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“ARRIVANO I NOSTRI” - Parrocchia S. Pio X

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NATALE: ALBERI,<br />

PRESEPI E FAMIGLIE<br />

Maria Rossi<br />

A casa non avevamo l’abitudine di andare a Messa a<br />

mezzanotte la notte di Natale. Eravamo in cinque, nate<br />

una dopo l’altra; papà (da cui del resto in due almeno<br />

abbiamo ereditato il poco sonno, la capacità di crollare<br />

sbadigliando massimo alle 23 e di essere sveglie e<br />

pimpanti all’alba) all’ora fatidica – appunto - sbadigliava;<br />

mamma ne aveva già fatte centomila e preferiva<br />

mettersi a leggere qualcosa al caldo…<br />

A Natale da noi non arrivavano del resto neanche i regali. Siamo rimaste una delle<br />

poche famiglie “romane” rigorosamente fedeli alla Befana. La simpatica vecchietta<br />

che scendeva con la scopa dai comignoli di Roma con il sacco pieno di regali.<br />

L’unico aspetta negativo della nostra Befana era quello di arrivare l’ultimo giorno di<br />

vacanza… poi si tornava a scuola! E la cinquantesima bambola di mia sorella o il mio<br />

centesimo libro dovevano lasciare il posto ai quaderni. E, come non bastasse, i nostri<br />

compagni nella vecchia S. Maria degli Angeli (quando ancora c’erano le Suore e<br />

pochissime laiche ad insegnare) ci prendevano anche in giro (da romane “importate”)<br />

sul nostro attaccamento befanino e sul poco vantaggio di ricevere i regali<br />

in extremis… Natale era quindi semplicemente Natale.<br />

La Messa al mattino, il pranzo con i cugini da parte materna, almeno finché non<br />

siamo tutti cresciuti e sono aumentati gli impegni, mentre il pomeriggio della Befana<br />

era appannaggio della nonna e degli zii (e zie) paterni che venivano a trovarci e a<br />

vedere cosa ci aveva portato la simpatica vecchietta. Anche nonna era una vecchina<br />

piccola e deliziosa e, con i suoi 85 anni, aveva battuto in longevità i nonni materni<br />

ben più giovani e suo marito morto di polmonite poco prima che io nascessi… Oggi è<br />

difficile morire di polmonite a Roma, ma sono passati tanti anni. Anche i cugini<br />

appartenevano a due mondi diversi: quelli paterni erano (così ci sembrava allora)<br />

tanto più grandi e quelli materni tanto più piccoli. Del resto mamma era la più<br />

grande nella sua famiglia e papà il piccolo di tanti fratelli<br />

Il nostro Natale perciò era una festa molto familiare e raccolta: niente regali, la<br />

Messa al mattino e, poi, zii e cugini e il viavai in casa e i tanti ragazzi e ragazzini del<br />

palazzo con i quali siamo cresciuti. Negli anni successivi le cose sono cambiate.<br />

Frequentando altri gruppi, anche in parrocchia, la Messa di mezzanotte è diventata<br />

per qualcuna di noi un’abitudine, per altre un bell’incontro e un modo di ritrovarsi.<br />

Poi sono venuti i matrimoni, i viaggi, le diverse realtà.<br />

Un Natale bellissimo e magico lo passai a Washington DC da una delle mie sorelle,<br />

l’ultimo l’ho fatto a Nairobi (Kenia) l’anno scorso, accolta con un mazzo di rose dalle<br />

Suore della Missione di Ongata insieme ad altri volontari, molti dei quali erano<br />

ragazzi universitari coetanei di mia nipote. Eppure, in qualunque modo lo si viva,<br />

Natale è Natale; mi vengono in mente le letterine che le maestre ci facevano<br />

scrivere ai genitori, letterine piene di buoni propositi: non dirò bugie, non litigherò<br />

con le sorelle, voglio essere buona… Tutti ci sentivamo più buoni. E c’era l’albero<br />

– vero – da allestire, albero che da noi comprava papà e decorava mamma; dozzine<br />

sono stati gli alberi piantati negli anni nel giardino di Roma o nel grandissimo<br />

giardino di Collalto: altissimi abeti che oggi hanno 40 o 50 anni. E c’era il presepio.<br />

Ogni anno più grande, più ricco di statuine, il presepio che occupava un intero tavolo in<br />

ingresso o in soggiorno: con le montagne, la grotta, il cielo stellato, con ruscelli,<br />

pozzi e animali. Pensandoci oggi, un presepio molto più reatino nei paesaggi e nei<br />

costumi che di Betlemme: un presepio francescano. E quante volte mamma ha perso<br />

la pazienza per le litigate che quattro figlie, diciamo “volitive” (la piccola era ancora<br />

troppo piccola), facevano per sistemare i pastori… con spirito ben poco natalizio!<br />

Ecco, il mio Natale è stato negli anni una realtà molto familiare, nel senso di una<br />

grande e numerosa famiglia, in anni in cui in Italia, a Roma, alla Balduina le culle non<br />

erano certamente vuote, anzi molto molto piene. Perché poi bisognava andare a<br />

vedere anche i presepi dei tanti amici o i presepi in giro per Roma con “zio”<br />

