Emma Dante. Palermo dentro - Zona Editrice
Emma Dante. Palermo dentro - Zona Editrice Emma Dante. Palermo dentro - Zona Editrice
- Page 3 and 4: EMMA DANTE Palermo dentro Intervent
- Page 5 and 6: PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE di
- Page 7 and 8: esportabile. Procedimento intrigant
- Page 9 and 10: PER UNA INTRODUZIONE (CON RINGRAZIA
- Page 11 and 12: Naturalmente, rinnovo sinceri ringr
- Page 13 and 14: Sabino Civilleri in mPalermu
- Page 16 and 17: LA STRADA SCOMODA DEL TEATRO Interv
- Page 18 and 19: che sono adesso - probabilmente il
- Page 20 and 21: accorta! Per me sono esili e leggia
- Page 22 and 23: za in quello che facevo: ero scorre
- Page 24 and 25: COME FA UN AEREO A VOLARE di Elena
- Page 26 and 27: LA LINGUA E GLI STRANIERI. DAL TACC
- Page 28 and 29: VERSO PURGATORIO di Patrizia Bologn
- Page 31 and 32: TEATROGRAFIA Il sortilegio Liberame
- Page 33 and 34: Luci: Tommaso Rossi Assistente alla
- Page 35 and 36: Il Festino Testo e Regia: Emma Dant
EMMA DANTE<br />
<strong>Palermo</strong> <strong>dentro</strong><br />
Interventi di<br />
Andrea Porcheddu, Patrizia Bologna, Elena Stancanelli<br />
Rodolfo di Giammarco, Gerardo Guccini, Cristina Valenti,<br />
Renato Palazzi, Goffredo Fofi<br />
a cura di<br />
Andrea Porcheddu<br />
© 2010 <strong>Editrice</strong> ZONA<br />
È VIETATA<br />
ogni riproduzione, diffusione e condivisione<br />
di qualunque parte di questo estratto<br />
senza autorizzazione dell’editore<br />
ZONA
<strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>. <strong>Palermo</strong> <strong>dentro</strong><br />
a cura di Andrea Porcheddu<br />
ISBN 978-88-6438-082-7<br />
2010, © <strong>Editrice</strong> ZONA<br />
via dei Boschi 244/4, loc. Pieve al Toppo<br />
52040 Civitella in Val di Chiana (Ar), tel/fax 0575.411049<br />
www.editricezona.it - info@editricezona.it<br />
Immagini e locandine: courtesy Compagnia Sud Costa Occidentale<br />
Ufficio stampa: Silvia Tessitore - ufficiostampa@editricezona.it<br />
Stampa: Digital Team - Fano (Pu)<br />
Finito di stampare nel mese di febbraio 2010
PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE<br />
di Andrea Porcheddu<br />
Scrivo queste note a pochi giorni dal debutto di Carmen al teatro La Scala di<br />
Milano. <strong>Emma</strong> è là, ancora in prova, per la sua prima regia lirica. Un impegno che<br />
avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque, ma non a lei. È tranquilla quando dichiara,<br />
con una certa incoscienza, di non essere mai entrata nel tempio milanese, nemmeno<br />
come spettatrice. Ma è determinata e appassionata come sempre quando racconta<br />
alla stampa le sue scelte registiche. Indipendentemente dal risultato, questo evento<br />
segna un punto di non ritorno nel percorso artistico della regista e autrice<br />
palermitana.<br />
Verrebbe quasi da dire che questo è stato il decennio di <strong>Emma</strong>.<br />
A molti parrebbe eccessivo, ma se si va a rileggere quel cammino faticoso e<br />
inesorabile, quel Sisifo al femminile che è stata <strong>Emma</strong> nella sua <strong>Palermo</strong>, allora forse<br />
sì: questo è stato il decennio di <strong>Emma</strong>.<br />
Si apre nel 2001 con un laboratorio nella marginalità della capitale siciliana.<br />
Allora – come oggi – regnava il Maestro Carriglio, e lo Stabile serrava le porte in<br />
faccia alle esperienze periferiche e sperimentali che si muovevano in città. C’era<br />
ancora l’eco di Carlo Cecchi al Garibaldi. Ma la città e la regione lanciavano già<br />
segnali promettenti, con Scaldati, Scimone-Sframeli, Ninni Bruschetta, ed altri.<br />
Poi arriva lei, con la Sud Costa Occidentale. Un lungo laboratorio in spazi<br />
devastati. Dopo mesi di lavoro senza tregua, <strong>Emma</strong> si carica gli attori in macchina:<br />
passano lo Stretto e scalano “Scenario”.<br />
Con mPalermu <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> apre il suo decennio. Lo spettacolo fa incetta di<br />
premi ma molti, allora, storcono il naso: roba dialettale, dicono, pensando allo<br />
sfavillio del neo teatro-immagine del centronord Italia.<br />
Lei non demorde, anzi, rilancia: lacerando, squassando, colpendo, urlando. La<br />
“trilogia della famiglia” è sicuramente uno dei momenti più alti della creatività<br />
italiana del primo decennio di questo nuovo secolo. Tre appuntamenti, uno più<br />
aspro dell’altro, uno più vero dell’altro. Ecco: il “vero”. <strong>Emma</strong>, si dice, fa un teatroverità:<br />
eppure il suo è grande teatro, affidato ad attori che sono magistrali interpreti.<br />
La verità, la realtà, è sempre mediata, riscritta, reinventata nel teatro, con la<br />
consapevolezza del teatro. Non ci sono le “bellezze dimenticate” che abitavano gli<br />
spettacoli di Romeo Castellucci e della Raffaello Sanzio di quegli anni; non ci sono<br />
i “barboni” di Delbono, né gli statuari corpi-enigma della compagnia della Fortezza.<br />
No, ci sono attori, che “recitano”, che “interpretano” quella vita che <strong>Emma</strong> racconta<br />
senza reticenze con la sua drammaturgia. Goffredo Fofi intuisce subito in <strong>Emma</strong><br />
una grande autrice: una scrittrice, senza orpelli e sovrastrutture, ma con la infinita<br />
dote di inventare una lingua. Quel palermitano che è diventato un codice della<br />
scena italiana. Forse con <strong>Emma</strong> la Sicilia ha davvero toccato un apice linguistico:<br />
non c’è solo Camilleri, insomma (che peraltro di <strong>Emma</strong> è stato maestro in Accademia).<br />
Affiancandosi al veneziano, al napoletano, ora la lingua di <strong>Palermo</strong> parla al<br />
cuore di tutti, in ogni città d’Italia.
Per questo, forse, <strong>Emma</strong> ha assunto su di sé anche la sfida della scrittura,<br />
consegnando alla pagina scritta non solo i testi – rimando alle belle analisi di<br />
Gerardo Guccini e al più recente e esaustivo lavoro di Anna Barsotti in proposito –<br />
ma anche un romanzo. Un romanzo che doveva essere (o che sarà) film, Via<br />
Castellana Bandiera, edito da Rizzoli: la storia di una strada palermitana, dei suoi<br />
abitanti, di una sfida testarda, di una tragedia come sempre incombente…<br />
In quegli anni di esordio, parlammo di <strong>Emma</strong> in termini di “Tribù tragica”, seguendo<br />
una suggestione del sociologo Michel Maffessoli. Ma lei, da artista qual<br />
è, ha scardinato ogni definizione, mantenendo ferma la rotta solo per quel che<br />
concerne la sua creatività. E il romanzo, come pure il concerto-spettacolo di Carmen<br />
Consoli, o il bellissimo libro illustrato La favola del pesce cambiato, sono tracce di<br />
un percorso coerente (testardo, si potrebbe appunto dire) ma certo ormai al di<br />
sopra, e al di là, di qualsiasi “tribù”. E mentre il Cardinal Bertone “scomunicava” il<br />
bellissimo La scimia, tratto da “Le due zittelle” di Landolfi, <strong>Emma</strong> raccontava la<br />
storia languida e struggente di Michelle di Sant’Oliva – forse il prodromo de Le<br />
Pulle, ultimo intensissimo lavoro della compagnia – e sanciva con Il Festino le<br />
investigazioni nella solitudine. Poi c’è Cani di Bancata, che è un affondo corale e<br />
stralunato nel grottesco e “virile” mondo della mafia.<br />
Lei è subito altrove, continua a cercare, sa cogliere lo spirito del tempo, sa<br />
raccontare e reinventare la tragedia probabilmente meglio di chiunque altro. La<br />
scena teatrale italiana – sonnacchiosa e pavida, corporativa e salottiera – si è<br />
aperta raramente a questa artista, più a suo agio al Rond Point di Parigi che non<br />
negli Stabili italiani. Quando è successo se n’è parlato assai: prima con la discussa<br />
Medea, spettacolo troppo in fretta liquidato, poi con Cani di Bancata (non per<br />
nulla sostenuto praticamente solo dal CRT di Milano) ora con Le Pulle, che ha<br />
avuto poche – pochissime – date italiane dopo il debutto napoletano. In questa<br />
opera corale, <strong>Emma</strong> schiaffa in scena la figura tragica del nostro tempo: il travestito,<br />
quel complesso di contraddittorietà e sofferenza, di sogni e di sesso, di candore<br />
e volgarità. Lo fa a modo suo, reinventando un coro tragico mutato in musical,<br />
mescolando la regina Mab del Romeo e Giulietta con l’avanspettacolo, giocando<br />
con l’evidenza del “genere”, sputando in faccia ai benpensanti e cattolici italiani le<br />
violenze familiari e domestiche, le povertà e le umiliazioni che si nascondono in<br />
