museo Archeologico Nazionale<br />
di Napoli, dove è<br />
tuttora conservato insieme<br />
agli altri capolavori<br />
provenienti dalle stesse<br />
Terme.<br />
Fra questi, da ricordare il<br />
celebre e colossale Ercole<br />
in riposo, proveniente<br />
dal frigidarium, firmato<br />
sul basamento da<br />
Glykon, uno scultore<br />
ateniese attivo all’inizio<br />
del III secolo d.C., la cui<br />
fama è dimostrata dalla<br />
diffusione di copie di<br />
sposti altri locali, tutti comunicanti<br />
tra loro, fra cui<br />
le due grandi palestre<br />
ubicate lungo i lati corti<br />
del complesso, circondate<br />
da portici e<br />
pavimentate a<br />
mosaico; i laconica,<br />
ossia i<br />
bagni turchi,<br />
disposti a sinistra<br />
ed a destra<br />
del caldarium<br />
e distinguibili<br />
dai vani<br />
d’ingresso<br />
obliqui per limitare<br />
la dispersione<br />
di<br />
calore, e gli apodyteria, ovvero<br />
gli spogliatoi.<br />
In realtà, era a quest’ultimi<br />
ambienti che i clienti<br />
dello stabilimento accedevano<br />
tramite i vestibula,<br />
prima di recarsi nel caldarium.<br />
Una alternativa era<br />
quella di recarsi nella<br />
ogni dimensione, da<br />
quella di circa tre<br />
metri ritrovata alle<br />
Terme, fino<br />
a terrecotte<br />
di<br />
poche<br />
centimetri.<br />
Un altro<br />
Ercole<br />
di grandi<br />
dimensioni<br />
fu trovato<br />
nel frigidarium<br />
delle<br />
Terme di Caracalla<br />
, il cosidetto“Ercole<br />
Latino”, dato<br />
per scomparso<br />
e poi riconosciuto<br />
nella<br />
grande statuaconservata<br />
nella<br />
Reggia di Caserta.<br />
Ercole era molto amato<br />
dalla famiglia <strong>dei</strong> Severi<br />
e spesso presente nelle<br />
raffigurazioni delle Terme:<br />
in uno <strong>dei</strong> più famosi<br />
capitelli figurati dell’antichità,<br />
sempre proveniente<br />
dal frigidarium,<br />
infatti, il semidio è rappresentato<br />
in posizione<br />
9<br />
grande piscina scoperta,<br />
senza passare dai bagni.<br />
Tutto il complesso era circondato<br />
da un recinto, la<br />
cui parete è ancora ben<br />
visibile sulla destra nel<br />
percorso dalla biglietteria<br />
verso l’attuale spazio teatrale.<br />
Sul lato posteriore,<br />
alle spalle di questa platea<br />
estiva, si apre una<br />
struttura munita di gradinate,<br />
forse uno stadio<br />
od una cascata d’acqua,<br />
fiancheggiata dalle due<br />
biblioteche (fino ad oggi<br />
si è conservata solo quella<br />
di destra, vicino alla<br />
scalinata che saliva all’Aventino.<br />
Vasti giardini occupavano<br />
lo spazio tra lo stabilimento<br />
termale ed il recinto.<br />
Proprio in questi giardini<br />
sono ora collocati<br />
palcoscenico e platea.<br />
Elena Cagiano de Azevedo<br />
di riposo appoggiato<br />
sulla clava. In tempi diversi<br />
furono recuperati<br />
altri gruppi famosi,<br />
come quello di<br />
Atreo con Tieste,<br />
statue di<br />
Minerva, Venere,<br />
busti di personaggi<br />
della<br />
famiglia imperiale<br />
e numerosi<br />
frammenti architettonici,<br />
fra cui<br />
le vasche ora<br />
nel cortile del<br />
Belvedere in<br />
Vaticano e le<br />
due splendide<br />
di granito<br />
grigio, provenientianch’esse<br />
dal<br />
frigidarium e<br />
riutilizzate<br />
dal Rainaldi<br />
come fontane in Piazza<br />
Farnese. Sempre di granito<br />
era la colonna proveniente<br />
dalla natatio<br />
portata a Firenze nel<br />
1563, dove da Cosimo I<br />
de’ Medici fu eretta in<br />
Piazza S. Trinità, piazza<br />
che ancora la ospita.<br />
Marina Piranomonte
10 Tosca <strong>Il</strong><br />
Già nel 1889 Puccini desiderava<br />
fortemente<br />
scrivere un’opera basata<br />
sul testo teatrale di Sardou<br />
Tosca, forte nei sentimenti<br />
e conciso nella trama. Amore,<br />
sadismo, religione e arte,<br />
mescolati dalla mano di un<br />
cuoco abile quale è Puccini,<br />
vengono serviti su un piatto<br />
di un importante periodo e<br />
scenario storico. <strong>Il</strong> cast della<br />
“prima” era composto da artisti<br />
di primo piano quali Hariclea<br />
Darclèe, soprano proveniente<br />
da Bucarest, scelta più<br />
per la sua eccezionale bellezza<br />
e il suo grande talento scenico<br />
che per le sue doti vocali.<br />
Sembra che sia da attribuire<br />
alla Darclée l’invenzione del<br />
vestito e degli accessori da allora<br />
divenuti caratteristici di<br />
Tosca: il frusciante vestito di<br />
seta, il grande cappello piumato,<br />
il lungo bastone ed il<br />
bouquet. Gli altri due protagonisti<br />
erano Emilio de Marchi,<br />
tenore ed Eugenio Giraldoni,<br />
Baritono.<br />
La direzione d’orchestra era affidata<br />
a Mugnone su cui Puccini<br />
riponeva un’insolita fiducia:<br />
“Mugnone ci metterà tutta la<br />
sua grande anima d’artista nel<br />
concertare e dirigere; e tutti i<br />
bravi esecutori faranno mirabilia<br />
e daranno tutto”.<br />
L’azione di Tosca si svolge a<br />
Roma e nel 1900 Ricordi decise<br />
di rappresentarla a Roma<br />
per lusingare il campanilismo<br />
<strong>dei</strong> romani. Mossa poco astuta<br />
che non valutò l’antagonismo<br />
esistente tra Roma e l’Italia<br />
del Nord e la difficile situazione<br />
politica. Infatti, dopo<br />
la sfortunata guerra contro<br />
l’Abissinia, il Paese era irrequieto<br />
e scontento e a causa<br />
soprattutto della condizione<br />
economica era lacerato da<br />
violente lotte politiche. C’erano<br />
stati due tentativi di attentato<br />
alla vita del Re e la Regina<br />
aveva comunicato che sarebbe<br />
stata presente alla prima<br />
di Tosca. Tutti fattori che<br />
contribuirono a creare un cli-<br />
ma di grande tensione la sera<br />
della Prima. A complicare la<br />
situazione, già di per sé tesa,<br />
si aggiunse Tito Ricordi, responsabile<br />
dell’allestimento.<br />
Ricordi portò con sé lo scenografo<br />
della Scala, Hohenstein,<br />
fatto che suscitò il risentimento<br />
<strong>dei</strong> romani. Si diceva che i<br />
rivali di Puccini avrebbero fischiato<br />
alla prima, indipendentemente<br />
dall’esito della<br />
rappresentazione. Sembrava<br />
di essere seduti su un barile di<br />
polvere. <strong>Il</strong> che è doppiamente<br />
buffo se si ricorda che pochi<br />
minuti prima di andare in scena<br />
un funzionario di pubblica<br />
sicurezza informò Mugnone<br />
che durante la rappresentazione<br />
ci sarebbe potuto essere<br />
il rischio di un attentato Se ciò<br />
fosse accaduto, il direttore<br />
avrebbe dovuto attaccare con<br />
la Marcia Reale.<br />
Una serata davvero eccezionale<br />
e resa solenne dall’arrivo<br />
all’inizio del II atto della Regina<br />
Margherita, fermata a corte<br />
da un pranzo, con “una leggiadra<br />
toilette bianca a trine”.<br />
Al suo seguito il presidente<br />
del Consiglio, Pelloux; il Ministro<br />
della Pubblica Istruzione<br />
Baccelli ed il sottosegretario<br />
alle poste e telegrafi, Edmondo<br />
De Amicis. C’era il<br />
sindaco di Roma, principe<br />
Colonna e molti tra i più importanti<br />
compositori dell’epoca<br />
tra i quali Mascagni, Sgambati,<br />
Cilea, Marchetti e Spinelli.<br />
Tutte personalità che<br />
avrebbero giustificato l’ipotesi<br />
di un attentato. E forse l’attentato<br />
ci fu, ma fu solo un attentato<br />
al buon esito della<br />
rappresentazione. Un brusio<br />
proveniente da un folto gruppo<br />
di persone che non riusciva<br />
a trovare posto si diffuse<br />
per la sala con lo spettacolo<br />
già iniziato. Dal loggione<br />
qualcuno gridò: “Basta, Giù il<br />
sipario”. I tecnici lo presero<br />
come un ordine ed il sipario<br />
calò. Si dovettero aspettare alcuni<br />
minuti per riprendere da<br />
capo l’esecuzione.<br />
Sul momento il successo non<br />
fu così evidente e gli applausi<br />
non abbondarono e neanche i<br />
bis: “Recondita armonia”,<br />
“Vissi d’arte” e “l’Introduzione”.<br />
<strong>Il</strong> vero successo si potè<br />
capire solo attraverso le sedici<br />
repliche. <strong>Il</strong> giudizio complessivo<br />
della stampa fu negativo<br />
anche se le recensioni romane,<br />
paragonate a quelle torinesi<br />
della Bohème non furono<br />
poi così cattive. In realtà<br />
molte critiche furono rivolte<br />
più al libretto che a Puccini,<br />
tanto che il “Corriere d’Italia”<br />
nella prima pagina si congra-<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Al Teatro Costanzi il 14 gennaio 1900<br />
