“ARRIVANO I NOSTRI” - Parrocchia S. Pio X

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PREGHIERE DI NATALE È Natale, Signore. O è già subito Pasqua? Il legno del presepio è duro, come il legno della croce. Il freddo ti punge quasi corona di spine. L’odio dei potenti ti spia e ti teme. Fuga affannosa nella notte. Sangue innocente di coetanei, presagio del tuo sangue. Lamento di madri desolate, eco del pianto di tua Madre. Quanti segni di morte, Signore, in questa tua nascita. Comincia così il tuo cammino tra noi, la tua ostinata decisione di essere Dio, non di sembrarlo. Le pietre non diverranno pane. Non ti lancerai dalla dorata cima del tempio. Non conquisterai i regni dell’uomo. Costruirai la tua vita di ogni giorno raccogliendo con cura meticolosa, con paziente amore, tutto quello che noi scartiamo: gli stracci della nostra povertà, le piaghe del nostro dolore, i pesi che non sappiamo portare; le infamie che non vogliamo riconoscere. Grazie, Signore, per questa ostinazione, per questo sparire, per questo ritrarti, che schiude un libero spazio per la mia libera decisione di amarti. Dio che ti nascondi, Dio che non sembri Dio, Dio degli stracci e delle piaghe, Dio dei pesi e delle infamie, io ti amo. Non so come dirtelo, ho paura di dirtelo, perchè talvolta mi spavento e ritiro la parola; eppure sento che devo dirtelo: io ti amo. In questa possibilità di amarti, che la tua povertà mi schiude, divento veramente uomo. Amo gli stracci, le piaghe, i pesi di ogni fratello. Piango le infamie di tutto il mondo. Scopro di essere uomo, non di sembrarlo. Il tuo Natale è il mio natale. Nella gioia di questo nascere, nello stupore di poterti amare, nel dono immenso di vivere insieme, io accetto, io voglio, io chiedo che anche per me, Signore, sia subito Pasqua. (Preghiera di don Luigi Serenthà) Preghiera di Natale e dell’Avvento a Bambin Gesù Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli! accarezza il malato e l’anziano! Spingi gli uomini a deporre le armi e a stringersi in un universale abbraccio di pace! Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati dalla miseria e dalla disoccupazione, dall’ignoranza e dall’indifferenza, dalla discriminazione e dall’intolleranza. Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi liberandoci dal peccato. Sei Tu il vero e unico Salvatore, che l’umanità spesso cerca a tentoni. Dio della Pace, dono di pace all’intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia. Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen. (Preghiera di Giovanni Paolo II) Preghiera di Natale Verbo Incarnato, che nuovamente condividi con noi il tuo Natale insegnaci a condividere con gli altri i nostri progetti di pace e solidarietà. Tu che nella Grotta di Betlemme hai proposto agli uomini di ogni tempo un itinerario di amore e riconciliazione illumina l’umanità di oggi a ritrovare la strada che porta ad incontrare l’altro nel dialogo, nell’amore e nel rispetto profondo. Piccolo grande Dio, che nell’umiltà più sentita hai indicato in Te la via maestra che porta alla verità aiutaci ad eliminare da questa terra l’orgoglio, la falsità e la menzogna, cause dirette del male del mondo moderno. Tu che leggi nel profondo di ogni cuore trasforma i nostri personali risentimenti in atteggiamenti e comportamenti fraterni, gli unici che danno gioia vera e trasformano il Natale in festa vera. Messia atteso da secoli e giunto nella pienezza dei tempi guida l’umanità del terzo millennio verso mete di giustizia più certe per ogni uomo di questa Terra. Tu che tutto sai e puoi conosci le attese di ciascuno di noi anche per questo annuale anniversario della