tanti, troppi, esseri umani. E molto prima degli scandaletti di piccoli politici nostrani<br />
– pronti a predicare e condannare, salvo poi farsi trovare a sniffare con i pantaloni<br />
calati – <strong>Emma</strong> svela l’altra faccia della medaglia, quel mondo di prostituzione e<br />
violenza, di sogni d’amore e di desideri. La stampa francese ha accolto Le Pulle<br />
con interesse e rispetto, il pubblico ha reagito come doveva reagire: alcuni abbandonando<br />
la sala sconvolti, altri (molti) entusiasti. E Le Pulle è stato probabilmente<br />
il primo grande spettacolo di <strong>Emma</strong> andato in scena in uno “spazio” istituzionale<br />
siciliano: alle Orestiadi di Gibellina, dove seicento persone a sera hanno tributato<br />
un’ovazione non solo al lavoro, ma all’artista, a quella sua caparbietà isolana ed<br />
europea. Ma l’ennesimo miracolo di <strong>Emma</strong> è di aver tramutato un teatro fisico, di<br />
estrema fisicità, fatto di corpi e sudore, in testo: un testo leggibile e addirittura
esportabile. Procedimento intrigante, che lega l’autrice siciliana ad altre esperienze<br />
interessanti – penso, per fare esempi in ordine sparso a Rodrigo Garcia, a Marco<br />
Martinelli – in cui il dramaturg è effettivamente tale. Testi che non nascono (solo)<br />
a tavolino, da intuizioni poetiche, ma che scaturiscono dal viscerale incontro con<br />
l’attore, durante la prova, nello scontro dialettico e nel montaggio registico. Una<br />
scrittura che è solitaria e corale, dunque, che è pratica, gesto, azione e non solo –<br />
assolutamente – immaginazione. Per questo la “prosa” (termine ridicolo per definire<br />
una produzione che è spesso poesia, come lo è per tutto il repertorio tradizionale<br />
europeo, composto per il settanta per cento in versi) di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> è profondamente<br />
“materica”: poesia materia, ecco, dove la parola davvero si fa carne. Semmai,<br />
se vogliamo cogliere un passo diverso in queste Pulle rispetto ai precendenti,<br />
possiamo riflettere proprio sulla presenza dell’elemento “fantastico” – chiaramente<br />
shakespeariano. Mab, non un caso, trasporta la miseria della prostituzione, dei<br />
cazzi, delle marchette e delle violenze, in una dimensione di fiaba, di sogno. Forse,<br />
ci dice <strong>Emma</strong>, l’amore – quello romantico, sognato da tutti – si riduce in una<br />
patetica favoletta, con maghe eleganti che cantano come in un vecchio film di<br />
Hollywood. Il resto – la musica di Maria Nazionale con i violini, il prete e il riso che<br />
vola negli occhi, Rocco che aspetta all’altare – è il disperato dimenarsi di un attore<br />
sulla scena: un sogno, appunto, un’illusione che si smaschera subito nel modo più<br />
osceno.<br />
Certo <strong>Emma</strong> non rifiuta le sfide: con grinta, con quell’ingenuo entusiasmo che<br />
mette in tutti i suoi lavori, ora approda alla Scala. È un evento, no? <strong>Emma</strong>, tranquilla,<br />
sta là, prova e si diverte, si mangia le unghie e si rode il fegato, urla e strepita,<br />
ascolta e si dispera. <strong>Emma</strong>, le cui prove sono entrate nella leggenda, i cui laboratori<br />
sono stati una “porta stretta” attraverso cui passare: non solo per la selezione<br />
“artistica” ma anche e forse soprattutto per la selezione “naturale”. Occorre avere<br />
spalle larghe per affrontare un laboratorio di questa piccola donna, per resistere a<br />
quelle urla, a quegli insulti feroci, per reggere il ritmo del lavoro, l’onda d’urto<br />
emotiva.<br />
Proprio qui si gioca il teatro di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>: nello stress emotivo, nel darsi<br />
totalmente, visceralmente, senza alibi o senza barriere. Nel sapere elaborare un<br />
codice di parole (ossia il dettato della drammaturgia) e una traiettoria di immagini<br />
capaci di affondare nell’oscuro di ciascuno di noi: di chi quel teatro lo porge, lo<br />
regala come sacrificio sera dopo sera; e di chi riceve quel dono incandescente, di<br />
chi restituisce con la propria presenza di spettatore, all’attore e all’autrice, quell’energia,<br />
quel dolore, quel pathos. Non a caso Renato Palazzi non ha esitato un<br />
istante a collegare il teatro di <strong>Emma</strong> a quello “rituale” di Tadeusz Kantor, ritrovando<br />
forse – aggiungiamo noi – in una matrice sotterranea radicalmente junghiana la<br />
chiave di volta per svelare il nesso con l’immaginario collettivo ogni volta scosso<br />
dalla produzione teatrale della regista.<br />
Il decennio di <strong>Emma</strong>, dunque, si chiude e si apre con un anno di anticipo:<br />
decennio breve, a mo’ del secolo raccontato da Hobswan. Si chiude con Le Pulle,<br />
vera summa tragica del lungo racconto fatto in tanti capitoli-spettacoli; e si apre
con Carmen sul palcoscenico più prestigioso del mondo. Il destino della sigaraia<br />
gitana di Bizet, siamo certi, avrà il sapore aspro del mediterraneo: dice la regista che<br />
sarà ambientato in una specie di Macondo marqueziana, che sarà la storia di una<br />
donna coraggiosa votata al suo destino funesto. Lissner e Barenboin sostegono il<br />
progetto a spada tratta.<br />
Questo volume, intanto, giunge alla seconda edizione.<br />
Molto è cambiato da quando abbiamo fatto la lunga conversazione con <strong>Emma</strong><br />
che apre il libro. Intanto il gruppo – allora così saldo – si è praticamente sfaldato,<br />
restando solo un nucleo ristretto (forse quello iniziale, in una curiosa ciclicità, con<br />
l’aggiunta vivacissima di Carmine Maringola, ottimo attore e intrigante scenografo).<br />
Poi le nuove avventure sceniche della <strong>Dante</strong> hanno mostrato il desiderio di<br />
cogliere altre strade, altre prospettive, forse di maggior respiro. C’è, insomma, una<br />
maggiore maturità d’artista, che si declina in tutte quelle prove di cui abbiamo fatto<br />
cenno. Si trattava, allora, di riscrivere completamente il libro, fotografando questa<br />
seconda e nuova fase creativa. Oppure di lasciarlo così com’era, profondamente<br />
radicato in quei primi anni, in quelle contraddizioni e in quelle speranze. Abbiamo<br />
optato – d’accordo con la regista – per questa seconda opzione. Resta come<br />
documento degli inizi, degli anni difficili d’esordio: resta impressa quella urgenza,<br />
quella questione «di vita o di morte» che ha segnato i primissimi spettacoli. Dunque<br />
il lettore potrà accostarsi a queste pagine con immutata curiosità, ma deve<br />
avere la consapevolezza che ora <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> è anche altro, molto altro. Noi abbiamo<br />
avuto il piacere di cogliere il percorso artistico della regista sin dagli albori: e<br />
restituiamo, credo, quel clima fatto ancora di entusiasmo e paure, di slanci irresitibili<br />
e ritrosie innominabili. Avevamo cercato – assieme ai colleghi e amici che hanno<br />
contribuito alla realizzazione del volume – di contestualizzare e analizzare il magma<br />
teatrale della Sud Costa Occidentale, credo con nitore e consapevolezza. Ma oggi<br />
sappiamo che quelle “basi”, quelle teorie, quei ragionamenti, quelle visioni – per<br />
quanto in buona parte ancora validi – sono stati elaborati da <strong>Emma</strong>, acquisiti e<br />
“masticati”, tappa dopo tappa. Ora, ad esempio, se dovessi parlare del teatro di<br />
<strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>, ricorrerei più a Jung, Hillman e Kristeva che non a Maffessoli. Dalla<br />
“sociologia”, insomma, mi sposterei verso un’analisi più archetipica e psicologica.<br />
Forse sono cresciuto io, come spettatore, e certo è cresciuto il teatro di <strong>Emma</strong><br />
<strong>Dante</strong>, tanto da richiedere nuovi linguaggi, nuovi sguardi. Ma va bene così: <strong>Emma</strong><br />
continua a raccontarci il mondo, a svelarci per quello che siamo. E dopo dieci anni<br />
di lavori memorabili, <strong>Emma</strong> non si è ancora stancata.<br />
Questa Carmen farà sicuramente discutere, come tutto quel che porta la firma<br />
della regista palermitana. Così, dopo Cani di Bancata e Le Pulle, che possiamo<br />
ritenere passi intermedi, scosse di assestamento verso una diversa fase, <strong>Emma</strong><br />
apre il suo nuovo percorso alla Scala. E se anche il prossimo decennio fosse tutto<br />
di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>?<br />
Venezia, 30 novembre 2009
PER UNA INTRODUZIONE (CON RINGRAZIAMENTI)<br />
di Andrea Porcheddu<br />