La prima: esordio tra polemiche e tensioni<br />
Hariclea Darclée, prima interprete<br />
di Floria Tosca<br />
Quando Puccini rischiò l’arresto<br />
per ascoltare le campane di Roma<br />
Quanti equivoci e quante<br />
tensioni il povero<br />
Puccini ha dovuto subire<br />
per riuscire a completare<br />
Tosca! Le minacce di bombe,<br />
attentati alla Regina, fischi e<br />
giudizi negativi della stampa<br />
alla prima rappresentazione.<br />
Ma addirittura l’arresto, rischiare<br />
di essere portato in<br />
prigione con Mugnone fa<br />
davvero sorridere e forse contribuisce<br />
a creare quell’alone<br />
di mistero, un romanzo sulla<br />
storia e forse quel fascino che<br />
contraddistingue Tosca a distanza<br />
di un secolo.<br />
Siamo nella primavera del<br />
1889 ed alla polizia, giunge la<br />
voce che al Pincio, in piena<br />
notte, si aggira un individuo<br />
pericoloso e sospetto, senza<br />
alcun dubbio un attentatore o<br />
un terrorista. <strong>Il</strong> sospetto non è<br />
solo, ma per tramare i suoi atti<br />
vandalici e terroristici passeggia<br />
con il suo complice facendo<br />
degli strani segni, sicuramente<br />
legati al complotto.<br />
In questura il panico e la<br />
preoccupazione dilagano e<br />
considerando il delicato periodo<br />
politico che l’Italia sta<br />
attraversando si pensa bene<br />
di intervenire e di bloccare la<br />
sommossa sul nascere. Ad aggravare<br />
la situazione, “il suddito<br />
fedele e timoroso” che ha<br />
rivelato la notizia alle autorità,<br />
aggiunge che il Pincio<br />
normalmente è chiuso da ampi<br />
cancelli e che solo <strong>dei</strong> malintenzionati<br />
avrebbero potuto<br />
eludere il sistema di sicu-<br />
rezza. L’ordine fu perentorio.<br />
<strong>Il</strong> questore Felsani dispone<br />
l’arreso <strong>dei</strong> due sospetti. È<br />
l’alba, il buio ha ormai lasciato<br />
il posto alle prime luci del<br />
giorno che è salutato dal suono<br />
delle campane di Roma e<br />
Puccini insieme a Mugnone<br />
passeggia al Pincio cercando<br />
di riprodurre in note il suono<br />
delle campane. Ma ecco che<br />
all’ improvviso viene fermato<br />
da tre agenti armati, pronti a<br />
portare a termine la loro missione.<br />
“Fermi, sono un delegato<br />
di pubblica sicurezza.<br />
Chi siete? Che fate qui a quest’ora?<br />
Come siete entrati?”.<br />
Puccini e Mugnone, inizialmente<br />
stupiti e spaventati<br />
scoppiano a ridere capendo<br />
l’equivoco sorto e cominciano<br />
a spiegare la<br />
loro identità e<br />
la loro estraneità<br />
da qualsiasi<br />
atto terroristico.Spiegano<br />
inoltre di<br />
aver ricevuto le<br />
chiavi del cancello<br />
qualche<br />
giorno prima e<br />
che possiedono<br />
anche un regolare<br />
permesso del Municipio<br />
per sostare di notte al Pincio.<br />
<strong>Il</strong> mistero è svelato, l’equivoco<br />
è chiarito e Puccini viene<br />
ricoperto e travolto dalle<br />
scuse degli agenti che si sono<br />
nel frattempo resi conto di<br />
aver offeso un personaggio<br />
di chiara fama. Alla prima di<br />
Eugenio Giraldoni come Scarpia,<br />
alla prima dell’epoca<br />
tulava con l’autore “pur lamentando<br />
che egli si sia cimentato<br />
in un tentativo la cui<br />
inanità non gli doveva sfuggire”.<br />
Puccini pensava di aver<br />
fallito! Aveva fallito nell’opera<br />
che aveva tanto desiderato<br />
scrivere: “poiché in questa<br />
Tosca vedo l’opera che ci vuole<br />
per me, né di proporzioni<br />
eccessive, né come spettacolo<br />
decorativo, né tale da dar luogo<br />
alla solita sovrabbondanza<br />
musicale”.<br />
Ma in realtà non fu un fallimento<br />
e gli applausi arrivarono,<br />
soprattutto, nel finale (interamente<br />
ripetuto)e durante<br />
il Te Deum il pubblicò si alzò<br />
in piedi acclamando a gran<br />
voce Giacomo Puccini che si<br />
presentò al proscenio.<br />
M. V. M.<br />
Tosca sono presenti anche i<br />
tre agenti di polizia che all’inizio<br />
del terzo atto possono<br />
sentire il suono delle campane<br />
riprodotto da Puccini<br />
identico a quello che avevano<br />
udito poche mattine prima<br />
al Pincio.<br />
L. D. D.
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Tosca<br />
L’opera pucciniana ed i suoi “disastri”<br />
L’indimenticabile suicidio<br />
del plotone di esecuzione<br />
Politeama Genovese,<br />
ottobre 1901. A<br />
grande richiesta<br />
viene ripresentata Tosca<br />
che, pochi mesi prima, al<br />
suo debutto cittadino,<br />
aveva letteralmente entusiasmato<br />
il pubblico.<br />
Al momento della fucilazione,<br />
i soldati sbagliano<br />
i tempi e sparano in anticipo<br />
sicchè Cavaradossi<br />
deve stramazzare a terra<br />
per conto proprio. <strong>Il</strong> povero<br />
tenore non aveva<br />
avuto, nell’occasione, la<br />
presenza di spirito di un<br />
collega attore che, trovandosi<br />
nella medesima,<br />
imbarazzante situazione,<br />
se l’era cavata egregiamente<br />
gridando mentre<br />
cadeva: “Muoio avvelenato”.<br />
La “falsa” fucilazione<br />
di Cavaradossi è uno <strong>dei</strong><br />
tanti incidenti che contrassegnano<br />
la storia dell’opera<br />
pucciniana.<br />
Uno <strong>dei</strong> titoli in assoluto<br />
più popolari se si<br />
considera che fra il 1967<br />
e il 1992 è risultato al<br />
terzo posto nella graduatoria<br />
delle opere<br />
maggiormente rappresentate<br />
negli Enti lirici<br />
italiani, dopo Aida e Madama<br />
Butterfly.<br />
Titolo, tuttavia, tra i<br />
più “sfortunati” per la<br />
serie infinita di incidenti,<br />
solitamente comici, che<br />
hanno accompagnato<br />
numerosi allestimenti in<br />
ogni parte del globo.<br />
“Colpi di scena” spesso<br />
determinati da qualche<br />
burlone. Così se un<br />
corpulento soprano tedesco<br />
difficilmente potrà<br />
dimenticare il tiro giocatole<br />
da un tecnico che<br />
nella scena conclusiva di<br />
Salomè sostituì la testa<br />
mozza di Giovanni Battista<br />
con una pila di<br />
sandwich al prosciutto,<br />
non avrà certamente<br />
dormito per intere notti,<br />
il giovane soprano americano<br />
che nel 1960 vestì<br />
i panni di Tosca al City<br />
Center di New York. Era<br />
l’epilogo dell’opera: Cavaradossi<br />
esanime, lei<br />
sui bastioni pronta a gettarsi<br />
nel vuoto invano inseguita<br />
da Spoletta. Un<br />
salto, come da copione,<br />
per sparire alla vista degli<br />
spettatori. <strong>Il</strong> tappeto<br />
posto per attutire la caduta<br />
era stato, però, sostituito<br />
da un telone elastico.<br />
Risultato: la povera<br />
cantante rimbalzò una<br />
decina di volte, prima di<br />
essere definitivamente<br />
“placata” dai tecnici.<br />
Non allo scherzo di un<br />