tua venuta tra noi - 10 - fa nascere nel cuore di tutti gli uomini della terra un solo raggio della tua infinita carità e della tua bontà illimitata. Non permettere, Gesù, Figlio dell’Uomo, che nessun bambino, giovane, adulto ed anziano del Pianeta Terra continui a soffrire a causa della cattiveria che si annida nel cuore di tanta gente. Fa di tanti cuori segnati dall’odio e dalla morte cuori capaci di amare e di perdonare come tu hai perdonato alla Maddalena, ai tuoi crocifissori ed al buon ladrone morto in croce accanto a Te sul Golgota.Dalla capanna di Betlemme anche quest’anno si irradi in tutto il mondo la luce del tuo Natale, che è sempre motivo di speranza e di pace per l’intera umanità. (Preghiera di Natale e avvento - Padre Antonio Rungi) Tu sei la nostra stella Preghiera di Natale e dell’Avvento Le stelle che brillano e le forze in movimento: tutto sparisce e perde il suo splendore davanti allo splendore della tua luce e alla potenza della tua grandezza. Tu solo sei visibile, tu manifesti l’immagine del Padre onnipotente, e così ci fai conoscere la grandezza del Padre e del Figlio. Come il Padre potente, nelle sfere celesti, così tu, suo Figlio, sei nel nostro universo il primo, il corifeo, e il Signore di ogni potenza; tu sei la seconda grandezza che proviene da quella del Padre, fin dalle origini, tu sei il fondamento di tutta la terra. Tu sei il nostro modello, il nostro ordinatore, tu sei la nostra strada e la porta che guida alla luce. Tu sei l’immagine della giustizia. Tu sei sempre la nostra stella e la nostra luce. Ti rendiamo grazie, lodi e benedizioni. Davanti a te pieghiamo le ginocchia con fiducia. Ti chiediamo tutto ciò che è retto. Concedici di essere fermamente stabili nella fede; di avere salute del corpo per poterti lodare. Così ti canteremo senza posa e in ogni circostanza; e ti loderemo perché da ogni parte tu sei celebrato, tu l’immortale, l’instancabile, l’eterno. (Preghiera a Cristo primogenito, in A. Hamman, Preghiere dei primi cristiani, Vita e Pensiero, Milano 1954, 103)
NATALE: ALBERI, PRESEPI E FAMIGLIE Maria Rossi A casa non avevamo l’abitudine di andare a Messa a mezzanotte la notte di Natale. Eravamo in cinque, nate una dopo l’altra; papà (da cui del resto in due almeno abbiamo ereditato il poco sonno, la capacità di crollare sbadigliando massimo alle 23 e di essere sveglie e pimpanti all’alba) all’ora fatidica – appunto - sbadigliava; mamma ne aveva già fatte centomila e preferiva mettersi a leggere qualcosa al caldo… A Natale da noi non arrivavano del resto neanche i regali. Siamo rimaste una delle poche famiglie “romane” rigorosamente fedeli alla Befana. La simpatica vecchietta che scendeva con la scopa dai comignoli di Roma con il sacco pieno di regali. L’unico aspetta negativo della nostra Befana era quello di arrivare l’ultimo giorno di vacanza… poi si tornava a scuola! E la cinquantesima bambola di mia sorella o il mio centesimo libro dovevano lasciare il posto ai quaderni. E, come non bastasse, i nostri compagni nella vecchia S. Maria degli Angeli (quando ancora c’erano le Suore e pochissime laiche ad insegnare) ci prendevano anche in giro (da romane “importate”) sul nostro attaccamento befanino e sul poco vantaggio di ricevere i regali in extremis… Natale era quindi semplicemente Natale. La Messa al mattino, il pranzo con i cugini da parte materna, almeno finché non siamo tutti cresciuti e sono aumentati gli impegni, mentre il pomeriggio della Befana era appannaggio della nonna e degli zii (e zie) paterni che venivano a trovarci e a vedere cosa ci aveva portato la simpatica vecchietta. Anche nonna era una vecchina piccola