Aby Warburg, con la cura maniacale, la passione, l’affetto e l’intelligenza che<br />
accompagnarono la sua vita di iconologo e storico d’arte, dispose la sua celebre<br />
biblioteca non per soggetti né per autore, né tantomeno, per editore. Scelse un<br />
criterio unico ed affascinante, quello della “regola del buon vicinato”: ovvero i libri<br />
erano scientificamente collocati l’uno accanto all’altro per sottesi e misteriori rimandi<br />
intellettuali, per palesi confronti o dialettiche smentite, per ampliamenti e<br />
approfondimenti.<br />
Dunque, per affrontare criticamente un’opera d’arte, o un percorso artistico,<br />
potrebbe essere ancora utile seguire quella fascinazione, predisponendo uno spettro<br />
ampio di possibilità: finita, forse, l’epoca dell’“ultima parola”, del saggio “fondamentale”,<br />
dell’apporto “imprescindibile”, ci muoviamo (finalmente) nei terreni,<br />
instabili ma liberi, del dubbio, del relativismo, delle prospettive multiple, di una<br />
polisemia esplosa nella produzione artistica come nella ricezione.<br />
«Un’opera – affermava Deleuze nel 1987 – deve far scaturire problemi e questioni<br />
in cui veniamo presi, piuttosto che dare risposte. Un’opera è una nuova<br />
sintassi […] e scava una lingua straniera nella lingua».<br />
Opera come mappa da decifrare e aggiornare, da discutere e analizzare: si tratta<br />
di decodificare percorsi cifrati, frammenti, fossili, reperti vivi di stagioni mai risolte,<br />
di intercettare il pulsare di vite celate eppure fragorosamente inarrestabili.<br />
Lo scopo di una lettura critica – forse di ogni lettura – potrebbe dunque essere<br />
quello di proporre ipotesi, domande, che si aggiungano alle domande insite nell’opera<br />
stessa: “eseguire” l’opera, non subirla, amplificandone esponenzialmente<br />
le possibilità, per tradurla (e tradirla) nella lingua del proprio vissuto.<br />
Con questo spirito, allora, ci siamo accostati al teatro di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>, la giovane<br />
regista palermitana che nel volgere di pochi anni ha saputo imporsi, con la sua<br />
compagnia Sud Costa Occidentale, come una delle realtà più interessanti della<br />
scena nazionale ed internazionale. Abbiamo voluto investigare le ragioni e le forme<br />
di quest’opera fatta di diversi spettacoli, tentando il confronto con un teatro ancora<br />
in evoluzione, in trasformazione, ancora – ostinatamente – aperto: un teatro<br />
violento, passionale, vitale e vivace come è, nella vita, <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>.<br />
Se l’opera, dunque, è sfaccettata, plurale, progressiva, altrettanto deve essere<br />
l’analisi: quel che si è cercato, con questo libro, è di creare materiali, di fornire<br />
indizi, di predisporre e favorire ulteriori indagini, aprendo la riflessione a diversi<br />
sguardi, con prospettive e approcci i più diversi tra loro, arricchendo una bibliografia<br />
lasca, che – sino ad oggi – oltre ad una nutrita rassegna stampa, ha avuto solo<br />
preziose eccezioni, come un completo numero di “Prove di drammaturgia” (nel<br />
luglio 2003) che ha affrontato per la prima volta in modo ampio il percorso creativo<br />
di <strong>Emma</strong>.
Si è trattato, allora, non certo di redigere un compiuto dizionario della lingua<br />
teatrale di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>, ma, semmai, di tentare una prima grammatica, un breviario<br />
ad uso dello spettatore-viaggiatore che volesse avventurarsi nei territori aspri e<br />
dolenti di spettacoli come mPalermu o Carnezzeria.<br />
Prioritaria mi è sembrata, così, la voce viva dell’artista, còlta in una lunga intervista-testimonianza:<br />
<strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> si è raccontata, aprendosi con grande franchezza,<br />
ai temi della vita e del teatro. Per la seconda parte del libro, poi, ho cercato alcuni<br />
interlocutori – amici e compagni di teatro – che potessero raccontare il proprio<br />
punto di vista sul teatro di <strong>Emma</strong>.<br />
Ecco, dunque, il racconto in prima persona di Elena Stancanelli, un ritratto “dal<br />
di <strong>dentro</strong>” di <strong>Emma</strong> (per lei, semplicemente, dagli anni di Accademia, Emi) e dei suoi<br />
attori; poi l’affondo anatomico-teatrale di Rodolfo di Giammarco, che attraverso<br />
una analisi fisica-strutturale di <strong>Emma</strong> illumina in modo orginale eppure calzante, i<br />
sottili legami tra corpo della regista e pulsione poetica.<br />
Aprono a rigorose categorizzazioni storiche Gerardo Guccini, che coglie, tra<br />
l’altro, un intrigrante rimando all’opera di Jacques Copeau, e Cristina Valenti, che<br />
riesce a tratteggiare la delicata fase di passaggio nella poetica del gruppo palermitano<br />
da embrione laboratoriale a cifra stilistica vera e propria, avvenuta anche<br />
grazie al prestigioso premio Scenario.<br />
E se, per quel che mi riguarda, ho cercato di collocare il teatro di <strong>Emma</strong> nel<br />
contesto sociale e teatrale di inizio Secolo, soffermandomi su tre elementi quali la<br />
tribù, il tragico e le figure femminili; Renato Palazzi, con grande nitore, tesse una<br />
fitta rete di rimandi tra il teatro di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> – ricco di elementi popolari e di sacre<br />
ritualità – e quello di Tadeusz Kantor, cui spesso la regista palermitana fa<br />
riferimento.Goffredo Fofi, con l’abituale capacità di percorrere trasversalmente i<br />
territori delle arti e dei linguaggi, si sofferma sulle qualità drammaturgiche di <strong>Emma</strong>,<br />
mentre Patrizia Bologna, con un saggio frutto di un lungo periodo di studio e<br />
osservazione, racconta il percorso creativo della regista – tra provini e laboratori –<br />
nella prospettiva della nuova produzione.<br />
A chiudere questa fase di “istruttoria”, questa raccolta di indizi, questa indagine<br />
sui “moventi”, sono le interviste agli attori “storici” della compagnia, vere e<br />
proprie testimonianze di un processo ancora aperto di creatività teatrale.<br />
Nel confronto con il mondo barbaro ed umanissimo, tragico e poetico di <strong>Emma</strong><br />
<strong>Dante</strong>, restano ancora molte cose da dire: resta il fascino di un mistero, di un’arte<br />
che si fa, sera dopo sera, incantando il pubblico.<br />
Ma, come scrive Cesare Garboli, maestro di critica e di pensiero, in Pianura<br />
proibita: «non mi piace trasformare il mondo con le mie parole. Mi piace solo<br />
capire come è fatto, e lasciarlo com’è, come l’ho incontrato...».<br />
A questo punto, vorrei ringraziare Patrizia Bologna per l’imprescindibile aiuto e<br />
il tanto lavoro fatto assieme: senza di lei questo libro non avrebbe visto la stampa.
Naturalmente, rinnovo sinceri ringraziamenti agli Autori che hanno contribuito,<br />
con i loro scritti a comporre questo volume, conferendo spessore ed autorevolezza<br />
alla ricerca.<br />
Voglio ringraziare, poi, quanti hanno contribuito – con pareri, consigli, confronti<br />
– a strutturare il percorso di questo libro: a partire da Franco Vazzoler, Cristina<br />
Valenti, Paolo Gentiluomo, Raffaella Ilari – come sempre illuminante –, Guido di<br />
Palma, Rosaria Ruffini, e l’editore Piero Cadermatori per aver accettato subito con<br />
entusiasmo il progetto.<br />
Grazie a Giuseppe Distefano per le bellissime immagini.<br />
Grazie al Festival di Dro (ovvero a Dino Sommadossi, Virginia Sommadossi e<br />
Barbara Boninsegna) per la bella ospitalità, e al Festival delle Colline Torinesi<br />
(Sergio Ariotti, che ci ha voluto accompagnare con uno scritto, e Isabella Lagattolla).<br />
Un grazie va a Lorenzo Barello e Gianpaolo Alciati per l’aiuto tecnico.<br />
Ringrazio Arturo Cirillo per l’incoraggiamento e grazie a Sergio Longobardi,<br />
Alessandra Farneti e, in particolare, a Francesco Di Pace per l’amicizia dimostrata.<br />
Grazie a Chiara Vecchiarelli per l’incontro con Michel Maffessoli.<br />
E grazie a Gaia Furrer, per la pazienza, le letture, le indicazioni, il sostegno.<br />
Un grazie va ai miei genitori, che continuano ad essere al mio fianco.<br />
Un ringraziamento particolare e sincero, infine, a <strong>Emma</strong> per la disponibilità,<br />
l’ascolto e la cura con cui si è dedicata alle nostre interviste, e grazie a tutta la<br />
Compagnia Sud Costa Occidentale per aver creduto in questo nostro lavoro: vorrei<br />
che questo volume restituisse, solo in parte, le emozioni che ci hanno regalato.