macchinista ma alla fretta<br />
si devono, invece, le<br />
disavventure di Shilery<br />
Manifesto liberty per la Tosca di Puccini<br />
Verrett chiamata a Genova<br />
nel maggio 1988 a sostituire<br />
all’ultimo momento<br />
Raina Kabaiwanska<br />
costretta ad un temporaneo<br />
forfait per gravi<br />
problemi familiari.<br />
La grande artista di<br />
colore arrivò direttamente<br />
dagli Stati Uniti<br />
poche ore prima del debutto.<br />
Provò al pianoforte<br />
con il direttore Oren,<br />
passò rapidamente in<br />
sartoria e andò in scena.<br />
Forse il vestito non era<br />
della misura adatta, forse<br />
gli scalini in scena<br />
avevano qualche asperità<br />
di troppo: fatto sta<br />
che per ben due volte l’abito<br />
si impigliò ad un<br />
gradino tanto da costringere<br />
la cantante a strapparlo<br />
con un gesto impe-<br />
rioso per liberarsi. Inoltre<br />
alla fine del secondo<br />
atto, rentrando dietro le<br />
quinte, la Verrett cadde,<br />
fortunatamente senza<br />
conseguenze, e dovette<br />
ricorrere alle cure del<br />
medico.<br />
Di cure ben più serie<br />
ebbe bisogno nel luglio<br />
del 1995 il tenore Fabio<br />
Armiliato, Cavaradossi<br />
allo Sferisterio di Macerata.<br />
I fucili del plotone<br />
di esecuzione funzionarono<br />
sin troppo bene<br />
tanto che davanti ad una<br />
sorpresa Tosca-Kabaiwanska,<br />
il<br />
cantante genovese<br />
fu effettivamente<br />
colpito (per<br />
fortuna in<br />
maniera lieve)<br />
ad un piede<br />
da uno<br />
stoppaccio (il<br />
batuffolo di<br />
stoppa con<br />
cui si fermano<br />
gli elementi<br />
di carica<br />
nei fucili a<br />
bacchetta).<br />
Armiliato finì<br />
in ospedale,<br />
la moglie, in<br />
platea si sentì<br />
male e anche<br />
l’addetto ai<br />
fucili pare abbia avuto<br />
un comprensibile malore.<br />
Per Armiliato, tuttavia,<br />
non era finita. Ripresentatosi<br />
in scena alla seconda<br />
recita, l’artista,<br />
forse ancora provato dalla<br />
precedente disavventura,<br />
cadde in scena<br />
infortunandosi a una<br />
gamba.<br />
Di una caduta fu vittima<br />
al Colon di Buenos<br />
Aires, intorno agli anni<br />
Cinquanta anche Maria<br />
Jeritza. Inciampò proprio<br />
davanti a Scarpia al<br />
momento di intonare<br />
«Vissi d’arte». Non c’era<br />
il tempo di rialzarsi e, da<br />
grande artista, cantò la<br />
celebre pagina riversa<br />
sul pavimento. Purtroppo<br />
si trovava in una sezione<br />
del palcoscenico<br />
non illuminata e i tecnici<br />
vagarono invano<br />
con i riflettori per tutto<br />
il brano prima di<br />
riuscire a inquadrare<br />
la cantante.<br />
Oggi, in epoca di<br />
computer, le luci non<br />
sono più puntate a<br />
mano, ma in molti<br />
teatri tutto è scrupolosamente<br />
affidato alla<br />
memoria di un cervellone.<br />
Se qualche<br />
dato viene immesso<br />
in maniera errata,<br />
può accadere il finimondo.<br />
A San Diego alla fine<br />
degli anni Cinquanta un<br />
computer regolava persino<br />
lo spegnimento delle<br />
candele intorno a Scarpia.<br />
Ma Tosca non andava<br />
d’accordo con l’elettronica.<br />
E così quando lei<br />
soffiava sulla candela di<br />
destra, si spegneva quella<br />
di sinistra fra le risate<br />
del pubblico.<br />
<strong>Il</strong> computer, del resto,<br />
ha creato qualche problema<br />
anche recentemente<br />
al Carlo Felice di<br />
Genova. Nell’ultima Tosca<br />
del ‘99, all’apertura<br />
del terzo atto, la struttura<br />
scenica che doveva fare<br />
da cornice e da fondale<br />
a Castel Sant’Angelo è<br />
rimasta bloccata e l’imponente<br />
costruzione romana<br />
è parsa alquanto<br />
spaesata fra quinte assolutamente<br />
neutre e ben<br />
poco paesaggistiche.<br />
A generare incidenti,<br />
tuttavia, è quasi sempre<br />
l’elemento umano. Nel<br />
suo libro “Disastri all’opera”,<br />
Vickers ha ambientato<br />
quest’ultimo<br />
episodio a San Francisco<br />
nel 1961. <strong>Il</strong> plotone di<br />
esecuzione era composto<br />
da studenti universitari<br />
arruolati in tutta fretta,<br />
pieni d’entusiasmo, ma<br />
assolutamente ignari<br />
della trama dell’opera.<br />
Preso dal turbinio delle<br />
prove con i protagonisti,<br />
il regista potè dedicare al<br />
plotone solo cinque minuti<br />
prima dell’inizio<br />
dello spettacolo. Le<br />
11<br />
istruzioni furono precise:<br />
“Quando il direttore<br />
di scena vi fa segno entrate<br />
marciando lentamente,<br />
aspettate che l’ufficiale<br />
abbassi la spada e<br />
poi sparate”. “E come ce<br />
ne andiamo? ” chiesero<br />
gli studenti. “Uscite con i<br />
protagonisti” gli fu risposto.<br />
<strong>Il</strong> primo choc gli improvvisati<br />
soldati lo provarono<br />
quando, entrando<br />
sul palcoscenico si<br />
trovarono di fronte due<br />
persone e non una. Chi<br />
fucilare, dunque, la donna<br />
o l’uomo? Optarono<br />
per la donna ricordando<br />
il titolo dell’opera. E rimasero<br />
alquanto stupiti<br />
quando si accorsero che<br />
la donna rimaneva in<br />
piedi e l’uomo, pur risparmiato<br />
dal loro tiro<br />
incrociato, cadeva esanime.<br />
Possiamo anche immaginare<br />
lo stupore del<br />
direttore d’orchestra sul<br />
podio e del regista, impotente,<br />
dietro le quinte.<br />
Ma non era finita. Occorreva<br />
uscire. Stava accadendo<br />
il finimondo.<br />
L’orchestra si gonfiava,<br />
Spoletta entrava in scena<br />
seguito dai suoi, Tosca<br />
correva rapida su per i<br />
bastioni. Non c’era tempo<br />
per riflettere. E così,<br />
mentre il sipario calava,<br />
il pubblico vide un intero<br />
plotone d’esecuzione<br />
gettarsi giù dalle mura<br />
in uno spettacolare e indimenticabile<br />
suicidio di<br />
massa...<br />
Roberto Iovino
12 Tosca <strong>Il</strong><br />
La successione degli<br />
eventi drammatici di<br />
Tosca si identifica<br />
con tre <strong>dei</strong> monumenti più<br />
famosi di Roma: la seicentesca<br />
Chiesa di Sant’Andrea<br />
della Valle, Palazzo<br />
Farnese e Castel Sant’Angelo,<br />
prescelti da Victorien<br />
Sardou (e poi confermati<br />
da <strong>Il</strong>lica e Giacosa) come<br />
luoghi emblematici del potere<br />
religioso e politico della<br />
Chiesa-Stato tra fine ‘700<br />
e inizi ‘800.<br />
Sant’Andrea della Valle<br />
possiede, inoltre - con la<br />
cupola di Carlo Maderno,<br />
la più alta a Roma dopo<br />
San Pietro -, un’imponenza<br />
volumetrica straordinaria e<br />
dista soltanto poche centinaia<br />
di metri da Palazzo<br />
Farnese e Castel Sant’Angelo:<br />
era, pertanto, il luogo<br />
perfetto per comparire in<br />
una vicenda drammatica,<br />
scandita da un ritmo cronologico<br />