Francesco (da piccoli è difficile dare l’età agli adulti: ci sembrava grande ma avrà<br />

avuto al massimo 40 anni) che ci caricava sul suo Maggiolino nel pomeriggio,<br />

lasciando le mamme a sistemare le cucine. E adesso? Adesso i nipoti sono tutti<br />

grandissimi, qualcuno vive e lavora all’estero ma il presepio e l’albero che ognuna di<br />

noi continua a fare, la cena della Vigilia tutti insieme, la Messa a mezzanotte o al<br />

mattino, il pranzo con le nuove famiglie, sono rimasti nella tradizione di casa, come<br />

il ritrovarci tutti insieme nel pomeriggio.<br />

Quando papà compì ottanta anni venne a cena da noi don Antonino, che già stava<br />

male e che sarebbe morto pochi mesi dopo, e ancora una volta gli disse che<br />

eravamo una “bella famiglia”. Ora papà, come don Antonino e come tanti altri,<br />

non c’è più, mamma è cambiata e sono cambiate moltissime cose, eppure i ricordi<br />

belli di allora restano nel cuore. “Natale non parrà natale senza qualche regalo<br />

– borbottò Jo, sdraiata sul tappetino davanti al fuoco…”<br />

Chi di noi non ricorda il celebre inizio di “Piccole donne” di L. Alcott? Eppure, come<br />

per le piccole donne del romanzo che, dimenticati i regali (il padre era al fronte),<br />

portavano la cena alla povera famiglia dei vicini, con un pizzico di retorica (che, a<br />

volte, non guasta) penso che molto più dei tanti, bellissimi e costosi regali, quello<br />

che a distanza di anni resta, quello che anche da adulti conserviamo nel cuore – con<br />

un po’ di melanconia e tanta tenerezza – sono i ricordi.<br />

E, lasciatemelo dire, oggi considero veramente una fortuna essere nata e cresciuta<br />

in una famiglia unita e serena! Regaliamo allora a figli e nipoti la bellezza di questi<br />

ricordi e il sorriso del Bambino dal presepe. E, Buon Natale!<br />

- 11 -<br />

ANNOTAZIONI<br />

SUL NATALE<br />

Cesare Catarinozzi<br />

Io Babbo Natale l’ho conosciuto di persona, ve<br />

l’assicuro. Ero bambino ed ero a letto con<br />

l’influenza, con i miei genitori accanto.<br />

D’un tratto giunse la notizia: “Babbo Natale è sotto<br />

casa nostra, con la sua slitta. Mi ha chiesto di<br />

sorvegliarla, mentre lui viene su”, disse il mio<br />

babbo ed uscì. Dopo un po’ comparve Babbo<br />

Natale, con il suo classico abito rosso e la lunga<br />

barba bianca. Mi recò i doni che avevo chiesto.<br />

Prima di andarsene mi chiese un bacetto e, nel<br />

darglielo, avvertii qualcosa di conosciuto in quella<br />

guancia. Accomiatatosi Babbo Natale ricomparve<br />

mio padre, che si interessò molto al calcio<br />

magnetico (Lazio-Milan), alle costruzioni, alla<br />

tavoletta magnetica. Seppi dopo che l’abito rosso di<br />

Babbo Natale aveva a che fare con la stoffa di<br />

quello di una ballerina, vecchia fiamma di papà.<br />

Il teatrino con i burattini me lo avrebbe portato la<br />

Befana. Nella camera accanto c’era un gigantesco<br />

presepe, che ogni anno mio padre e Tonino (un<br />

amico di famiglia) costruivano in modo meraviglioso.<br />

Ricordo che una volta, per andare a prendere il<br />

muschio fresco, papà e Tonino mi chiusero per<br />

sicurezza dentro la macchina (una vecchia topolino)<br />

e prima che tornassero… ce ne volle. C’era<br />

anche un bell’albero di Natale, ma devo dire che<br />

all’albero di tradizioni nordiche (dove c’è tutto un<br />

altro amore per la natura) ho sempre preferito il<br />

presepe, che ci racconta la nascita di Gesù. Oggi a<br />

casa mia non c’è più un gigantesco presepe, ma<br />

una capannina illuminata, ricordo di mia mamma,<br />

morta trent’anni fa’. Dicono che il presepe l’abbia<br />

inventato il poverello di Assisi ed io, che sono<br />

francescano laico (ho professato i voti quindici anni<br />

fa’) ne sono orgoglioso. Anche se c’è da dire che in<br />

quell’epoca andavano di moda le sacre rappresentazioni<br />

e lo stesso S. Francesco si è probabilmente<br />

ispirato ad esse. “Altissimo, onnipotente, bon<br />

Signore”, nato in una umile capanna. E poi… l’arte,<br />

la commedia… chi non ricorda “Natale in casa<br />

Cupiello” del grande Eduardo de Filippo? L’albero di<br />

Natale lo trovo ogni anno in palestra, grazie alle<br />

abili mani di Antonella, vigile segretaria. Ma il<br />

consumismo sta sovrapponendosi al Natale: odio la<br />

corsa frenetica ai regali dell’ultima ora, le tavole<br />

sontuosamente imbandite, dove c’è posto per tutti,<br />

tranne che per Gesù. È il Natale spirituale quello<br />

che amo, la S. Messa, il culto dei nostri fratelli<br />

evangelici la mattina sul secondo canale. Sono<br />

sempre stato ecumenico (non ha scritto anche<br />

Giovanni Paolo II l’enciclica “Ut unum sint?”)<br />

Più Cristo nel nostro cuore e meno panettoni e<br />

datteri (anche se in questi ultimi, moderatamente<br />

intesi, non c’è nulla di male).<br />

Buon Natale in Gesù, dunque, al nostro parroco<br />

Don Paolo, ai sacerdoti della parrocchia, ai fedeli ed<br />

ai dubbiosi, a Giulia Bondolfi e Marco Di Tillo, si,<br />

perché anche per Natale... “Arrivano i nostri”!

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