FRAMMENTI VISIVI<br />
mPalermu<br />
Manuela Lo Sicco in mPalermu
Sabino Civilleri in mPalermu
<strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> durante un laboratorio
LA STRADA SCOMODA DEL TEATRO<br />
Intervista con <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
di Andrea Porcheddu e Patrizia Bologna<br />
Una lunga conversazione con <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Fatta a più riprese, ma soprattutto – paradossalmente – nel Nord Italia. Per<br />
un’artista come lei, profondamente legata alla sua Sicilia e al suo essere palermitana,<br />
viaggiare e lavorare pressoché costantemente nel Nord deve essere una<br />
sorta di ironico scherzo del destino. Ma la vita dei teatranti è così: viaggi e<br />
spostamenti continui. Dunque, tra spettacoli, festival, laboratori, abbiamo incontrato<br />
<strong>Emma</strong> per affrontare molti (forse non tutti) temi fulcro del suo teatro.<br />
Avremmo voluto procedere sistematicamente, seguendo un criterio cronologico<br />
che potesse illuminare, per tappe, tutti i lavori realizzati dalla compagnia<br />
Sud Costa Occidentale. Ma non è stato possibile: la conversazione “sbandava”,<br />
i temi si intrecciavano tra loro, i rimandi erano continui. Come se <strong>Emma</strong> avesse<br />
pensato e realizzato tutti i suoi spettacoli assieme, come se ogni lavoro fosse un<br />
angolo, una prospettiva, di un più grande e unico progetto. Ed è difficile, con lei,<br />
essere analitici: i temi si rincorrono e si sovrappongono, inseguendo una urgenza<br />
del dire emotiva, a tratti sentimentale.<br />
Teatro e vita costantemente legati: <strong>Emma</strong> parla di sé attraverso i suoi spettacoli<br />
e del teatro attraverso la sua biografia.<br />
Nel trascrivere le lunghe conversazioni, abbiamo cercato di mantenere almeno<br />
una piccola parte del suo modo unico di parlare: un misto di raffinata<br />
cadenza siciliana e di nevrotico balbettio, di dirompenti monologhi e silenziosa,<br />
omertosa, timidezza. E poi costruzioni della frase singolari, a tratti improntati<br />
ad una sorta di “traslitterazione” italiana dell’“originale” in palermitano, con<br />
domande retoriche e sottolineature, ripetizioni e parodie certo difficili da riportare<br />
su carta. E si sono persi, ovviamente, i gesti, le risate, gli sguardi, i sospiri,<br />
i lamenti, le smorfie, le tirate di sigaretta, e quel ritmo – sospeso – con cui <strong>Emma</strong><br />
conclude i suoi discorsi.<br />
Quel che ci piacerebbe, però, è che il lettore ritrovasse, anche se “in minore”,<br />
l’incredibile vitalità di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>.
Torino, giugno 2005<br />
Possiamo partire con un tentativo di individuare il suo primo passo nel<br />
teatro. Cercando, quindi, di andare indietro con la memoria, per ritrovare le<br />
motivazioni, i desideri, le curiosità che la spinsero verso il mondo della recitazione<br />
e della prosa. Come ha incontrato il teatro?<br />
Ho iniziato a <strong>Palermo</strong> con la scuola Theates di Michele Perriera, nel 1986. Ho<br />
fatto un anno di corso, poi sono andata a Roma per fare il concorso d’ammissione<br />
all’Accademia Silvio d’Amico. L’ho vinto e sono entrata in Accademia…<br />
Che ricordi ha della scuola Theates di Perriera?<br />
Le sue lezioni erano molto interessanti: Perriera era, per me, un grandissimo<br />
teorico del teatro. Teorico e letterato: quando faceva lezione ci parlava utilizzando<br />
riferimenti molto raffinati. Era un uomo che conosceva molto bene la storia del<br />
teatro, soprattutto la storia che lui stesso aveva contribuito a fare. Faceva parte del<br />
Gruppo ’63, aveva incrociato i percorsi dell’Avanguardia, anche se poi è rimasto<br />
più legato all’area palermitana…<br />
Ricordo le lunghe chiacchierate, durante le quali mi svelava dei mondi. Perriera<br />
era proprio un grande oratore...<br />
Quanti anni aveva?<br />
Diciannove anni. Fino ad allora non ero mai andata a teatro. Anzi, c’ero andata<br />
una volta con la scuola, a Siracusa, per vedere una Antigone: ma non mi ricordo<br />
niente di quello spettacolo. La mia famiglia non frequentava il teatro e quindi non<br />
mi ci aveva mai portato. Avevo fatto saggi scolastici, recite, ma piccole cose: una<br />
volta mi fecero fare l’Arcangelo Gabriele a Monreale, e tutti mi presero in giro<br />
perché ero veramente “fuori ruolo”. Ero piccola, scura e bruttina... E l’Annunciazione<br />
non mi venne tanto bene.<br />
A diciannove anni si è iscritta alla scuola di Perriera: cosa è scattato?<br />
Perché ha deciso di frequentare quel corso?<br />
Perché volevo fare quello. Avevo deciso che volevo fare quella cosa lì che<br />
non sapevo nemmeno esattamente che cosa fosse. E per questa ragione avevo<br />
bisogno di frequentare un ambiente che in qualche modo me la facesse conoscere…<br />
E come ha deciso?<br />
È stata una fulminazione!<br />
Parliamo seriamente…<br />
Lo giuro! È stato un fulmine a ciel sereno... Io non ne sapevo niente, sapevo<br />
solo che volevo fare teatro. Non volevo fare “l’attrice”, ma “il teatro”. Essendo<br />
però una ragazza molto introversa e taciturna – completamente l’opposto di quello
che sono adesso – probabilmente il fatto che, a un certo punto, mi sono trovata a<br />
recitare e a fare dei personaggi mi è servito: proprio per il mio carattere, perché mi<br />
ha aperto, mi ha tirato fuori...<br />
Da Michele Perriera che cosa sente di aver imparato?<br />
Sono stata veramente poco tempo a scuola da Perriera. In quel periodo ho visto<br />
degli spettacoli, e ho conosciuto lui. Un uomo che mi ha incuriosito moltissimo: la<br />
sua dedizione, la sua passione nei confronti del teatro... Poi, però, il suo modo di<br />
fare teatro non mi ha più interessato, perché avevo capito che volevo seguire<br />
un’altra strada. Ma quello con Perriera è stato il primo approccio importante e<br />
sicuramente d’impatto. Lui faceva lavori molto “espressionisti”: usava le maschere,<br />
rendeva i suoi attori molto grotteschi, cercava ruoli “caricati”. I risultati erano<br />
spettacoli realmente forti. Il problema è che io non avevo mai frequentato il teatro<br />
e vedersi di fronte, all’improvviso, tutta quella violenza, quella forza, quegli attori<br />
in carne e ossa che recitavano con un vocione e con quei costumi enormi: insomma,<br />
è stato sicuramente un piccolo shock...<br />
[continua...]<br />
Vogliamo dire qualcosa di più dei suoi attori?<br />
Loro fanno la differenza perché se io dovessi fare il mio teatro con degli attori<br />
“scritturati” chiaramente i miei spettacoli non avrebbero la forza che hanno. Cosa<br />
hanno loro di speciale? Sabino, Manuela e Gaetano, poi Enzo, e Alessio e Ersilia e<br />
tutti quelli che in qualche modo sono entrati in questa follia, in questo delirio<br />
hanno scelto questa abnegazione, la strada più difficile, quella più scomoda, cioè<br />
quella che porta a fare il teatro e ad ammalarti. Sono ammalati di questo mestiere,<br />
cioè rischiano di perdere l’equilibrio fisico e mentale. E sono tutto per me, proprio<br />
per questo motivo. Hanno rinunciato e rinunciano costantemente alle cose importanti,<br />
agli agi, alle certezze: rinunciano anche alla visibilità, perché molto spesso lo<br />
spettatore si ricorda lo spettacolo, non il singolo attore. Eppure lavorano tantissimo,<br />
si allenano, applicano il loro talento…<br />
Manuela, ad esempio, ha un talento straordinario. Lei, probabilmente, anche<br />
senza me, sarebbe stata comunque un’attrice sublime. Non è la stessa cosa per<br />
Sabino, Gaetano e gli altri: con loro ho lavorato molto e loro si sono trasformati.<br />
Come se fossero usciti da un bozzolo e ora sono farfalle: avevano un talento, ma la<br />
loro forza è stata di applicarsi a questo talento. Chi si ferma al talento, non supererà<br />
mai quel confine, si fermerà sempre a quello che sa fare. Invece loro sono riusciti a<br />
volare.<br />
Sabino è uno che vola quando sta in scena, è uno che ha sfidato se stesso,<br />
come un atleta che vuole superare il proprio record. C’è una frase che ripeto sem-
pre a Sabino, è una frase detta dalla Cvetaeva quando è nata sua figlia, «io sono il<br />
tuo primo poeta e tu sei il mio verso più bello»: questo anche perché Sabino è<br />
l’unico, del gruppo, a non aver mai fatto esperienze con nessun altro regista. Ha<br />
iniziato con me e non ha mai fatto niente prima di me. Gaetano e Manuela avevano<br />
fatto la Scuola del Teatro Biondo di <strong>Palermo</strong>, e hanno fatto altre esperienze professionali.<br />
Ma Sabino è come se fosse mio figlio, la mia vita: per lui ho un’adorazione<br />
particolare…<br />
Manuela, invece, è stata sempre più avvantaggiata, è speciale rispetto agli altri.<br />
E questo non l’ho mai nascosto a nessuno di loro: lei ha una dote in più, che è<br />
assolutamente sovrannaturale. Per questo, forse, è la più pigra fra tutti, quella che<br />
si applica di meno, perché sa di avere una forza in più rispetto al resto del gruppo.<br />