serrato e veloce,<br />
adeguato al pathos espresso.<br />
Perché Sant’Andrea<br />
in Tosca?<br />
Da sempre, la critica letteraria<br />
e musicale ha cercato di<br />
motivare le ragioni dell’invenzione<br />
dentro la Chiesa<br />
di Sant’Andrea della Valle<br />
della Cappella Attavanti,<br />
dove trova rifugio Cesare<br />
Angelotti, aiutato da Mario<br />
Cavaradossi (intento a dipingere<br />
una Maddalena<br />
con l’effigie della marchesa<br />
Attavanti, sorella di Cesare,<br />
causa primaria dell’insorgere<br />
funesto della gelosia di<br />
Tosca).<br />
Gli Attavanti appartenevano<br />
a un illustre casato fiorentino,<br />
giunto a Roma alla<br />
fine del ‘400 ma già estinto<br />
nel ‘700. Tuttavia, non avevano<br />
mai avuto alcun giuspatronato<br />
nelle cappelle di<br />
Sant’Andrea della Valle ed<br />
avevano le sepolture a Santa<br />
Maria in Ara Coeli e a<br />
Sant’Agostino. Probabilmente<br />
Sardou aveva individuato<br />
la Cappella Attavanti<br />
nella vicina Chiesa di<br />
Sant’Agostino, ma preferì<br />
spostarne la collocazione<br />
nella più imponente<br />
Sant’Andrea della Valle per<br />
attribuire un “teatro” eccezionale<br />
ad un’eccezionale<br />
primadonna, quale è la protagonista<br />
Floria Tosca.<br />
Del resto, fin dalla lettura<br />
<strong>dei</strong> diari romani del ‘600,<br />
per finire con le annotazioni<br />
sette-ottocentesche del<br />
Chracas, sappiamo che a<br />
Sant’Andrea della Valle si<br />
celebravano, in circostanze<br />
particolarmente importanti,<br />
solenni e sfarzosi Te<br />
Deum, alla presenza di<br />
Cardinali e aristocratici, oltre<br />
che di “vario popolo”.<br />
Dunque, nel libretto per un<br />
Te Deum solenne, quale<br />
circostanza più importante<br />
della notizia di una presunta<br />
vittoria austriaca a<br />
Marengo su Napoleone, il<br />
nemico per eccellenza del<br />
pontefice romano?<br />
A Sant’Andrea, poi, esistevano<br />
le memorie di diverse<br />
famiglie fiorentine o di<br />
ascendenza toscana (i Rucellai,<br />
i Barberini, gli Strozzi);<br />
era anzi, storicamente,<br />
dopo San Giovanni <strong>dei</strong><br />
Fiorentini, una chiesa tradizionalmente<br />
curata dai<br />
rappresentanti delle massime<br />
dinastie toscane presenti<br />
a Roma. A questo<br />
punto, l’inserto “romanzato”<br />
di una cappella <strong>dei</strong> fiorentini<br />
Attavanti risultava<br />
una licenza poetica assolutamente<br />
verosimile. E, per<br />
una simmetria storica ricercata<br />
da Puccini stesso, si<br />
deve a un religioso toscano,<br />
don Pietro Panichelli,<br />
amico del musicista lucchese,<br />
l’invio di stampe<br />
con i costumi delle guardie<br />
svizzere e di diverse notizie,<br />
utili per l’organizzazione<br />
della processione del<br />
I atto, nonché la fornitura<br />
del tema musicale del Te<br />
Deum in uso nelle chiese<br />
romane. Quello che si ricercava,<br />
sia nel dramma di<br />
Sardou che nell’opera di<br />
Puccini, era quindi la verosimiglianza<br />
storica non la<br />
verità storica.<br />
In tale prospettiva, risulta<br />
assolutamente lecita la sovrapposizione<br />
del nome<br />
Attavanti a quello Barberini<br />
dell’omonima cappella<br />
di Sant’Andrea della Valle,<br />
tanto più che si trattava di<br />
un casato estinto, a cui si<br />
poteva attribuire, senza tema<br />
di smentita, un esponente<br />
rivoluzionario, addirittura<br />
console della repubblica<br />
romana.<br />
La Cappella Barberini<br />
Nel sontuoso contesto artistico,<br />
si segnala, immediatamente,<br />
all’attenzione di<br />
qualsiasi visitatore la magnificenza<br />
della prima cappella<br />
a sinistra: la Cappella<br />
Barberini. Voluta<br />
dal protonotarioapostolico<br />
monsignor<br />
Francesco Barberini<br />
che, nel<br />
testamento redatto<br />
nel 1600,<br />
aveva espresso<br />
il desiderio di<br />
sepoltura per<br />
sé e per i propri<br />
familiari<br />
nella chiesa <strong>dei</strong><br />
teatini di<br />
Sant’Andrea<br />
della Valle, la<br />
cappella era<br />
stata concessa<br />
quattro anni<br />
più tardi al nipote,<br />
il potente<br />
cardinale Maffeo Barberini<br />
(futuro papa Urbano VIII),<br />
con l’obbligo, fra l’altro, di<br />
usare per le decorazioni interne<br />
“belli marmi mischi”,<br />
simili a quelli, preziosissimi,<br />
della vicina Cappella<br />
Rucellai. La profusione <strong>dei</strong><br />
marmi è straordinaria per il<br />
valore delle pietre usate e<br />
per l’attento studio degli<br />
effetti cromatici. Fra tutti<br />
spiccano gli eccezionali lapislazzuli,<br />
le ametiste, gli<br />
alabastri, il verde antico, il<br />
marmo pario (usato nei<br />
capitelli corinzi delle colonne).<br />
Architetto della cappella è<br />
stato Matteo da Castello<br />
(autore anche della<br />
Cappella Rucellai),<br />
con l’aiuto di Francesco<br />
Rossi che, fin<br />
dal 1603, s’impegnò<br />
con Maffeo<br />
Barberini per il reperimento<br />
<strong>dei</strong> materiali<br />
lapi<strong>dei</strong> presso<br />
le cave di Trento<br />
e Verona. I documenti<br />
di archivio<br />
ricordano, inoltre,<br />
l’ingaggio degli eccellenti<br />
scalpellini<br />
Bartolomeo Bassi e<br />
Domenico Marchesi<br />
e il costo <strong>dei</strong><br />
lavori, circa 5800 scudi. La<br />
cappella era quasi del tutto<br />
completata nel 1616, quando,<br />
nel giorno dell’Immacolata<br />
Concezione, fu inaugurata<br />
e dedicata alla Vergine<br />
Assunta.<br />
La cappella (a pianta rettangolare<br />
con due corte<br />
braccia laterali) è sormontata<br />
da una cupola elittica.<br />
A sinistra, un arco introduce<br />
nella cappellina dedicata<br />
a San Sebastiano: un piccolo<br />
vano al cui interno si<br />
trovano due sculture raffiguranti<br />
Monsignor Francesco<br />
Barberini seduto sulla<br />
tomba (post 1613) di Cristoforo<br />
Stati e Carlo Barberini<br />
(1675) di Giuseppe<br />
Giorgetti e un dipinto del<br />
Passignano raffigurante S.<br />
Sebastiano ritrovato nella<br />
cloaca Massima (1613). Per<br />
l’esecuzione <strong>dei</strong> dipinti che<br />
celebrano il dogma della<br />
Verginità della Madonna<br />
(Nascita della Vergine, Annunciazione,<br />
Visitazione,<br />
Purificazione della Vergine)<br />
e – nella cupola – le sue<br />
Virtù (la Fede, l’Umiltà, la<br />
Carità e la Verginità), nonché<br />
l’Assunzione<br />
(1613/1615, pala dell’altare),<br />
Maffeo Barberini scelse<br />
il pittore toscano Domenico<br />
Cresti detto il Passignano.<br />
<strong>Il</strong> programma iconografico<br />
era stato approntato<br />
dal padre gesuita Sfetonio,<br />
famoso professore di<br />
retorica e drammaturgo<br />
del Collegio Romano, presso<br />