e deliziosa e, con i suoi 85 anni, aveva battuto in longevità i nonni materni ben più giovani e suo marito morto di polmonite poco prima che io nascessi… Oggi è difficile morire di polmonite a Roma, ma sono passati tanti anni. Anche i cugini appartenevano a due mondi diversi: quelli paterni erano (così ci sembrava allora) tanto più grandi e quelli materni tanto più piccoli. Del resto mamma era la più grande nella sua famiglia e papà il piccolo di tanti fratelli Il nostro Natale perciò era una festa molto familiare e raccolta: niente regali, la Messa al mattino e, poi, zii e cugini e il viavai in casa e i tanti ragazzi e ragazzini del palazzo con i quali siamo cresciuti. Negli anni successivi le cose sono cambiate. Frequentando altri gruppi, anche in parrocchia, la Messa di mezzanotte è diventata per qualcuna di noi un’abitudine, per altre un bell’incontro e un modo di ritrovarsi. Poi sono venuti i matrimoni, i viaggi, le diverse realtà. Un Natale bellissimo e magico lo passai a Washington DC da una delle mie sorelle, l’ultimo l’ho fatto a Nairobi (Kenia) l’anno scorso, accolta con un mazzo di rose dalle Suore della Missione di Ongata insieme ad altri volontari, molti dei quali erano ragazzi universitari coetanei di mia nipote. Eppure, in qualunque modo lo si viva, Natale è Natale; mi vengono in mente le letterine che le maestre ci facevano scrivere ai genitori, letterine piene di buoni propositi: non dirò bugie, non litigherò con le sorelle, voglio essere buona… Tutti ci sentivamo più buoni. E c’era l’albero – vero – da allestire, albero che da noi comprava papà e decorava mamma; dozzine sono stati gli alberi piantati negli anni nel giardino di Roma o nel grandissimo giardino di Collalto: altissimi abeti che oggi hanno 40 o 50 anni. E c’era il presepio. Ogni anno più grande, più ricco di statuine, il presepio che occupava un intero tavolo in ingresso o in soggiorno: con le montagne, la grotta, il cielo stellato, con ruscelli, pozzi e animali. Pensandoci oggi, un presepio molto più reatino nei paesaggi e nei costumi che di Betlemme: un presepio francescano. E quante volte mamma ha perso la pazienza per le litigate che quattro figlie, diciamo “volitive” (la piccola era ancora troppo piccola), facevano per sistemare i pastori… con spirito ben poco natalizio! Ecco, il mio Natale è stato negli anni una realtà molto familiare, nel senso di una grande e numerosa famiglia, in anni in cui in Italia, a Roma, alla Balduina le culle non erano certamente vuote, anzi molto molto piene. Perché poi bisognava andare a vedere anche i presepi dei tanti amici o i presepi in giro per Roma con “zio” Francesco (da piccoli è difficile dare l’età agli adulti: ci sembrava grande ma avrà avuto al massimo 40 anni) che ci caricava sul suo Maggiolino nel pomeriggio, lasciando le mamme a sistemare le cucine. E adesso? Adesso i nipoti sono tutti grandissimi, qualcuno vive e lavora all’estero ma il presepio e l’albero che ognuna di noi continua a fare, la cena della Vigilia tutti insieme, la Messa a mezzanotte o al mattino, il pranzo con le nuove famiglie, sono rimasti nella tradizione di casa, come il ritrovarci tutti insieme nel pomeriggio. Quando papà compì ottanta anni venne a cena da noi don Antonino, che già stava male e che sarebbe morto pochi mesi dopo, e ancora una volta gli disse che eravamo una “bella famiglia”. Ora papà, come don Antonino e come tanti altri, non c’è più, mamma è cambiata e sono cambiate moltissime cose, eppure i ricordi belli di allora restano nel cuore. “Natale non parrà natale senza qualche regalo – borbottò Jo, sdraiata sul tappetino davanti al fuoco…” Chi di noi non