Gaetano è quello più “duro”. Mentre Sabino è aiutato dal suo corpo di gomma,<br />
il corpo di Gaetano è muscoloso, molto alto, con quelle braccia lunghe. È stato, per<br />
lui, un lavoro faticoso fare in modo che il suo corpo non fosse “ingombrante”:<br />
faticoso soprattutto fargli capire quale fosse il “centro” del suo talento, dove<br />
doveva cercare. Ma adesso anche lui è diventato, a mio avviso, un attore bravissimo…<br />
Comunque si capisce che i miei ragazzi sono la mia vita, no? Non c’è bisogno<br />
che dica di più, no? Però mi piace sempre citare una frase tratta dalla Canzone dei<br />
F.P. e degli I.M. da Il mondo salvato dai ragazzini, di Elsa Morante, che dice: «La<br />
vostra benedizione è conoscere che pure il desiderio del paradiso è servile.[...] La<br />
vostra libertà è conoscere che ogni mèta di vittoria, ogni aspettazione d’applauso<br />
è servile. La vostra bellezza non si vergogna degli abbasso né degli sputi. Altro,<br />
altro è il suo pudore. E la vostra grazia senza paragone, ultima, è che la vostra<br />
bellezza NON VI RIGUARDA».<br />
Una citazione molto calzante. Oltre che, naturalmente, un bel brano… Dunque<br />
un gruppo, che non si basa solo sul rapporto professionale, sulla ricerca<br />
teatrale. Sembrate molto legati, tra voi. È così?<br />
Anche il rapporto con la vita è importante. Perché la nostra è stata una scelta di<br />
vita: e questo credo sia giusto ricordarlo. Siamo cresciuti insieme, ci siamo confrontati<br />
su aspetti importanti, ci siamo interrogati su domande scottanti, per cui alla<br />
fine noi siamo un vero gruppo. Anche se, spesso, si sente più il mio nome che non<br />
quello della compagnia. Ma, ad esempio, i ragazzi non hanno mai avuto problemi<br />
rispetto a questo aspetto. Sono straordinari.<br />
Perché ha scelto, per Mishelle di Sant’Oliva, proprio quegli attori? Perché<br />
Giorgio Li Bassi e Francesco Guida, dalle fisicità così imponenti?<br />
Una volta chiesero a Peter Brook perché il suo Amleto fosse nero. E lui rispose:<br />
«è nero? Non me ne sono mai accorto…». Insomma, per lui quell’attore era l’Amleto<br />
che voleva. Allora, certo non voglio mettermi sullo stesso piano di Brook – non<br />
sarò mai sullo stesso piano di Brook! – ma quando mi chiedono perché gli attori di<br />
Mishelle sono così grassi, mi viene da rispondere: «sono grassi? Non me ne sono
accorta! Per me sono esili e leggiadri…». Credo che Mishelle sia lo spettacolo più<br />
leggiadro che ho fatto.<br />
Ma allora perché non Sabino, Gaetano, Enzo per fare uno spettacolo leggiadro?<br />
Perché non sono grassi!<br />
Va bene… Cominciamo a scandagliare le strutture del suo lavoro: che cos’è,<br />
per lei, il ritmo?<br />
L’elemento più importante del mio teatro. Lavoro molto con gli spartiti, con la<br />
musica, con il suono onomatopeico della lingua, con i gesti reiterati e a volte<br />
ossessivi che gli attori mettono in scena... Tutto questo ha a che fare con il ritmo,<br />
che è il fattore principale nella genesi di qualsiasi spettacolo della Compagnia.<br />
Partiamo da lì, da quell’istinto: il ritmo è un elemento istintuale, che tocca l’animalità.<br />
Per Carnezzeria siamo partiti proprio dall’animalità: gli attori hanno lavorato tanto<br />
sull’animalità, proprio per raggiungere una “perdita assoluta della vergogna”, ossia<br />
per togliersi di dosso la vergogna, come gli animali. Per la Compagnia questa<br />
prospettiva è stata fondamentale: scardinare completamente qualsiasi tipo di giudizio<br />
e di morale sulle cose che facciamo…<br />
I suoi spettacoli, a partire da mPalermu, sono molto claustrofobici: c’è sempre<br />
una suggestione opprimente di chiusura - forse in spazi metafisici - predomina<br />
sempre una “casalinghitudine” molto stretta, davvero senza via d’uscita:<br />
perché?<br />
Perché non ci sono porte, non ci sono quinte. Quindi, paradossalmente, se tu<br />
fai un palcoscenico senza aperture e senza chiusure, non c’è una via di fuga. È<br />
tutto qui: più apri il teatro e più diventa chiuso. Può sembrare un paradosso,<br />
eppure più tenti di delimitare gli spazi, di fare scatole chiuse e più ottieni il risultato<br />
opposto: lo spettatore comincia a pensare: «cosa c’è dietro la quinta? Perché<br />
questo attore sta lì? Cosa sta facendo? Dove va?» e lascia libera l’immaginazione,<br />
si fa un proprio film...<br />
Se invece non metti nessuna quinta, non c’è più il problema: abolisci completamente<br />
il problema del dietro, del davanti, dei lati. E quindi ti trovi inevitabilmente in<br />
un “altrove”: sei in un altro posto e questo altro posto non ha porte e non ha<br />
finestre, e non ha tetti e non ha pavimentazione. Così lo puoi fare diventare quello<br />
che vuoi…<br />
Per parlare di mPalermu dobbiamo tornare a parlare della sua città. Lo<br />
spettacolo segna anche il suo ritorno a <strong>Palermo</strong> e, al tempo stesso, la sua rinascita<br />
dopo la crisi…<br />
Sono tornata in una città che non conoscevo – perché l’infanzia l’ho vissuta a<br />
Catania. <strong>Palermo</strong> è la mia città natale, la città natale dimenticata.<br />
Quando sono tornata, molti anni dopo – perché mia madre stava morendo, per<br />
assisterla –, sentivo anche che era fallito tutto quel percorso che avevo seguito:
non mi interessava più fare l’attrice, non mi interessavano più quelle dinamiche<br />
assurde dei provini, delle lunghe tournée, di quegli spettacoli di cui non me ne<br />
fregava niente. Sono tornata a <strong>Palermo</strong> con un senso di fallimento: perché avevo<br />
trentadue anni, e a quell’età non ero niente. Mi ero data, sin da ragazza, una<br />
scadenza: «se a trenta anni non riesco a fare questo mestiere smetto». E cosa<br />
facevo? Guadagnavo pochissimo, facevo degli spettacoli che non mi piacevano:<br />
lo facevo come lo fanno in molti. Mi immaginavo a sessanta anni, ancora un’attrice<br />
sconosciuta, a fare provini: non avrei potuto. E allora sono tornata a <strong>Palermo</strong> con<br />
questo senso di fallimento, convinta di avere chiuso col teatro e pronta a fare<br />
qualcosa d’altro per sopravvivere. Poi è successo un fatto. Avevo perso mio fratello<br />
in un incidente stradale, e un giorno un suo amico venne a casa mia, dicendomi:<br />
«sai <strong>Emma</strong>, ho un’associazione culturale, non a scopo di lucro, non so che farmene,<br />
e lavoro in una chiesa occupata che si chiama Sant’Eulalia che sta nel cuore<br />
della Vucciria: perché non ci facciamo uno spettacolo?». E io dissi: «ma io non<br />
sono una regista» e lui ha risposto: «vabbè, ma abbiamo questa associazione, che<br />
ci dobbiamo fare?».<br />
Quello era il periodo più brutto della mia vita: avevo perso mio fratello, mia<br />
madre stava morendo, ero disoccupata, avevo lasciato la casa di Roma, non avevo<br />
più niente, ero stata mollata dal mio fidanzato che nel frattempo si era fidanzato con<br />
un’altra... E allora mi sono detta: «ma è possibile che in tutti questi guai non ci<br />
possa essere un miracolo?». Io dovevo trasformare quei guai in un miracolo, quel<br />
dolore doveva essere una cosa miracolosa, doveva diventarlo, altrimenti non ne<br />
sarei uscita. Ero arrabbiata, ma così arrabbiata! E allora ho detto all’amico di mio<br />
fratello: «va bene, facciamo una cosa: facciamo un grande laboratorio, facciamo<br />
venire tutti questi artisti palermitani».<br />
Dove?<br />
Mi diede uno spazio Beatrice Monroy: una stanza per fare un laboratorio al<br />
quale vennero tante persone, tra cui Sabino, Manuela e Italia (Italia Carroccio,<br />
ndr). Gli unici che rimasero. Poi anche Italia se n’è andata perché ha fatto un’altra<br />
scelta: la maternità, ha avuto un figlio…<br />
Sabino e Manuela sono i miei pilastri, quelli che hanno fondato, insieme a me,<br />
la compagnia. Tutti gli altri se ne andarono subito: scapparono appena io chiesi di<br />
levarsi le scarpe e di camminare a piedi nudi! Facevo fare un lavoro fisico pazzesco,<br />
stavamo ore e ore chiusi là <strong>dentro</strong> a scannarci.<br />
Io ero isterica: qualcosa di indescrivibile...<br />
Ma su cosa si basava per impostare il lavoro? Come era strutturato il laboratorio?<br />
Sul lavoro che aveva fatto con Gabriele Vacis?<br />
Ero cieca e sorda. Non saprei dire, adesso, cosa feci in quel laboratorio. Perché<br />
ero accecata dalla rabbia: non c’era niente che avesse valore per me. Ma questa è<br />
stata la mia fortuna: la “grandezza” dell’inizio di questa storia è stata proprio la<br />
convinzione che niente più avesse valore…<br />
E quindi non avevo il problema di essere corretta. Non c’era nessuna correttez-
za in quello che facevo: ero scorretta fino all’esasperazione! E questa mia scorrettezza<br />
con gli attori, con le persone, con le cose che gli facevo fare, con i calci, con<br />
gli sputi, con gli insulti era qualcosa di devastante. Tutta quella violenza, quel<br />
vomito – perché poi di questo si trattava – ha generato una sensibilità: quella<br />
scorrettezza mi ha portato alla ricerca di una poesia.<br />
[continua...]