cui Maffeo e Carlo Barberini<br />
avevano studiato.<br />
Nella zona centrale della<br />
cappella, addossate alle<br />
pareti, le sculture con S.<br />
Giovanni Evangelista, S.<br />
Giovanni Battista, S. Maria<br />
Maddalena e S. Marta so-<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
L'ambientazione del I Atto: Sant'Andrea della Valle<br />
Un vero passaggio segreto per iniziare la Tosca<br />
La Cappella Barberini<br />
La Chiesa di S. Andrea della Valle<br />
no, rispettivamente, di Cristoforo<br />
Stati, Pietro Bernini,<br />
Ambrogio Bonvicino e<br />
Francesco Mochi. Per il<br />
breve corridoio che collega<br />
la Cappella Barberini a<br />
quella Rucellai, Gian Lorenzo<br />
Bernini eseguì i busti<br />
<strong>dei</strong> genitori di Maffeo e<br />
Carlo: Antonio Barberini e<br />
Camilla Barbadori, poi rimossi<br />
e sostituiti da due<br />
medaglioni in porfido, con<br />
i profili <strong>dei</strong> defunti, eseguiti<br />
da Tommaso Fedeli negli<br />
anni 1626-1627.<br />
Nella Cappella Barberini, il<br />
piccolo arco che apre la parete<br />
sinistra introduce nella<br />
cappellina di San Sebastiano<br />
e cela un segreto: attraverso<br />
una scala a chiocciola<br />
era possibile l’accesso<br />
(murato nel 1612 per ragioni<br />
di sicurezza) ai resti dell’antica<br />
chiesetta di San Sebastiano,<br />
costruita a ricordo<br />
del ritrovamento nella<br />
Cloaca Massima sottostante<br />
del corpo del famoso<br />
martire da parte della matrona<br />
romana Lucina. Di<br />
tale “mistero” restava ancora<br />
vivissima memoria<br />
nei documenti ottocenteschi<br />
di Sant’Andrea della<br />
Valle. Inoltre, lo spazio limitatissimo<br />
della cappellina<br />
rende difficile l’accesso<br />
anche ad una sola persona,<br />
rendendola praticamente<br />
invisibile. Un nascondiglio<br />
ideale per un fuggiasco.<br />
Chissà che non sia stata<br />
proprio questa intrigante<br />
particolarità dell’articolazione<br />
architettonica ad essere<br />
notata da Sardou per il<br />
nascondiglio di Angelotti?<br />
Alba Costamagna<br />
Soprintendenza Beni<br />
Artistici di Roma
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Durante la costruzione il<br />
colossale maniero sembrò<br />
il simbolo dell’eccesso<br />
e dello spreco. Rimase famosa<br />
una burla : era stata messa<br />
sotto la statua “parlante” del<br />
Pasquino una cassetta per raccogliere<br />
elemosine da destinare<br />
ironicamente al palazzone, come<br />
se i soldi non bastassero<br />
mai! E realmente la fabbrica<br />
progettata da Antonio da Sangallo<br />
, fin dai primi anni del<br />
Cinquecento, crebbe a dismisura<br />
in corso d’opera, mentre anche<br />
la piazza antistante prendeva<br />
la forma di gigantesco atrio<br />
che tutt’ora conserva.<br />
Morto il Sangallo poco prima<br />
della metà del secolo, arrivò<br />
l’incarico a Michelangelo Buonarroti<br />
per il famoso cornicione,<br />
che spicca con una incombenza<br />
straordinaria, e per certi lavori<br />
interni .<br />
Ma l’edificazione durerà ancora<br />
a lungo fino a che compare<br />
un altro sommo architetto di<br />
quei tempi, il Vignola, che mette<br />
a punto la facciata posteriore<br />
e “chiude” letteralmente la storia.<br />
Finalmente il palazzo assume<br />
quell’aspetto di fortezza<br />
dentro la città che ne farà un<br />
modello destinato a durare per<br />
secoli . E lo si nota oggi più che<br />
mai, dopo il restauro della facciata<br />
sulla Piazza Farnese da cui<br />
è emerso un paramento stranissimo<br />
e inatteso con quegli strani<br />
disegni sulla muratura, quasi<br />
<strong>dei</strong> giochi al caleidoscopio o immagini<br />
ispirate a un fantastico<br />
tappeto orientale il cui senso<br />
profondo sfugge. Un effetto, comunque,<br />
di leggerezza e grazia<br />
che contrasta non poco con<br />
quell’aria severa che ha sempre<br />
fatto vedere il Palazzo Farnese<br />
come immagine per antonoma-<br />
sia del potere politico sovrastante<br />
il contesto della città,<br />
enorme UFO calato su un insieme<br />
di vicoli e vicoletti , di piccole<br />
piazze, di passaggi misteriosi<br />
e slarghi improvvisi.<br />
Palazzo Farnese è il Colosseo<br />
<strong>dei</strong> tempi moderni. Un blocco<br />
catafratto e chiuso dentro il quale<br />
si può immaginare accada di<br />
tutto. Visto dal di fuori, cosa potrebbe<br />
contenere? Un tribunale<br />
implacabile? Un giardino delle<br />
delizie e delle trasgressioni?<br />
Una raccolta smisurata e inquietante<br />
di opere d’arte?<br />
Queste ultime certamente si,<br />
in coerenza con l’atteggiamento<br />
tipico di casa Farnese, del resto<br />
necessario perché i Farnese erano,<br />
in qualche modo, una nobiltà<br />
nuova. Venivano da una<br />
stirpe di condottieri che aveva<br />
costruito le sue fortune sul<br />
campo di battaglia e con le armi<br />
in mano. La storia del loro Papa,<br />
Paolo III, era destinata a restare<br />
negli annali delle più aspre lotte<br />
di potere combattute nel sedicesimo<br />
secolo, tra aggressione<br />
protestante e rigenerazione cattolica.<br />
Mentre il Palazzo era in costruzione<br />
erano già cominciati<br />
gli affreschi dell’allievo di Michelangelo,<br />
Daniele da Volterra<br />
nelle stanze al primo piano, con<br />
opere mitologiche di finissima<br />
qualità, troppo presto dimenticate.<br />
Ma, soprattutto, era stata<br />
decorata la sala centrale al Piano<br />
nobile, quella che si vede<br />
dalla Piazza al di là del balcone.<br />
Francesco Salviati fiorentino,<br />
uno <strong>dei</strong> più grandi pittori del<br />
tempo, vi aveva dipinto le imprese<br />
belliche <strong>dei</strong> comandanti<br />
farnesiani consolidando un<br />
‘idea dell’arte figurativa quale<br />
arte della guerra, da paragonare<br />
Tosca<br />
direttamente con le colonne<br />
istoriate degli antichi<br />
romani.<br />
Salviati non riuscì<br />
compiere il suo lavoro.<br />
Sopravvenne la morte e<br />
il Salone fu completato<br />
dai fratelli Taddeo e Federico<br />
Zuccari pochi anni<br />
dopo.<br />
Intanto il Palazzo si<br />
riempiva di opere d’arte<br />
antiche e moderne e di<br />
una insigne biblioteca,<br />
per soddisfare le esigenze<br />
di un collezionismo<br />
ambiziosissimo. Poi le<br />
collezioni farnesiane sono<br />
andate disperse e<br />
quasi più nulla resta lì.<br />
Molto e’finito a Napoli,<br />
al Museo di Capodimonte e al<br />
Museo Archeologico. Ma chi<br />
fosse entrato in Palazzo Farnese<br />
verso la fine del Cinquecento<br />
avrebbe visto cose meravigliose.<br />
Quadri magistrali, da Raffaello<br />
a Tiziano, sculture sbalorditive<br />
come il rinomato Ercole in riposo<br />
o il gruppo noto proprio con<br />