ricorda il celebre inizio di “Piccole donne” di L. Alcott? Eppure, come per le piccole donne del romanzo che, dimenticati i regali (il padre era al fronte), portavano la cena alla povera famiglia dei vicini, con un pizzico di retorica (che, a volte, non guasta) penso che molto più dei tanti, bellissimi e costosi regali, quello che a distanza di anni resta, quello che anche da adulti conserviamo nel cuore – con un po’ di melanconia e tanta tenerezza – sono i ricordi. E, lasciatemelo dire, oggi considero veramente una fortuna essere nata e cresciuta in una famiglia unita e serena! Regaliamo allora a figli e nipoti la bellezza di questi ricordi e il sorriso del Bambino dal presepe. E, Buon Natale! - 11 - ANNOTAZIONI SUL NATALE Cesare Catarinozzi Io Babbo Natale l’ho conosciuto di persona, ve l’assicuro. Ero bambino ed ero a letto con l’influenza, con i miei genitori accanto. D’un tratto giunse la notizia: “Babbo Natale è sotto casa nostra, con la sua slitta. Mi ha chiesto di sorvegliarla, mentre lui viene su”, disse il mio babbo ed uscì. Dopo un po’ comparve Babbo Natale, con il suo classico abito rosso e la lunga barba bianca. Mi recò i doni che avevo chiesto. Prima di andarsene mi chiese un bacetto e, nel darglielo, avvertii qualcosa di conosciuto in quella guancia. Accomiatatosi Babbo Natale ricomparve mio padre, che si interessò molto al calcio magnetico (Lazio-Milan), alle costruzioni, alla tavoletta magnetica. Seppi dopo che l’abito rosso di Babbo Natale aveva a che fare con la stoffa di quello di una ballerina, vecchia fiamma di papà. Il teatrino con i burattini me lo avrebbe portato la Befana. Nella camera accanto c’era un gigantesco presepe, che ogni anno mio padre e Tonino (un amico di famiglia) costruivano in modo meraviglioso. Ricordo che una volta, per andare a prendere il muschio fresco, papà e Tonino mi chiusero per sicurezza dentro la macchina (una vecchia topolino) e prima che tornassero… ce ne volle. C’era anche un bell’albero di Natale, ma devo dire che all’albero di tradizioni nordiche (dove c’è tutto un altro amore per la natura) ho sempre preferito il presepe, che ci racconta la nascita di Gesù. Oggi a casa mia non c’è più un gigantesco presepe, ma una capannina illuminata, ricordo di mia mamma, morta trent’anni fa’. Dicono che il presepe l’abbia inventato il poverello di Assisi ed io, che sono francescano laico (ho professato i voti quindici anni fa’) ne sono orgoglioso. Anche se c’è da dire che in quell’epoca andavano di moda le sacre rappresentazioni e lo stesso S. Francesco si è probabilmente ispirato ad esse. “Altissimo, onnipotente, bon Signore”, nato in una umile capanna. E poi… l’arte, la commedia… chi non ricorda “Natale in casa Cupiello” del grande Eduardo de Filippo? L’albero di Natale lo trovo ogni anno in palestra, grazie alle abili mani di Antonella, vigile segretaria. Ma il consumismo sta sovrapponendosi al Natale: odio la corsa frenetica ai regali dell’ultima ora, le tavole sontuosamente imbandite, dove c’è posto per tutti, tranne che per Gesù. È il Natale spirituale quello che amo, la S. Messa, il culto dei nostri fratelli evangelici la mattina sul secondo canale. Sono sempre stato ecumenico (non ha scritto anche Giovanni Paolo II l’enciclica “Ut unum sint?”) Più Cristo nel nostro cuore e meno panettoni e datteri (anche se in questi ultimi, moderatamente intesi, non c’è nulla di male). Buon Natale in Gesù, dunque, al nostro parroco Don Paolo, ai sacerdoti della parrocchia, ai fedeli ed ai dubbiosi, a Giulia Bondolfi e Marco Di Tillo, si, perché anche per Natale... “Arrivano i nostri”!
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