SGUARDI
COME FA UN AEREO A VOLARE<br />
di Elena Stancanelli<br />
La creatività, l’esperienza artistica, consiste più o meno nel garantire attraverso<br />
la messa in gioco di un “io”, la nascita di un “altro”. Per far questo, l’artista invade<br />
e si lascia invadere dal mondo, costruisce e accetta di essere distrutto per esporre<br />
poi questa distruzione. La maggiore o minore adesione a una delle due disposizioni<br />
(che possono essere chiamate, per facilità, maschile e femminile, apollineo o<br />
dionisiaco, regola o anarchia) definisce il genere (ma non la qualità) di un artista.<br />
Se dico che Emi è prima di tutto un’artista “intelligente”, intendo con questo<br />
che in lei prevale una dimensione attiva della creazione, una fiducia nella composizione<br />
e nella assunzione di responsabilità da parte di chi, a questa creazione,<br />
accetta di dare il suo nome. Senza che questo escluda, come dicevo, una disponibilità<br />
all’ascolto, all’essere invasa, anche.<br />
La sua intelligenza, da non confondere con la furbizia o la cerebralità, è organica.<br />
Vitale. In qualsiasi altra specie animale quel tipo di intelligenza serve a individuare<br />
il pericolo, sconfiggere la fame, proteggere il branco. In lei corrisponde alla<br />
capacità di riconoscere nella frastornante miseria quotidiana, l’angolazione attraverso<br />
la quale si rivela l’eterno. E raccontarla. [continua...]<br />
ANATOMIA DELITTUOSA E FAMELICA DEL CORPO-SCENA<br />
di Rodolfo di Giammarco<br />
<strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> “è” i corpi di La terra trema di Visconti e di Lampi sul Messico di<br />
Ejzenstejn, “è” la posa lazzarona del Bacchino malato di Caravaggio, “è” il muso<br />
di Sergio Citti in Accattone di Pasolini, “è” lo Studio di una testa di Leonardo, “è”<br />
ciò che resta oggi del Cristo morto di Mantegna (più che del Cristo velato di<br />
Sammartino), “è” la tristezza santa della Passione di Giovanna d’Arco secondo<br />
Dreyer per Renée Falconetti, “è” l’urlo delle bocche interdette di Artaud, “è” una<br />
storia infinita di muscoli affranti di Lucian Freud e della non-danza di un Emio<br />
Greco, ed “è” la casa-corpo, la scena-corpo e il tessuto-corpo di un teatro che per<br />
apparati osteoarticolari, circolatori, respiratori, genitali, nervosi ed endocrini ci<br />
tocca e ci attraversa, direi meglio ci transustanzia.<br />
La sua non è una drammaturgia corrente da assimilare ma un’anatomia delittuosa,<br />
luttuosa e famelica (anche beffarda) dell’universo di gesti e linguaggi che si fanno<br />
costume, un costume che è già un tutt’uno organico col nostro sentire più viscerale,<br />
col nostro essere societari, col nostro vivere la condanna a vivere. [continua...]
LA TRIBÙ TRAGICA DI EMMA DANTE<br />
di Andrea Porcheddu<br />
Da dove partire? Da quale sequenza, da quale scena?<br />
Dall’urlo muto di mPalermu o dal suicidio di Carnezzeria? Dal pianto di una<br />
madre che ha perso suo figlio o dalla danza macabra di un travestito che vuole<br />
sedurre il padre?<br />
Difficile orientarsi nel teatro di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> e della compagnia Sud Costa Occidentale.<br />
Quel che si può tentare, allora, è un viaggio trasversale, un’analisi che possa illuminare<br />
alcuni aspetti di quel teatro, e che possa – soprattutto – porre altre domande, sollevare<br />
questioni irrisolte proprio per capire quanto e come la produzione artistica della giovane<br />
regista palermitana affondi radicalmente – come un affilato coltello – nelle ferite ancora<br />
aperte di una società confusa e allarmata, spaesata e contraddittoria. Si tratta, dunque, di<br />
presentare un orizzonte: un duplice orizzonte, per l’esattezza, ovvero quello nel quale la<br />
compagnia siciliana si è affermata – che è l’Italia di inizio secolo – e quello che gli<br />
spettacoli di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>, come metafora o come simbolo, raccontano.<br />
Si resta sempre scossi dopo aver visto Vita mia o Carnezzeria, o Mishelle o<br />
La scimia: profondamente turbati, commossi, affascinati. Se questo è il dato immediato<br />
– ovvero il coinvolgimento emotivo senza reticenze – vale la pena chiedersi<br />
perché e come ciò avvenga. [continua...]<br />
L’AMBIENTE SVELATO.<br />
DRAMMA, ATTORE E SPAZIO NEL TEATRO DI EMMA DANTE<br />
di Gerardo Guccini<br />
… nudità completa, simile all’alba, al deserto<br />
o al palcoscenico di un teatro dopo la rappresentazione…<br />
Jacques Copeau<br />
All’inizio di questa pubblicazione, il dialogo fra Andrea Porcheddu, Patrizia<br />
Bologna ed <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> sviluppa a vista del lettore una densa biografia a tre voci.<br />
Le voci di Andrea e di Patrizia chiedono, insistono, chiosano, concludono,<br />
ritornano sulle questioni oppure aprono nuovi argomenti e, pur non rubando spazio<br />
alle risposte, manifestano con nettezza le loro impressioni, che sono di sorpresa,<br />
di insoddisfazione e anche di compiacimento per la chiarezza d’una definizione<br />
o l’interesse dei fatti raccontati.<br />
La voce di <strong>Emma</strong> racconta, descrive, precisa, s’interrompe per ridere o commentare,<br />
poi esplora nuove direzioni ed evoca immagini e atmosfere. Partecipando<br />
al gioco dei suoi informati interlocutori, <strong>Emma</strong> ora completa ricordi selezionati dalla<br />
memoria con altri richiamati dal pensiero, ora, quando i ricordi non bastano a<br />
spiegare, cambia registro e trova un tono intimo e autorevole per descrivere i<br />
movimenti psichici che hanno dettato alla vita le sue svolte e ai processi teatrali le<br />
loro scelte. [continua...]
LA LINGUA E GLI STRANIERI. DAL TACCUINO DI SCENARIO<br />
di Cristina Valenti<br />
<strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> la sua partecipazione a Scenario la racconta così: l’occasione che<br />
ha permesso a lei e ai suoi attori di «varcare lo stretto di Messina», «fare il viaggio,<br />
finalmente uscire» dall’isola, da <strong>Palermo</strong> e dalla stanza dell’ex carcere dove per un<br />
anno erano stati chiusi «come animali», a lavorare, sudare e incrudelirsi senza<br />
remissione, e quindi la possibilità di «capire cosa poteva succedere agli stranieri»<br />
di fronte alla «lingua» che avevano inventato 1 .<br />
Al premio Scenario la compagnia presentò il progetto mPalermu, uno studio di<br />
venti minuti che preludeva allo spettacolo completo e ne conteneva i momenti<br />
principali 2 .<br />
mPalermu è lo spettacolo con cui <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> ha inventato il suo teatro: lo<br />
spettacolo della scoperta, che ha rivelato il suo teatro a lei stessa e ha fatto comprendere<br />
agli attori la direzione dei loro sforzi, svelando il segreto del reciproco<br />
accanimento, il senso della «passione morbosa e viscerale» che aveva accompagnato<br />
il periodo di prove durato un anno.<br />
«Lo spettacolo emblema della compagnia – lo definisce la regista – il nostro<br />
libro mastro». [continua...]<br />
RITO, DEVOZIONE E CARNALITÀ PAGANA NEL TEATRO DI EMMA DANTE<br />
di Renato Palazzi<br />
C’è, a mio avviso, un passaggio-chiave nell’azione scenica di Vita mia, che è<br />
quello in cui simultaneamente la bicicletta di Chicco, il figlio morto appunto in un<br />
incidente ciclistico, viene fatta cadere rovinosamente al suolo, mentre nello stesso<br />
istante partono le note di un coro etnico dalle sonorità lancinanti e la madre del<br />
ragazzino lancia un urlo e impugna all’improvviso con le due mani una croce, per<br />
poi abbattersi al suolo in preda a una sorta di squassante crisi convulsiva: è il<br />
momento in cui il teatro di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> sembra avvicinarsi non solo poeticamente,<br />
ma anche sintatticamente, a certe sequenze degli spettacoli di Kantor.<br />
In diverse occasioni si era avuto modo di notare come la giovane regista siciliana<br />
portasse impresse nel suo modo di affrontare il teatro certe suggestioni, certi<br />
echi di situazioni care al creatore della Classe morta. Ma in questo combinarsi del<br />
gesto liturgico, del suono amplificato a tutto volume e del movimento improvvisamente<br />
emblematico impresso a un oggetto che fino a poco prima pareva appartenere<br />
a una realtà banalmente quotidiana, si esce dalle affinità per così dire formali, e si<br />
nota – fatte le debite proporzioni – la consapevole assimilazione di un inconfondibile<br />
metodo di costruzione delle emozioni dello spettatore. [continua...]