il nome “Toro Farnese”, nonché<br />
una raccolta eccezionale di medaglie<br />
e cammei.<br />
La grande stagione di Palazzo<br />
Farnese culmina nel passaggio<br />
tra Cinquecento e Seicento. <strong>Il</strong><br />
grande padrone è adesso il cardinale<br />
Odorado ed è lui a chiamare<br />
a Roma Annibale e Agostino<br />
Carracci per il cosidetto<br />
“Camerino” e la Galleria. Qui<br />
Annibale, quasi in concomitanza<br />
con il Giubileo dell’anno<br />
1600, compone una stupenda<br />
decorazione profana che rappresenta,<br />
in buona sostanza, gli<br />
amori degli <strong>dei</strong> dell’Olimpo<br />
greco, con al centro della volta<br />
la raffigurazione del Trionfo di<br />
Bacco e Arianna, una delle opere<br />
d’arte più esaltate e imitate<br />
forse di tutti i tempi. Così veniva<br />
rovesciata, nello stesso Palazzo<br />
e su committenza della stessa<br />
famiglia l’idea dell’arte della<br />
guerra. A distanza di pochi metri<br />
era fissato e sviscerato una<br />
volta per tutte uno <strong>dei</strong> grandi<br />
temi della cultura occidentale, il<br />
contrasto insanabile e sempre<br />
risorgente, tra il fare la guerra o<br />
il fare l’amore, e per mano di alcuni<br />
tra i più insigni pittori attivi<br />
nella fase della crisi del Rinascimento<br />
.<br />
Raggiunto il suo culmine di<br />
bellezza e splendori, il Palazzo<br />
dopo la morte del cardinale<br />
Odoardo nel 1626 cominciò a<br />
declinare. Già alla fine del seco-<br />
13<br />
L'ambientazione del 2° atto: Palazzo Farnese<br />
<strong>Il</strong> lussuoso scenario di una vendetta<br />
lo diciassettesimo molte opere<br />
d’arte venivano inviate a Parma,<br />
anche se nel Palazzo continuarono<br />
a soggiornare illustri<br />
ospiti tra cui la Regina Cristina<br />
di Svezia. E nel Seicento la storia<br />
di Palazzo Farnese comincia<br />
a intrecciarsi in maniera forte<br />
con la storia di Francia. Molti<br />
grandi dignitari francesi vi risiedettero<br />
tra cui Alphonse de Richelieu<br />
e il duca di Créquy. Comunque<br />
rimase in mano alla famiglia<br />
Farnese fino all’estinzione<br />
che giunse nel 1731, quando i<br />
beni farnesiani passarono tutti<br />
in mano al figlio di Filippo V e<br />
Elisabetta Farnese, don Carlo e<br />
per mezzo di lui ai Borboni di<br />
Napoli. E immediatamente un<br />
cospicuo gruppo di opere d’arte<br />
farnesiane fu trasferito a Napoli<br />
per il Real Museo Borbonico.<br />
Da quel momento il Palazzo<br />
Farnese conobbe una vera e propria<br />
agonia da cui si riprese solo<br />
nel 1874, quando fu affittato<br />
all’Ambasciata di Francia che<br />
tutt’ora lo detiene curandolo<br />
con impegno continuo .<br />
Bisogna immaginarlo come si<br />
presentava al cadere dell’Ottocento,<br />
ancora in mano borbonica<br />
e poi subito dopo, con le sale<br />
immense, freddissime e male illuminate,<br />
con gli affreschi, totalmente<br />
disprezzati perché a diverso<br />
titolo ritenuti opere degenerate,<br />
o di morboso erotismo o<br />
di asfittico manierismo, gravido<br />
di un passato irrecuperabile ma<br />
latente, dove sarebbe potuta<br />
sembrare connaturata alla struttura<br />
stessa delle murature l’idea<br />
di un potere che gronda lacrime<br />
e sangue ma è, nello stesso tempo,<br />
ripieno di ansie di bellezza e<br />
inconfessabili desideri.<br />
Claudio Strinati
14 Tosca <strong>Il</strong><br />
Sul terrazzo di Castel S.<br />
Angelo la scena si ripete<br />
ogni giorno. Gruppi<br />
di visitatori con lo sguardo<br />
curioso alla ricerca del punto<br />
preciso in cui Floria Tosca<br />
si sarebbe gettata nel<br />
vuoto. Tanta è la fama mondiale<br />
del personaggio nato<br />
dalla penna di Sardou, che<br />
alcuni rifiutano l’idea di Tosca<br />
mai esistita come personaggio<br />
storico.<br />
Vero è, invece, che alcuni<br />
ambienti del Castello vennero<br />
nei secoli utilizzati come<br />
terribili prigioni dove il<br />
condannato veniva lasciato<br />
morire di fame. I due arcosoli<br />
ai lati della sala delle<br />
urne, ad esempio, almeno<br />
dal primo Quattrocento venivano<br />
usati come prigioni<br />
(dette “le gemelle”) e qui,<br />
per pochi giorni, ci fu imprigionato<br />
anche Benvenuto<br />
Cellini.<br />
<strong>Il</strong> sepolcro dell’imperatore<br />
La storia del Castello però è<br />
molto più antica. Inizia con<br />
l’imperatore Publio Elio<br />
Adriano (117-138) che volle<br />
realizzata per lui e per la<br />
sua discendenza una gigantesca<br />
tomba sulla riva destra<br />
del Tevere. Nell’Adrianeo<br />
la successione degli elementi<br />
architettonici era essenziale:<br />
un basamento quadrangolare,<br />
da cui spiccava<br />
il colossale cilindro nel cui<br />
centro s’innalzava a sua<br />
volta un cilindro di diametro<br />
inferiore, sul quale era<br />
posizionata la quadriga<br />
bronzea condotta da una<br />
statua di Adriano in figura<br />
di Sole.<br />
<strong>Il</strong> sepolcro, forse non interamente<br />
completato, fu aperto<br />
nel 139, allorché un anno<br />
dopo la sua morte vi veniva<br />
deposto Adriano. E’ difficile<br />
affermare quanti altri imperatori<br />
e personaggi imperiali<br />
appartenenti alla dinastia<br />
(vera o presunta) di Adriano<br />
varcarono quella soglia<br />
per esservi sepolti nella vasta<br />
cella funeraria posta al<br />
centro del grande cilindro,<br />
forse una quindicina, sembra<br />
certo, che l’ultimo ad esservi<br />
collocato fu l’imperatore<br />
Caracalla, ucciso nel<br />
217. Successivamente, infatti,<br />
il mausoleo perse la sua<br />
funzione sepolcrale.<br />
La trasformazione<br />
in fortezza<br />
Nell’anno 271 l’imperatore<br />
Aureliano volle edificare<br />
una cinta muraria attorno alla<br />
città lunga ben 19 chilometri<br />
per difendere Roma<br />
minacciata dai barbari. Un<br />
sistema difensivo che previde<br />
anche l’utilizzazione della<br />
tomba di Adriano, opportunamente<br />
adattata. La trasformazione<br />
del mausoleo in<br />
fortezza comportò implicazioni<br />
architettoniche e tattico-strategiche<br />
che si estesero<br />
anche alla zona di Borgo.<br />
Con il passare <strong>dei</strong> secoli, la<br />
successiva presenza <strong>dei</strong> pontefici<br />
nella fortezza (che non<br />
di rado vi dimorarono, pur<br />
se in momenti tragici), imponeva<br />
la realizzazione di ambienti<br />
confortevoli e di rappresentanza.<br />
E’ per questo<br />
che vi troviamo l’appartamento<br />
di Nicolò V (1447-55),<br />
rinnovato da Clemente VIII<br />
(1592-1605) con, ad esempio,<br />
il grande salone detto “di<br />
Apollo”, dalle storie del dio<br />
affrescate sulle pareti, nel<br />
fondo del quale è collocata la<br />
Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
L'ambientazione del 3° atto: Castel Sant'Angelo<br />
Quei merli antichi da cui Floria non si gettò<br />
San Michele ripone la spada<br />
per la fine della peste<br />
Nel 590 si scatenò a Roma una terribile epidemia di peste che gli abitanti della città<br />
interpretarono come una punizione di Dio per i loro peccati. <strong>Il</strong> papa Gregorio Magno<br />
ordinò che, in segno di espiazione, venisse organizzata una grande processione.<br />
<strong>Il</strong> corteo era aperto da una immagine della Madonna, che sarebbe stata dipinta da<br />
San Luca, dietro la quale procedevano devotamente e cantando litanie il Papa, i Cardinali<br />
ed il popolo romano. A mano a mano che l’immagine della Madonna avanzava, l’aria<br />
– dice la tradizione - si liberò miracolosamente dalla infezione della malattia. Quando la<br />
processione arrivò in vista del mausoleo di Adriano, il Papa vide l’Arcangelo Michele posarsi<br />
sulla sommità del monumento e riporre la spada nel fodero: questo gesto simbolico<br />
esprimeva il perdono di Dio e quindi la fine del flagello.<br />
In segno di riconoscenza ed al fine di ricordare l’episodio miracoloso, papa Gregorio decise<br />
di far realizzare una statua raffigurante l’Arcangelo Michele da collocarsi sopra il<br />
vecchio mausoleo al quale da questo momento venne dato il nome Castel Sant’Angelo.<br />
La statua in bronzo che ancora oggi domina la mole non è tuttavia quella originaria, ma<br />
l’ultima di una serie che nel corso <strong>dei</strong> secoli andarono distrutte o furono semplicemente<br />
sostituite. L’angelo di bronzo attuale, alto quattro metri con un’apertura di ali di cinque<br />
metri, è stato eseguito da uno scultore fiammingo, Pieter Antoon Verschaffelt, a metà del<br />
Settecento. L’artista raffigurò San Michele come un giovane guerriero vestito della lorica,<br />
ossia una corazza leggera e porta i calzari. Con la mano sinistra l’angelo regge il fodero,<br />
mentre il braccio destro è sollevato sopra la testa per sottolineare il gesto del perdono. La<br />
statua fu inagurata il 1 luglio 1752, all’indomani della festa di Pietro e Paolo protettori di<br />
Roma, da papa Benedetto XIV. Quella sera, per festeggiare l’avvenimento, fu organizzata<br />
una girandola di fuochi d’artificio e, come già accaduto in altre solenni occasioni, il Castello<br />
fu avvolto dai bagliori colorati che facevano risplendere la superficie ancora lucente<br />
dell’angelo di bronzo appena fuso. R. L.<br />
cappella di Leone X.<br />
Questo appartamento fu abitato<br />
dai papi per un centinaio<br />
d’anni, fino a quando<br />
cioè Paolo III (1534-49) costruì<br />
la nuova grandiosa dimora<br />
al piano superiore. Gli<br />
affreschi della sala Paolina,<br />
del Perseo, di Amore e Psiche<br />
vennero realizzati da Perin<br />
del Vaga, cui successe nel<br />
1547, alla morte del maestro,<br />
Domenico Rietti detto Zaga.<br />
Estremamente interessante è<br />
il bagno di Clemente VII de’<br />
Medici (1523-34) al quale i<br />
pontefici, mediante una<br />
rampa di pochi gradini salivano<br />
dall’appartamento.<br />
Questo bagno, con acqua riscaldata<br />
da un canale sotto il<br />
pavimento – una vera rarità<br />
per l’epoca - fu progettato<br />
da Bramante per Giulio II<br />
nel 1504.<br />
Altra sala importante è quella<br />
della Biblioteca, i cui affreschi<br />
e stucchi, affidati a Luzio<br />
Luzi da Todi furono eseguiti<br />
nel 1544-45, con scene<br />
delle origini di Roma, della<br />
vita di Adriano e allegorie<br />
della Chiesa e di Roma. Attigua<br />
alla sala della Biblioteca<br />
è la sala detta del Tesoro in<br />
quanto qui erano conservati<br />
in sacchetti i denari, poi sistemati<br />
in grandi forzieri, e<br />
gli oggetti particolarmente<br />
preziosi che costituivano le<br />
riserve della Camera Apostolica.<br />
Da queste sale una<br />
stretta rampa elicoidale conduce<br />
nuovamente al terrazzo<br />
dove è stata ambientata la<br />
storia di Tosca. Nei documenti<br />
sei-settecenteschi questo<br />
terrazzo è detto “delli<br />
trofei” o anche “delle corazze”:<br />
nome che gli deriva non<br />
da protezioni cavalleresche,<br />
ma da quelle armature in<br />
muratura che tuttora vediamo<br />
sull’orlo anteriore, ma<br />
che, come elemento decorativo,<br />
appaiono raffigurate<br />
già in alcuni disegni del tardo<br />
Quattrocento. A partire<br />
dalla metà del Cinquecento,<br />
su questo terrazzo venivano<br />
sistemate le botti con la polvere<br />
pirica per le celeberrime<br />
girandole <strong>dei</strong> fuochi artificiali.<br />
Girandole che, con i<br />
loro scoppi, provocavano<br />
ogni volta gravi danni e in<br />
particolare ai mirabili stucchi<br />
ed affreschi <strong>dei</strong> saloni<br />
sottostanti.<br />
Roberto Luciani
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
Tosca<br />
Dal 27 al 30 agosto al Gran Teatro di Torre del Lago<br />
La Tosca di Dalla nel<br />
tempio pucciniano<br />
<strong>Il</strong> paragone tra la Tosca<br />
di Lucio Dalla e<br />
la versione originale<br />
è d’obbligo, ma guai a<br />
parlare di “rinnovamento”.<br />
Per il cantautore<br />
bolognese «c’è soltanto<br />
più libertà rispetto al testo<br />
del grande Puccini».<br />
Ma nonostante questo<br />
per la prima volta l’opera<br />
del cantautore bolognese<br />
entra in due di<br />
quelli che sono considerati<br />
<strong>dei</strong> veri templi del<br />
melodramma.<br />
Così Tosca Amore Disperato<br />
sarà rappresentata<br />
dal 27 al 30 agosto al<br />
Gran Teatro Giacomo<br />
Puccini di Torre del Lago,<br />
in provincia di Lucca<br />
e il 12 settembre all’Arena<br />
di Verona.<br />
Un’opera colossale, con<br />
impianti di riproduzione<br />
sonora ultramoderni<br />
e proiezioni multimediali<br />
spettacolari. Un lavoro<br />
che, in comune con<br />
la Tosca di Puccini, «ha il<br />
fatto di essere un capolavoro»,<br />
come ammette lo<br />
stesso Dalla. «<strong>Il</strong> vantag-<br />
Novità in libreria<br />
L’universo operistico di Puccini<br />
Le celebrazioni per il centenario di<br />
un artista sono in genere affollate<br />
(soprattutto quando l’autore è<br />
quanto mai popolare) anche<br />
da iniziative di scarso<br />
valore artistico e d’immediata<br />
visibilità popolare.<br />
Nel “mucchio”, tuttavia,<br />
si ritrova spesso anche<br />
qualcosa di interessante<br />
e, soprattutto, di duraturo.<br />
Nel caso delle recenti<br />
celebrazioni pucciniane,<br />
dalla selva di pubblicazioni<br />
che hanno animato<br />
il 2008, emerge per serietà<br />
e fascino di scrittura il libro<br />
pubblicato da Alberto<br />
Cantù per i tipi della varesina<br />
Zecchini Editore,<br />
“L’universo di Puccini,<br />