EMMA LA VASTASA<br />
di Goffredo Fofi<br />
Ci sono due <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>, nonostante <strong>Emma</strong> sia un personaggio invero unico<br />
nel quadro del teatro italiano a cavallo di secolo e di millennio. Le due <strong>Emma</strong> a volte<br />
si incontrano e a volte entrano in conflitto, riaffermando una schizofrenia che è di<br />
questi anni e del nostro teatro. La prima è l’<strong>Emma</strong> regista: si ostina a credere ancora<br />
nel “teatro di regia”, ha fatto l’accademia, e si apparenta in qualche modo ai registi<br />
migliori di questi anni, portando in questo campo molta novità ma accettando la<br />
strada da quelli stabilita (e dai critici, e dai burocrati, e dai soloni del teatro, insomma<br />
dall’establishment cultural-mediatico-politico formato da pochi nomi ma imponenti,<br />
prepotenti, invadenti e tanto più convinti di sé quanto meno riescono a<br />
capire i nuovi tempi e a sapere, in essi, elaborare e darsi un progetto, che è cosa<br />
difficilissima per tutti).<br />
(C’è anche una terza <strong>Emma</strong>, l’attrice, ma se pensiamo a <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> non pensiamo<br />
all’attrice, <strong>Emma</strong> non si definisce certo per questo).<br />
Confesso un notevole fastidio per gli esiti attuali del “teatro di regia”, confuso<br />
e perlopiù insopportabile anche quando a farlo sono le “grandi firme” o gli ex<br />
giovani che vorrebbero essere registi-autori reinventando il teatro per il tramite di<br />
una propria visione del teatro, che pensano originale e profonda. Esiti scarsi,<br />
banali e di copia, presuntuosi o pretestuosi nel loro rimescolamento poeticistico e<br />
non poetico. È difficile essere poeti, se non si capiscono il tempo e i suoi bisogni e<br />
se non si ha una vena forte da sfruttare, se non si ha un’identità in cui talento e<br />
progetto riescano a compenetrarsi. Non è poeta chi vuole, neanche se ci sono i<br />
critici a farglielo credere: le opinioni dei critici hanno le gambe corte, e almeno in<br />
arte la differenza alla fine vince, anche se rischia o muore di fame. Ma qui il discorso<br />
si farebbe lungo, perché implica una ridiscussione complessiva che nessuno ha<br />
voglia di fare, barcamenandosi quotidianamente per restare a galla o per il gusto<br />
perverso del potere di decidere chi deve restare a galla. Torniamo dunque al lavoro<br />
di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong> e a sostenere subito e con la massima decisione una predilezione<br />
per la sua opera poetica più che per la (degnissima, ma <strong>dentro</strong> la scia che si è detto)<br />
opera registica.<br />
A <strong>Emma</strong> regista dobbiamo molto, per esempio una scuola di attori che è oggi tra<br />
le rarissime in cui vere donne e veri uomini di teatro sanno assistere e proteggere<br />
la sana crescita di attori veri (e a me vengono in mente pochi nomi: Martinelli,<br />
Civica, molto tempo fa Carlo Cecchi, molto tempo fa Luca Ronconi; e chi altro?).<br />
Ma le sue “regie” sono decisamente inferiori alle sue “poesie”. E la sua poesia<br />
straordinaria ed eccezionale, bellissima e straziante, è finora quella della Trilogia di<br />
<strong>Palermo</strong>. Ovvero mPalermu, Carnezzeria e Vita mia. Questa poesia è di tipo particolare,<br />
perché è cresciuta nell’humus di una cultura che affonda le sue radici nella<br />
storia senza storia, reiterata e ossessiva, di un sottoproletariato che è stato ed è<br />
isola nell’isola (<strong>Palermo</strong>) nell’isola (Sicilia), e in un vocabolario di sofferenza e di<br />
umiliazione, di speranze deluse, di rivolta tentata e fallita... [continua...]
VERSO PURGATORIO<br />
di Patrizia Bologna<br />
Sapeva che le lacrime vengono da un certo movimento delle piccole ghiandole che stanno<br />
sotto le palpebre e che sono agitate da una processione di atomi uscita dal cuore, quando il<br />
cuore stesso è stato colpito dalla successione di immagini colorate che si distaccano dalla<br />
superficie del corpo di una donna amata. Sapeva che l’amore non è causato che dal<br />
gonfiarsi degli atomi che desiderano congiungersi con altri atomi. Sapeva che la tristezza<br />
causata dalla morte non è che la peggiore delle illusioni terrestri, poiché la morta aveva<br />
cessato di essere infelice e di soffrire, mentre colui che la piangeva si affliggeva dei propri<br />
mali e pensava tenebrosamente alla propria morte. Sapeva che non resta di noi alcun<br />
doppio simulacro che versi lacrime sul proprio cadavere steso ai suoi piedi. Ma, conoscendo<br />
esattamente la tristezza e l’amore e la morte, e che esse sono vane immagini quando le<br />
si contempla dallo spazio calmo dove bisogna rinchiudersi, continuò a piangere, e a<br />
desiderare l’amore, e a temere la morte.<br />
(Marcel Schwob, Vite immaginarie)<br />
Una sala buia. Qualche raggio di sole filtra attraverso le imposte. Una musica in<br />
sottofondo: Sei bellissima di Loredana Berté. Il rumore, cadenzato e perfetto, dei<br />
piedi nudi sul parquet. Una ventina di corpi che camminano ordinatamente, avanti<br />
e indietro. Afa, sudore, carne. Aria malsana, chiusa, calda, irrespirabile. La<br />
claustrofobia e la liquorosità delle percezioni dà alla testa. Una donna seduta al<br />
fondo della sala, osserva in silenzio, fumando, rapita. Tutto pare dinamico ma allo<br />
stesso tempo immobile. Una situazione che potrebbe scoppiare all’improvviso o<br />
proseguire in eterno. Una scena che lentamente consuma muscoli e menti, respiri e<br />
sospiri. Poi qualcosa accade, senza un apparente perché. Un urlo primitivo e viscerale:<br />
«Non avete fantasia!! Siete degli stronziii!». La donna alza al massimo il volume<br />
dello stereo, pesta i piedi a terra, inferocita. La voce di Loredana Berté si lacera<br />
in una vibrazione che invade la sala, perforando i timpani.<br />
Questa è l’atmosfera che si respira nei laboratori di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>. <strong>Emma</strong> è così,<br />
silenziosa e strepitante, vulnerabile e irruente, indulgente e irascibile. Ogni giornata<br />
è una tortura fisica e mentale, che lascia sulla pelle ferite non rimarginabili.<br />
Terribili sono le voci che corrono sul suo conto, sulla sua aggressività e sulla sua<br />
aggressione, sulla sua maniacalità e sulla sua rabbia. Sulla passionalità. Ed è tutto<br />
vero.<br />
Per <strong>Emma</strong> il teatro è una necessità, è una questione di vita o di morte, è l’essenza<br />
stessa dell’esistenza. Questo lei pretende da se stessa e dagli altri. E quando<br />
non ottiene ciò che lei per prima offre, è una tragedia. Una tragedia che per gli attori<br />
non inizia né alle prove né ai laboratori, ma ancora prima, ai provini... [continua...]