da Le Villi a Turandot”, con una prefazione<br />
di Simonetta Puccini e un contributo<br />
(limitato a La Rondine) di Alfredo<br />
Mandelli.<br />
Cantù, musicologo genovese da anni<br />
trasferitosi a Milano, coltiva da sempre<br />
gio è che non serve la conoscenza<br />
», aggiunge. E<br />
ricorda un aneddoto<br />
che lo vede protagonista<br />
nei panni di docente<br />
di tecniche pubblicitarie<br />
all’università di Urbino:<br />
«Ho chiesto ai miei studenti<br />
se conoscevano la<br />
Tosca e mi hanno guardato<br />
smarriti, come se avessi<br />
chiesto chissà che cosa…».<br />
Da qui l’intento della<br />
sua rivisitazione: «C’è<br />
bisogno di un nuovo pubblico,<br />
perché quello del<br />
melodramma è destinato a<br />
scomparire». <strong>Il</strong> suo auspicio<br />
è che la magia<br />
della musica e dell’opera<br />
popolare contagi i<br />
più giovani, altrimenti<br />
sarà impossibile far sopravvivere<br />
il melodramma.<br />
«I ragazzi -<br />
precisa - devono essere<br />
avvicinati a un contesto<br />
contemporaneo; i libretti<br />
per quei tempi erano<br />
straordinari, ma il linguaggio<br />
è cambiato».<br />
La Tosca di Dalla è stata<br />
messa in scena per la<br />
prima volta nel settem-<br />
bre del 2004 ed è stata<br />
anche rappresentata,<br />
per quasi un mese, al<br />
Festival di Klagenfurt,<br />
davanti a 150mila spettatori.<br />
La novità di quest’anno<br />
è l’orchestra.<br />
Prima, invece, i cantanti<br />
si esibivano dal vivo su<br />
una base musicale registrata.<br />
«Così l’opera è davvero<br />
completa», conclude<br />
Dalla con soddisfazione.<br />
«Ho voluto realizzarla,<br />
perché sono un grande appassionato<br />
di Puccini».<br />
Un capolavoro coronato<br />
da un cast d’eccezione<br />
che vede tra i protagonisti<br />
alcuni artisti reduci<br />
dallo spettacolo che<br />
ha aperto la strada a<br />
questo genere a cavallo<br />
tra opera e musical, Notre<br />
Dame de Paris di Cocciante.<br />
Tra gli interpreti figurano<br />
Vittorio Matteucci<br />
nel ruolo di Scarpia,<br />
Graziano Galatone in<br />
quello di Cavaradossi e<br />
Rosalia Misseri nelle vesti<br />
di Tosca.<br />
Fi. Le.<br />
alcune passioni musicali, perseguite e<br />
approfondite con lucido rigore: Paganini<br />
e Puccini sono, crediamo, i suoi amori<br />
principali. E questo libro<br />
per Zecchini ne è una<br />
dimostrazione. Cantù<br />
struttura il suo studio in<br />
dieci capitoli che costituiscono<br />
altrettanti saggi,<br />
ognuno dedicato a un titolo<br />
della produzione<br />
pucciniana. Ogni saggio<br />
offre un lucido commento<br />
sulla genesi e sull’analisi<br />
del libretto e dello<br />
spartito, in una scrittura<br />
controllata e certamente<br />
specialistica ma di immediato<br />
impatto comunicativo.<br />
Un bel libro, insomma,<br />
da raccomandare<br />
nella biblioteca di qualsiasi melomane,<br />
e non solo.<br />
Alberto Cantù - L’Universo di Puccini da Le<br />
Villi a Turandot - 2008 - Pag. 225 - € 20,00.<br />
R. I.<br />
Prosegue da pag 3<br />
no e con i quali amava<br />
confrontarsi. Parlandoci,<br />
non mancava mai<br />
qualche suo gustoso<br />
aneddoto condito della<br />
inconfondibile, leggera<br />
cadenza toscana (anche<br />
se era nato ad Alessandria,<br />
aveva vissuto a<br />
lungo a Siena), o qualche<br />
battuta sagace e<br />
pungente come è proprio<br />
della gente di quella<br />
terra. Ne usciva una<br />
conversazionenella<br />
quale<br />
l’interlocutorerimanevaaffabulato,trovandosicoinvolto<br />
in<br />
un labirinto<br />
di interdisciplinarità,sempre<br />
con<br />
una semplicità<br />
di<br />
linguaggio, che alla fine<br />
divenivano delle vere<br />
lezioni di ironia.<br />
Ma le sue grandi passioni<br />
sono sempre state<br />
il cinema, il futurismo<br />
ed il teatro. Fu il primo<br />
in Italia ad interessarsi<br />
alla storia della settima<br />
arte, iniziando negli anni<br />
50 la propria carriera<br />
con corsi liberi di “Filmologia”,<br />
prendendo<br />
poi nel 1965 la prima<br />
cattedra di storia e critica<br />
del film. In precedenza<br />
si era dedicato al<br />
giornalismo come critico<br />
della redazione senese<br />
de La nazione. E<br />
proprio la vita senese<br />
era rimasta sempre nel<br />
suo cuore, come l’attaccamento<br />
alla contrada<br />
della Selva, tanto da essere<br />
insignito nel 1966<br />
del famoso premio “<strong>Il</strong><br />
Mangia d’Oro”, massimo<br />
riconoscimento che<br />
Siena attribuisce ai suoi<br />
figli. Roberto Rossellini,<br />
quando fu nominato<br />
presidente del Centro<br />
Sperimentale di Cinematografia<br />
lo chiamò<br />
come direttore. <strong>Il</strong> cinema<br />
ha cosi accompagnato<br />
tutta la sua esistenza<br />
ed anche quella<br />
dell’intera famiglia,<br />
con i figli Carlo attore e<br />
Luca raffinato regista e<br />
15<br />
documentarista, ma anche<br />
con la figlia Silvia<br />
che ha sposato Christian<br />
De Sica, figlio del<br />
grande Vittorio, suo caro<br />
amico come Anton<br />
Giulio Bragaglia.<br />
C’è poi il Futurismo,<br />
una corrente artistica e<br />
di pensiero da lui vissuta<br />
– è il caso di dirlo –<br />
con “dinamismo”. Soprattutto<br />
la pittura fu la<br />
sua grande passione,<br />
che lo<br />
portò a<br />
confrontarsi<br />
con<br />
diversi<br />
artisti, a<br />
scrivere<br />
alcuni libri<br />
ed a<br />
mettere<br />
insieme<br />
una bella<br />
raccolta<br />
di opere.<br />
C’è infine<br />
il teatro e<br />
soprattutto<br />
la lirica, suo grande<br />
amore. Spesso veniva<br />
all’Opera con Sofia<br />
Corradi, compagna<br />
dell’ultima parte della<br />
sua vita e con il direttore<br />
di sala Franco Lippiello<br />
cercavamo di<br />
trovargli i posti migliori.<br />
Continuava a studiare,<br />
a voler conoscere le<br />
voci nuove, i titoli in<br />
cartellone anche meno<br />
di cassetta, gli allestimenti<br />
più diversi. Una<br />
volta parlando nell’intervallo,<br />
mi raccontò<br />
che anche lui aveva<br />
scritto tre operine buffe,<br />
le quali erano state<br />
rappresentate con<br />
grande successo in Ungheria,<br />
Paese che ama<br />
l’opera. Non le ho mai<br />
lette, ma conoscendo il<br />
personaggio sono convinto<br />
che si presenteranno<br />
molto gustose.<br />
Mi sarebbe piaciuto<br />
proporle all’Opera per<br />
essere rappresentate in<br />
“Patria”, ma per una<br />
serie di circostanze<br />
non c’è stato il tempo.<br />
Chissà che un giorno<br />
l’ironia di Mario non<br />
possa risuonare tra i<br />
velluti del Costanzi,<br />
con allegre risate di<br />
pubblico, aspetto che<br />
avrebbe più gradito.<br />
Andrea Marini
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