TESTIMONIANZE<br />
A cura di Patrizia Bologna<br />
FORZA E VERITÀ IN SCENA<br />
Intervista a Gaetano Bruno<br />
GIOCARE A NASCONDINO IN UN CAMPO MINATO<br />
Intervista a Manuela Lo Sicco<br />
UNO SPAZIO DOVE TUTTO È POSSIBILE<br />
Intervista a Sabino Civilleri<br />
IL SANGUE SOTTO LA FINZIONE…<br />
Intervista a Enzo Di Michele
TEATROGRAFIA<br />
Il sortilegio<br />
Liberamente tratto da Dell’amore e di altri demoni<br />
di Gabriel Garcia Marquez<br />
Drammaturgia e regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Roberto Atanasio, Italia Carroccio, Daria Castellini, Sabino Civilleri, <strong>Emma</strong><br />
<strong>Dante</strong>, Manuela Lo Sicco, Renza Monteleone, Alessandra Perrone, Daniele<br />
Petruccioli, Manfredi Siragusa<br />
Assistente alla regia: Simona Barbero<br />
Organizzazione e direzione tecnica: Roberto Atanasio<br />
Costumi e elementi scenici: Ass. Cult. O.C.E.<br />
Produzione: Ass. Cult. “La vicaria”<br />
Foto di scena: Riccardo Bonavia<br />
Data debutto: novembre 1999<br />
Luogo debutto: Cantieri della Zisa (studio), Castello di Alcamo (prima)<br />
Insulti<br />
Liberamente tratto da Superwoobinda di Aldo Nove<br />
Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Italia Carroccio, Sabino Civilleri, <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Direzione tecnica: Roberto Atanasio<br />
Data debutto: febbraio 2000<br />
Luogo debutto: Fiera del mediterraneo di <strong>Palermo</strong><br />
La principessa sul pisello<br />
Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Italia Carroccio, Sabino Civilleri, Manuela Lo Sicco<br />
Elementi scenici: Roberto Atanasio<br />
Data debutto: giugno 2000<br />
Luogo debutto: Pub “Berlin Cafè” di <strong>Palermo</strong><br />
La favola di Farrusca e Cherastani<br />
da La donna serpente di Carlo Gozzi<br />
Adattamento: Violante Valenti<br />
Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Sabino Civilleri,<br />
Gaetano Bruno, Alessandra Fazzino<br />
Progetto del Comune di <strong>Palermo</strong> - Settore attività culturali<br />
In collaborazione con “Teatrinstabili”<br />
Data debutto: giugno 2001<br />
Luogo debutto: stazione Lolli di <strong>Palermo</strong>
mPalermu<br />
Drammaturgia e regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Monica Anglisani (Ersilia Lombardo), Gaetano Bruno,<br />
Sabino Civilleri, Tania Garribba, Manuela Lo Sicco<br />
Direzione tecnica e organizzativa: Daniela Lo Re<br />
Foto: Oreste Brondo e Lia Cuccio<br />
Produzione: Sud Costa Occidentale<br />
Data debutto: novembre 2001<br />
Luogo debutto: Teatro delle Briciole – Teatro al Parco di Parma<br />
Carnezzeria<br />
Drammaturgia e regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Gaetano Bruno, Sabino Civilleri, Enzo Di Michele,<br />
Manuela Lo Sicco<br />
Direzione tecnica e luci: Tommaso Rossi<br />
Scene: Fabrizio Lupo<br />
Foto di scena: Lia Cuccio<br />
Produzione: Crt di Milano<br />
Data debutto: novembre 2002<br />
Luogo debutto: Crt - Teatro dell’Arte di Milano<br />
Medea<br />
da Euripide<br />
Adattamento e regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Iaia Forte e Tommaso Ragno<br />
E con: Gaetano Colella, Luigi Di Gangi, Stefano Miglio,<br />
Alessio Piazza, Antonio Puccia<br />
Musiche composte ed eseguite dal vivo da: Fratelli Mancuso<br />
Scene: Fabrizio Lupo<br />
Costumi: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Assistente alla regia: Ersilia Lombardo<br />
Produzione: Mercadante-Teatro Stabile di Napoli<br />
In collaborazione con: AMAT-Associazione marchigiana attività teatrali<br />
Data debutto: gennaio 2004<br />
Luogo debutto: Teatro Mercadante di Napoli<br />
La scimia<br />
Liberamente ispirato a Le due zittelle di Tommaso Landolfi<br />
Elaborazione del testo: Elena Stancanelli<br />
Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Gaetano Bruno, Sabino Civilleri, Marco Fubini,<br />
Manuela Lo Sicco, Valentina Picello<br />
Scene: Mela Dell’Erba
Luci: Tommaso Rossi<br />
Assistente alla regia: Claudio Autelli<br />
Produzione: Crt di Milano, La Biennale di Venezia, Teatro Garibaldi di <strong>Palermo</strong><br />
In collaborazione con: Monty - Anversa (Belgio)<br />
Data debutto: settembre 2004<br />
Luogo debutto: La Biennale di Venezia, Teatro alle Tese delle Vergini, Venezia<br />
Vita mia<br />
Drammaturgia e regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Ersilia Lombardo, Enzo Di Michele, Giacomo Guarneri, Alessio Piazza<br />
Luci: Christian Zucaro<br />
Foto di scena: Dario Guarneri<br />
Direzione organizzativa: Fanny Bouquerel<br />
Progetto grafico: Autonome Forme<br />
Produzione: Sud Costa Occidentale<br />
Co-produttore principale: Romaeuropa Festival 2004<br />
Co-produttori: Scènes étrangères – La Rose des Vents / Lille,<br />
Festival Castel dei Mondi 2004<br />
Data debutto: ottobre 2004<br />
Luogo debutto: Romaeuropa Festival, Villa Medici, Roma<br />
Mishelle di Sant’Oliva<br />
Drammaturgia e regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Giorgio Li Bassi, Francesco Guida<br />
Scene e costumi: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Luci: Irene Maccagnani<br />
Foto di scena: Alfredo d’Amato<br />
Progetto grafico: karma/frog<br />
Direzione organizzativa: Fanny Bouquerel<br />
Produzione: Sud Costa Occidentale<br />
Co-produttori: Festival delle Colline Torinesi, Espace Malraux, Scène Nazionale<br />
de Chambéry, Drodesera>Centrale Fies<br />
Data debutto: giugno 2005<br />
Luogo debutto: Festival delle Colline Torinesi, Cavallerizza Manica Corta, Torino.<br />
mPalermu<br />
Regia teatrale: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Regia televisiva: Marco Rossitti<br />
Luci: Cristian Zucaro<br />
Direttore della fotografia: Gianandrea Sasso<br />
Direzione tecnica: Giovanni Ferrin<br />
Editing video: Barbara Del Col
Editing audio: Giovanni De Mezzo<br />
Registrazione audio e missaggio: Marco Melchior<br />
L’Unità – Teatro Incivile<br />
Una collana ideata da: Rossella Battisti e Mario Perrotta<br />
Organizzazione generale: Stefano Salerno e Angela Felice<br />
In collaborazione con: Associazione provinciale per la prosa Pordenone; Teatro<br />
Club Udine; Università degli Studi di Udine, Facoltà di Scienze della Formazione<br />
(Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Multimediali, Corso di Laurea<br />
specialistica in Linguaggi e Tecnologie dei Nuovi Media)<br />
Data di distribuzione: 12 aprile 2006<br />
Cani di bancata<br />
Testo e Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Sabino Civilleri, Sandro Maria Campagna, Salvatore d’Onofrio, Ugo<br />
Giacomazzi, Vincenzo Di Michele, Manuela Lo Sicco, Stefano Miglio,<br />
Carmine Maringola, Alessio Piazza, Alessandro Rugnone, Antonio Puccia<br />
Scene: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>, Carmine Maringola<br />
Costumi: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Luci: Cristian Zucaro<br />
Assistente alla drammaturgia: Eleonora Lombardo<br />
Foto: Giuseppe di Stefano<br />
Produzione: Crt Centro di Ricerca per il Teatro in collaborazione con Paler<br />
mo Teatro Festival<br />
Data debutto: novembre 2006.<br />
Luogo Debutto: Crt – Teatro dell’Arte, Milano<br />
Eva e la Bambola<br />
Carmen Consoli in Teatro<br />
Testi Teatrali di <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Voce e Chitarra: Carmen Consoli<br />
Musicisti: Massimo Roccaforte (mandolino); Santi Pulvirenti (chitarra acu<br />
stica e buzouki); Puccio Panettieri (batteria e percussioni); Marco Siniscalco<br />
(contrabbasso); Andrea Di Cesare (violino); Giancarlo Parisi (fiati);<br />
Voce recitante: Simona Malato<br />
Scenografie: Valerio Di Pasquale<br />
Costumi: Lou<br />
Produzione: Francesco Barbaro<br />
Data debutto: gennaio 2007<br />
Luogo debutto: Teatro Politeama, Cascina (Pi).
Il Festino<br />
Testo e Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Gaetano Bruno<br />
Luci: Antonio Zappalà<br />
Foto: Carmine Maringola<br />
Produzione: Sud Costa Occidentale<br />
In collaborazione con: Nuovo Teatro Nuovo di Napoli; Festival delle Colli<br />
ne Torinesi<br />
Data debutto: marzo 2007<br />
Luogo debutto: Nuovo Teatro Nuovo, Napoli,<br />
Le Pulle<br />
operetta amorale<br />
Testo e Regia: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Musiche originali: Gianluca Porcu, Alias Lu<br />
Testi delle canzoni: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Con: Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Sabino Civilleri, <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong>,<br />
Ersilia Lombardo,<br />
Manuela Lo Sicco, Carmine Maringola, Clio Gaudenzi, Antonio Puccia<br />
Scene: Carmine Maringola<br />
Costumi: <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
Luci: Cristian Zucaro<br />
Foto: Giuseppe di Stefano<br />
Produzione: Teatro Mercadante, Napoli; Théâtre du Rond-Point, Paris;<br />
Co-produzione Théâtre National de la Communauté Française, Bruxelles.<br />
Data debutto: febbraio 2009<br />
Luogo debutto: Teatro Mercadante, Napoli.<br />
www.editricezona.it<br />
info@editricezona.it
SOMMARIO<br />
PREFAZIONE di Andrea Porcheddu<br />
PER UNA INTRODUZIONE (CON RINGRAZIAMENTI)<br />
di Andrea Porcheddu<br />
FRAMMENTI VISIVI<br />
LA STRADA SCOMODA DEL TEATRO<br />
Intervista con <strong>Emma</strong> <strong>Dante</strong><br />
di Andrea Porcheddu e Patrizia Bologna<br />
SGUARDI<br />
COME FA UN AEREO A VOLARE di Elena Stancanelli<br />
ANATOMIA DELITTUOSA E FAMELICA DEL CORPO-SCENA<br />
di Rodolfo di Giammarco<br />
LA TRIBÙ TRAGICA DI EMMA DANTE di Andrea Porcheddu<br />
L’AMBIENTE SVELATO. DRAMMA, ATTORE E SPAZIO<br />
NEL TEATRO DI EMMA DANTE di Gerardo Guccini<br />
LA LINGUA E GLI STRANIERI. DAL TACCUINO DI SCENARIO<br />
di Cristina Valenti<br />
RITO, DEVOZIONE E CARNALITÀ PAGANA di Renato Palazzi<br />
EMMA LA VASTASA di Goffredo Fofi<br />
VERSO PURGATORIO di Patrizia Bologna<br />
TESTIMONIANZE a cura di Patrizia Bologna<br />
FORZA E VERITÀ IN SCENA. Intervista a Gaetano Bruno<br />
GIOCARE A NASCONDINO IN UN CAMPO MINATO<br />
Intervista a Manuela Lo Sicco<br />
UNO SPAZIO DOVE TUTTO È POSSIBILE. Intervista a Sabino Civilleri<br />
IL SANGUE SOTTO LA FINZIONE… Intervista a Enzo Di Michele<br />
TEATROGRAFIA<br />
3<br />
7<br />
11<br />
29<br />
79<br />
81<br />
87<br />
92<br />
106<br />
122<br />
128<br />
133<br />
136<br />
155<br />
157<br />
162<br />
168<br />
173<br />
179